Il nuovo Codice dei contratti, come noto, dedica il Libro III ai settori speciali, caratterizzato dalla (tendenziale) “completezza” e “autoconclusività”. Come affermato dalla Relazione illustrativa, si è mirato a conseguire una disciplina per un verso pienamente rispettosa delle previsioni della Direttiva 2014/25/UE sugli appalti nei settori speciali e, per altro verso, uniforme e agevolmente fruibile dagli operatori del settore.
Il quadro normativo per gli appalti nei settori speciali rimane caratterizzato da una spiccata configurazione a “geometria variabile”, ove rilevano in particolare sia la variabile “soggettiva” (la natura dell’ente aggiudicatore: impresa pubblica oppure organismo di diritto pubblico?), sia la variabile “oggettiva” data dalla strumentalità funzionale (o meno) dell’appalto rispetto all’attività tipica dell’ente.
Pur in presenza di un quadro normativo più definito e puntuale rispetto al previgente Dlgs. 50/2016, nel nuovo Codice si ripropongono, con maggiore urgenza e consistenza, le questioni relative:
– ai criteri per l’individuazione delle imprese pubbliche e degli elementi differenziali rispetto agli organismi di diritto pubblico;
– ai criteri per la definizione della categoria dei “contratti strumentali”, a fronte, da un lato, di una disciplina codicistica che pare privilegiare una nozione di “strumentalità diretta”, e, dall’altro, di una giurisprudenza della Corte di Giustizia UE che ha invece ridefinito in termini estensivi l’area della “strumentalità”, valorizzando un criterio di strumentalità anche solo “indiretta”.
Nel nuovo Codice la distinzione soggettiva tra organismi di diritto pubblico e imprese pubbliche (e soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi), assume invero maggiore rilevanza rispetto al Dlgs. 50/2016.
Per approfondire l’argomento
Infatti, solo le imprese pubbliche, sono beneficiarie di molteplici misure di semplificazione, deroga e facoltà di autorganizzazione. In particolare, tra l’altro, le imprese pubbliche:
– non sono tenute ad applicare il Codice per i contratti “non strumentali da un punto di vista funzionale a una delle attività previste dagli articoli da 146 a 152” (c.d. “appalti estranei”);
– non sono soggette alla disciplina sulla qualificazione delle stazioni appaltanti (art. 62, c.17, Codice);
– hanno facoltà di adottare propri atti, con i quali possono in via preventiva, prevedere una disciplina di adattamento delle funzioni del RUP alla propria organizzazione (art. 141, c.4, lett. b) Codice);
– hanno facoltà di disciplinare i sistemi di qualificazione degli operatori economici (art. 141, c.4, lett. a);
– possono specificare la nozione di variante in corso d’opera in funzione delle esigenze proprie del mercato di appartenenza e delle caratteristiche di ciascun settore, nel rispetto dei principi e delle norme di diritto dell’Unione europea (art. 141, c.4, lett. c);
– per i contratti sotto soglia, possono applicare la disciplina stabilita nei propri regolamenti, la quale, se i contratti presentano un interesse transfrontaliero certo, deve essere conforme ai principi del Trattato sull’Unione europea a tutela della concorrenza (art. 50, c.5, Codice).
Sulla questione dei criteri per l’accertamento del nesso di strumentalità dei contratti rispetto all’attività dell’ente aggiudicatore, va detto che, mentre il DLgs. n.50/2016 aveva fatto riferimento ad appalti aggiudicati per “scopi diversi”, il Codice del 2023 ha precisato espressamente, e in via innovativa, all’art. 141 comma 2, che le imprese pubbliche e i soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi applicano le disposizioni del Libro III sui settori speciali solo per i contratti “strumentali da un punto di vista funzionale” a una delle attività dei settori speciali (artt. da 146 a 152 Dlgs. 36/2023).
Dunque, il concetto di strumentalità “funzionale” di cui al nuovo Codice parrebbe volto ad assoggettare al Codice unicamente quelle attività “strettamente connesse” all’attività “core” dell’ente che opera nei settori speciali. Viceversa, come sopra accennato, la giurisprudenza della Corte di Giustizia pare orientata nel senso opposto, fino a ricomprendervi “tutte le attività che presentano un nesso con l’attività rientrante nel settore speciale, nel senso che servono effettivamente all’esercizio di tale attività consentendone la realizzazione in maniera adeguata, tenuto conto delle sue normali condizioni di esercizio”. Sono state quindi considerate “strumentali” prestazioni aventi una mera semplice attinenza – anche indiretta – ad una o più delle attività dei settori speciali, come i servizi di portierato e di reception (Corte di Giustizia, 28 ottobre 2020, n. C-521/18).
La recente posizione della Corte UE impone una revisione sia della giurisprudenza nazionale (si pensi al diverso orientamento espresso oltre un decennio fa dall’Adunanza Plenaria nella ben nota sentenza n.16 del I agosto 2011), sia delle prassi fino ad ora seguite nell’individuazione dei contratti “non strumentali”.
E’ di tutta evidenza come la questione abbia, tra l’altro, riflessi anche in tema di applicazione delle norme sulla digitalizzazione del ciclo dell’appalto (obbligatorie dal 1.1.2024, a stretto rigore, solo per i contratti “strumentali” delle imprese pubbliche, e non per quelli “estranei”).
Questione più generale e trasversale, che riguarda in particolare i contratti sotto-soglia, è quella dei criteri per la verifica della sussistenza dell’interesse transfrontaliero certo. L’art. 50, comma 5, del Codice – sopra richiamato – pretende infatti nella regolamentazione interna il rispetto dei principi del Trattato sull’Unione europea a tutela della concorrenza per i contratti che presentano un tale interesse transfrontaliero certo, mentre per gli altri si aprirebbe virtualmente un ulteriore spazio di semplificazione. Recentemente il Tar Lombardia-Brescia ha affermato che, oltre al criterio geografico-territoriale, “… quello relativo alla consistenza economica dell’appalto rappresenta senza dubbio non solo il criterio principale ma anche il parametro sulla base del quale valutare l’incidenza probatoria degli altri elementi sintomatici presenti nella fattispecie” (Tar Lombardia-Brescia, Sez. II, 4 marzo 2024, n. 165, relativa ad un appalto di lavori di Euro 5.274.599,97, e dunque di poco inferiore alla soglia UE).
Per le imprese pubbliche che sono però società a totale o prevalente capitale pubblico, si apre un’ulteriore questione. L’art. 29, comma 1, II per., della L.241/1990 stabilisce infatti che: “Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative”. Dunque, per i contratti strumentali sotto-soglia che non presentano interesse transfrontaliero certo, fino a che punto può ammettersi una disciplina interna che non rispetti pienamente i “principi del Trattato sull’Unione europea a tutela della concorrenza”, quando l’art. 1, c.1, della stessa L.241/1990 pretende invece in generale il rispetto dei “princípi dell’ordinamento comunitario”?
E, a prescindere dall’applicazione della L.241/1990, anche i contratti strumentali infra soglia delle imprese pubbliche privi di interesse transfrontaliero certo, sarebbero in ogni caso soggetti agli altri principi generali del Codice (e dunque anche al principio dell’accesso al mercato di cui all’art. 3).
La regola della conformità ai principi del Trattato è invece ribadita, anche quando si tratti di contratti che non presentano interesse transfrontaliero, per gli appalti sottosoglia affidati da “soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento