Falsa documentazione creata dal consulente fiscale: nessuna responsabilità dell’impresa

Responsabilità dell’impresa che faccia affidamento su falsa documentazione presentata dal consulente fiscale

Vincenzo Laudani 1 Agosto 2024
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Il comportamento del consulente fiscale, che produca un falso documento di sgravio alla società rassicurandola sull’esito positivo del procedimento, esclude (o quantomeno impone di valutare con rigore) profili di responsabilità soggettiva dell’impresa che abbia attestato la regolarità della propria posizione.

L’ANAC, quindi, non può sulla base di tale presupposto disporre l’iscrizione della notizia del casellario informatico né applicare sanzioni nei confronti dell’operatore economico.

Indice

Il caso di specie

L’impresa Alfa chiedeva ad una società SOA il rilascio di attestazione di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici.
Nel corso del procedimento l’impresa presentava una dichiarazione sostitutiva con la quale attestava l’assenza di violazioni gravi e definitivamente accertate rispetto agli obblighi contributi e fiscali[1].
La SOA rilevava la presenza di una cartella di pagamento, per l’anno di imposta 2016, dalla quale risultava un debito di imposta pari a € 19.871,91[2].
La società richiedente riferiva che la società di consulenza incaricata della contabilità le aveva comunicato l’insussistenza di qualsiasi pendenza con l’erario, trasmettendo, con riferimento a tale cartella, un provvedimento di sgravio rilasciato prima della dichiarazione resa[3].
La SOA interpellava l’Agenzia delle Entrata, la quale dichiarava di non avere mai ricevuto l’istanza di annullamento in autotutela, risultante priva di firma autografa e con un numero di ricevuta di protocollo non corrispondente a quella dell’ufficio[4].
L’impresa provvedeva al pagamento della cartella e a sporgere querela contro il consulente fiscale incaricato[5].
La SOA, pur riconoscendo la buona fede dell’impresa, negava il rilascio dell’attestazione e trasmetteva gli atti all’ANAC per l’avvio del procedimento di competenza[6].
L’Autorità irrogava la sanzione interdittiva dalla partecipazione agli appalti pubblici per dieci giorni e comminava una sanzione pecuniaria di 500 euro, ritenendo sussistente la colpa grave dell’impresa[7].
L’impresa impugnava il provvedimento, in quanto:
Al momento della dichiarazione non sussistevano debiti fiscali definitivi, in quanto la cartella di pagamento era stata notificata il 20 novembre 2019, i termini di impugnazione scadevano il 20 Gennaio 2020 e la dichiarazione era stata presentata il 20 Gennaio stesso[8];
L’ANAC non avrebbe potuto adottare alcun provvedimento sanzionatorio, in quanto l’impresa aveva agito in buona fede e, quindi, non sussistevano i presupposti della colpa grave o del dolo[9];
L’avvenuto pagamento della cartella avrebbe estinto la causa escludente[10];
L’impresa non era tenuta a verificare la veridicità della documentazione trasmessa dal proprio consulente con il quale la stessa aveva rapporti da più di trent’anni, né avrebbe potuto riconoscere la falsità del documento, ritenuto dall’ANAC grossolanamente predisposto[11];
L’ANAC avrebbe dovuto tenere conto della presentazione di querela da parte dell’impresa[12];
La dichiarazione falsa non sarebbe imputabile al concorrente in quanto, nel caso di accertamento della responsabilità penale del consulente, la giurisprudenza della Corte di Cassazione avrebbe riconosciuto l’insussistenza di responsabilità dell’impresa che vi abbia fatto affidamento[13].

