Il Procuratore Regionale aveva imputato ai predetti esponenti della Società (costuita tra imprese private) asseriti danni erariali cagionati dalle varianti di progetto adottate in corso d’opera, ritenute illegittime in quanto non approvate dall’organo di controllo politico, titolare del relativo potere decisorio.
La responsabilità morale degli organi di vertice del General Contractor, altresì, secondo il Procuratore Regionale, si sostanzierebbe nell’aver ingenerato, con il disservizio/ritardo nell’esecuzione dell’opera, un gravissimo discredito pubblico anche in ragione dell’avvio, dopo l’affidamento, di un giudizio arbitrale nonché del fermo dei cantieri, causa di uno stato di confusione ed emergenza permanente.
Ad avviso dei ricorrenti, invece, non sarebbe assolutamente addebitabile ai vertici del Contraente Generale qualsivoglia forma di responsabilità riconducibile nell’alveo della giurisdizione contabile avendo gli stessi agito nella veste di mera controparte contrattuale dell’amministrazione e non nell’esercizio di funzioni pubbliche.
La Suprema Corte ha concluso per la fondatezza del ricorso rilevando che “i responsabili della società che ha assunto il ruolo di contraente generale non possono essere considerati agenti della P.A., neppure in senso lato, non potendosi configurare, nei loro confronti, un rapporto di servizio, neppure nel senso ampio e svincolato da un rapporto organico delineato dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite, agendo essi quali controparti dei soggetti contraenti pubblici nella realizzazione dell’opera infrastrutturale”.
La pronuncia in disamina, però, al di là della decisione in punto giurisdizione, pur meritevole di segnalazione, assume rilievo sotto un diverso profilo: qual è la qualificazione soggettiva e il “ruolo” che assume il Contraente Generale nella fase di esecuzione dell’opus?
Non poche sono infatti le incertezze interpretative che connotano sia la giurisprudenza che la dottrina espressasi in ordine alla natura giuridica del contraente generale.
La stessa Corte di Cassazione – e diffusamente i giudici del merito – tendono a riqualificare detta figura a seconda delle fattispecie in concreto esaminate, mutando spesso il proprio angolo di visione e così, il Contraente Generale è “talvolta assimilato alla figura dell’appaltatore, altre volte considerato piuttosto come un mandatario senza rappresentanza nell’interesse dell’amministrazione, oppure accostato ad un concessionario di lavori pubblici”.
Il che, all’evidenza, non pochi problemi comporta con riferimento alla trattazione e definizione in sede di contenzioso delle domande avanzate dal Contraente Generale, a titolo remuneratorio o risarcitorio all’esito dell’esecuzione di commesse rivelatesi difformi dalle previsioni originarie poste a base del rapporto negoziale con l’Amministrazione.
Può valere l’assimilazione del Contraente Generale all’Amministrazione sotto il profilo delle responsabilità? E ancora, qual è l’alea che il medesimo Contraente Generale è tenuto a sopportare in ipotesi di alterazione del contenuto obbligatorio assunto in contratto?
Ebbene, la Suprema Corte, seppur indirettamente e con le cautele e peculiarità proprie del caso di specie rimesso alla propria cognizione, ha ritenuto di distinguere la qualità soggettiva del Contraente Generale da quella dell’Amministrazione.
Tale convincimento muove da un assunto fondamentale: a prescindere dall’assunzione in carico da parte del Contraente di oneri di progettazione, esecuzione e gestione della commessa, la competenza in tema di approvazione del progetto definitivo, di approvazione del progetto esecutivo e delle varianti, nonchè di alta sorveglianza sull’esecuzione delle opere e di collaudo delle stesse resta in capo alla Stazione Appaltante.
Nel dettaglio, ha precisato la Corte – richiamando le ordinanze 16/07/2014, n. 16240 e 19/12/2014, n. 26942 – “al contraente generale la stazione appaltante affida la realizzazione dell’opera, con qualsiasi mezzo (art. 176 codice dei contratti), nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto definitivo redatto dalla medesima stazione appaltante e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l’ultimazione dei lavori; il contraente generale assume su di sè anche compiti che altrimenti graverebbero sulla stazione appaltante (ad esempio, lo sviluppo del progetto definitivo e le attività tecnico-amministrative occorrenti per pervenire alla sua approvazione da parte del Cipe, ove detto progetto non sia posto a base di gara, l’acquisizione delle aree di sedime, la progettazione esecutiva, la direzione dei lavori, il prefinanziamento in tutto o in parte dell’opera da realizzare, la selezione dei soggetti gestori, l’indicazione del piano degli affidamento, delle espropriazioni, delle forniture di materiale e di tutti gli altri elementi utili a prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata secondo le forme stabilite con gli organi competenti in materia, ferma restando la competenza della stazione appaltante in tema di approvazione del progetto definitivo, di elaborazione del progetto esecutivo e delle varianti, nonchè di alta sorveglianza sull’esecuzione delle opere e di collaudo delle stesse)”.
Sicuramente la pronuncia non risolve le ambiguità che hanno sin qui connotato i tentavi di classificazione della poliedrica e poco fortunata figura del General Contractor ma sicuramente si pone in contrasto con il convincimento di quella parte di giurisprudenza che vorrebbe ascrivere allo stesso ogni forma di responsabilità e onere in sostituzione assoluta dell’Amministrazione (ove inadempiente).
Documenti collegati
Cassazione civile seziozni unite – 10 genanio 2019, n. 486
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