Prologo
Sebbene il termine per la stipula del contratto sia ordinatorio, non può essere rimesso ad libitum alla stazione appaltante in quanto, ove l’amministrazione procedente potesse costringere in ogni tempo l’operatore a concludere il contratto d’appalto, la relativa disposizione di legge risulterebbe completamente svuotata della funzione che le è propria; vale a dire quella di tutelare «l’aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi».
Infatti una volta che sia decorso il termine di centottanta giorni di validità dell’offerta, e quello di sessanta giorni previsto per la stipulazione del contratto, l’ordinamento consente all’operatore economico, specie ove questi abbia visto mutare in senso peggiorativo le condizioni di esecuzione dell’appalto, di affrancarsi dall’impegno originariamente assunto.
Un’impresa che ha la facoltà di rinunciare all’esecuzione di un’opera, in virtù dell’inutile decorso dei termini ultimi per la tempestiva stipulazione del contratto d’appalto, nonché del decorso del termine di centottanta dalla presentazione dell’offerta, non può comunque ritenersi tenuta ad assoggettarsi al vincolo negoziale, per il fatto che il legislatore è intervenuto con una normativa di natura emergenziale, apprestando delle soluzioni in ogni caso non idonee a ripristinare integralmente l’equilibrio sinallagmatico compromesso dagli eccezionali eventi perturbatori, dovendo la stessa applicarsi ai soli rapporti in corso, per i quali sia già intervenuto il vincolo negoziale.
Lo stabilisce il Consiglio di Stato sez. V con la Sentenza del 22 febbraio 2024 n. 1774.
Il caso
La questione controversa ha avuto ad oggetto la legittimità amministrativa di un provvedimento di autotutela disposto dalla pubblica amministrazione sulla aggiudicazione di una gara di lavori.
La stazione appaltante era addivenuta all’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione a seguito del rifiuto da parte dell’aggiudicatario a stipulare il contratto.
Quest’ultimo, infatti, sulla premessa che nelle more della stipula alcuni prezzi delle materie prime avevano subito vertiginosi aumenti, tali da rendere inattuale e non remunerativa l’offerta, aveva chiesto al contraente pubblico di rivedere il prezzo del contratto.
La P.A. tuttavia aveva sempre rigettato la richiesta di modifica del prezzo del contratto di talché l’impresa, come sopra accennato, decideva definitivamente di ritirare l’offerta.
Da qui l’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione che la stazione appaltante asserisce essere dipesa dal comportamento inadempiente dell’aggiudicatario.
Chiedendo contestualmente l’escussione della cauzione provvisoria e segnalando la vicenda all’ Anac.
Quindi l’impresa insorgeva dinanzi al giudice amministrativo chiedendo l’annullamento del provvedimento proprio nella parte in cui la pubblica amministrazione nel disporre l’autotutela sull’aggiudicazione addossava all’aggiudicatario la causa di inadempimento.
Tuttavia sia il giudice di primo grado che il Consiglio di Stato hanno ritenuto illegittima la decisione della pubblica amministrazione sostenendo invece che fosse quest’ultima ad essere responsabile della mancata stipula del contratto in quanto aveva immotivatamente ritardato a convocare l’impresa proprio per la stipula.
La decisione in esame mette in evidenza che nell’ipotesi di specie, si è dapprima assistito all’infruttuoso decorso del termine stabilito dalla legge per la stipulazione del contratto; e successivamente, quando ormai l’impresa poteva legittimamente decidere di svincolarsi dall’impegno assunto in gara, essa aveva fatto presente che sarebbe stata disponibile a realizzare l’opera unicamente a fronte di un integrale riequilibrio del sinallagma.
Per il Consiglio di Stato la circostanza che l’amministrazione non intendesse dar seguito alla richiesta dell’aggiudicataria, considerandola contra legem, non legittimava la stessa a tenere un comportamento inerte per altri mesi, per poi imputare all’aggiudicataria la mancata stipula del contratto, in quanto la medesima amministrazione, laddove avesse ritenuto (come, di fatto, ha ritenuto) che non vi fosse margine in tal senso, altro non avrebbe potuto/dovuto fare che prendere lealmente atto della volontà legittimamente manifestata dall’aggiudicataria e, poi, assumere le conseguenti determinazioni per assicurare, se ancora di suo interesse, la realizzazione dei lavori.
La decisione
La decisione si fonda sui seguenti principi già elaborati dalla giurisprudenza amministrativa:
“costituisce un’evidente forzatura il procedere con l’aggiudicazione di un contratto nella consapevolezza che lo stesso si dimostri già inizialmente inadeguato al punto di dover immediatamente azionare (prima ancora della stipulazione) istituti di legge che sono invece destinati ad assolvere necessità impreviste e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del contratto” Cons. Stato, Sez. V, 11.1.2022, n.202 ;
rientra nei generali principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, sanciti dalla Costituzione, nonché nei canoni comunitari di proporzionalità e trasparenza, l’obbligo – nelle procedure ad evidenza pubblica – di stabilire compensi remunerativi capaci di mettere i concorrenti nella condizione di presentare un’offerta sostenibile ed affidabile e di eseguire l’impegno negoziale in conformità della stessa, evitando il serio rischio di distorsioni nelle dinamiche concorrenziali e dell’effettuazione di lavori o erogazione di servizi di scarsa qualità.
la stazione appaltante può certamente procedere alla consegna dei lavori in via d’urgenza, «nelle more della verifica dei requisiti di cui all’art. 80, D.Lgs. 50/2016, nonché dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura»; ma ciò evidentemente non la esime dal dare tempestivamente corso alla stipulazione del contratto, una volta che le predette verifiche si siano concluse.
Il giudice amministrativo in definitiva ricorda come il comportamento della Pubblica Amministrazione, all’indomani dell’aggiudicazione, e in vista della stipula del contratto deve essere improntato ai principi di buona fede e correttezza.
Il mancato rispetto del termine fissato dalla legge per la stipula del contratto integra un comportamento violativo dei predetti principi, tanto più se da esso dipende la preclusione per il privato di utilizzare istituti emergenziali previsti per il ripristino dell’equilibrio negoziale, tuttavia non attivabili nella fase che precede la formazione del vincolo contrattuale.
È contrario a buona fede e correttezza il comportamento della p.a. che tarda a convocare l’aggiudicatario per stipulare
A cura di Giovanni Francesco Nicodemo
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