Le sanzioni ANAC e il modello di responsabilità

Il Codice Appalti del 2016, applicabile al caso di specie, prevedeva un regime sanzionatorio nei confronti degli operatori economici che:
Si rifiutassero, senza giustificato motivo, di trasmettere all’ANAC informazioni o documenti richiesti o di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione nella procedura di gara[14];
Rendessero all’Autorità, alle Stazioni Appaltanti o agli organismi di attestazione dati o documenti falsi[15].
Un’ulteriore sanzione era prevista nel caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione nella procedura di gara (o nel procedimento di autorizzazione del subappalto) o nel procedimento di qualificazione: la sanzione interdittiva per un periodo massimo a due anni decorrenti dall’iscrizione della relativa comunicazione nel casellario informatico[16].
Trattandosi di sanzioni amministrative afflittive, queste sono soggette alla disciplina delle legge 689 del 1981, la quale richiede la sussistenza, per l’irrogazione, dell’elemento soggettivo (dolo o colpa) e dell’elemento oggettivo (rilevanza e gravità).
Rispetto all’elemento soggettivo (la cui mancanza viene contestata dalla ricorrente), la giurisprudenza amministrativa ha qualificato questo nei termini di responsabilità civile, nel senso che la colpa debba essere intesa come colpa grave, ossia come inosservanza dei doveri di diligenza secondo il parametro della professionalità[17].
Rispetto all’elemento oggettivo, l’Autorità è tenuta a verificare la rilevanza e la gravità dei fatti contestati in maniera autonoma, non essendo sufficiente la semplice rilevanza ai fini escludenti dalla procedura di gara (o dal procedimento di qualificazione) in cui il fatto si è verificato[18].

L’elemento soggettivo nelle dichiarazioni rese affidandosi a soggetti terzi

Laddove il concorrente abbia reso la dichiarazione sulla base dell’affidamento riposto nei confronti di soggetti terzi, occorre chiedersi se comunque questi possa ritenersi, a titolo di colpa, responsabile della falsità dichiarativa per non avere adottato le cautele minime e necessarie richieste secondo il canone della diligenza[19].
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, con riferimento a fattispecie tributarie come quella in oggetto, afferma che, per regola generale, il semplice affidamento sul professionista che curi le pratiche fiscali non escluda la responsabilità amministrativa, dovendosi comunque vigilare sul suo corretto operato[20]. Pertanto, il dichiarante (o il contribuente) è esente da colpe solo se ha posto un’attività di controllo e di vigilanza sull’operatore del consulente, non essendo sufficiente la semplice presentazione di una denuncia penale nei suoi confronti. Esclude, però, la sussistenza della colpa grave il comportamento fraudolento del consulente[21], purché questo sia l’unica causa della condotta[22].
Secondo il TAR Lazio la vicenda in fatto esclude il profilo di responsabilità, essendo ascrivibile la violazione delle norme tributarie solo al consulente che ha trasmesso documentazione falsa, la quale non potrebbe essere soggetta a controllo da parte del contribuente, tanto più che il dichiarante non si è limitato a presentare una denuncia penale, ma si è opposta alla richiesta di archiviazione e si è costituita parte civile nel giudizio penale instaurato.

Altri profili

Il TAR, inoltre, conferma che al momento della presentazione della dichiarazione il debito non era ancora definitivo, elemento questo che quindi esclude la natura falsa della dichiarazione, vertente unicamente sull’inesistenza del debito tributario definitivamente accertato.
Tale profilo, però, non esclude la legittimità del diniego di qualificazione: il concorrente comunque ha effettuato il pagamento solo dopo la presentazione della dichiarazione, e l’art. 80 c. 4 del Codice Appalti del 2016 (applicato evidentemente per analogia al procedimento di qualificazione equiparando il termine per la presentazione delle domande con il momento di presentazione della domanda di qualificazione) richiede invece che l’estinzione del debito avvenga prima.
Con il che,  però, il giudice omette un dato di rilievo, ossia che comunque un simile comportamento non fosse esigibile dal richiedente, dato che questi, in tale momento, non aveva alcuna conoscenza non dello stato di non definitività del debito, ma della sua stessa esistenza, a seguito dell’emissione del provvedimento di sgravio rivelatosi falso.

