
Errore materiale – Potere di rettifica – Soccorso istruttorio – Offerta tecnica – Indeterminatezza – Incompletezza – Esclusione – Autotutela – Concorrenza
Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2025, n. 804
L’errore materiale deve essere agevolmente individuabile e riconoscibile da chiunque. Il potere di rettifica di errori materiali e refusi è circoscritto alle sole ipotesi in cui la volontà negoziale sia stata comunque espressa nell’offerta. La rettifica d’ufficio è possibile esclusivamente in presenza di un errore manifesto e immediatamente percepibile. Per essere riconoscibile, tale errore deve risultare ex actis, ossia ricavabile dai soli atti prodotti in sede di gara, senza poter essere eterointegrabile sulla base di elementi non direttamente attinenti alla procedura stessa. Non è esigibile, da parte della stazione appaltante, né uno sforzo di ricostruzione logica dell’offerta esteso a una pluralità di atti, né un compito di immedesimazione soggettiva dell’interprete nella prospettiva dell’operatore economico.
Il caso di specie
La vicenda si colloca nell’ambito di una gara per l’affidamento in concessione del servizio di gestione del BAR/tavola calda e della buvette, all’interno degli uffici e delle aule della Regione Lazio.
A tale gara partecipava unicamente il gestore uscente, il quale, tuttavia, veniva escluso a causa dell’incompletezza dell’offerta tecnica, specialmente in relazione all’area buvette. Rispetto a tale provvedimento di esclusione, l’operatore formulava istanza di autotutela, la quale, però, veniva rigettata dall’amministrazione regionale. A fronte del riscontro negativo della stazione appaltante, l’operatore economico impugnava il provvedimento di esclusione dinanzi al T.A.R. Lazio, con esito negativo.
Il Tribunale, infatti, riscontrava che l’amministrazione, nel rigettare l’istanza di autotutela, aveva confermato l’operato della commissione giudicatrice con una propria autonoma valutazione. Inoltre, il Collegio evidenziava che, in caso di irregolarità o incompletezza delle offerte, l’istituto del soccorso istruttorio non trova applicazione. L’offerta tecnica, difatti, si presentava sia incerta e indeterminata, sia gravemente incompleta quanto alla descrizione del progetto.
L’operatore economico soccombente, dunque, formulava ricorso in appello per ottenere la riforma della sentenza di primo grado.
La decisione del Consiglio di Stato
Il Collegio ha espresso il proprio orientamento sul tema dell’errore materiale immediatamente riconoscibile, inficiante l’offerta dell’operatore economico. L’errore materiale, in quanto tale, può essere oggetto di rettifica d’ufficio da parte della stazione appaltante. In particolare, sussiste “la possibilità che la stazione appaltante corregga gli errori materiali inficianti l’offerta, a condizione che l’effettiva volontà negoziale dell’impresa partecipante alla gara sia individuabile in modo certo nell’offerta presentata, senza margini di opacità o ambiguità, così che si possa giungere a esiti univoci circa la portata dell’impegno ivi assunto; in altri termini, la ricerca della volontà dell’offerente ben può consistere anche nell’individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione o di calcolo, a condizione, però, che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta”. Segnatamente, il Collegio ha delineato i limiti del potere di rettifica: la stazione appaltante può, infatti, rettificare l’errore materiale che colpisce l’offerta esclusivamente quando tale errore possa essere percepito e rilevato immediatamente, ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto. La volontà dell’operatore economico “deve risultare agevolmente individuabile e riconoscibile da chiunque. In definitiva, il potere di rettifica di errori materiali e refusi è circoscritto alle sole ipotesi in cui la volontà negoziale sia stata comunque espressa nell’offerta” (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2529; id., sez. III, 24 febbraio 2020, n. 1347; id., sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978).
Al contrario, non è esigibile, da parte della stazione appaltante, né uno sforzo di ricostruzione logica dell’offerta esteso a una pluralità di atti, né un compito di immedesimazione soggettiva dell’interprete nella prospettiva dell’operatore economico. La rettifica d’ufficio dell’offerta rappresenta, infatti, un’operazione delicata, in quanto impattante sull’interesse dei concorrenti all’imparzialità della competizione. Per tale ragione, tale misura può essere adottata “solo prendendo in considerazione la manifestazione oggettiva di volontà veicolata nel singolo atto di gara ed un errore ivi emergente, sub specie di lapsus calami, nella sua immediata e manifesta evidenza materiale e grafica”.
Il Collegio ha escluso, pertanto, che sia ragionevole gravare l’amministrazione di un “obbligo di diligenza ricostruttiva addirittura maggiore di quello che ci si aspetta”.
La rettifica d’ufficio è possibile esclusivamente in presenza di un errore manifesto e immediatamente percepibile. Per essere riconoscibile, tale errore “deve risultare ex actis, ossia ricavabile dai soli atti prodotti in sede di gara (offerta tecnica e dichiarazioni sui requisiti di carattere generale), senza poter essere eterointegrabile sulla base di elementi non direttamente attinenti alla procedura stessa”.
Sul punto, il Giudice Amministrativo ha più volte ribadito che le offerte tecniche devono essere improntate alla massima linearità e chiarezza. La presenza di lacune, tali da determinare l’assoluta incertezza o indeterminatezza del contenuto dell’offerta, determinano l’esclusione dell’operatore economico senza possibilità di soccorso istruttorio, in virtù del radicato orientamento secondo il quale: “Non solo l’incompletezza, ma anche l’indeterminatezza è causa di esclusione dalla gara” (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 21 luglio 2017, n. 3616).
Infine, la Quinta sezione si è espressa sul tema della configurabilità di un obbligo della pubblica amministrazione di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti sfavorevoli precedentemente emanati. Il Collegio ha evidenziato la natura officiosa e ampiamente discrezionale del potere della stazione appaltante; il c.d. potere di autotutela è, infatti, rimesso alle valutazioni di opportunità compiute dall’amministrazione che ha adottato il provvedimento, specialmente con riferimento all’an. Rispetto all’esercizio di tale potere, il privato può solamente avanzare mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 2022, n. 2564; id., sez. IV, 9 luglio 2020, n. 4405).
Il Consiglio di Stato ha chiarito, pertanto, che il potere di autotutela non può ritenersi doveroso, atteso che non sussiste alcun obbligo, in capo alla stazione appaltante, di ritrasmettere gli atti alla commissione di gara, né di effettuare ulteriori approfondimenti.
In conclusione, il Collegio ha rigettato il ricorso in appello.
Brevi considerazioni conclusive
Con la pronuncia in esame, Il Consiglio di Stato ha delineato i confini attinenti al potere di rettifica degli errori materiali dell’offerta presentata dall’operatore economico. A ben vedere, l’amministrazione non è tenuta a compiere uno sforzo ricostruttivo superiore all’ordinaria diligenza, ricorrendo a fonti esterne agli atti prodotti in sede di gara, come, ad esempio, l’intervento dell’offerente in chiave chiarificatrice.
In particolare, il Collegio ha evidenziato che, in taluni casi, non può nemmeno invocarsi l’applicazione del soccorso istruttorio di matrice procedimentale, atteso che vi sono situazioni in cui l’intervento chiarificatore non potrebbe che apportare sostanziali modifiche agli elementi essenziali dell’offerta, in quanto tali radicalmente inammissibili.
Difatti, ammettere il ricorso al soccorso istruttorio anche in presenza di un’offerta incompleta e/o indeterminata determinerebbe il surrettizio aggiramento del principio generale di immodificabilità dell’offerta, posto a tutela dell’imparzialità e della trasparenza dell’agire amministrativo.
Inoltre, lungi dal perseguire obiettivi di favor partecipationis, tale comportamento causerebbe un’inammissibile alterazione del meccanismo concorrenziale, in violazione del principio della par condicio tra operatori economici.
Se è vero che, in virtù dell’articolo 2 del D. Lgs. n. 36/2023, il principio della concorrenza è strumentale al perseguimento del miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, tale risultato deve intendersi, però, come risultato “virtuoso”, rispettoso cioè della parità concorrenziale.
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