Contenzioso in materia di appalti sanitari caratterizzati da elevata complessità tecnica

Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4363, del 25 giugno 2019

Roberto Bonatti 3 Ottobre 2019
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Impossibilità di decidere con sentenza in forma semplificata. Verificazione disposta al fine di stabilire se la durata delle prove di compatibilità trasfusionale rispondesse ai requisiti tecnici minimi richiesti dal capitolato speciale e sindacato sugli atti amministrativi espressione di discrezionalità tecnica: ammissibilità. Esclusione dal tempo di durata delle operazioni preliminari: illegittimità

Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4363, del 25 giugno 2019

Decisamente innovativa questa recente sentenza del Consiglio di Stato, per l’approccio sostanziale e non formale ad alcune delle tematiche, anche processuali, più dibattute in tema di contenzioso di appalti pubblici, e che meritano a mio parere totale adesione ed incondizionato apprezzamento.

Il caso trae origine da una gara d’appalto indetta dalla centrale d’acquisto della Campania per l’affidamento della fornitura di sistemi diagnostici e prodotti per medicina trasfusionale. Il punto del contendere riguardava la valutazione effettuata dalla commissione di gara relativamente ad un requisito tecnico minimo, e precisamente alla durata delle prove di compatibilità non superiore a 30 minuti. Si tratta di un aspetto essenziale della procedura medico clinica perché consente prevenire l’insorgenza di temibili reazioni trasfusionali sul paziente trasfuso, causate da anticorpi sia naturali sia irregolari. Secondo l’aggiudicataria, dal tempo della prova di compatibilità si sarebbe dovuto escludere la durata delle operazioni preliminari (incubazione e centrifugazione).

Il T.A.R. aveva accolto in primo grado questa tesi e confermato l’operato della commissione di gara con sentenza in forma semplificata.

Il Consiglio di Stato stigmatizza anzitutto questa tecnica decisionale: la sentenza in forma semplificata non appare compatibile alla decisione dei casi caratterizzati da un’elevata complessità tecnica, nella specie dimostrata dalla circostanza che in grado di appello si è resa necessaria una verificazione e, successivamente, un supplemento di chiarimenti al verificatore.

Finalmente è dunque affermato a chiare lettere che la sentenza in forma semplificata non solo non è obbligatoria ex art. 119 e ss. cod.proc.amm., ma addirittura è illegittima se il contenuto della decisione si estende al merito della controversia e questo richiede accertamenti di fatto o, comunque, valutazioni extra-giuridiche di elevato grado di complessità. Si auspica che questa parte della sentenza possa effettivamente rappresentare un precedente davvero orientativo anche per tutti i T.A.R., che sempre più spesso avevano invece adottato questa tecnica decisionale proprio in tali situazioni di elevata complessità, sia per rispettare (solo formalmente) la norma sia per rimettere di fatto ogni eventuale approfondimento del caso al giudice di appello.

Una volta dichiarato che il contenzioso presenta profili di elevata complessità tecnica, il Consiglio di Stato si preoccupa però anche di spiegare i rapporti tra le attività amministrative tecnico-discrezionali e l’esercizio del potere giurisdizionale del G.A.: si tratta dell’annoso problema della presunta insidacabilità delle attività discrezionali della P.A., dietro la quale troppe sentenze si sono trincerate per evitare invece gravosi quanto però doverosi approfondimenti tecnici.

Anche questa parte di sentenza merita convinta adesione: secondo il Giudice d’appello, infatti, se è vero che resta fermo il principio secondo il quale il giudice può sindacare tali tipi di atti solo per irragionevolezza tecnica o per incongruenza logica, tuttavia – e questo è l’aspetto davvero interessante – si afferma che al fine di discostarsi dalle valutazioni tecniche espresse dall’amministrazione il Giudice necessita di uno strumento che gli consenta di acquisire il giudizio tecnico di un esperto, nella forma della consulenza tecnica o della verificazione (sulla distinzione, si vedano Cons. Stato, sez. VI, n. 11 del 5 gennaio 2015 e Cons. Stato, sez. VI, n. 682 del 12 febbraio 2014).

Ecco allora che la verificazione disposta in sede di appello ha evidenziato la l’irragionevolezza del ragionamento della commissione di gara e del T.A.R.: il verificatore ha infatti chiarito che tutte le (sette) distinte fasi di cui si compone la procedura in esame sono indispensabili e devono essere considerate unitariamente, con chiara impossibilità – a questo punto – di escludere dal computo della durata le fasi di incubazione e di centrifugazione.

 

 

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