Dentro le imprese sottoposte al controllo giudiziario; fuori chi non paga imposte e tasse o contributi previdenziali, anche se l’irregolarità non è stata definitivamente accertata
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 18 aprile 2019 è stato finalmente pubblicato il tanto atteso decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”, meglio conosciuto come decreto “Sblocca Cantieri”, con il quale il Governo ha riscritto buona parte del testo del d.lgs. 50 del 2016. Come si legge nel preambolo del provvedimento, i presupposti dell’intervento poggiano sulla necessità e urgenza di adottare misure volte alla semplificazione e accelerazione dei pubblici affidamenti, pur sempre garantendo i necessari parametri di imparzialità e trasparenza nello svolgimento delle relative procedure.
Rinviando la valutazione sui contenuti della riforma all’approvazione definitiva della legge di conversione, che dovrà avvenire entro i prossimi 60 giorni, è utile esaminare sin da subito alcune delle novità che interessano gli operatori del settore, già in vigore dallo scorso 19 aprile.
Fra le numerose disposizioni oggetto di revisione, l’art. 1, comma 1, lett. n) del decreto prevede la modifica della norma sulle cause di esclusione di cui all’art. 80 d.lgs. 50 del 2016, in parte già riscritta dal d.l. “Semplificazioni” sul finire dello scorso anno[1].
Procedendo con ordine, la riforma coinvolge, innanzitutto, il primo comma dell’art. 80 dal quale sparisce il riferimento alle sentenze definitive di condanna, ai decreti penali irrevocabili o alle sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciate nei confronti del subappaltatore, che non potranno più determinare l’esclusione dell’impresa principale dalla procedura di gara. Correlativamente, perdono rilevanza escludente anche le situazioni previste dall’art. 80, comma 5, nell’ipotesi in cui siano riferite ai soggetti di cui al successivo art. 105.
In coda al secondo comma dell’art. 80, riguardante l’esclusione di imprese destinatarie di informazioni antimafia interdittive o di misure di prevenzione, viene invece inserito il riferimento all’art. 34 bis, commi 6 e 7, d.lgs. 159 del 2011, introdotto dalla l. 161 del 2017, adeguando così la disciplina contenuta nel codice appalti alle recenti modifiche apportate alla normativa antimafia.
In estrema sintesi, il sesto comma dell’art. 34 bis consente al soggetto colpito da un’interdittiva antimafia di richiedere, una volta impugnato il provvedimento del prefetto e sempre che il pericolo di inquinamento mafioso sia solo occasionale, l’applicazione della misura del controllo giudiziario da parte del tribunale competente per le misure di prevenzione, in modo tale da poter proseguire la propria attività imprenditoriale sotto la vigilanza di un amministratore nominato dal giudice. L’accesso alla misura patrimoniale in esame determina, infatti, la sospensione degli effetti interdittivi dell’informativa prefettizia (art. 34 bis, comma 7).
Coordinando la disposizione appena esaminata con l’art. 80, comma 2, lo “Sblocca Cantieri” sembra, quindi, chiarire che l’ammissione al controllo giudiziario consente agli operatori economici non solo di completare l’esecuzione dei contratti già in essere, ma anche di partecipare a nuove procedure di affidamento, evitando l’esclusione sebbene siano stati destinatari di provvedimenti interdittivi.
Al terzo comma dell’art. 80 si ridefinisce, in primo luogo, l’ambito di applicazione delle cause di esclusione connesse a provvedimenti penali di condanna o a quelli antimafia emessi nei confronti del socio di maggioranza, che avranno ora rilevanza escludente solo nel caso in cui le aziende abbiano un numero di soci pari o inferiore a quattro. In secondo luogo, fra le circostanze che permettono alle imprese di rimanere in gara, viene inserito, accanto alla depenalizzazione o estinzione del reato, alla riabilitazione concessa ai sensi dell’art. 179 c.p. e alla revoca della condanna, anche il riferimento all’estinzione delle pene accessorie perpetue per effetto del nuovo comma 7 dell’art. 179 c.p., di recente aggiunto dalla legge “Spazzacorrotti”[2]. Nello specifico, tale disposizione prevede che se l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (o l’interdizione dai pubblici uffici) è comminata in perpetuo, la riabilitazione non produce effetti immediati, ma solo decorsi sette anni dalla sua applicazione e sempre che il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Fra le modifiche più significative, vi sono certamente quelle apportate al quarto comma dell’art. 80, ove viene rafforzato il potere delle stazioni appaltanti in ordine alla verifica del mancato pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali da parte delle imprese partecipanti alla gara, che potranno essere ora escluse anche nel caso in cui la violazione venga solo dimostrata, con mezzi adeguati, dall’amministrazione aggiudicatrice, pur non essendo stata definitivamente accertata. Una modifica in tal senso della norma, era stata di recente suggerita dalla Commissione europea che aveva rilevato come l’originaria formulazione dell’art. 80, comma 4, diretto ad attribuire rilevanza escludente alle sole inadempienze “contenute in sentenze o atti amministrativi non soggetti a impugnazione”, non fosse coerente con le direttive europee poichè sacrificava in misura eccessiva l’autonomia di valutazione delle stazioni appaltanti.[3]
Si prevede, poi, l’integrale sostituzione del comma 10 dell’art. 80 e l’introduzione di un nuovo comma 10 bis, al fine di adeguare la disciplina relativa alla durata della misura sanzionatoria dell’esclusione dalle procedure di gara al nuovo testo dell’art. 317 bis c.p., così come riscritto dalla legge 3 del 2019, e dell’art. 80, comma 5, così come modificato dal d.l. 135 del 2018.
In base all’attuale formulazione del comma 10, qualora la sentenza di condanna definitiva non fissi la durata della pena accessoria del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, la durata dell’esclusione sarà oggi, alternativamente:
a) perpetua, in presenza dei reati contro la pubblica amministrazione citati dall’art. 317 bis p., cui consegue di diritto l’applicazione della pena accessoria “a vita” (salvo che la stessa non sia stata dichiarata estinta ai sensi dell’art. 179, comma 7 c.p.)[4];
b) pari a sette anni, laddove venga inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o ricorra la circostanza attenuante di cui all’art. 323 bis, comma 1 p. (fatta salva, anche in questo caso, l’intervenuta riabilitazione)[5];
c) pari a cinque anni, in ipotesi diverse da quelle appena esaminate, fra le quali sembra rientrare anche (ma non solo) quella in cui ricorra la circostanza attenuante di cui all’art. 323 bis, comma 2 c.p.[6]
Il nuovo comma 10 bis prevede, però, una riduzione della durata dell’esclusione se, nelle predette ipotesi di cui alle lett. b) e c), la pena principale è inferiore, rispettivamente, a sette e cinque anni di reclusione. In tal caso il divieto avrà, infatti, la medesima durata della sanzione principale.
Infine, nei casi di cui al comma 5 dell’art. 80, fra i quali rientra la commissione di gravi illeciti professionali, la durata dell’esclusione sarà pari a tre anni, decorrenti dall’adozione del provvedimento amministrativo di esclusione o dal passaggio in giudicato della sentenza, se oggetto di contestazione, e non più dall’accertamento definitivo del fatto illecito come originariamente previsto dalla norma. Tale previsione rafforza la scelta di attribuire rilevanza escludente anche a inadempienze non accertate in via definitiva, ma comunque idonee a rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità professionale dell’operatore economico. Nella medesima direzione, si colloca anche l’ultimo periodo del comma 10 bis, che prescrive alle stazioni appaltanti di tenere conto dei fatti illeciti riconducibili all’impresa nel tempo necessario alla definizione del relativo giudizio, ai fini della propria valutazione circa la sussistenza o meno dei presupposti per escludere la stessa dalla procedura di gara.
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[1] Il d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, recante “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione” è stato convertito in legge 11 febbraio 2019, n. 12 (Gazzetta Ufficiale n. 36 del 12 febbraio 2019). Per un commento delle novità apportate dal decreto al codice appalti, cfr. l’articolo pubblicato su questo sito in data 21 dicembre 2018.
[2] La l. 9 gennaio 2019, n. 3, recante “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza e movimenti politici” è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 16 gennaio 2019. Per una breve analisi delle modifiche apportate dalla legge al Codice Appalti, cfr. l’articolo pubblicato su questo sito in data 4 febbraio 2019.
[3] Tali osservazioni sono contenute nella lettera di costituzione in mora (procedura d’infrazione n. 2018/2273) del 24 gennaio 2019, commentata su questo sito in data 20 febbraio 2019.
[4] Il primo comma, primo periodo dell’art. 317 bis c.p. prevede espressamente che “la condanna per i reati di cui agli articoli 314, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio”.
[5] Il primo comma, secondo periodo dell’art. 317 bis c.p. stabilisce, infatti, che “se viene inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o se ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323 bis, primo comma, la condanna importa l’interdizione e il divieto temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni nè superiore a sette anni”. In particolare, l’art. 323 bis c.p. prevede una riduzione della pena “Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316 bis, 316 ter, 317, 318, 319, 319 quater, 320, 322, 322 bis e 323 sono di particolare tenuità”.
[6] Ai sensi del secondo comma dell’art. 317 bis c.p. “quando ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, secondo comma, la condanna per i delitti ivi previsti importa le sanzioni accessorie di cui al primo comma del presente articolo per una durata non inferiore a un anno nè superiore a cinque anni”. Nello specifico, l’art. 323 bis, comma 2 c.p. prevede che “per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi”.
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