Diritto processuale amministrativo – Contenzioso appalti – Competenza territoriale dei T.A.R. revisione prezzi – Riparto di giurisdizione – Art. 29 D.L. n. 4/2022 – Art. 115 d.lgs. n. 163/2026 – Art. 60 d.lgs. n. 36/2023 – Obbligo di inserimento della clausola revisionale negli atti di gara – Meccanismo di eterointegrazione
1. In tema di revisione prezzi, laddove parte ricorrente lamenti il mancato inserimento nella lex specialis e (a valle) nella convenzione inter partes della clausola revisionale la cui previsione obbligatoria è prevista dall’art. 29, comma 1, lett. a), D.L. n. 4/2022 (pubblicato nella G.U. 27 gennaio 2022, n. 21 e in vigore dal 18 maggio 2022) – avendo previsto il contratto solo il meccanismo di cui alla lett. b) e non anche quello di cui alla lett. a) del primo comma del detto articolo – e chieda l’annullamento del diniego della stazione appaltante alle sue richieste di inserimento della clausola, spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo accertare la sussistenza di tale obbligo. Infatti, in questo caso, viene in rilievo non il diritto soggettivo alla revisione prezzi, quanto piuttosto l’interesse dell’operatore alla corretta applicazione della normativa pubblicistica in tema di revisione prezzi negli appalti pubblici e alla legittima gestione, da parte della pubblica amministrazione, della procedura finalizzata al riconoscimento della revisione prezzi.
In particolare, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2 c.p.a. alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo vanno ricondotte le controversie “relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.
Pur essendo noto al Collegio che si tratta di orientamento non univocamente seguito dalla giurisprudenza amministrativa, si ritiene condivisibile la posizione prevalente assunta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui “Nelle controversie relative alla clausola di revisione del prezzo negli appalti di opere e servizi pubblici, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in conformità alla previsione di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2), del d.lgs. 104 del 2010, sussiste nell’ipotesi in cui il contenuto della clausola implichi la permanenza di una posizione di potere in capo alla P.A. committente, attribuendo a quest’ultima uno spettro di valutazione discrezionale nel disporre la revisione, mentre, nella contraria ipotesi in cui la clausola individui puntualmente e compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto, deve riconoscersi la corrispondenza di tale obbligo ad un diritto soggettivo dell’appaltatore, il quale fa valere una mera pretesa di adempimento contrattuale, come tale ricadente nell’ambito della giurisdizione ordinaria” (così Cass. S.U. 12 ottobre 2020, n. 21990; Cass. S.U. 22 novembre 2021, n. 35952; Cass. S.U., 8 febbraio 2022, n. 3935).
Ciò conformemente alle coordinate applicative definite dalla Corte Costituzionale, che, a partire dalla nota sentenza del 6 luglio 2004, n. 204, ha chiarito che le ipotesi di giurisdizione esclusiva sono conformi a Costituzione solo se nelle materie ad essa devolute “l’Amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà”. Da ciò discende che un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a. debba condurre a ricomprendere nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i soli casi in cui all’Amministrazione viene attributo un “potere” in grado di incidere autoritativamente sulla sfera giuridica del privato, a tutela di un interesse pubblico (cfr. T.A.R. Catania, sez. III, n. 812/2024).
Orbene, in applicazione di detti principi giurisprudenziali, ritiene il Collegio che, allorché si deducano a fondamento della pretesa revisionale disposizioni contrattuali destinate a regolare le posizioni paritetiche dei contraenti nell’ambito del contratto di appalto, detta pretesa debba essere ricostruita tout court in termini di diritto soggettivo, con conseguente devoluzione della sua cognizione al giudice originario, ma se, come nel caso sopra rappresentato, la pretesa si fonda (non sul contratto, ma) sulla legge che preveda l’obbligo di inserimento della clausola revisionale negli atti di gara, a cui non si è conformata la stazione appaltante (prima nell’elaborazione della lex specialis e, a valle, nel contratto), la posizione giuridica che assume rilievo in capo all’operatore economico è quella di interesse legittimo alla corretta applicazione della normativa pubblicistica della revisione prezzi da parte dell’amministrazione e, pertanto, la giurisdizione è quella esclusiva del giudice amministrativo (Cons. St. sez. VI n. 7043 del 2000; Cons. St., sez. III, n. 7291/2023).
2. In materia di competenza territoriale inderogabile dei T.A.R., l’art. 13, commi 1 e 2 cod. proc. amm., nel delineare i rapporti tra il criterio della sede e quello dell’efficacia spaziale secondo una logica di complementarietà e di reciproca integrazione, ha inteso chiarire che il criterio ordinario rappresentato dalla sede dell’autorità amministrativa, cui fa capo l’esercizio del potere oggetto della controversia, cede il passo a quello dell’efficacia spaziale nel caso in cui la potestà pubblicistica spieghi i propri effetti diretti esclusivamente nell’ambito territoriale di un tribunale periferico, in tal caso la competenza spettando al tribunale nella cui circoscrizione tali effetti si verificano anche nell’ipotesi in cui l’atto sia stato adottato da un organo centrale dell’amministrazione statale, da un ente ultraregionale ovvero da un organo periferico dello Stato che abbia sede nell’ambito della circoscrizione di altro tribunale territoriale (cfr. Cons. Stato, AA. PP. n. 33 del 24 settembre 2012 e n. 34 del 19 novembre 2012; cfr. anche ordinanze del Consiglio di Stato, sez. V, nn. 5012, 5013,5014, 5015, 5016, 5017, 5018, 5019 del 13 agosto 2020). L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire, inoltre, che per effetti diretti si intendono solo “gli effetti diretti e immediati dell’atto, mentre non assumono rilievo gli effetti mediati e indiretti eventualmente derivanti dalla connessione con atti non oggetto di specifico gravame, al pari dell’efficacia eventualmente ultraregionale degli atti impugnati” (cfr. Cons. St. Ad. Plen. sentt. n. 2/2011 e 4/2013)” (T.A.R. Lombardia, sez. III, 6 dicembre 2024, n. 3488).
