Secondo la Consulta, il differente trattamento riservato alla mandataria di un RTI in concordato in continuità – rispetto all’impresa che concorra in forma singola o in qualità di mandante – trova giustificazione nella particolare modalità della sua partecipazione alla gara
Corte Costituzionale, 7 maggio 2020, n. 85
Fra i chiarimenti più attesi in materia di appalti pubblici, vi erano certamente quelli relativi alla legittimità costituzionale della previsione normativa che rende inapplicabile alla mandataria di un RTI la deroga all’esclusione dalle gare, operante in favore delle imprese in concordato preventivo di continuità. La questione chiama, quindi, in causa la composizione di diversi interessi: quello pubblico al completamento delle opere e allo svolgimento di una sana concorrenza sul mercato, da un lato, e quello delle imprese in crisi ad un tempestivo ritorno in bonis attraverso la conservazione dell’azienda in esercizio, dall’altro. Con la sentenza qui in commento, la Consulta ha dato risposta ai dubbi sollevati dai giudici a quo, concludendo per la legittimità delle norme censurate. Al di là dei principi di diritto affermati, che saranno analizzati nei paragrafi seguenti, la decisione della Corte sembra assumere un rilievo significativo anche in considerazione dell’attuale situazione emergenziale, che sta producendo effetti economici e sociali fortemente negativi (soprattutto per le piccole e medie imprese maggiormente esposte alla crisi) e che richiederebbe, quindi, l’adozione di misure tese in realtà a favorire, ove possibile, la continuità aziendale.
1. I giudizi di legittimità costituzionale promossi dal T.a.r. per il Lazio e dal Consiglio di Stato
1.1 All’esito di due giudizi aventi ad oggetto due procedure di gara indette da Consip s.p.a. e Anas s.p.a., il T.a.r. per il Lazio e il Consiglio di Stato (pronunciatosi, a sua volta, sul ricorso in appello proposto avverso la sentenza del T.a.r. per la Toscana, sez. II, n. 491/2019) hanno sollevato analoghi dubbi interpretativi in ordine alla legittimità costituzionale della disciplina di cui al combinato disposto degli artt. 38, comma 1, lett. a) d.lgs. 163/2006 e 186-bis, comma 6 della legge fallimentare, nella parte in cui preclude alle imprese in concordato preventivo con continuità aziendale di partecipare alle gare pubbliche assumendo la qualità di mandatarie nell’ambito di raggruppamenti temporanei (T.a.r. per il Lazio, sez. II, ord. n. 10398/2018 e Cons. St., sez. V, ord. n. 3938/2019; per un primo commento, cfr. su questo sito L. Massatani, Concordato preventivo con continuità: la Corte Costituzionale viene investita della problematica dei limiti normativi alla partecipazione alle gare delle imprese ammesse alla procedura).
1.2 La normativa venuta in rilievo nei casi di specie è, quindi, quella riguardante i requisiti di ordine generale prescritti dal (vecchio) codice dei contratti pubblici per partecipare alle procedure di gara, fra i quali l’art. 38, comma 1, lett. a) richiede che gli operatori economici non si trovino in stato di fallimento, liquidazione coatta o concordato preventivo. L’unica eccezione a tale regola generale è quella prevista dall’art. 186-bis della legge fallimentare (introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. h) del d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla l. n. 132 del 2012) che, in presenza delle condizioni ivi indicate, fa salva dall’esclusione l’ipotesi in cui l’impresa sia stata ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale e partecipi alla procedura di gara singolarmente oppure riunita in un raggruppamento temporaneo, “purchè non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale” (art. 186-bis, comma 6).
1.3 Dunque, riassumendo, la deroga al divieto di partecipazione – di regola stabilito in presenza di procedure concorsuali – prevista per il caso di concordato preventivo in continuità aziendale è circoscritta a due sole ipotesi: partecipazione alla procedura di gara quale impresa individuale o in qualità di mandante in un RTI; rispetto agli altri casi sopra considerati, torna invece a riespandersi la norma ostativa di cui al citato art. 38, d.lgs. n. 163/2006.
1.4 Preso atto dell’univocità del testo delle disposizioni in esame, non diversamente interpretabili se non nel senso del divieto assoluto di partecipazione alle procedure di affidamento per le imprese capogruppo di RTI ammesse al concordato preventivo con continuità aziendale, il T.a.r. per il Lazio e il Consiglio di Stato hanno dubitato della legittimità costituzionale della disciplina così ricostruita in relazione a molteplici parametri, sintetizzabili complessivamente come segue:
– art. 3 Cost. Sotto tale profilo, i giudici amministrativi hanno rilevato l’irragionevolezza della disciplina dettata per le sole imprese capogruppo in concordato preventivo con continuità aziendale, sia rispetto al differente trattamento applicato ad altri operatori economici che si trovino nella medesima situazione (cioè, l’impresa che partecipi singolarmente alla gara e quella che assuma il ruolo di mandante), sia in relazione alle esigenze di salvaguardia delle imprese in crisi, sottese all’introduzione della procedura concorsuale in esame;
– art. 41 Cost., rispetto al quale è stata evidenziata l’irragionevolezza delle limitazioni imposte alla libertà di iniziativa economica dalle previsioni restrittive contenute nei citati artt. 186-bis, comma 6 della legge fallimentare e 38 del d.lgs. 163/2006, i quali non consentono alle imprese di rendersi parte di un contratto pubblico in qualità di mandatarie, pur essendogli stato consentito – per il tramite del concordato preventivo con continuità aziendale – di continuare ad operare sul mercato;
– art. 97 Cost., in quanto norma direttamente espressiva del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, poiché il divieto di cui all’art. 186-bis, comma 6 determinerebbe una ingiustificata limitazione del potere di scelta spettante in via generale alla parte pubblica;
– art. 117, comma 2, lett. a) Cost., in quanto la limitazione alla partecipazione alle gare pubbliche, in assenza di valide ragioni, determinerebbe anche una violazione del principio di concorrenza quale principio cardine dell’Unione europea.
1.5 A conferma dei dubbi sopraesposti, i giudici amministrativi hanno richiamato – nell’ottica di un’interpretazione sistematica e teleologica della normativa in esame – anche lo specifico rimedio previsto dal medesimo d.lgs. n. 163/2006 (e trasposto anche nel nuovo codice dei contratti pubblici) per l’ipotesi in cui il soggetto mandatario di RTI si ritrovi in stato fallimento nella fase di esecuzione del contratto: in tal caso, è consentito alla stazione appaltante di “proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice, purchè abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire” (art. 37, comma 18).
2. La decisione della Corte costituzionale
2.1 Prendendo le mosse dalla disamina delle censure maggiormente rilevanti, relative alla presunta violazione dell’art. 3 Cost., i giudici della Corte costituzionale hanno ricostruito dettagliatamente la ratio della disciplina relativa alla procedura concorsuale del concordato preventivo con continuità aziendale, nonché la natura della fattispecie del raggruppamento temporaneo di imprese, e dei rapporti interni ed esterni che intercorrono, rispettivamente, fra le imprese riunite e fra il gruppo e la stazione appaltante.
2.2 Come anticipato brevemente, nelle proprie ordinanze di rimessione il T.a.r. per il Lazio e il Consiglio di Stato avevano, in particolare, lamentato la lesione del principio di uguaglianza per la irragionevole disparità di trattamento prevista dall’art. 186-bis, sesto comma, della legge fallimentare (richiamato anche dall’art. 38 del decreto legislativo n. 163/2006) con riguardo alla posizione dell’impresa mandataria di un RTI, esclusa dalla partecipazione alle gare, e quella dell’impresa che concorra in forma singola (disparità “esterna”) o che rivesta la qualità di mandante (disparità “interna”), ammesse invece alla relativa partecipazione (alla condizione, quest’ultima, che non vi siano altre imprese riunite sottoposte a procedure concorsuali).
Per tutte le situazioni sopra considerate, diverse tra loro – secondo i giudici rimettenti – per il solo modulo partecipativo prescelto, varrebbe infatti la medesima esigenza di favorire il superamento della crisi d’impresa sottesa all’istituto del concordato preventivo con continuità aziendale, in deroga al generale divieto di partecipazione alle gare pubbliche per le imprese sottoposte a procedure concorsuali, e non vi sarebbe, pertanto, ragione di applicare discipline difformi.
Nel motivare le proprie considerazioni, i giudici amministrativi si erano concentrati soprattutto sul raffronto fra l’impresa mandataria e quella “individuale”.
Nel caso di offerta presentata da una pluralità di imprese riunite in RTI, tutte sono da considerarsi responsabili dell’esecuzione del contratto per la parte di propria competenza e la mandataria lo è, inoltre, solidalmente nei RTI verticali, in cui le prestazioni principali gravano su di essa e quelle secondarie sulle mandanti. Sotto tale aspetto, la partecipazione alla gara della mandataria che si trovi in concordato preventivo con continuità aziendale non presenterebbe, dunque, per la stazione appaltante pregiudizi o rischi maggiori rispetto all’ipotesi della partecipazione di un’impresa singola, dal momento che anche quest’ultima risponde dell’esecuzione delle prestazioni.
Le posizioni delle imprese sarebbero da reputarsi sostanzialmente analoghe anche se osservate dall’angolo di visuale del rapporto con la stazione appaltante: pur nella sua qualità di rappresentante esclusiva del raggruppamento, la mandataria, al pari di un operatore economico che partecipa in maniera individuale alla gara, conclude il contratto di appalto con l’amministrazione, con la sola differenza che gli effetti dei suoi atti si riverberano nella sfera giuridica delle mandanti.
2.3 A tali censure si aggiungeva quella della irragionevolezza “intrinseca” della disposizione di cui all’art. 186-bis, comma 6, della legge fallimentare, per l’incongruenza tra l’obiettivo dichiarato dalla norma, cioè tutelare i creditori dell’operatore economico in stato di crisi, e i mezzi per perseguirlo: la scelta operata dal legislatore di precludere in modo assoluto la partecipazione alle gare dell’impresa capogruppo di RTI – che finisce per sottrarre al giudice della procedura concorsuale ogni “valutazione comparata tra commessa da affidare e stato dell’impresa” – negherebbe all’impresa “la chance di ottenere un flusso di denaro utile al superamento dello stato di crisi”.
2.4 Valorizzando, invece, proprio la diversità fra l’ipotesi regolata dalle norme censurate e le altre fattispecie assunte a tertia comparationis, la Corte costituzionale è giunta ad affermare l’infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale sollevati dal T.a.r. per il Lazio e dal Consiglio di Stato.
2.5 Al riguardo, il primo elemento di valutazione tenuto in considerazione dalla Consulta consiste nelle diverse finalità perseguite dalla disciplina del concordato preventivo con continuità aziendale di cui all’art. 186-bis della legge fallimentare, rispettivamente nella parte in cui – derogando alla regola generale che vieta al soggetto in stato di crisi o insolvenza di partecipare a gare pubbliche – garantisce alle imprese che si trovino nella predetta situazione di mantenere in vita i contratti già in essere con le pubbliche amministrazioni, nonché di partecipare a nuove procedure di affidamento (186-bis, comma 3); e in quella in cui rende inapplicabile tale norma di favore nei confronti della mandataria di un RTI (186-bis, comma 6).
Nella prima delle ipotesi sopra descritte, la ratio sottesa all’art. 186-bis è evidentemente quella di favorire il superamento dello stato di crisi in cui versano le aziende, consentendogli eccezionalmente di acquisire commesse pubbliche, così da garantire una migliore soddisfazione dei creditori. Nella seconda, si intende invece tutelare l’interesse pubblico al corretto e puntuale adempimento delle prestazioni oggetto del contratto e scongiurare il rischio che la stazione appaltante si trovi, all’esito della procedura di affidamento, in una relazione contrattuale con imprenditori non affidabili sotto il profilo economico e finanziario.
Da questo punto di vista, il citato art. 186-bis, comma 6, escludendo dal beneficio di cui al precedente terzo comma la mandataria di un RTI, introduce un’eccezione all’eccezione, e quindi ripristina, per il caso da esso considerato, la ricordata regola generale in base alla quale chi è soggetto a procedure concorsuali non può essere affidatario di contratti pubblici. La medesima ratio è riscontrabile anche nella sanzione dell’esclusione dalle gare pubbliche degli operatori economici che si trovino nella predetta situazione di crisi, prevista prima all’art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 163 del 2006 e ora contenuta nell’art. 80, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016.
2.6 Tale differente trattamento riservato all’impresa mandataria di un RTI in concordato di continuità, trova giustificazione – nella prospettiva del legislatore – nella specifica modalità della sua partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica e, in caso di aggiudicazione, nel particolare rapporto contrattuale che si instaura con la stazione appaltante. In altri termini, il diverso regime giuridico applicabile all’impresa che partecipa singolarmente alla gara o in qualità di mandante di RTI e quello dettato per l’impresa mandataria poggia tutto sulla peculiare posizione rivestita da quest’ultima all’interno del gruppo. In questo contesto, entrano quindi in gioco gli elementi costitutivi della fattispecie dei raggruppamenti temporanei di imprese, caratterizzati da una particolare conformazione interna ed esterna, nell’ambito dei quali la capogruppo e le mandanti non assumerebbero posizioni omogenee, soprattutto in relazione ai rapporti con le stazioni appaltanti.
2.7 Infatti, come ricorda la Corte nella motivazione della sentenza, i raggruppamenti temporanei, pur non dando vita ad autonomi soggetti giuridici, nondimeno sono connotati da una struttura alquanto complessa, che va al di là delle singole individualità delle imprese raggruppate e rispetto alla quale la mandataria rappresenta il punto di riferimento della stazione appaltante per tutta la durata del rapporto contrattuale, in qualità di rappresentante esclusiva di tutte le imprese riunite e quale garante – anche per conto delle mandanti – della corretta esecuzione dell’appalto.
La particolare posizione della mandataria e delle mandanti all’interno del gruppo produce effetti anche sul regime di responsabilità contrattuale delle imprese riunite.
Nei raggruppamenti di tipo verticale, la mandataria, oltre a rispondere in proprio delle prestazioni prevalenti o principali, è sempre responsabile in solido nei confronti della stazione appaltante per l’esecuzione di tutte le prestazioni previste dal bando di gara, anche quelle scorporabili o secondarie di competenza delle mandanti. Pertanto, ad avviso della Corte, la partecipazione alla gara di una mandataria in concordato preventivo con continuità aziendale potrebbe costituire motivo di pregiudizio aggiuntivo per la stazione appaltante, che si vedrebbe esposta al rischio del fallimento dell’unico debitore comunque solidale.
Sotto tale profilo, il ruolo della capogruppo rimarrebbe peculiare anche nei raggruppamenti di tipo orizzontale, in cui le mandanti sono invece tenute a sostituire l’impresa mandataria qualora non adempia alle proprie obbligazioni, poiché il “suo potere rappresentativo anche processuale, agevola [comunque] la stazione appaltante che – pur non perdendo la facoltà di agire direttamente nei confronti delle mandanti (ex art. 48, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016) – può limitarsi a rivolgersi direttamente ed esclusivamente alla mandataria per far valere in ogni sede, non ultimo quella giudiziale, le ragioni derivanti dall’esecuzione dell’intero contratto”.
2.8 Anche i dubbi di legittimità costituzionale, concernenti la comparazione fra la mandataria di un RTI e l’impresa che concorre in forma individuale, sono parsi alla Corte superabili facendo sempre leva sulla complessità strutturale delle forme di aggregazione in esame e sulle peculiari modalità di relazione che si instaurano fra le imprese riunite e la stazione appaltante, che renderebbero non omogenee le fattispecie poste a confronto e, quindi, non necessaria l’applicazione di un trattamento normativo di eguale contenuto.
2.9 Invece, rispetto al profilo della irragionevolezza “intrinseca” delle norme censurate – pur ammettendo l’opinabilità della scelta di escludere dalle gare pubbliche l’impresa capogruppo in concordato con continuità “giacchè altre soluzioni avrebbero potuto legittimamente essere adottate” – la Consulta ne ha affermato conclusivamente la legittimità, rientrando nella discrezionalità del legislatore la facoltà di accordare prevalenza all’interesse della stazione appaltante al corretto e puntuale adempimento delle prestazioni, piuttosto che a quello del superamento dello stato di crisi delle imprese in concordato preventivo.
