Farmaci biosimilari: il TAR Toscana annulla le linee guida regionali sulla prescrizione dei farmaci

T.A.R. Toscana. Sez. II, n. 400 del 21 marzo 2019 di annullamento delle linee guida regionali sulla prescrizione dei farmaci, nella parte in cui sono applicabili anche ai biotecnologici

Roberto Bonatti 1 Luglio 2019
Modifica zoom
100%

T.A.R. Toscana. Sez. II, n. 400 del 21 marzo 2019 di annullamento delle linee guida regionali sulla prescrizione dei farmaci, nella parte in cui sono applicabili anche ai biotecnologici

La sentenza del T.A.R. per la Toscana, sez. II, n. 400 del 21 marzo 2019, ha avuto molta attenzione anche da parte della stampa specializzata, che l’ha perlopiù enfatizzata per le posizioni di chiusura rispetto al biosimilare rispetto all’originatore.

In realtà, la lettura della sentenza non sembra consentire questa interpretazione: il T.A.R. di Firenze, in effetti, non ha affatto chiuso ai biosimilari né affermato che tra biosimilare ed originatore il medico è libero di decidere in completa autonomia. Questa posizione sarebbe semplicemente in contrasto con le norme e con i principi giurisprudenziali tuttora in vigore.

Il ragionamento del giudice può essere compreso soltanto tenendo a mente due aspetti, peculiari e determinanti in quel contenzioso: in primo luogo, la delibera regionale aveva previsto modalità di prescrizione, dispensazione e acquisizione di farmaci senza distinguere tra farmaci chimici (e relativi generici) e farmaci biotecnologici (e relativi biosimilari); si erano previste, cioè, regole amministrative uniche, senza prevedere alcuna specificità per i farmaci biotecnologici.

In secondo luogo, l’ente regionale aveva stabilito una procedura di controllo, da parte della Regione stessa, su eventuali richieste di acquisto di farmaci diversi da quelli aggiudicati inserite nel sistema informativo regionale, e che tale richiesta sarebbe stata esaminata in base, esclusivamente, alle politiche di governance della spesa e della sostenibilità dell’assistenza farmaceutica regionale.

Ecco allora evidente l’errore commesso dalla Regione.

Sotto il primo profilo: ai farmaci biologici non si applica l’art. 7 d.l. n. 347/01 conv. in l. n. 405/01 che consente, per i soli farmaci chimici, la c.d. sostituibilità secondaria, ossia quella automatica, operata dal farmacista che fornisce al paziente il farmaco generico in assenza di specifica indicazione del medico prescrittore circa la non sostituibilità del farmaco prescritto. Per i biosimilari, tale sostituibilità secondaria, o automatica, è esclusa dall’art. 15, comma 11 quater, d.l. n. 95/12 conv. in l. n. 135/2012 ed introdotto dalla legge n. 232/16 che prevede sempre l’esclusivo controllo del medico sulla prescrizione.

Tanto che per i farmaci biologici non è consentito effettuare una gara ponendo nel medesimo lotto principi attivi differenti quando vi siano anche biosimilari (art. 15, comma 11 quater, comma 3, primo periodo, d.l. n. 95/12) ed anzi anche le procedure di acquisto – cui anche la delibera regionale si riferiva – sono diverse, dal momento che quando i biosimilari siano almeno tre è obbligatoria la procedura di accordo quadro con tre aggiudicatari (art. 15, comma 11 quater, comma 3, lett. b).

Sotto il secondo profilo: il medico che prescriva un farmaco biologico aggiudicato con questa particolare forma di procedura obbligatoria di accordo quadro con più operatori è libero di prescrivere uno dei primi tre farmaci, se ciò è preordinato a garantire la continuità terapeutica del paziente.

È allora in questo contesto che va valutata l’ulteriore affermazione, quasi fosse un obiter dictum nella sentenza, sulla quale successivamente si sono concentrati tutti i commenti pro-originatore. Il Collegio infatti aggiunge che “se è ben possibile che la Regione eserciti, nell’ambito di politiche di razionalizzazione della spesa farmaceutica, una funzione di orientamento nei confronti dei medici prescrittori, permane tuttavia un “limite invalicabile” che è dato dall’autonomia decisionale del medico nella prescrizione di un farmaco, sotto il profilo dell’appropriatezza terapeutica”.

Il rapporto tra costo, costo-beneficio e libertà prescrittiva è infatti da tempo solcato dalla giurisprudenza amministrativa, che pare in effetti avere trovato un punto di equilibrio convincente. Il Consiglio di Stato ha da qualche anno precisato che “costituisce dovere, anche per il medico prescrittore quello di scegliere, tra prodotti ritenuti di pari efficacia, quello meno oneroso per il servizio sanitario nazionale” (Sez. III, sent. n. 5705 del 17 dicembre 2015 e n. 5776 del 18 dicembre 2015). Il concetto è stato ribadito anche successivamente (Sez. III, sent. n. 3621 del 21 luglio 2017) proprio in riferimento a provvedimenti regionali, valutati legittimi da Palazzo Spada, che prevedevano conseguenze a carico dei medici prescrittori che non tenessero in considerazione, all’atto della prescrizione, anche le valutazioni di costo della terapia unitamente alle esigenze terapeutiche, motivando specificamente perché intendessero discostarsi dalla prescrizione del farmaco a minor costo (per intolleranze, per continuità terapeutica, ecc.).

La più recente posizione del Consiglio di Stato, citata dalla stessa sentenza toscana,  ha ulteriormente meglio precisato i rapporti esistenti tra le esigenze di contenimento della spesa farmaceutica regionale e la libertà prescrittiva del medico, ritenendo legittima e valorizzando “l’espressa previsione (…) che – qualora il medico ritenesse di non poter utilizzare il farmaco biosimilare o biologico originator al costo di terapia più basso rispetto al costo di terapia di altro farmaco biosimilare o biologico originator – fosse tenuto a motivare la scelta terapeutica, con specifica relazione indirizzata alla direzione sanitaria di appartenenza e di competenza territoriale dell’assistito” (Sez. III, n. 2821 del 11 maggio 2018).

Ecco, allora, che anche la sentenza del T.A.R. per la Toscana, deve essere letta tenendo conto di ciò: la libertà prescrittiva deve essere garantita ma non è arbitrio prescrittivo.

Deve essere esercitata dal medico all’interno del quadro di regole e di norme esistenti, tra cui l’indicazione (giurisprudenziale ma anche contenuta nell’art. 13 del codice di deontologia medica) secondo cui il costo della terapia è uno degli elementi che concorre, assieme alle valutazioni terapeutiche e cliniche, nella scelta del farmaco da prescrivere. Con la conseguenza che, a parità di effetti terapeutici tra biosimilare ed originator va preferito il farmaco che costa meno.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento