Decreto correttivo appalti: parere commissione UE Senato 

La 4ª Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, recante disposizioni integrative e correttive al Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36

9 Dicembre 2024
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Legislatura 19ª – 4ª Commissione permanente – Resoconto sommario n. 217 del 04/12/2024

OSSERVAZIONI APPROVATE DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 226

La 4ª Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, recante disposizioni integrative e correttive al Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36;

considerato che esso mira a integrare e correggere alcune disposizioni del Codice dei contratti pubblici, tenendo conto delle principali esigenze emerse dalla consultazione degli operatori del settore, delle criticità applicative riscontrate, nonché delle richieste presentate in sede europea di modifica e integrazione di taluni istituti giuridici introdotti, al fine di scongiurare sia l’avvio di nuove procedure di infrazione da parte della Commissione europea sia di risolvere quelle già in essere;

ricordata la procedura d’infrazione n. 2018/2273, avviata nei confronti dell’Italia ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, per la non conformità dell’ordinamento interno rispetto ad alcune disposizioni delle direttive europee in materia di contratti pubblici, direttive nn. 2014/23, 2014/24 e 2014/25, attualmente allo stadio della messa in mora complementare;

richiamato il parere del Consiglio di Stato n. 01463/2024, del 27 novembre 2024, sullo schema di decreto legislativo;

formula, per quanto di competenza, osservazioni non ostative, con i seguenti rilievi:

a) le modifiche contenute nell’articolo 33 consentono ai soli subappaltatori di utilizzare i certificati di esecuzione lavori (CEL) relativi alle prestazioni eseguite, permettendo agli appaltatori di utilizzarli, eventualmente, ai soli fini della cifra d’affari complessiva.
Tale proposta di modifica appare non in linea con le prescrizioni della legislazione europea sul subappalto, in quanto si potrebbe tradurre in un ostacolo indiretto alla possibilità di ricorrere a questo istituto.
Inoltre, la disposizione sembra non tenere conto del ruolo che l’appaltatore svolge nell’esecuzione dell’appalto, ossia della responsabilità sulla totalità dei lavori che lo stesso assume nei confronti della stazione appaltante.
Infine, tale modifica rischia di comportare una riduzione delle capacità e delle qualifiche delle imprese italiane rispetto ai competitor internazionali.
In ragione di ciò, in linea con quanto previsto attualmente dal Codice dei contratti pubblici, si valuti l’opportunità di confermare la possibilità per l’appaltatore di utilizzare, ai fini della qualificazione, le lavorazioni affidate in subappalto e di modificare corrispondentemente l’articolo 33, comma 1, lettera e), dello schema di decreto legislativo, che aggiunge un ultimo periodo al comma 20 dell’articolo 119 del decreto legislativo n. 36 del 2023;

b) si valuti, inoltre, l’opportunità di modificare l’articolo 39 dello schema di decreto, che modifica l’articolo 141 del Codice, in quanto il correttivo sembrerebbe estendere alla regolamentazione propria dei settori speciali alcune norme tipiche dei settori ordinari, anziché differenziarle. Così facendo, lo schema di correttivo rischia di penalizzare le imprese italiane rispetto ai competitor europei e anche di violare la normativa europea (con il concreto rischio di incorrere in procedure di infrazione) e il criterio di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), della legge n. 78 del 2022, che impone di tenere conto della “specificità dei settori speciali”;

c) in riferimento all’articolo 3 dello schema di decreto legislativo, che apporta modifiche all’articolo 18, comma 3, del Codice, riducendo da 35 a 30 giorni il periodo del cosiddetto stand still per la stipula del contratto, si rileva che tale modifica appare estranea agli obiettivi europei di cui alla milestone M1C1- 84bis (“Tempo medio tra la pubblicazione del bando e l’aggiudicazione dell’appalto”), la quale è riferita ai tempi dell’aggiudicazione e non alla stipula del contratto. Inoltre, la coincidenza così creata con il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale contro l’aggiudicazione rischia di determinare un’eccessiva costrizione dei diritti di difesa in giudizio, con conseguente vulnus della direttiva 2007/66/CE sulle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici. Si valuti, pertanto, l’opportunità di riesaminare tale integrazione.

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