3. Considerazioni conclusive
3.1 L’intervento della Corte costituzionale, pur nella estrema chiarezza e linearità dell’analisi normativa proposta, non sembra invero offrire agli addetti ai lavori una soluzione del tutto soddisfacente alle questioni interpretative sollevate dai giudici del T.a.r. per il Lazio e del Consiglio di Stato.
3.2 Il ragionamento della Consulta, e la ritenuta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale della disciplina sopra esaminata, sembrano poggiare pressoché interamente sul dato formale della “peculiare posizione” assunta dalla capogruppo all’interno del raggruppamento temporaneo di imprese, considerato di per sé solo sufficiente a giustificare l’applicazione di disposizioni fortemente diversificate, dal punto di vista degli effetti prodotti (economico-finanziari, prima ancora che giuridici), nei confronti dell’impresa che rivesta la qualità di mandataria e di quella che partecipi, invece, al raggruppamento in qualità di mandante o operi singolarmente sul mercato, nell’ipotesi in cui siano tutte sottoposte allo stesso tipo di procedura concorsuale.
3.3 Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte supera, quindi, l’evidenza fattuale che le particolari funzioni di rappresentanza, responsabilità, e più in generale di interlocuzione con l’amministrazione, conferite dalle imprese riunite alla capogruppo, non determinano nella sostanza comunemente percepita un’alterazione dell’autonomia dei singoli partecipanti, né della relativa soggettività giuridica, ma rilevano solo ai fini della presentazione in gara di un’unica offerta e per assicurare al raggruppamento una sostanziale unitarietà delle obbligazioni assunte dalle imprese. Tanto è vero che l’esclusività del rapporto fra la capogruppo e la stazione appaltante non è da ritenersi reciproca, potendo il contraente pubblico, per esempio, far valere direttamente nei confronti delle mandanti le responsabilità di queste ultime derivanti dall’esecuzione dell’appalto. Né la disciplina maggiormente restrittiva prevista per la mandataria sembrerebbe poter trovare adeguata giustificazione nel regime di responsabilità degli operatori riuniti in RTI, essendo tale istituto volto proprio a garantire una maggiore stabilità dei rapporti intercorrenti fra il gruppo e le stazioni appaltanti, ponendo a carico dei singoli obbligazioni dirette ad assicurare – nei modi e nei termini richiesti dal controparte contrattuale pubblica – le prestazioni cui non possa provvedere direttamente il componente che se ne era fatto carico.
Tale sostanziale analogia di posizioni, sembrerebbe riscontrabile anche rispetto all’impresa che partecipa alla procedura in forma individuale: quest’ultima, al pari della mandataria di un RTI, è abilitata a presentare l’offerta in gara e si relaziona con la stazione appaltante. E con riferimento ad entrambe, ove si trovino in stato di crisi, la parte pubblica si espone ugualmente al rischio di inesatta esecuzione delle prestazioni affidate.
3.4 Per tali ragioni, la sostanziale omogeneità delle fattispecie esaminate, potrebbe indurre ad applicare, per i fini che qui rilevano, il medesimo trattamento giuridico, e quindi l’ammissione alle gare pubbliche sia nel caso in cui ad essere assoggettata al concordato con continuità aziendale sia una mandante o un’impresa che concorre in forma individuale, sia nell’ipotesi in cui a versare in uno stato di crisi (auspicabilmente temporaneo) sia, invece, la mandataria. Ciò in quanto la delicata operazione di bilanciamento fra l’interesse della stazione appaltante al corretto adempimento del contratto e quello al superamento della crisi dell’impresa in concordato preventivo con continuità aziendale, sotteso al beneficio derogatorio di cui all’art. 186-bis della legge fallimentare, proprio poiché riferito a fattispecie sostanzialmente analoghe, dovrebbe condurre sempre ai medesimi esiti con prevalenza del secondo rispetto al primo. E, invece, il raggruppamento temporaneo di imprese, e conseguentemente l’operatore che partecipi alla gara in forma aggregata in qualità di mandatario, pare finiscano per essere emarginati – pur in presenza di rigorose e conseguenti argomentazioni di ordine giuridico – solo in ragione del ruolo formalmente assunto dall’impresa all’interno del gruppo.
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