Prologo
A proposito della portata della regola dell’anonimato nell’esame delle proposte in gara nei concorsi di progettazione, secondo la quale la commissione giudicatrice esamina i piani e i progetti presentati dai candidati in forma anonima ed unicamente sulla base dei criteri specificati nel bando di concorso, ciò che occorre valutare è la astratta idoneità del segno o dell’indicazione apposta dal concorrente a identificare il soggetto che ha predisposto l’offerta.
Lo stabilisce il Consiglio di Stato sez. V con la sentenza del 5 settembre 2023 n. 8173.
Il Caso
La questione ha ad oggetto il rispetto del principio di anonimato nella valutazione e nell’esame delle offerte tecniche, con particolare riguardo alla proposta progettuale nell’ambito di un concorso internazionale di progettazione.
Oggetto d’esame, prima in sede amministrativa, poi in sede giurisdizionale, è stata la portata applicativa dell’articolo 155 del codice dei contratti pubblici, laddove al comma 4 stabilisce che “i membri della commissione giudicatrice esaminano i piani e i progetti presentati dai candidati in forma anonima”.
La questione è sorta a proposito dell’esclusione di un operatore economico (esclusione che il giudice amministrativo nel doppio grado di giudizio ha ritenuto legittima) la cui proposta progettuale (nei sui allegati) riportava informazioni dalle quali era possibile risalire all’impresa offerente (ad esempio, si legge in sentenza, all’interno della cartella degli elaborati generici compariva il nominativo del rappresentante legale della mandante del raggruppamento).
Ciò nonostante la legge di gara prescriveva recisamente il rispetto della regola dell’anonimato a proposito della proposta progettuale, stabilendo che “i file che verranno caricati non dovranno consentire di indentificare la proprietà dei file medesimi”.
In definitiva, quindi, il giudice amministrativo ha ritenuto gli indizi sottoposti al suo vaglio idonei a rivelare la riconducibilità dell’offerta in capo ad uno specifico concorrente.
La decisione
La querelle si svolge intorno alla portata applicativa dell’articolo 155 c. 4 del d.lgs. 50 del 2016 (“vecchio” codice degli appalti applicabile alla fattispecie ratione materia) laddove la norma stabilisce che I membri della commissione giudicatrice esaminano i piani e i progetti presentati dai candidati in forma anonima e unicamente sulla base dei criteri specificati nel bando di concorso.
Il Consiglio di Stato con la decisione in esame è tornato sul tema dell’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, vale a dire la astratta idoneità del segno o dell’indicazione apposta dal concorrente a identificare il soggetto che ha predisposto l’offerta.
La decisione si colloca nell’ambito dell’orientamento giurisprudenziale che in subiecta materia afferma come quel che rileva è l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione (cfr. Cons. Stato, IV, n. 5137/2015; V, n. 202/2014, n. 652/2018).
Recentemente sulla portata applicativa della norma in esame (art. 155 c. 4 d.lgs. 50 del 2016) è intervenuta anche l’ANAC con un proprio parere, sostenendo che tenuto conto del disposto dell’art. 155, comma 4, del d.lgs. 50/2016, non appare in contrasto con il principio dell’anonimato ivi sancito, consentire alla commissione giudicatrice di conoscere il nominativo dei concorrenti nella fase di accettazione dell’incarico, senza possibilità di collegamento degli stessi agli elaborati progettuali, da esaminare comunque in forma anonima, applicando in via analogica la disciplina dei concorsi pubblici (cfr. Delibera ANAC del 20 luglio 2023 n. 358).
La precitata Delibera dell’ANAC spiega anche che il d.lgs. 36/2023 (nuovo codice degli appalti), in vigore dal 1° luglio 2023, secondo le previsioni contenute negli articoli 226 e 229 dello stesso, contempla infatti all’art. 46 la nuova disciplina del concorso di progettazione, ribadendo – per i profili in esame – quanto già stabilito dall’art. 155, comma 4 del d.lgs. 50/2016, mediante rinvio espresso, contenuto al comma 1, alle direttive appalti e concessioni del 2014.
Ed infatti – spiega l’ANAC – l’art. 46, comma 1, del nuovo Codice stabilisce che «Ai concorsi di progettazione si applica la disciplina del Capo II della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 e, per i settori speciali, la disciplina del Capo II della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014».
A sua volta, l’art. 82 della direttiva 2014/24/UE stabilisce espressamente che «1. La commissione giudicatrice è autonoma nelle sue decisioni e nei suoi pareri. 2. La commissione giudicatrice esamina i piani e i progetti presentati dai candidati in forma anonima ed unicamente sulla base dei criteri specificati nel bando di concorso. […] L’anonimato dev’essere rispettato sino al parere o alla decisione della commissione giudicatrice».
È quindi confermato anche dal nuovo codice degli appalti il principio dell’anonimato con riguardo alla presentazione e alla valutazione delle proposte progettuali nell’ambito del concorso di progettazione, nei termini già fissati dall’art. 155, comma 4 del d.lgs. 50/2016.
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