Concessioni balneari e proroghe automatiche: il consiglio di stato ribadisce l’illegittimità e definisce i presupposti e i criteri per lo svolgimento delle procedure comparative

A cura di Vincenzo Laudani

Vincenzo Laudani 22 Maggio 2024
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Con una recente sentenza (Cons. Stato, sez. VII, 20.5.2024 n. 4481) il Consiglio di Stato è tornato nuovamente sulla tematica delle proroghe automatiche delle concessioni balneari disposte in più occasioni dal legislatore nazionale.

La pronuncia, che vuole costituire un punto fermo e dirimente a risoluzione di tutte le questioni giuridiche e pratiche emerse sul tema, afferma che allo stato tutte le concessioni balneari devono essere affidate mediante procedura comparativa, senza che il legislatore possa introdurre meccanismi di proroga automatica o, ancora, condizioni che ne impediscano l’effettuazione. Gli enti sono quindi obbligati ad avviare le procedure in questione, potendo al più (attesa la vicinanza della stagione estiva) disporre proroghe tecniche per la postergazione dell’efficacia delle concessioni in essere e alla condizione di avere dato avvio alla nuova procedura comparativa.

Il giudice amministrativo, inoltre, individua dei criteri che possono essere utilizzati per la strutturazione delle procedure, così volendo risolvere (almeno parzialmente) l’attuale difficoltà riscontrata dagli enti sul tema.
Il giudice inoltre individua le disposizioni di legge, abrogate e vigenti, che hanno disposto proroghe automatizzate e che devono essere disapplicate.

Il commento che segue tratta i profili principali della complessa pronuncia, tra cui quelli processuali (relativi alla legittimazione ad agire dell’AGCM anche in presenza di sopravvenienze normative) e sostanziali (il carattere self-executing della direttiva Bolkestein, le proroghe automatizzate disposte per legge e la loro illegittimità, la nozione di scarsità delle risorse e il tavolo tecnico a tal fine istituito, i criteri per lo svolgimento delle gare, l’obbligo di disporre la procedura comparativa anche nel caso in cui la risorsa non sia scarsa ma sussista un interesse transfrontaliero certo.

I .Il caso di specie.

Il Comune di Castellaneta, con una delibera di Giunta Comunale del 2020, disponeva la proroga di una concessione balneare al 31 Dicembre 2033, in applicazione dell’allora vigente 145 del 2018[1].
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, avvalendosi del potere previsto dall’art. 21-bis della l. n. 287 del 1990, presentava al Comune un parere motivato chiedendo l’annullamento della delibera. Secondo l’AGCM il Comune avrebbe dovuto disapplicare la normativa nazionale posta a fondamento della delibera per contrasto con il diritto eurounitario[2].
Il Comune non forniva alcun riscontro al parere dell’AGCM, che pertanto proponeva ricorso per l’annullamento al TAR Puglia[3].
Nel corso del procedimento giudiziario veniva disposta la sospensione del procedimento in attesa della decisione della CGUE relativa ad un giudizio analogo pendente dinnanzi allo stesso TAR[4] e intervenivano diverse modifiche legislative, con abrogazione delle norme poste a fondamento della proroga da parte del legislatore nazionale (che però adottava nuove norme che comportassero la proroga ex lege delle concessioni in questioni).

Il TAR Puglia dichiarava la cessata materia del contendere, ritenendo che gli atti adottati dal Comune sarebbero risultati privi di efficacia a seguito della pronuncia del CGUE ma sostenendo, al contempo, che le concessioni marittime avrebbero continuato ad avere efficacia sino al 31 Dicembre 2023 in virtù della nuova proroga automatica prevista ex lege. Nella prospettiva del TAR tale proroga automatica non avrebbe costituito una violazione dei principi del diritto eurounitario, in quanto giustificata dalla necessità di garantire agli enti il tempo necessario per la predisposizione delle nuove gare[5].
L’AGCM impugnava la sentenza proponendo appello al Consiglio di Stato.

II. I profili processuali.

II.1. I profili processuali. La legittimazione dell’AGCM e le sopravvenienze normative.

Preliminarmente il Consiglio di Stato rileva che, nonostante l’abrogazione delle norme poste a fondamento della delibera impugnata, permane l’interesse sostanziale dell’AGCM all’ottenimento di una pronuncia di merito.
Per costante giurisprudenza amministrativa, le sopravvenienze (anche normative) rispetto al giudizio possono determinare l’improcedibilità del ricorso soltanto laddove queste determinino un mutamento idoneo a rendere priva di effetto un’eventuale sentenza di accoglimento. In altri termini, le sopravvenienze possono determinare l’improcedibilità del ricorso solo se queste incidono sull’interesse sostanziale sotteso l’azione caducandolo del tutto e rendendo inutile una eventuale pronuncia di merito[6]. Tale valutazione va condotta con particolare rigore[7] perché l’eventuale errore di valutazione si tradurrebbe in una ipotesi di denegata giustizia con conseguente violazione dell’art. 24 della Costituzione.
Per verificare se sussista il mantenimento dell’interesse sostanziale occorre rilevare che l’AGCM, quando esercita il proprio potere di impugnativa di atti amministrativi a norma dell’art. 21-bis della l. 287/1990, persegue non un interesse proprio, ma l’interesse generale alla tutela del corretto funzionamento del mercato, tutelato sia dal diritto europeo che dal diritto nazionale[8]. Tale interesse non può dirsi decaduto e non più sussistente sulla base della semplice abrogazione sopravvenuta delle disposizioni che avevano determinato la proroga automatica delle concessioni fino al 2033.
Ciò in quanto:
a) L’atto, indipendentemente dall’abrogazione delle disposizioni, potrebbe continuare a mantenere i propri effetti[9];
b) L’interesse al corretto funzionamento del mercato è, nel caso di specie, l’interesse a garantire il libero espletamento della concorrenza, inibito dai meccanismi di proroghe automatizzate disposte dal legislatore nazionale, proroghe automatizzate che non si sono interrotte a seguito dell’abrogazione della normativa posta a fondamento della delibera comunale, ma che si sono invece più volte succedute con ulteriori previsioni normative, con una reiterata e sistematica violazione della direttiva Bolkestein e dell’art. 49 del TFUE. Il meccanismo adottato dal legislatore di reiterazione obbligherebbe, a voler ritenere improcedibile il ricorso ogni qualvolta sopravvenga una modifica normativa idonea comunque a non consentire lo svolgimento della concorrenza, l’Autorità a proporre continuamente ricorsi destinati, ogni volta, ad essere dichiarati improcedibili, in un circolo vizioso che consentirebbe sempre al legislatore e ai singoli enti di mantenere immutata la situazione di fatto senza che, nel caso di contestazione, possa giungere un giudizio satisfatorio di merito[10].

Ne deriva, quindi, l’interesse dell’AGCM ad ottenere una pronuncia di merito sul tema delle proroghe automatiche anche con riferimento alle disposizioni di legge sopravvenute, alle quali il Comune potrebbe dare attuazione.
 
II.2. Profili di diritto processuale. Le Adunanze Plenarie del 2021 e l’assenza di un contrasto giurisprudenziale sul tema delle proroghe delle concessioni balneari.

Il Consiglio di Stato, inoltre, rileva l’insussistenza dei presupposti per disporre il rinvio all’Adunanza Plenaria.
Come è noto, sul tema delle proroghe automatizzate delle concessioni balneari sono intervenute due pronunce dell’Adunanza Plenaria: la n. 17 e la n. 18 del 9 novembre 2021.
La sentenza 18 del 2021 è stata annullata dalle Sezioni Unite, ma la n. 17 (pur oggetto di un’impugnazione postuma da parte di soggetti che non erano stati parti del giudizio) mantiene ad oggi, in assenza di un suo annullamento, la piena efficacia a fini nomofilattici[11].
Tale elemento potrebbe già da solo essere sufficiente per affermare l’insussistenza dei presupposti per il deferimento della questione all’Adunanza Plenaria. Ma il Consiglio di Stato rileva inoltre come difetti del tutto il presupposto indicato dall’art. 99 del Codice del Processo Amministrativo, ossia l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale. Le pronunce del Consiglio di Stato, anche intervenute a seguito dell’Adunanza Plenaria e con riferimento alle norme successive, sono infatti unanimi nel concludere per l’illegittimità dei meccanismi di proroghe automatizzate delle concessioni balenari[12].
Pertanto, nessuna necessità sussiste di disporre il deferimento della questione all’Adunanza Plenaria.
 
II.3. Profili di diritto processuale. Il rinvio alla Corte di Giustizia.

La sentenza dà inoltre atto dell’inesistenza dei presupposti per disporre il rinvio alla Corte di Giustizia.
Per il giudice amministrativo le sentenze rese dal giudice europeo rendono evidente, senza più alcun margine di dubbio, la sussistenza della incompatibilità delle proroghe automatiche disposte dal legislatore nazionale con la direttiva Bolkestein, tema sul quale la CGUE ha avuto più volte modo di esprimersi.
In particolare, le sentenze Promoimpresa e Comune di Ginosa  hanno ormai eliminato ogni dubbio o perplessità sul tema, con la conseguenza che un nuovo rinvio di questione pregiudiziale, in presenza di una giurisprudenza europea chiara, uniforme e puntuale, sarebbe superflua e soprattutto meramente dilatoria. Pertanto, non resta che la continuazione del giudizio nazionale per affrontare le questioni di fatto e verificare l’applicabilità dei principi espressi dalle pronunce al caso di specie[13].
Né, tantomeno, sussisterebbero i presupposti per disporre il rinvio pregiudiziale con riferimento all’acquisizione gratuita da parte dell’ente concedente delle opere amovibili realizzate dal concessionario alla scadenza della concessione prevista dall’art. 49 del Codice della Navigazione. La tematica in questione non ha, infatti, alcun riflesso sul giudizio in questione, che verte sulle proroghe automatiche disposte con la delibera impugnata e non anche sul tema degli indennizzi[14].
Si segnala, per dovere di completezza, che sul tema è stato disposto in altro giudizio rinvio alla Corte di Giustizia, rispetto al quale la CGUE non si è ancora pronunciata.

II.4. Profili di diritto processuale. L’incidente di costituzionalità.

Il Consiglio di Stato rileva, inoltre, l’insussistenza dei presupposti per sollevare l’incidente di costituzionalità.
Il giudice amministrativo rileva che l’interpretazione fornita della direttiva Bolkestein e dell’obbligo di affidamento delle concessioni balneari con procedura comparativa si pone in un evidente profilo di compatibilità con il dettato costituzionale, e ciò sia in quanto è un’interpretazione conforme all’esigenza di tutelare diritti fondamentali come il diritto alla proprietà e all’impresa, sia (e soprattutto) perché è la stessa Costituzione, all’art. 117, ad imporre la prevalenza del disposto della direttiva Bolkestein sulla normativa nazionale[15].
Né, tantomeno, può essere sollevato l’incidente di costituzionalità sulla base dell’asserita violazione del legittimo affidamento dei concessionari. Tale legittimo affidamento, infatti, non può giustificare le proroghe automatiche o il rinvio delle procedure di gara, ma solo incidere sulle regole della successiva procedura come previsto dall’art. 12 paragrafo 3 della direttiva Bolkestein[16].
 
III. Profili di diritto sostanziale

Come si è visto, la sentenza non si limita ad affermare l’improcedibilità del ricorso dell’AGCM ma, contraddittoriamente, afferma anche la legittimità della nuova normativa che ha disposto ulteriormente, ma per un periodo più ridotto, la proroga delle concessioni balneari, al fine (asserito) di consentire agli enti di predisporre gli atti di gara. Il Consiglio di Stato non condivide tale conclusione, ritenendo che anche le ultime disposizioni siano da ritenersi disapplicabili.

III.1. Profili di diritto sostanziale. Il carattere self-executing della direttiva e l’impossibilità di disporre proroghe automatiche nelle more di atti che definiscano i criteri per la definizione del carattere di scarsità delle risorse.


Il giudice amministrativo di primo grado aveva ritenuto la direttiva Bolkestein priva del carattere self-executing. Ciò in quanto l’art. 12 (rilevante ai fini del presente giudizio) impone agli Stati membri lo svolgimento di procedure comparative per l’assegnazione di risorse pubbliche solo laddove queste siano scarse, e tale valutazione di scarsità sarebbe di competenza dello Stato membro con un giudizio caratterizzato da ampia discrezionalità e in assenza del quale la previsione in questione risulterebbe del tutto inapplicabile. Pertanto, nelle more della conclusione del procedimento volto a determinare dei criteri uniformi per l’individuazione delle risorse scarse, la direttiva non potrebbe avere alcuna efficacia e sarebbe del tutto legittima la decisione del legislatore nazionale di disporre la proroga automatica nelle more della conclusione di tale procedimento[17].

