Art. 80, comma 5, lett. c, d.lgs. n. 50 del 2016 – Altre sanzioni – Penali – Non esclusione – Indefettibilità del contenzioso civile
Con sentenza n. 519/2017 il Consiglio di Stato è tornato ad esprimersi sulla necessità di fornire un’interpretazione chiarificatrice alle previsioni dettate dall’art. 80, comma 5, lettera c), d. lgs. n. 50/2016, norma che consente alle stazioni appaltanti di escludere i concorrenti da una procedura di affidamento di contratti pubblici in presenza di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la (sua) loro integrità e affidabilità”, con la notazione, ai fini che qui interessano, che in tali ipotesi rientrano, tra l’altro, “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”.
Ebbene, nel definire la questione rimessa alla sua attenzione, il Supremo Consesso ha precisato che, in tema di requisiti morali di partecipazione ad una gara d’appalto, la normativa lascia uno spazio, in vero censurabile, alla discrezionalità delle stazioni appaltanti.
Mirando la previsione – almeno quanto alla ratio originaria – ad individuare confini precisi entro i quali la P.A., possa elidere la potenziale partecipazione di un operatore economico alle procedure di selezione del contraente, certamente v’è da chiedersi se e in che misura questa, prossima parte negoziale e Committente, sia legittimata a godere dell’esercizio di tale potere discrezionale, soprattutto, con riferimento – come nel caso di specie – ad una valutazione di idoneità del comportamento dell’Appaltatore connesso a circostanze di fatto afferenti l’esecuzione di una precedente commessa (anche affidata da diversa amministrazione).
Il punto, a ben vedere è il seguente: può la Stazione Appaltante godere di un coefficiente di discrezionalità, il cui esercizio può comportare persino una comparazione – con valutazione finale escludente – tra la riconduzione della fattispecie astratta (grave illecito professionale) e la vicenda contrattuale in concreto?
In primo grado, nel caso de quo, il T.A.R. aveva ritenuto rilevante, ai sensi dell’art. 80 c. 5 l. c) l’applicazione di due penali da ritardo, assimilando le c.d. “altre sanzioni” alle cause immediatamente escludenti quali la risoluzione del contratto divenuta definitiva per mancata contestazione giudiziale ovvero confermata all’esito di un giudizio.
Il Consiglio di Stato, con netta e condivisibile motivazione, ha tracciato un’analisi ermeneutica della norma la quale, in verità, al di là di quanto indicato dalle Linee Guida A.N.A.C., conferisce alla casistica tipica della intervenuta e conclamata risoluzione del contratto il valore di “indice ex lege”, caratteristica che, di contro, non può dirsi propria delle residuali ipotesi esemplificative dette “altre sanzioni”, tra cui le penali discendenti dall’applicazione di clausole pattizie che giammai assurgono di per sé al rango di “significativa carenza”.
E del resto, l’art. 80 c. 5 l. c) conferisce un ruolo fondamentale alla fase di contenzioso in termini di garanzia per l’impresa.
Sarebbe invero paradossale consentire all’Amministrazione di operare un’esclusione sulla scorta di una sanzione comminata direttamente da essa stessa (o addirittura da diversa P.A.) nelle vesti di controparte contrattuale, in assenza di un accertamento giudiziale definitivo.
E così: “il Collegio in definitiva ritiene, dunque, che anche per le “altre sanzioni” sia implicita…quella condizione della “non contestazione” o “definitività” che la norma espressamente impone per la risoluzione anticipata”. Né vale opporre la diversa impostazione delle Linee guida assunte in questa materia dall’A.N.A.C., atteso che le stesse sono prive, almeno su questo tema, di valenza vincolante…avendo solo una funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti”.
Le stesse Linee Guida, infatti, finiscono per dare rilievo a provvedimenti di applicazione delle penali che, singolarmente o cumulativamente, raggiungono un’incidenza del 1% dell’importo contrattuale.
Dato che stride al comune sentire degli operatori di settore, posto che la soglia indicata è davvero irrilevante e, soprattutto, ritenuto che l’applicazione di penali spesso è il contro altare di riserve per anomalo andamento che, nella logica di un rapporto ad armi pari – quale quello della fase contrattuale dovrebbe essere – assume identico valore come indice di un contegno gravemente inadempiente della controparte.
Ritardo nell’adempimento è uno e ritardo nell’adempimento è l’altro, con la differenza che alla stazione appaltante verrebbe dato – a volersi discostare dalle motivazioni di cui alla pronuncia in esame – il potere di compiere una autoreferenziale valutazione in ordine all’accertamento della veridicità dei fatti controversi.
In linea quanto chiarito dal Consiglio di Stato, in sede di Adunanza della Commissione speciale del 14 settembre 2017, nel rammentare come la circostanza che l’operatore economico si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, costituisce un tipico concetto giuridico a contenuto indeterminato attinente ad una particolare tecnica legislativa nella quale, per individuare il fatto produttivo di effetti giuridici, la norma non descrive la fattispecie astratta in maniera tassativa ed esaustiva ma rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nell’ipotesi normativa, all’integrazione dell’interprete, mediante l’utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extra giuridici.
E allora, può davvero quell’interprete essere la stessa P.A.?
Concludendo, quindi, paiono opportune alcune considerazioni: è vero che la penale non dovrebbe integrare un grave illecito professionale ma, al contempo, leggendo tra le righe della pronuncia – e nemmeno troppo – si rivela il carattere indefettibile del ricorso al contenzioso in sede civile da parte dell’Appaltatore, al fine di domandare la disapplicazione dell’eventuale penale comminata dalla Committente e tanto a prescindere dalla sussistenza di pretese risarcitorie o remuneratorie, ma con uno sguardo piuttosto alla preservazione del proprio potenziale di partecipazione alle gare, ritenuto che l’omessa richiesta di disapplicazione della sanzione come anche della risoluzione anticipata porta come immediata conseguenza il consolidarsi di un presupposto di esclusione (che, peraltro, la stessa Committente, potrebbe in un momento successivo di revisione contabile finale, ritenere di non confermare); altresì, la qualificazione delle Linee Guida, quale strumento con “funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti”, consente – col senno di poi – di individuare un principio di controtendenza, seguendo un filo rosso che vede il “soft law” divenire nelle statuizioni degli organi giurisdizionali sempre più “soft” e meno “law”; con buona pace degli operatori di diritto e del sistema classico delle fonti.
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