Note

Note
[1] Dal testo della sentenza: <<la ricorrente ha reso la dichiarazione sostitutiva ex d.p.r. 445/2000 in ordine all’assenza di violazioni gravi, definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse di cui all’art. 80, co. 4, d.lgs. 50/2016, ai fini del rilascio dell’attestazione richiesta>>
[2] Dal testo della sentenza: <<La – OMISSIS – ha eseguito delle verifiche presso l’Agenzia delle Entrate, riscontrando, invece, la presenza di una cartella di pagamento relativa all’anno di imposta 2016 per un debito di € 19.871,91>>.
[3] Dal testo della sentenza: <<la società incaricata della tenuta della contabilità – OMISSIS-, nella persona dell’Amministratore Delegato Dott. – OMISSIS – l’aveva rassicurata sull’assenza di pendenze con l’erario, trasmettendo un provvedimento di sgravio avente ad oggetto la cartella in questione il 17 dicembre 2019 e, quindi, prima della trasmissione della dichiarazione risalente al 20 gennaio 2020>>.
[4] Dal testo della sentenza: <<La – OMISSIS – ha quindi interpellato l’Agenzia delle Entrate la quale ha riferito “… l’istanza di autotutela presentata in data 11.12.2019, oltre ad essere priva di firma autografa, risulta sconosciuta a questo Ufficio, così come la ricevuta di protocollazione, che riporta una numerazione non corrispondente a quella di questo U.T.>>.
[5] Dal testo della sentenza: <<La ricorrente ha provveduto all’immediato pagamento della cartella e ha sporto querela nei confronti del legale rappresentante della società consulente, dott. – OMISSIS->>.
[6] Dal testo della sentenza: <<La -OMISSIS-, all’esito dell’istruttoria espletata, ritenendo sussistente la falsità della dichiarazione, nonostante l’espresso riconoscimento della buona fede della ricorrente, ha negato l’attestazione richiesta e trasmesso gli atti all’Anac per le determinazioni di competenza e per l’eventuale accertamento dell’imputabilità, a titolo di dolo o colpa grave, della produzione di documenti in corso di attestazione che non ha trovato riscontro oggettivo in atti dei soggetti emittenti e depositari>>.
[7] L’Autorità, in particolare comunicava di avere <<accertato la riferibilità all’Impresa -OMISSIS (-OMISSIS-) in termini di colpa grave, nella presentazione, ai fini del conseguimento dell’attestazione qualificazione, di documentazione che non ha trovato riscontro oggettivo da parte del soggetto emittente, con conseguente operatività della causa ostativa prevista dall’art. 80, comma 5, lettera g) del d.lgs. 50/2016, per giorni 10 (dieci) a decorrere dalla data di inserimento della presente annotazione>> e di <<comminare all’impresa la sanzione prevista dall’art. 213, comma 13, del d.lgs. 50/2016, nella misura di € 500,00 (cinquecento/00)>>.
[8] Dal testo della sentenza: <<Ad avviso della ricorrente l’Anac avrebbe errato nel non tenere conto di quanto previsto dall’art. 38, co. 1, lett. G), d.lgs. n. 50/2016 che commina l’esclusione dalla gara e la preclusione alla stipulazione del conseguente contratto ai concorrenti che “hanno commesso violazioni, definitivamente accertata, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”. La cartella in questione, infatti, al momento della dichiarazione resa ai sensi del d.p.r. 445/2000, non era definitiva, in quanto notificata in data 20 novembre 2019 (pertanto non erano ancora decorsi i termini per la sua impugnazione, che scadevano in data 20 gennaio 2020, tenuto conto che il 19 gennaio 2020 era giorno festivo>>.
[9] Dal testo della sentenza: <<La ricorrente, inoltre, si duole del fatto che l’Anac non abbia tenuto conto della buona fede della ricorrente nel rendere la dichiarazione, non sussistendo, quindi, né il dolo né la colpa grave necessari per l’applicazione della sanzione>>.
[10] Dal testo della sentenza: <<La ricorrente, inoltre, si duole del fatto che l’Anac non abbia tenuto conto della buona fede della ricorrente nel rendere la dichiarazione, non sussistendo, quindi, né il dolo né la colpa grave necessari per l’applicazione della sanzione>>
[11] Dal testo della sentenza: <<l’onere di diligenza dell’operatore economico non può estendersi al punto di dover verificare la veridicità della documentazione trasmessa da un proprio consulente, da oltre trent’anni, comprovante l’insussistenza di pendenze. L’ingiustizia della decisione sarebbe testimoniata dalla motivazione dell’Autorità secondo cui la ricorrente avrebbe dovuto riconoscere la falsità del documento di sgravio trasmessole dal proprio consulente, in quanto grossolanamente predisposto, condotta del tutto inesigibile ad un operatore economico>>.
