Concorrenza, identità di principio attivo e classificazione ATC dei farmaci: è tutto così semplice?

La complessità delle procedure di acquisto per la fornitura di farmaci deriva non solo e non tanto dalla necessità di stare al passo con gli aggiornamenti normativi e giurisprudenziali sul codice dei contratti pubblici ma soprattutto di compiere costantemente un confronto e una verifica di compatibilità di tali norme con quelle, altrettanto complesse, contenute nel codice del farmaco e nella legislazione speciale

Roberto Bonatti 25 Ottobre 2019
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1) Consiglio di Stato Sez. III, n. 4863 del 10 luglio 2019, Pres. Garofoli, Est. Veltri
Appalti di forniture farmaceutiche – Equivalenze tra principi attivi diversi e parere AIFA ex art. 15, comma 11 ter, d.l. 95/12 – Nozione di principio attivo

 

2) Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4881 del 11 luglio 2019, Pres. Frattini, Est. Puliatti
Appalti di forniture farmaceutiche – Farmaci biosimilari – Hanno principio attivo comune con l’originatore – Inapplicabilità dell’art. 15, comma 11 ter, d.l. 95/12 – applicazione dell’art. 15, comma 11 quater, d.l. 95/12

La complessità delle procedure di acquisto per la fornitura di farmaci deriva non solo e non tanto dalla necessità di stare al passo con gli aggiornamenti normativi e giurisprudenziali sul codice dei contratti pubblici ma soprattutto di compiere costantemente un confronto e una verifica di compatibilità di tali norme con quelle, altrettanto complesse, contenute nel codice del farmaco e nella legislazione speciale.

Ne è un chiaro esempio la prima delle due sentenze in commento, nella quale il Consiglio di Stato si è trovato di fronte ad una questione solo apparentemente semplice: posto che l’art. 15, comma 11 ter, d.l. n. 95/2012 prevede come condizione di legittimità di una gara nella quale due principi attivi diversi vengono posti in concorrenza tra loro, cosa si deve intendere per “principio attivo”?

Domanda di fronte alla quale la scienza ha probabilmente meno incertezze e meno difficoltà; quando tuttavia è il diritto a rispondere occorre necessariamente fare i conti con il testo delle norme. Il caso si è posto concretamente rispetto ad un gruppo di farmaci denominati “fattore IX ricombinante”, che vengono impiegati nella cura dell’emofilia di tipo B.

Il Consiglio di Stato, valorizzando il regolamento di AIFA di autoapplicazione dell’art. 15, comma 11 ter, citato, ha stabilito che l’applicazione di tale norma dipende dalla classificazione ATC dei farmaci interessati: se essi hanno in comune il IV livello, ma non il V, allora sono due principi attivi diversi che, pur appartenendo allo stesso gruppo di farmaci, identificano però sostanze diverse. In tal caso, il parere preventivo è obbligatorio.

Quando invece i farmaci hanno in comune anche il V livello della classificazione ATC allora essi sono composti dallo stesso principio attivo e ovviamente possono (anzi devono) essere confrontati in concorrenza in una gara d’appalto senza particolari problemi.

È interessante in questo caso osservare come la legge, quando intenda disciplinare così nel dettaglio aspetti normalmente lasciati alle scienze non giuridiche, sia costretta ad attribuire valore legale a definizioni e classificazioni che sono state elaborate per tutt’altra finalità.

Il sistema ATC, infatti, è un sistema internazionale elaborato nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità con una finalità strettamente classificatoria. Il suo funzionamento attribuisce, in particolare, al V livello il compito di identificare un determinato principio attivo in rapporto alle indicazioni terapeutiche.

Ma quando la legge rimanda ad un atto extragiuridico la definizione del contenuto e dell’interpretazione di un precetto, allora possono sorgere inconvenienti di difficile soluzione.

In primo luogo, la classificazione ATC non avviene su basi terapeutiche ma solo per fini appunto classificatori, cosicché può accadere che due principi attivi diversi (e dunque due molecole diverse, per uso, effetti e/o sicurezza) possono essere categorizzati con lo stesso codice di classificazione.

Le linee guida dell’OMS sulla classificazione dei farmaci (documento completo in https://www.whocc.no/filearchive/publications/guidelines.pdf) chiariscono che:

– lo scopo della classificazione ATC è di servire come strumento di monitoraggio e ricerca per l’uso dei farmaci, al fine di migliorare la qualità dell’uso del farmaco;

– per questa ragione, la classificazione ATC non è di per sé opportuna per decisioni vincolanti sulla rimborsabilità, sul prezzo e – proprio – sulla equivalenza terapeutica;

– la classificazione ATC di un principio attivo non è perciò una raccomandazione per l’uso e non implica alcun giudizio sull’efficacia o la relativa efficacia di un medicinale e di gruppi di medicinali.

Che la situazione non sia affatto semplice lo dimostra anche altra vicenda, che per pura coincidenza fortuita è stata decisa il giorno successivo dalla medesima sezione del Consiglio di Stato.

La seconda decisione è del tutto coerente con la prima anche se muove da una fattispecie opposta: si trattava in questo caso di due farmaci biotecnologici (pegfilgrastim e lipegfilgrastim) che in primo grado il T.A.R. aveva ritenuto essere soggetti alla richiesta di parere obbligatorio ad AIFA per porli in concorrenza nel medesimo lotto. La sentenza di primo grado – a dire il vero molto sbrigativa su alcuni punti davvero insidiosi della materia – aveva affermato, in sostanza, che il parere fosse richiesto anche se i due farmaci avessero avuto principio attivo identico.

Anche in questo caso, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la sola circostanza di avere in comune anche il codice ATC di V livello impone di considerare i due farmaci come aventi il medesimo principio attivo con la conseguenza che non solo essi devono essere posti in gara nello stesso lotto (art. 15, comma 11 quater) ma anche che non è necessario alcun parere specifico di AIFA per poter far ciò.

Un conto, infatti, è l’equivalenza tra principi attivi diversi; altro è il rapporto di biosimilarità tra due farmaci aventi lo stesso principio attivo. Nel primo caso, il legame è “debole” perché non solo si tratta di farmaci diversi ma anche il loro principio attivo è diverso ancorché possa avere analoghi effetti terapeutici; nel secondo caso, invece, il legame è “forte” perché si tratta di farmaci aventi lo stesso principio attivo, per i quali le eventuali differenze minori non sono in grado di scalfire tale identità, rappresentata dal codice ATC di V livello.

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