3. In tema di revisione prezzi, la normativa emergenziale di cui all’art. 29, comma 1, lett. a) del D.L. n. 4/2022 – sulla cui scia poi si è mosso anche il successivo art. 60 del d. lgs. n. 36 del 2023 – ha previsto un obbligo di inserimento della clausola revisionale negli atti di gara, con la conseguenza che nel caso in cui tale obbligo rimanga inottemperato dall’ente, trova applicazione il meccanismo della eterointegrazione a valle (ossia nel contratto). In proposito, con argomentazioni trasponibili al caso di specie, la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, III, n. 5686/2019 e n. 5715/2018; T.A.R. Lazio, II, 22 ottobre 2020 n. 10771; T.A.R. Puglia, Bari, 24 gennaio 2019, n. 90; T.A.R. Lombardia, Milano, 21 gennaio 2019 n. 116; T.A.R. Piemonte, II, 2 maggio n. 2018, n. 498; T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 12 giugno 2019, n. 1205 e n. 1207; T.A.R. Puglia, Lecce, II, 25 settembre 2017, n. 1518; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, n. 2544 del 17 agosto 2023) ha ritenuto che l’eterointegrazione ai sensi dell’art. 1339 c.c. opera per integrare i contratti di appalto con la clausola revisionale obbligatoria per legge, senza necessità di impugnazione degli atti precedenti: in particolare, è stato rilevato che “la revisione prezzi, secondo la disciplina pro tempore applicabile, si applica ai contratti di durata pluriennale a partire dall’anno successivo al primo, e l’art. 115 del decreto legislativo n. 163/2006 prevede l’inserimento obbligatorio della clausola di revisione prezzi, con conseguente sostituzione di diritto ex art. 1339 cod. civ. delle clausole contrattuali difformi, nulle di pieno diritto ex art. 1419 cod. civ.
L’art. 115 del decreto legislativo n. 163/2006, pertanto, è norma imperativa, destinata, come tale, ad operare anche in assenza di specifica pattuizione tra le parti ovvero in presenza di pattuizioni con essa contrastanti nell’ambito dei contratti pubblici di servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa, sicché sussiste il diritto della parte ricorrente alla liquidazione del maggior compenso derivante dalla revisione dei prezzi del contratto per il periodo di originaria durata eccedente il primo anno, calcolato utilizzando l’indice medio del paniere di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. indice FOI) mensilmente pubblicato dall’ISTAT, previa sostituzione automatica ex artt. 1339 cod. civ. di ogni difforme clausola contrattuale con il citato art. 115 del decreto legislativo n. 163/2006” (T.A.R. Catania, sez. II, 2544/2023 cit.).
Con specifico riguardo al mancato inserimento della clausola ex art. 29 D.L. n. 4/2022 è stato, inoltre, dalla giurisprudenza affermato che “è sufficiente richiamare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d) cod. proc. amm., il consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, che, in relazione al precedente Codice dei Contratti che prevedeva l’obbligo di inserimento delle clausole di revisione prezzi, solo recentemente reintrodotto, aveva chiarito che “lo scopo della disposizione, recante un regime legale della revisione dei prezzi prevalente su quello generale di diritto comune, è quello di coniugare l’esigenza di contenere la spesa pubblica con quella di garantire che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano con il tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni.
La natura cogente e inderogabile di tale prescrizione fa sì che, nei casi in cui la clausola citata non sia stata inserita nel regolamento contrattuale, operi il meccanismo di integrazione di cui all’art. 1339 c.c.; ne consegue, altresì, che le clausole difformi contenute nei contratti della tipologia presa in considerazione sono nulle per contrasto con una norma imperativa” (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 3 luglio 2020, n. 504; T.A.R. Sardegna, sez. II, 7 aprile 2023, n. 254).
In senso analogo, si è pronunciata l’ANAC, con parere di precontenzioso n. 222 dell’8 maggio 2024, secondo cui: “In conformità a quanto previsto dall’art. 29, comma 1, lett. a) del d.l. n. 4/2022, convertito con l. n. 25/2022, è obbligatorio l’inserimento della clausola di revisione dei prezzi in tutti i casi in cui il bando o l’avviso di gara o, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, la data dell’invio degli inviti a presentare offerta sia stato pubblicato dopo l’entrata in vigore del decreto e nel caso in cui tale clausola non sia stata originariamente prevista nella lex specialis deve ritenersi comunque applicabile sulla base del principio di eterointegrazione delle fonti della disciplina di gara nei limiti indicati dalla normativa medesima”.
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Diritto processuale amministrativo – Contenzioso appalti – Competenza territoriale dei T.A.R. revisione prezzi
TAR Sicilia-Catania, sez. V, 27 febbraio 2025, n. 737
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