[12] Dal testo della sentenza: <<Del pari ingiusta la decisione di non tener conto della denuncia per la falsità del provvedimento di sgravio perché sporta contro ignoti, stanti le note conseguenze – anche sotto il profilo della responsabilità penale – derivanti dalla proposizione di una querela nei confronti di un soggetto potenzialmente estraneo ai fatti>>.
[13] Dal testo della sentenza: <<La dichiarazione falsa non sarebbe stata imputabile alla ricorrente, in assoluta buona fede e vittima, nell’ipotesi che il procedimento penale si concluda con una pronuncia di condanna, di un comportamento fraudolento del consulente fiscale, finalizzato a mascherare il proprio comportamento, come ritenuto anche dalle più recenti pronunce della Suprema Corte in materia tributaria in cui viene tenuto conto del comportamento fraudolento del consulente>>.
[14] Il Codice Appalti del 2016, all’art. 213 c. 13, prevedeva in tal caso l’irrogazione di una sanzione pecuniaria con un minimo edittale di euro 250 e un massimo di euro 25.000. Il Codice Appalti del 2023 ha modificato tali importi, innalzando il minimo edittale (oggi di euro 500) ma diminuendo sensibilmente il massimo (oggi pari a euro 5.000)
[15] Il Codice Appalti del 2016, all’art. 213 c. 13, prevedeva in tal caso l’irrogazione di una sanzione pecuniaria con un minimo edittale di euro 500 e un massimo di euro 50.000. Il Codice Appalti del 2023 ha modificato tali importi, mantenendo il minimo edittale di euro 500 ma diminuendo sensibilmente il massimo edittale (oggi oari a euro 10.000).
[16] In merito non si ravvisano peculiari differenze tra i due testi normativi (Codice Appalti del 2016 e Codice Appalti del 2023)
[17] Si veda Cons. Stato, sez. V, 5.4.2024 n. 3151, per la quale <<l’imputabilità della falsa dichiarazione deve essere valutata … secondo i parametri civilistici della colpa grave, “intesa come inosservanza dei doveri di diligenza, avendo riguardo alla nozione di “diligenza” che deve essere interpretata accentuandone il carattere relativo ed adeguandola più direttamente alle caratteristiche di ciascuna situazione considerata, in relazione alla natura dell’attività svolta, alla prevedibilità ed evitabilità dell’evento, quindi determinata secondo il parametro relativistico dell’agente modello>>  dovendosi avere <<come punto di riferimento la diligenza, perizia e prudenza di un modello di agente che svolga la stessa professione, lo stesso mestiere, lo stesso ufficio dell’agente reale>>.
[18] Cons. Stato, sez. V, 23.7.2018 n. 4427: <<Proprio perché è misura de futuro e in via generale, non si tratta della medesima valutazione che presiede all’omissione in sede di gara … Nel primo caso le conseguenze … sono relative a quella singola gara; nel secondo al mercato in generale delle gare pubbliche. E se alla luce del primo aspetto l’omissione comporta senz’altro l’esclusione dalla gara … non è detto anche che alla luce del secondo debba sempre e comunque comportare l’iscrizione nel casellario informatico con le inerenti conseguenze escludenti>>,
[19] Si veda la già citata Cons. Stato, sez. V, 5.4.2024 n. 3151, per la quale <<dovendosi far riferimento al concetto di colpa professionale>> deve <<considerarsi sussistenti la gravità del comportamento, in mancanza di quelle cautele, cure o conoscenze costituenti lo standard minimo di diligenza richiesto a quel determinato professionista>>.
[20] Cass. Civ., sez. trib., 21.12.2021 n. 40922: <<in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente … la prova dell’assenza assoluta di colpa, occorrendo a tale fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza; non può, quindi, ritenersi esente da responsabilità il contribuente che non abbia vigilato sul professionista cui erano affidate le incombenze fiscali>>
[21] Si veda la già citata Cass. Civ., sez. trib., 21.12.2021 n. 40922, per la quale <<Non è … esente da responsabilità il contribuente per mancato pagamento delle imposte che consegua alla condotta del professionista infedele, ove il contribuente non fornisca prova dell’attività di vigilanza e controllo in concreto esercitata sull’operatore del professionista – facendosi, ad esempio, consegnare le ricevute telematiche dell’avvenuta presentazione della dichiarazione – ovvero ove non dia prova del comportamento fraudolento del professionista, come, per esempio, in caso di falsificazione dei modelli F24 … non essendo sufficiente la mera presentazione di denuncia penale>>.
[22] Si veda ancora Cass. Civ., sez. trib., 21.12.2021 n. 40922, che annulla la sentenza impugnata perché il giudice ha omesso <<di accertare se il fatto fosse ascrivibile esclusivamente al comportamento fraudolento del terzo professionista, così non facendo buon governo dei menzionati principi>>.

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