Il decreto correttivo, le altre novità e le prime questioni operative

Editoriale a cura dell’avv. Alessandro Massari – Pubblicato sul numero 6/2017 del periodico Appalti&Contratti

12 Luglio 2017
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L’entrata in vigore del d.lgs. 56/2017, il primo ed “unico” decreto correttivo in senso tecnico al Codice dei contratti pubblici, ha posto gli operatori di fronte alla necessità, e all’urgenza, di riallineare nuovamente gli atti e i procedimenti di aggiudicazione alle nuove numerose ed importanti innovazioni, evidenziando al contempo le prime questioni interpretative ed applicative.

a cura di Alessandro Massari

Editoriale estratto dal numero 6/2017 del mensile “Appalti&Contratti”.

Come noto, il correttivo si innesta in un quadro normativo caratterizzato dall’emanazione di diversi provvedimenti attuativi del Codice dei contratti pubblici, tra le quali le prime sette linee guida ANAC, predisposte tuttavia sulla base di norme anteriori alla novella.
La fase di aggiornamento è stata di recente avviata mediante l’apertura delle consultazioni on-line per le linee guida n. 3 (RUP), n. 5 (commissioni giudicatrici e Albo) e n. 6 (motivi di esclusione e gravi illeciti professionali).
Altri provvedimenti pubblicati per la fase di consultazione riguardano le proposte per l’adozione del decreto del MIT delle Linee guida sull’avvalimento, sulle SOA e il Regolamento sulle SOA, insieme a quelle sul “Rapporto tra la misura di straordinaria e temporanea gestione e il sistema di qualificazione unico degli operatori economici”.

Sarà dunque un 2017 caratterizzato da un incessante profluvio di provvedimenti attuativi, revisionati e nuovi: si attendono i decreti del MIT sulla programmazione, progettazione, esecuzione dei contratti pubblici, e altre linee guida sugli affidamenti diretti per infungibilità/esclusività, sul monitoraggio dei PPP, ecc.

Ma altre novità normative contenute in recentissimi provvedimenti sono destinate ad incidere ancora una volta sul Codice e sulle procedure di aggiudicazione, aggiungendosi alle oltre 300 modifiche introdotte dal decreto correttivo.

La legge di conversione del d.l. 50/2017 (c.d. “manovrina enti locali”) ha ripristinato poteri di particolare rilevanza e ampiezza all’ANAC dopo lo “strappo” del d.lgs. 56/2017 che ha disposto l’abrogazione delle raccomandazioni vincolanti sopprimendo il comma 2 dell’art. 211.
All’art. 53-ter della legge di conversione si introducono nuovi commi da 1-bis a 1-quater all’art. 211 del Codice prevedendo la legittimazione dell’ANAC “ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.

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La norma costituisce in realtà l’attuazione (tardiva) delle indicazioni fornite a suo tempo dal Consiglio di Stato nel parere n. 855/2016 reso sul nuovo Codice, dove si erano espresse forti perplessità sul potere di emettere raccomandazioni vincolanti (con sanzione da 250 a 25.000 euro posta a carico del dirigente responsabile) e si era suggerita una “riformulazione in chiave di controllo collaborativo, ispirata alla disciplina dettata per l’AGCM dall’art. 21-bis della legge n. 287/1990, compatibile con i principi costituzionali e con i limiti della legge delega, che parla di “controllo”, al fine di giustificare il potere dell’ANAC, usando una locuzione coincidente con la qualificazione usata dalla Consulta con riguardo alla legittimazione processuale conferita dall’art. 21-bis cit. all’Autorità”.

La disciplina della legittimazione processuale dell’ANAC viene specificata al nuovo comma 1-ter dell’art. 211 a tenore del quale L’ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati.
Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall’ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo.
L’individuazione dei casi e delle tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di impugnazione sarà definita da un regolamento adottato dalla stessa ANAC (previsto al nuovo comma 1-quater dell’art. 211).
In particolare si dovranno definire soglie di importo e caratteristiche dei contratti di “rilevante impatto” rispetto ai quali l’Autorità potrà esercitare i suoi poteri.

Altra disposizione introdotta dalla legge di conversione del d.l. 50/2017, significativa per gli appalti pubblici, è quella prevista dell’art. 1-quater, relativa al rilascio del certificato di regolarità fiscale e in caso di definizione agevolata dei debiti tributari: si prevede che “1. I certificati di regolarità fiscale, compresi quelli per la partecipazione alle procedure di appalto di cui all’articolo 80, comma 4, del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nel caso di definizione agevolata di debiti tributari ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, sono rilasciati a seguito della presentazione da parte del debitore della dichiarazione di volersene avvalere effettuata nei termini di cui al comma 2 dello stesso articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016, limitatamente ai carichi definibili oggetto della dichiarazione stessa. 2. La regolarità fiscale viene meno dalla data di esclusione dalla procedura di definizione agevolata di cui all’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, anche a seguito del mancato, insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme dovute ai fini della predetta definizione”.

Ulteriori novità si rinvengono poi nella legge 22 maggio 2017, n. 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. All’art. 12 della legge (“Informazioni e accesso agli appalti pubblici e ai bandi per l’assegna-zione di incarichi e appalti privati”) si prevede che le amministrazioni pubbliche promuovono, in qualità di stazioni appaltanti, la partecipazione dei lavoratori autonomi agli appalti pubblici per la prestazione di servizi o ai bandi per l’assegnazione di incarichi personali di consulenza o ricerca, in particolare favorendo il loro accesso alle informazioni relative alle gare pubbliche, anche attraverso gli sportelli di cui all’art. 10, comma 1, e la loro partecipazione alle procedure di aggiudicazione (comma 1).
Al fine di consentire la partecipazione ai bandi e concorrere all’assegnazione di incarichi e appalti privati, è riconosciuta ai soggetti che svolgono attività professionale, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, la possibilità:

a) di costituire reti di esercenti la professione e consentire agli stessi di partecipare alle reti di imprese, in forma di reti miste, di cui all’articolo 3, commi 4-ter e seguenti, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, con accesso alle relative provvidenze in materia;
b) di costituire consorzi stabili professionali;
c) di costituire associazioni temporanee professionali, secondo la disciplina prevista dall’articolo 48 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in quanto compatibile.

La norma apre così scenari inediti per la partecipazione in forma associata (sia occasionale che stabile) di tutti i professionisti (non solo quelli operanti nei servizi tecnici) per l’affidamento di incarichi, servizi e consulenze, declinando il generale principio comunitario della neutralità della forma giuridica ed organizzativa degli operatori economici (tra i quali, come noto, sono comprese anche le persone fisiche e non solo giuridiche) in funzione della massima partecipazione all’aggiudicazione di contratti pubblici.

Tra le questioni interpretative poste dagli operatori nella prima applicazione del correttivo si segnala quella relativa al rapporto tra ricorso al prezzo più basso per gli appalti di lavori (alla luce della nuova disciplina di cui all’art. 95, comma 4, lett. a)) e ammissibilità delle procedure negoziate semplificate di cui all’art. 36, comma 2, lettere a), b) e c).

La norma pare invero prima facie escludere le procedure negoziate semplificate, laddove si interpretino le procedure “ordinarie” come comprensive delle sole procedure aperte o ristrette, previa pubblicazione di bando.
Con l’esito, allora, di imporre il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (con il nuovo riparto di pesi ponderali di cui all’art. 95, comma 10-bis, che prevede il tetto massimo di 30 punti al prezzo) alle procedure negoziate semplificate per lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 1 milione di euro (quindi, ad esempio, per lavori di manutenzione di 50.000 euro, solo perché affidati con procedure negoziate semplificate).

Si ritiene di non condividere tale esito interpretativo per le seguenti considerazioni.

1) le procedure negoziate semplificate di cui all’art. 36, comma 2, lett. a), b) e c) sono da ritenersi sostanzialmente equiordinate a quelle ordinarie, in quanto legittimate non da speciali circostanze ma da ragioni di semplificazione e tempestività, come stabilito dall’art. 1, comma 1, lett. g) l. 11/2016 (legge delega). Ne è conferma l’opzione alternativa prevista dal comma 2 dell’art. 36 a tenore della quale “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 37 e 38 e salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35, secondo le seguenti modalità: ...”.

D’altra parte l’art. 59, comma 1 del Codice che definisce il rapporto tra le procedure “ordinarie” (dispone il primo periodo: “Nell’aggiudicazione di appalti pubblici, le stazioni appaltanti utilizzano le procedure aperte o ristrette, previa pubblicazione di un bando o avviso di indizione di gara”) e procedure sottoposte invece a speciali presupposti di ammissibilità, non richiama le procedure negoziate di cui all’art. 36, comma 2, lett. a), b) e c) (prevede infatti il secondo pe-riodo: “Esse possono altresì utilizzare il partenariato per l’innovazione quando sussistono i presupposti previsti dall’articolo 65, la procedura competitiva con negoziazione e il dialogo competitivo quando sussistono i presupposti previsti dal comma 2 e la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara quando sussistono i presupposti previsti dall’articolo 63”).

Pare quindi potersi affermare che nel nuovo quadro delineato dal Codice, le procedure negoziate semplificate dell’art. 36, comma 2, non siano da considerare eccezionali e subordinate a speciali circostanze (confermate invece per la procedura negoziata senza bando dell’art. 63 del Codice).

2) l’obbligo di fare ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che richiede oggettivamente un maggiore sforzo procedimentale, la nomina della commissione giudicatrice (con i nuovi vincoli previsti dal novellato comma 3 dell’art. 77) e maggiori tempi di espletamento, pare collidere con il criterio direttivo della legge delega di cui all’art. 1, comma 1, lett. g) l. 11/2016 (legge delega) col quale ha previsto che la disciplina delle procedure sotto soglia fosse ispirata “a criteri di massima semplificazione e rapidità dei procedimenti, salvaguardando i princìpi di trasparenza e imparzialità della gara”.

3) L’art. 36, comma 1, che individua i principi e le disposizioni del Codice di obbligatoria applicazione alle procedure sotto-soglia non richiama l’art. 95, pur dopo il correttivo che ha invece previsto l’applicazione di altre norme di portate generale come quelle di cui agli artt. 34 e 42. Pare pertanto desumersi la discrezionalità della stazione appaltante per i lavori infra 1 milione di euro di optare per il criterio del prezzo più basso ovvero dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

4) Il richiamo all’art. 95, comma 4, lett. a) è operato solo dall’art. 36, comma 2, lett. d) (che dispone “per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro mediante ricorso alle procedure ordinarie fermo restando quanto previ-sto dall’articolo 95, comma 4, lettera a)”, mentre tale disposizione non è affatto richiamata dalle lettere b) e c) del medesimo comma 2 dell’art. 36 (quindi per importi inferiori a un milione di euro). Trova applicazione il principio interpretativo racchiuso nel brocardo “Ubi lex voluit, ubi tacuit noluit”.

Pare pertanto potersi desumere il seguente quadro:

I) procedure negoziate per lavori di importo infra 1 milione di euro: possibilità di ricorrere al prezzo più basso ovvero all’o.e.p.v. (senza applicazione diretta delle disposizioni di cui all’art. 95, comma 4, lett. a)). Nel caso di applicazione dell’esclusione automatica delle offerte anomale dovrà rispettarsi quanto previsto dall’ 97, commi 2 e 8. L’affidamento avverrà di regola sulla base di un progetto esecutivo, come stabilito dall’art. 59, comma 1, III periodo;

II) procedure per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino a 2 milioni di euro: ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. d) sono richieste procedure ordinarie strictu sensu; in caso di ricorso al criterio del prezzo più basso, trova applicazione l’art. 95, comma 4, lett. a) che prevede l’affidamento sulla base del progetto esecutivo; qualora sia prevista l’esclusione automatica delle offerte anomale trova applicazione l’ 97, commi 2 e 8;

II) procedure per lavori di importo superiore a 2 milioni di euro: è obbligatorio il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Prima di rassegnare conclusioni definitive si dovranno attendere le interpretazioni dell’ANAC e della prima giurisprudenza.

 

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