La lex specialis richiedeva la fornitura di filtri conformi alla Direttiva 2007/47/CE sui dispositivi medici, dunque corredati di marchiatura CE.
Una delle ditte interessate alla fornitura dei filtri, tuttavia, impugnava gli atti di gara, ritenendo illegittima tale richiesta e sostenendo che i filtri in questione non potrebbero essere definiti, tecnicamente, come dispositivi medici.
Effettivamente, l’art. 1 del d.lgs. n. 46/1997 definisce i dispositivi medici in modo molto generico, come strumenti che vengono impiegati tra l’altro anche “a fini di […] prevenzione […] di una malattia”. Tuttavia, fin dal 2011 il Ministero della Salute, che mantiene la banca dati d.m., aveva precisato che i “prodotti (filtri) impiegati nella filtrazione dell’acqua ai punti di utilizzo in ospedale alla luce della loro destinazione d’uso e modalità d’azione (applicazione alla tubature dell’acqua nei punti di erogazione) non rientrano nella definizione di dispositivo medico di cui all’art. 1 d.lgs. n. 46/1997, e pertanto non devono recare marcatura CE di dispositivo medico” (circolare 17 novembre 2011).
A questa interpretazione il T.A.R. per la Calabria si è attenuto, annullando così la lex specialis che si presentava eccessivamente restrittiva e contraria alla concorrenza e all’ampia partecipazione.
Documenti collegati
Sentenza T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, n. 1565 del 16 settembre 2019
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