Consiglio di Stato su parere ANAC, mai chiesta abrogazione art. 211, ma riformulazione per potenziarne efficacia
Con un comunicato del 21 aprile, il Coniglio di Stato precisa che, in relazione alle notizie di stampa concernenti la soppressione nel decreto correttivo del codice dei contratti pubblici di una norma sui poteri dell’ANAC, nessun parere del Consiglio di Stato ha chiesto l’abrogazione dell’art. 211 comma 2; nel parere, al contrario, sono state fornite indicazioni per rendere la “raccomandazione vincolante” uno strumento efficace e al contempo immune da profili di eccesso di delega e di incostituzionalità.
Il Consiglio di Stato, nel parere sullo schema di decreto correttivo del codice dei contratti pubblici, ha rinviato sinteticamente a due propri precedenti pareri.
In particolare, nel primo parere (2016) sullo schema di codice, il Consiglio di Stato non ha chiesto la soppressione dell’art. 211 comma 2, ma una semplice riformulazione per renderlo coerente con la legge delega e con la Costituzione, salvaguardandone l’efficacia.
Una riformulazione in chiave di controllo collaborativo, ispirata alla disciplina dettata dall’art. 21-bis della legge n. 287/1990, che avrebbe condotto a un rafforzamento dei poteri dell’ANAC e a una tempistica più stringente nell’attività di controllo. Inoltre avrebbe dotato l’Autorità anticorruzione di uno strumento anche più efficace della sanzione economica conseguente all’inosservanza della “raccomandazione non vincolante”.
Essendo stato confermato nel codice il testo dell’art. 211, il Consiglio di Stato, nel secondo parere (n. 2777 del 2016) relativo ai provvedimenti attuativi predisposti dall’ANAC, ha proposto misure per un più efficiente funzionamento del meccanismo delle “raccomandazioni vincolanti” e per un ulteriore rafforzamento del potere dell’ANAC mediante “autotutela sostitutiva”, volta a incidere direttamente sugli atti di gara.
Il tutto nel quadro legislativo del contrasto preventivo alla corruzione, in un’ottica di collaborazione sul piano tecnico, necessariamente rimettendo alla sede politica la responsabilità di ogni conseguente scelta.
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