Il T.A.R. Lombardia, Sezione distaccata di Brescia, con sentenza n. 975/2021, aveva affrontato il tema della giurisdizione in merito alla questione del diniego di autorizzazione al subappalto, provvedimento oggetto di impugnativa da parte dell’Appaltatore, risolvendolo con una remissione alla giurisdizione del Giudice Ordinario.
Tale conclusione è stata impugnata dall’appaltatore e per l’effetto è stata ribaltata dal Supremo Collegio il quale ha ritenuto sostanzialmente superabile il tema della ordinaria ripartizione della giurisdizione tra Giudice Ordinario e Amministrativo, basata sulla linea di confine tra fase di gara e di stipula del contratto, affermando piuttosto la prevalenza della fase nella quale si innesta il provvedimento oggetto di impugnazione.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto, infatti, di dover andare oltre la pariteticità del rapporto che si innesta all’esito della stipula del contratto e ha incardinato, invece, la valutazione che la Stazione Appaltante effettua sulle istanze di autorizzazione al subappalto ancorandola alla antecedente fase della gara.
In buona sostanza, ogni volta che la Stazione Appaltante compie un atto che attiene a un segmento del procedimento pubblicistico, anche se vi è alla base l’esistenza del vincolo contrattuale, l’esercizio di un potere operato nell’interesse pubblico contrapposto a un interesse legittimo del privato, determina una posizione di supremazia dell’Amministrazione rispetto alla quale, quindi, il privato stesso può far valere i propri diritti e interessi legittimi soltanto procedendo con l’impugnazione dell’atto ritenuto lesivo dinanzi al competente Giudice Amministrativo.
Il procedimento principale
Per comprendere appieno la sentenza del Consiglio di Stato (sez. V, 10 gennaio 2022 n. 171) occorre rammentare i fatti che ne sono il fondamento. Ebbene, nell’ambito dell’esecuzione di un contratto d’appalto per la realizzazione di un raccordo autostradale, l’Appaltatore chiedeva alla Committente l’autorizzazione a procedere con urgenza al subappalto di taluni lavori propedeutici alla realizzazione della parte d’opera principale.
Ad autorizzazione già concessa per il decorso del termine di 30 giorni dalla ricezione della richiesta di subappalto, la Committente frapponeva un parziale diniego al subappalto o, come indicato nella pronuncia in disamina, “una revoca parziale del subappalto già autorizzato dopo trenta giorni dalla relativa richiesta”, in quanto il ribasso operato dal subappaltatore per la posa in opera era risultato superiore al 20 %.
Per quanto sin qui esposto, l’Appaltatore ricorrente chiedeva in primo grado al Giudice Amministrativo l’adozione di misure cautelari, stante l’urgenza delle attività da far svolgere al subappaltatore, e comunque l’annullamento del provvedimento di diniego parziale al subappalto reso dalla Committente.
Il T.A.R. Lombardia, sezione distaccata di Brescia (sentenza n. 975/2021, con commento, su questo sito, di M.T. Della Vittoria Scarpati, Autorizzazione o diniego al subappalto: quale giurisdizione?), come già anticipato, declinava la propria giurisdizione in favore del Giudice Ordinario.
Tale sentenza veniva impugnata dinanzi al Consiglio di Stato il quale ribaltava gli esiti del predetto giudizio.
La decisione del Consiglio di Stato
La disamina operata dal Supremo Collegio in ordine alla fattispecie in esame ha avuto quale punto di partenza – secondo l’approccio utilizzato dal Giudice di prime cure – l’ordinario riparto di giurisdizione: in linea generale, la stipula del contratto segna il punto di ‘confine’ ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.
Partendo da questo essenziale presupposto, il Consiglio di Stato ha però colto l’esistenza di fattispecie che, pur sorgendo nell’ambito dell’esecuzione dell’appalto e, quindi, a contratto ormai stipulato e avviato, costituiscono delle deroghe al principio di carattere generale.
L’aspetto essenziale da assumere in considerazione per far valere tale deroga consiste, infatti, nell’agere dell’Amministrazione: quindi, quando tale agire attiene a un segmento procedimentale pubblicistico viene in rilievo l’esercizio di un potere rispetto al quale l’unico Giudice chiamato a dirimere la controversia può essere quello Amministrativo.
Al cospetto di un diniego all’autorizzazione al subappalto l’Amministrazione esercita di fatto un potere pubblicistico che è direttamente connesso a elementi preesistenti riconducibili alla fase della gara.
Rispetto agli stessi l’interesse del privato viene definitivamente declinato nella forma dell’interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri autoritativi, divenendo totalmente irrilevante la circostanza che la fase nella quale ci si trovi attenga a quella strettamente contrattuale.
A tal proposito infatti il Consiglio di Stato ha sostenuto che “deve ritenersi che nel diniego di autorizzazione al subappalto, gli interessi di carattere generale, pur connessi alla corretta esecuzione del contratto, connotano il momento pubblicistico, il quale si rappresenta nella scelta del subappaltatore nei termini di verifica del rispetto dei criteri fissati dalla procedura di gara”. Cionondimeno, lo stesso Collegio ha affermato che “la non riconducibilità dei prescritti poteri a quelli propri di un rapporto paritetico non si traduce in una diminuzione di tutela della società appaltata, essendovi, al contrario, un rafforzamento della sua posizione secondo lo statuto tipico del procedimento amministrativo, in primis per la necessità che l’attività autorizzativa al subappalto sia esercitata in coerenza con il pubblico interesse sotteso al contratto di appalto”.
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