In merito, occorre rilevare che l’esistenza di margini di discrezionalità nell’applicazione di una direttiva non è di sé e per sé
idonea ad escludere la natura self-executing della disposizione se comunque questa pone a carico dello Stato membro un obbligo incondizionato e individua in termini inequivocabili il risultato da raggiungere. Proprio sulla base di tali considerazioni la sentenza della CGUE Comune di Ginosa ha confermato il carattere self-executing della direttiva[18]. Allo stesso tempo la CGUE ha ricordato che l’obbligo di disporre la procedura comparativa per l’assegnazione delle concessioni balneari presuppone che queste costituiscano delle risorse scarse e che gli Stati membri possono legittimamente adottare dei criteri per la loro individuazione, combinando un approccio generale e astratto e un approccio casistico legato alle specificità del territorio di riferimento[19]. E’ probabilmente sulla base di questa specifica che il TAR Puglia ha ritenuto legittima la proroga temporanea nelle more dell’individuazione di tali criteri da parte dello Stato membro, obliterando però che la stessa sentenza in questione ha affermato in termini inequivocabili che la necessità di verificare il carattere di scarsità della risorsa non possa comunque legittimare un metodo di rinnovi automatici e che l’applicazione della direttiva non presuppone l’adozione di alcun atto da parte degli Stati membri[20].

Il Consiglio di Stato afferma pertanto la non condivisibilità del ragionamento svolto dal giudice di primo grado, perché il divieto di rinnovi automatici e generalizzati delle concessioni è stata più volte affermata dalla giurisprudenza europea e nazionale[21].

III.2. Profili di diritto sostanziale. Le proroghe succedutesi nel tempo e la loro illegittimità.

Il Consiglio di Stato ribadisce l’illegittimità di tutte le disposizioni nazionali che abbiano introdotto (per il passato) e di quelle che continuano ad introdurre (per il presente) sistemi di proroga automatica delle concessioni, in quanto le stesse realizzano una sistematica violazione del diritto europeo.
In particolare, il Consiglio di Stato ritiene utile elencare le disposizioni che abbiano prodotto un simile effetto per sciogliere ogni dubbio in merito alla loro identificazione, e che sono:
– L’art. 1, commi 682 e 683, della l. n. 145 del 2018;
– L’art. 182, comma 2, del d.l. 34/2020;
– L’art. 100, comma 1, del d.l. 104/2020;
– L’articolo 10-quater, comma 3, del d.l. 198/2022;
– L’articolo 12, comma 6-sexies, del d.l. 198/2022[22].

Il Consiglio di Stato ricorda che l’art. 3 della l. n. 118 del 2022 aveva previsto la mera possibilità di differire la durata della concessione al 31 Dicembre 2024 in presenza di ragioni oggettive di impedimento alla conclusione della procedura selettiva, il che forse avrebbe garantito alle disposizioni di porsi in conformità al diritto dell’Unione Europea, non trattandosi di una proroga generalizzata ma limitata a casi specifici fondati su ragioni oggettive.

Purtuttavia, tale disposizione è stata stravolta dalla l. n. 14 del 2023, che ha:

– Previsto il mantenimento dell’efficacia delle concessioni sino alla conclusione delle gare (rilascio dei nuovi provvedimenti concessori);
– Previsto il divieto di bandire nuove gare fino all’adozione dei decreti legislativi di regolamentazione delle stesse[23].

Queste disposizioni hanno determinato una proroga ad libitum delle concessioni, da un lato affermandone la validità fino alla conclusione della nuova procedura e, dall’altro, determinando un blocco delle procedure perdurante, dato che i decreti legislativi in questione non sono mai stati adottati e non possono essere più adottati essendo scaduta la delega relativa[24].
Anche tali disposizioni, quindi, vanno disapplicate, e tale conclusione non può essere smentita dalla possibile esistenza di circostanze nelle quali le risorse possano non essere considerate scarse: l’automatismo generalizzato infatti consente la proroga di tutte le concessioni senza distinzioni[25]. E tale disapplicazione si impone ai giudici nazionali così come, a monte, alle pubbliche amministrazioni chiamate a decidere in merito.

III.3. Profili di diritto sostanziale. La scarsità delle risorse e il tavolo tecnico.

Il Consiglio di Stato tratta inoltre la tematica della scarsità delle risorse con riferimento, in particolare, alla previsione del legislatore di introdurre dei criteri generali e uniformi per la loro determinazione istituendo a tal fine un apposito tavolo tecnico.

Come abbiamo avuto modo di vedere in precedenza, la CGUE ha affermato la legittimità di una simile strategia. Purtuttavia, la scelta della sua adozione non può determinare anche un blocco dell’onere di espletare le procedure. Il carattere self-executing della direttiva Bolkestein nella parte qui di interesse, infatti, vieta agli Stati membri la possibilità di introdurre delle condizioni ostative alla sua applicazione, quale certamente sarebbe la necessità di adottare tali criteri.

Il giudice inoltre si sofferma sul carattere incompleto delle risultanze del Tavolo Tecnico (contestate, seppur con atto non vincolante, dalla Commissione Europea) e segnala che la norma istitutiva individua, tra i criteri per la definizione della nozione di scarsità, la rilevanza transfrontaliera del bene. Si tratta di un criterio non previsto dalla direttiva per la sua applicabilità (che anzi si applica anche solo alle situazioni puramente nazionali), con conseguente obbligo di disapplicazione della previsione in questione per contrasto con il diritto eurounitario[26].

Il Consiglio di Stato inoltre evidenzia che, nelle more dell’adozione di tali criteri, si deve ancora una volta ribadire che le spiagge sono risorse materiali scarsi[27], segnalando inoltre il rischio che l’operazione del Tavolo Tecnico possa sfociare in un’elusione dell’obbligo di effettuare le procedure comparative (e così quindi anticipando la possibilità che si renda necessaria anche la futura disapplicazione dei criteri adottati) e che l’eventuale esclusione di alcune zone dall’obbligo di espletamento delle procedure dovrebbe fondarsi sulla sicura assenza del carattere di scarsità della risorsa, così segnalando quindi ancora una volta la volontà del giudice amministrativo di effettuare un rigido controllo sul tema[28].

III.4. Profili di diritto sostanziale. I beni non scarsi e l’interesse transfrontaliero certo.

Il Consiglio di Stato ricorda inoltre che anche nel caso di risorse non scarse può sussistere un obbligo di disporre una procedura comparativa. Infatti, l’onere di effettuazione di tale procedura per la concessione di beni demaniali non trova quale sua unica fonte soltanto la direttiva Bolkestein, ma anche l’art. 49 del TFUE e la libertà di stabilimento. L’assegnazione di tali risorse in via diretta ad un’impresa italiana determinerebbe una disparità di trattamento a danno delle imprese di altri Stati membri, imponendosi quindi l’assegnazione secondo criteri di trasparenza e imparzialità[29].
Il Consiglio di Stato ricorda che l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo va valutata sulla base di diversi criteri, tra cui l’importanza economica, il luogo di esecuzione e le caratteristiche tecniche, dovendo quindi l’Amministrazione valutare di volta in volta la sussistenza di tale condizioni e con l’avvertenza, ancora una volta, della volontà del giudice amministrativo di effettuare una valutazione rigida sul tema[30].

III.5. Profili di diritto sostanziale. La proroga tecnica.

Il giudice amministrativo ricorda che non esiste alcun diritto al mantenimento delle proroghe fondate sulle norme nazionali in precedenza disposte, da ritenersi prive di qualsiasi efficacia ex tunc e non potendo il legittimo affidamento conslidare gli effetti di tali illegittime previsioni.
L’unica proroga ammessa e compatibile con quella del diritto europeo è (utilizzando l’espressione della contrattualistica pubblica) la cd. Proroga tecnica, originariamente prevista dall’art. 3, commi 1 e 3, della l. n. 118 del 2022, da adottarsi in presenza di situazioni oggettive che impediscano la conclusione delle procedure comparative. Con la specifica, però, che la proroga tecnica può dirsi legittima solo alla condizione che la procedura sia già stata indetta o che comunque sia stato deliberato di indirla in tempi estremamente brevi, e ciò anche in quanto altrimenti anche questo strumento potrebbe altrimenti essere utilizzato con finalità elusive. Con la specifica (rilevante) che questo strumento può essere utilizzato anche a seguito della modifica dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022, dato che comunque esso è legittimato dall’art. 1161 del codice della navigazione[31].

III.6. Profili di diritto sostanziale. I criteri per lo svolgimento delle gare.

Il Consiglio di Stato, evidentemente consapevole dell’incertezza sussistente in merito alle modalità di svolgimento della procedura, individua dei criteri che rispondono alle esigenze di obiettività, trasparenza e non discriminazione, originariamente previsti dalla legge delega che doveva introdurre appositi decreti legislativi in materia (delega ormai scaduta). In particolare, secondo il Consiglio di Stato, è possibile:
Tenere conto, nella predisposizione della gara, degli investimenti, del valore aziendale, dei beni materiali e immateriali e della professionalità acquisita da soggetti che già eseguano concessioni demaniali;
Definire criteri di ammissione che favoriscano la massima partecipazione alla gara, anche delle piccole imprese;
Tenere conto delle esigenze dei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura, abbiano avuto quale prevalente fonte di reddito i proventi delle concessioni o di attività relative al medesimo settore;
Definire criteri per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente[32].

VI. Conclusioni.

La sentenza in questione sembra caratterizzata da una forte irritazione del giudice amministrativo per i tentativi, giudiziari e legislativi, di mantenere in capo ai concessionari uscenti la gestione delle zone balneari solo assegnate senza alcuna procedura selettiva (si ricorda che l’obbligo di gara non sussiste se la concessione è stata affidata con procedura comparativa e non è scaduto il contratto).

La pronuncia, quindi, vorrebbe costituire un punto fermo idoneo a superare ogni criticità legata all’applicazione della direttiva Bolkestein, affermando il principio per cui, in assenza di elementi certi che rendano evidente l’assenza di profili di scarsità della risorsa, tutte le concessioni balneari vanno assegnate con procedura comparativa, senza se e senza ma. Segno evidente di questa volontà è l’individuazione di criteri ritenuti compatibili con il diritto eurounitario per lo svolgimento delle procedure di gara, così cercando il giudice di sopperire alle mancanza del legislatore e di tenere conto dello stato di incertezza che predomina tra gli enti.
Restano, purtuttavia, due nodi importanti da sciogliere nel lungo cammino dell’assegnazione delle procedure comparative.
La prima: l’ente concedente, in mancanza di azioni giudiziarie, può essere invogliato a mantenere lo status quo. Esso, infatti, può continuare a percepire i canoni della concessione anche dopo la scadenza, per poi eventualmente decidere di andare a gara in un momento successivo laddove rilevi la possibile sussistenza di profili di rischio (ad esempio, denunce penali, segnalazioni di stampa ecc.). In questo modo, d’altronde, l’operazione darebbe, per così dire, “meno nell’occhio” dato che verrebbe avvallata dall’inerzia dell’ente senza svolgere alcuna attività.

La seconda: la necessità di indennizzare i concedenti uscenti e la possibilità di definire criteri che li avvantaggino può invogliare l’ente (anche mediante l’introduzione di criteri di valutazione ampiamente discrezionali) a riassegnare la procedura al soggetto uscente, limitando così i rischi derivanti dall’assegnazione ad un nuovo concessionario e alla sua possibile inadempienza e l’esposizione al rischio di azioni giudiziarie da parte del soggetto uscente, sicuramente meno invogliato a richiedere indennizzi in continuazione del rapporto.

Condizioni, queste due, che possono costituire una porta per l’elusione dell’obbligo previsto dalla CGUE.


[1] Dal testo della sentenza: <<Con la delibera n. 143 del 17 dicembre 2020 della Giunta comunale … il Comune di Castellaneta, odierno appellato, ha stabilito, da una parte, di prendere atto “del dettato normativo di cui all’art. 1, commi 682, 683 e 684 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018 e dall’art. 182 del decreto – legge 19 marzo 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77, inerente l’estensione della durata/validità al 31 dicembre 2033 delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreativa in possesso dei concessionari dotati dei requisiti previsti dalla normativa vigente e delle circolari operative suddette emanate dalla Regione Puglia” e dall’altra, conseguentemente, “di fornire atto di indirizzo al competente Responsabile del Servizio svolto, per le ragioni indicate in premessa, affinché disponga i necessari procedimenti amministrativi ed ogni opportuna attività gestionale rispettosa di legge, finalizzati all’estensione del termine di durata delle concessioni demaniali al 31.12.2033>>
 
[2] Dal testo della sentenza: <<l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, odierna appellante principale, nell’adunanza del 18 maggio 2021, ha deliberato di esprimere un parere motivato, ai sensi dell’art. 21-bis della l. n. 287 del 1990, relativamente al contenuto dell’atto in questione, trasmettendolo al Comune di Castellaneta in data 21 maggio 2021 … l’Autorità ha ritenuto che il Comune di Castellaneta avrebbe dovuto disapplicare la normativa posta a fondamento della delibera n. 143/2020 per contrarietà della stessa ai principi e alla disciplina eurounitaria sopra richiamata … Ciò in quanto “le disposizioni relative alla proroga delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative contenute nel provvedimento amministrativo in parola integrano — specifiche violazioni dei principi concorrenziali, nella misura in cui impediscono il confronto competitivo che dovrebbe essere garantito in sede di affidamento di servizi incidenti su risorse demaniali di carattere scarso, in un contesto di mercato nel quale le dinamiche concorrenziali sono già particolarmente affievolite a causa della lunga durata delle concessioni attualmente in essere” … Per tali ragioni, l’Autorità ha concluso che la delibera del Comune di Castellaneta in questione si poneva in contrasto con gli articoli 49 e 56 del T.F.U.E. ,essendo suscettibile di limitare ingiustificatamente la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi nel mercato interno, nonché le disposizioni normative unionali in materia di affidamenti pubblici>>
[3] Dal testo della sentenza: <<Nel parere veniva, altresì, indicato che, ai sensi dell’articolo 21-bis, comma 2, della l. n. 287 del 1990, il Comune avrebbe dovuto comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione del parere motivato, le iniziative adottate per rimuovere le violazioni della concorrenza sopra esposte … Nel termine assegnato, il Comune di Castellaneta non ha fatto pervenire le proprie osservazioni al parere dell’Autorità … Preso atto del comportamento tenuto e, in particolare, del mancato adeguamento del Comune di Castellante al parere ricevuto, nell’adunanza del 27 luglio 2021, l’Autorità ha deliberato di proporre ricorso dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (di qui avanti, per brevità, il Tribunale) nei confronti del Comune di Castellaneta, ai sensi dell’art. 21-bis, comma 2, della l. n. 287 del 1990, avverso la citata deliberazione n. 143 del 17 dicembre 2020 della Giunta Comunale di Castellaneta>>
[4] Dal testo della sentenza: <<Con l’ordinanza collegiale n. 15 del 2 gennaio 2023 il Tribunale ha disposto la sospensione del giudizio sul ricorso in esame fino alla decisione della Corte di Giustizia UE sull’ordinanza di rinvio pregiudiziale di cui all’ordinanza n. 743 dell’11 maggio 2022 del medesimo tribunale … Con la sentenza 20 aprile 2023 in C- 348/22, la Corte di Giustizia UE si è espressa sulle questioni sollevate dal Tribunale in altro giudizio … Successivamente alla pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia europea, il giudizio R.G. n. 1324/2021 è stato riassunto avanti al primo giudice con atto di impulso della odierna appellante principale e, in esito all’udienza pubblica del 27 settembre 2023, è stato trattenuto in decisione>>
[5] Dal testo della sentenza: <<Il Tribunale … ha dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso proposto dall’Autorità, affermando in estrema sintesi: 1) che gli atti impugnati dall’Autorità risultano caducati e privi di efficacia già per effetto della normativa sopravvenuta (nella specie, la legge n. 118 del 2022 che ha abrogato tutte le norme di cui alla legge n. 145 del 2018 e h disposto il nuovo termine di scadenza delle concessioni demaniali marittime in essere al 31 dicembre 2023, nonché la successiva legge n. 14 del 2023 che ha differito il predetto termine al 31 dicembre 2024) e che, comunque, risulta mutato il contesto giuridico e fattuale di riferimento; 2) di non condividere “l’ipotesi di cessazione dell’efficacia delle CDM alla data del 31 dicembre 2023, che si supporta alla specifica statuizione in tal senso contenuta nelle sentenze A.P. 17 e 18 del 2021 (punto n. 48 di AP 17-18/20219, temporalmente antecedenti sia rispetto alla sentenza della C.G.U.E del 20 aprile 2023, sia rispetto alla normativa di cui alla l. 14/2023”; 3) che, pertanto, tutte le concessioni demaniali marittime in essere verranno a scadere alla data del 31 dicembre 2024; 4) che la fissazione del termine delle concessioni demaniali marittime al 31 dicembre 2023 deriva dalla corrispondente statuizione contenuta nelle sentenze dell’Adunanza del 2021 (poi recepita e trasfusa nel testo originario della l. n. 118 del 2022), la quale costituisce “la logica conseguenza della pretermessione – nella motivazione delle AA.PP. 17 e 18/2021 – di un significativo step, quale quello relativo alla scarsità della risorsa, condizionato alla tempistica connessa all’attività istruttoria e connotato di ampia discrezionalità, step individuato come centrale e preliminare adempimento nella direttiva come interpretata dalla C.G.U.E. con la sentenza del 20/04/2023 … siffatta statuizione del termine di cessazione di efficacia al 31.12.2023, a prescindere da ogni altra considerazione,  che peraltro risulta invece del tutto coerente  con le precisazioni innovative contenute nella sentenza della CGUE e non integra quindi gli estremi di una mera ed ingiustificata proroga automatica
[6] Cons. Stato, sez. VI, 27.12.2023 n. 11200: <<i provvedimenti assunti in corso di giudizio sono idonei a determinare la cessata materia del contendere soltanto ove, autonomamente assunti dall’Amministrazione, determinino la realizzazione piena dell’interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell’azione giudiziaria, permettendo al ricorrente in primo grado di ottenere in via amministrativa il bene della vita atteso, sì da rendere inutile la prosecuzione del processo … I provvedimenti sopravvenuti determinano, invece, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, qualora attuino un assetto di interesse inoppugnabile, ostativo alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso, anche in tale caso rendendo inutile la prosecuzione del giudizio – anziché per l’ottenimento – per l’impossibilità sopravvenuta del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente>>.
[7] Cons. Stato, sez. VII, 10.8.2022 n. 7076: <<- affinché si verifichi l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, occorre che sopraggiunga, nel corso del giudizio, una situazione tale da rendere certa e definitiva l’inutilità di una eventuale sentenza di accoglimento; -l’indagine tesa a verificare il sopravvenuto difetto di interesse deve essere condotta con il massimo rigore, onde evitare che la declaratoria in oggetto si risolva in una ipotesi di denegata giustizia e quindi nella violazione di un diritto costituzionalmente garantito>>
 
[8] Dal testo della sentenza: <<si deve rammentare che, come questo Consiglio di Stato ha chiarito in analoga controversia … l’interesse sostanziale, a tutela del quale l’Autorità può ricorrere ai sensi dell’art. 21-bis della citata l. n. 287 del 1990, assume i connotati dell’interesse a un bene della vita, nella specie quello al corretto funzionamento del mercato, che trova tutela a livello unionale e costituzionale, e del quale l’Autorità, secondo la l. n. 287/1990, è, istituzionalmente, portatrice … L’Autorità quindi, in base alla menzionata normativa, è preposta alla salvaguardia di un interesse che si soggettivizza in capo ad essa come posizione qualificata e differenziata rispetto a quella degli altri attori del libero mercato, circostanza, questa, idonea a fondare la legittimazione processuale di cui all’art. 21-bis citato>>
[9] Dal testo della sentenza: <<In via preliminare l’appello principale dell’Autorità deve ritenersi procedibile in quanto l’interesse fatto valere dall’Autorità nel presente giudizio è quello di ottenere l’annullamento della delibera, impugnata in primo grado, che ha prorogato le concessioni in forza di disposizioni normative contrastanti con il diritto unionale e che, prevedendo il prolungamento di queste concessioni fino al 2033, ha prodotto e potrebbe continuare a produrre effetti permanenti nel presente giudizio, indipendentemente da eventuali nuove delibere recanti atti di indirizzo generale che, attuando le nuove proroghe legislative sopravvenute, prolungassero nuovamente e ingiustificatamente la scadenza delle concessioni, atti che dovrebbero considerarsi anche essi privi di effetti – al pari delle singole proroghe – perché perpetuanti il vizioso meccanismo di proroga ex lege di anno in anno, di cui si dirà meglio>>
[10] Dal testo della sentenza: <<Né si opponga che l’Autorità, nel non avere formalmente formulato in questa sede la propria domanda di annullamento, richiederebbe a questo giudice una pronuncia ultra petita, lamentando solo l’erroneità di tale pronuncia in rito e chiedendo di riformarne le motivazioni con la disapplicazione di una normativa sopravvenuta che non sarebbe nemmeno applicabile agli atti impugnati in prime cure, perché è proprio sulla base di tale ultima normativa sopravvenuta, erroneamente non disapplicata dal primo giudice, che si è pervenuti all’effetto perverso di dichiarare improcedibile il ricorso, frustrando l’interesse dell’Autorità che, diversamente, dovrebbe subire una pronuncia, apparentemente in rito, che le nega il bene della vita alla corretta applicazione del principio concorrenziale in questa materia per effetto, si badi, di una normativa nazionale che reitera il vizio già lamentato dall’Autorità, costretta in aeternum ad impugnare in ripetuti giudizi i nuovi atti applicativi della normativa illegittima sopravvenuta e sempre costretta, in un circolo vizioso, a subire poi all’esito del giudizio, la declaratoria di improcedibilità>>
[11] Dal testo della sentenza: <<.. va ricordato che – dopo l’annullamento della sentenza n. 18 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria da parte delle Sezioni Unite – permane a tutt’oggi l’efficacia perdurante della sentenza n. 17 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria mantiene ad oggi per le ragioni che ora si diranno tutta la sua efficacia sul piano nomofilattico, nonostante la proposizione “postuma” di un ulteriore ricorso per cassazione anche contro tale sentenza da parte di molti concessionari – che non furono parti di quel giudizio – nel marzo di quest’anno>>
[12] Dal testo della sentenza: <<Questi presupposti anche dopo l’annullamento (per ragioni che esulano dal merito dei principi allora affermati) della sentenza n. 18 del novembre 2021 non sussistono perché la giurisprudenza del Consiglio di Stato è pacifica nell’affermare i principi di cui si dirà oltre senza che vi sia alcun contrasto tra sezioni o all’interno di questa sezione e, inoltre, né le sopravvenienze normative né la sentenza della Corte di Giustizia del 20 aprile 2023 in C-348/22 (Comune di Ginosa) hanno inciso sulla rilevante attualità di quei principi, a tutt’oggi validi, che devono condurre all’immediata disapplicazione delle proroghe in favore dei concessionari, anche laddove esse si fondino sulle illegittime e disapplicabili sopravvenienze di cui al d.l. n. 198 del 2022, conv. In l. n. 14 del 2023, e all’altrettanto immediata indizione delle gare>>
[13] Dal testo della sentenza: <<Si rileva che non sussistono i presupposti per un nuovo rinvio in quanto la questione della applicabilità della Dir. 2006/123/CE e della incompatibilità delle proroghe automatiche disposte dal legislatore nazionale è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte di Giustizia UE con più decisioni – non ultima proprio quella rimessa dal Tribunale in primo grado e pronunciata nel presente giudizio – che hanno indicato la corretta interpretazione del diritto dell’Unione senza che residuino ulteriori dubbi … Chiarita dalla Corte di Giustizia la corretta interpretazione del diritto dell’Unione Europea sulle questioni che costituiscono l’oggetto del presente giudizio, spetta a questo Collegio, quale giudice nazionale, dare applicazione al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di Giustizia, alla fattispecie in esame>>
[14] Dal testo della sentenza: <<Tale questione – si ripete – è del tutto estranea all’oggetto del presente giudizio e quindi non è rilevante, con la conseguenza che nessun rilievo pregiudiziale potrà avere la sentenza della Corte di Giustizia UE, risultando in tal modo infondate anche le richieste di attendere tale decisione, eventualmente con un provvedimento di c.d. sospensione impropria>>
[15] Dal testo della sentenza: <<Quanto alla richiesta di sollevare l’incidente di costituzionalità, formulata invece dagli appellanti incidentali, si deve qui osservare che l’interpretazione da questo Consiglio di Stato nella propria consolidata giurisprudenza consente un recepimento interno della Dir. 2006/123/CE non solo compatibile con i principi fondamentali e irrinunciabili della Costituzione italiana quali il diritto di proprietà, l’impresa e il lavoro nelle imprese familiari, ma anzi costituzionalmente imposto dalla necessità di esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea (art. 117, comma primo, Cost.)>>
[16] Dal testo della sentenza: <<Né può essere invocata una tutela costituzionale del legittimo affidamento degli attuali concessionari, dato che, come ora si dirà, l’applicazione della Dir. 2006/123/CE e/o dell’art. 49 T.F.U.E. al settore delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative impone l’immediata apertura del mercato, laddove la risorsa risulti scarsa o laddove, quando pure la risorsa non sia scarsa, la singola concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, e ogni esigenza correlata all’affidamento degli attuali concessionari non può certo giustificare proroghe automatiche o il rinvio delle procedure di gara, ma al massimo può essere valutata al momento di fissare le regole per la procedura di gara ai sensi del paragrafo 3 dell’art. 12 della stessa Dir. 2006/123/CE>>
[17] Dal testo della sentenza di primo grado (TAR Puglia, Lecce, sez. I, 2.11.2023 n. 1224: <<Alla luce delle innovative statuizioni di cui alla citata sentenza C.G.U.E. del 20 aprile 2023 deve pertanto ritenersi che: A) risulta precluso al Giudice nazionale di statuire in via generale ed astratta sulla scarsità della risorsa, in assenza della previa definizione di criteri obiettivi ed uniformi da parte del Governo; b) l’applicabilità del disposto di cui all’art. 12 paragrafi 1 e 2 della Direttiva Bolkestein è subordinata alla previa verifica e valutazione da parte dello Stato membro della scarsità della risorsa naturale, procedimento che si caratterizza per l’ampia discrezionalità e che costituisce adempimento doveroso e necessario, in quanto primo presupposto o pre-condizione>>
[18] CGUE, sez. III, 20.5.2023, C-348/22: <<62. Dalla costante giurisprudenza della Corrte risulta che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e successivamente precise, i privati possono farle valere dinanzi ai giudizi nazionali nei confronti di uno Stato membro, sia qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, che qualora l’abbia recepita in modo scorretto …. 63. La Corte ha precisato che una disposizione del diritto dell’Unione è, da un lato, incondizionata, se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione, né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione, o degli Stati membri, ulteriore rispetto a quello con cui viene recepita nel diritto nazionale e, dall’altro, sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo ed applicata dal giudice nazionale allorché sancisce un obbligo in termini inequivocabili … 64. La Corte ha inoltre dichiarato che, anche se una direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nell’adozione delle modalità della sua attuazione, una disposizione di tale direttiva può essere considerata incondizionata e precisa se pone a carico degli Stati membri, in termini inequivocabili, un obbligo di risultato preciso e assolutamente incondizionato riguardo all’applicazione della norma da essa enunciata65. Infatti, anche se una direttiva concede agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nell’adozione delle modalità della sua attuazione, tale circostanza non incide sul carattere preciso e incondizionato delle due disposizioni qualora tale margine di discrezionalità non esclusa che sia possibile determinare alcuni diritti minimi e che sia, quindi, possibile determinare la tutela minima che deve in ogni caso essere applicata>>
[19] CGUE, sez. III, 20.4.2023, C-348/22: << .. alla luce del suo tenore letterale, l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali. Tale margine di discrezionalità può condurli a preferire una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un approccio caso per caso, che ponga l’accento sulla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell’autorità amministrativa competente, o addirittura a combinare tali due approcci. 47. In particolare, la combinazione di un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e di un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione, risulta equilibrata e, pertanto, idonea a garantire il rispetto di obiettivi di sfruttamento economico delle coste che possono essere definiti a livello nazionale, assicurando al contempo l’appropriatezza dell’attuazione concreta di tali obiettivi nel territorio costiero di un comune>>
[20] CGUE, sez. III, 20.4.2023, C-348/22: <<69. Tale disposizione ha effetto diretto in quanto vieta, in termini inequivocabili, agli Stati membri, senza che questi ultimi dispongano di un qualsivoglia margine di discrezionalità o possano subordinare tale divieto a una qualsiasi condizione e senza che sia necessaria l’adozione di un atto dell’Unione o degli Stati membri, di prevedere proroghe automatiche e generalizzate di siffatte concessioni. Dalla giurisprudenza della Corte risulta peraltro che un rinnovo automatico di queste ultime è escluso dai termini stessi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 … 71. La circostanza che tale obbligo e tale divieto si applichino solo nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, le quali devono essere determinate in relazione ad una situazione di fatto valutata dall’amministrazione competente sotto il controllo di un giudice nazionale, non può rimettere in discussione l’effetto diretto connesso a tale articolo 12, paragrafi 1 e 2>>
[21] Dal testo della sentenza: <<Questo Consiglio non può che ribadire, sulla scia della giurisprudenza della Corte di Giustizia, dell’Adunanza plenaria nella sentenza n. 17 del 2021 e di tutta la menzionata giurisprudenza successiva, che tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – anche quelle in favore di concessionari che avessero ottenuto il titolo in ragione di una precedente procedura selettiva laddove il rapporto abbia esaurito la propria efficacia per la scadenza del relativo termine di durata … sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni ad ogni livello, anche comunale, imponendosi, anche in tal caso, l’indizione di una trasparente, imparziale e non discriminatoria procedura selettiva>>
[22] Dal testo della sentenza: <<Devono, quindi, essere disapplicate perché contrastanti con l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE e comunque con l’art. 49 del T.F.U.E., tutte le disposizioni nazionali che hanno introdotto e continuano a introdurre, con una sistematica violazione del diritto dell’Unione, le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e in particolare:
a) le disposizioni di proroga previste in via generalizzata e automatica, e ormai abrogate dall’art. 3, comma 5, della l. n. 118 del 2002 (art. 1, commi 682 e 683, della l. n. 145 del 2018; art. 182, comma 2, del d.l. n. 34/2020, conv. In. L. n. 77 del 2020; art. 100, comma 1, del .l. n. 104 del 2020, conv. In l. n. 216 del 2020);
b) le più recenti proroghe introdotte dagli articoli 10-quater, comma 3, e 12, comma 6-sexies, del d.l. n. 198 del 2022, inseriti dalla legge di conversione n. 14 del 2023 e dall’art. 1, comma 8, della stessa l. n. 14 del 2023, che ha introdotto il comma 4-bis all’art. 4 della l. n. 118 del 2022>>
[23] Dal testo della sentenza: <<… mentre l’originaria versione dell’art. 3 della l. n. 118 del 2022, nell’abrogare le precedenti e già disapplicate disposizioni di proroga, aveva previsto in via transitoria il termine del 31 dicembre 2023 con possibilità di differimento con atto motivato fino al 31 dicembre 2024 “in presenza di ragioni oggettivi che impediscono la conclusione della procedura selettiva”, le modifiche apportate dalla l. n. 14 del 2023 di conversione del d.l. 198 del 2022 hanno nuovamente stravolto il quadro normativo con nuove proroghe rese indeterminate da una serie di disposizioni palesemente contrastanti con i descritti principi dell’ordinamento dell’U.E. … La l. n. 14 del 2023, oltre a spostare in avanti di un anno i due termini sopraindicati (al 31 dicembre 2024 quello di efficacia delle concessioni e al 31 dicembre 2025 la possibilità di differimento), ha previsto che:
a) “le concessioni e i rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 5 agosto 2022, n. 118, continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori» (art. 10-quater, comma 3, del d.l. n. 198 del 2022)”
b) “fino all’adozione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b)” (comma 4-bis dell’art. 4 della l. n. 118 del 2022, introdotto dall’art. 1, comma 8 della l. n. 14 del 2023)>>
[24] Dal testo della sentenza: <<Il complesso delle disposizioni introdotte dalla l. n. 14 del 2023 determina una nuova proroga automatica e generalizzata delle concessioni balneari, non più funzionale alle (non più) imminenti gare (come previsto dalla originaria versione degli artt. 3 e 4 della l. n. 118 del 2022), ma anzi resa indeterminata e potenzialmente illimitata nella durata dal contestuale divieto di procedere all’emanazione dei bandi di gara posto fino all’adozione dei decreti legislativi di cui all’art. 4 della l. n. 118 del 2022 (adozione non più possibile perché la delega è scaduta il 27 febbraio 2023, solo qualche giorno dopo l’entrata in vigore della l. n. 14 del 2023). … Se a ciò si aggiunge che le concessioni mantengono efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori, il quadro che ne deriva è del mantenimento delle attuali concessioni balneari italiane senza termine in contrasto con i più volte richiamati principi dell’Unione, nella costante interpretazione datane dalla Corte di Giustizia>>
[25] Dal testo della sentenza: <<Tale disapplicazione si impone prima e a prescindere dall’esame della questione della scarsità delle risorse, che verrà trattata nei paragrafi successivi, in quanto, anche qualora si dimostrasse che in alcuni casi specifici non vi sia scarsità di risorse naturali, le suddette disposizioni, essendo di natura generale e assoluta, paralizzano senza giustificazione alcuna l’applicazione della Dir. 2003/126/CE e precludono in assoluto lo svolgimento delle gare>>
[26] Dal testo della sentenza: <<34. Va aggiunto che l’art. 10-quater, comma 2, del d.l. n. 198 del 2023 ha previsto che il predetto Tavolo tecnico definisca i criteri tecnici per la sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto anche della “rilevanza economica transfrontaliera” e, al riguardo, tale elemento non può essere rilevante ai fini della valutazione della scarsità dato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte europea, il capo III della Dir. 2006/123/CE – compreso, dunque, anche il suo articolo 12 – si applica anche a situazioni puramente nazionali, senza che sia necessaria una valutazione della rilevanza transfrontaliera come quella suggerita dalla disposizione in questione (Corte di Giustizia UE, 30 gennaio 2018, Visser Vastgoed Beleggingen, nelle C-360/15 e C-31/16, punti 98 e segg.; nonché la già citata sentenza del 20 aprile 2023 in C-348/22, Comune di Ginosa, punto 40), avendo la Corte chiarito che l’art. 12, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva deve essere interpretato nel senso che “esso non si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentano un interesse transfrontaliero certo”, applicandosi le disposizioni del capo III della Dir. 2006/123/CE “non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato membro”.
35. In questa prospettiva, dunque, deve essere disapplicato anche l’art. 10-quater, comma 2, del d.l. n. 198 del 2022, laddove, nel prevedere che “il tavolo tecnico di cui al comma 1, acquisiti i dati relativi a tutti i rapporti concessori in essere delle aree demaniali marittime, lacuali e fluviali, elaborati ai sensi all’articolo 2 della legge 5 agosto 2022, n. 118, definisce i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto sia del dato complessivo nazionale che di quello disaggregato a livello regionale, e della rilevanza economica transfrontaliera”, dispone che nella determinazione della scarsità della risorsa debba considerarsi la rilevanza economica transfontaliera della concessione, che non è un presupposto per l’applicazione dell’art. 12 della Dir. 2006/123/CE ma semmai, laddove non si applichi l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, del solo art. 49 del T.F.U.E>>
[27] Dal testo della sentenza: <<In assenza di risultati, ancorché parziali e provvisori, che dimostrino in modo serio e attendibile, tanto a livello nazionale che a livello locale, che le concessioni non siano una risorsa scarsa, secondo i criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati, indicati dalla Corte, e in forza di una valutazione che deve essere anzitutto necessariamente qualitativa della risorsa, questo Consiglio di Stato, a cui compete nell’ordinamento italiano il controllo giurisdizionale sulla valutazione della scarsità delle risorse (che devono “essere determinate in relazione ad una situazione di fatto valutata dall’amministrazione competente sotto il controllo di un giudice nazionale”: Corte di Giustizia UE, 20 aprile 2023, Comune di Ginosa, in C-348/22, punto 71), non può che riaffermare, allo stato, la sicura scarsità della risorsa (v., da ultimo, Cons. St., sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940 nonché Cons. St., sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679 nonché Cons. St., sez. VII, 6 settembre 2023, n. 8184, ord., secondo cui “la risorsa materiale è scarsa”)>>
[28] Dal testo della sentenza: <<dovendo concordarsi con quelle tesi secondo cui, ove all’operazione di mappatura fosse associata la finalità di eludere l’assoggettamento alle procedure competitive ad evidenza pubblica, si riesumerebbe un diritto di insistenza per gli attuali concessionari, non più esistente, come si dirà, nemmeno nell’ordinamento interno>>
[29] Dal testo della sentenza: <<In ogni caso, rileva ancora il Collegio, quando pure l’autorità amministrativa competente, sulla scorta di quanto appena precisato al § 30. e sotto il controllo dell’autorità giurisdizionale, ritenga non applicabile l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE che, come ha ricordato la Corte, già provvede a un’armonizzazione esaustiva concernente i servizi che rientrano nel suo campo di applicazione (Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 61), deve comunque trovare applicazione l’art. 49 del T.F.U.E. sulla libertà di stabilimento, laddove la singola concessione presenti un interesse transfrontaliero certo. … A tale riguardo, infatti, non può sottacersi che, qualora siffatta concessione riguardi in alcuni limitati e circoscritti casi una risorsa legittimamente ritenuta non scarsa ma presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione e una siffatta disparità di trattamento è, in linea di principio, vietata dall’articolo 49 del T.F.U.E>>
[30] Dal testo della sentenza: <<Per quanto riguarda, anzitutto, l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, occorre ricordare che, secondo la Corte, quest’ultimo deve essere valutato sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali l’importanza economica dell’appalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’appalto in questione (Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 66).Ebbene, l’autorità amministrativa, quando pure ritenga che la risorsa naturale destinabile alla concessione per lo sfruttamento economico a fini turistico-ricreativi non sia scarsa, deve valutare comunque, per rispettare la libertà di stabilimento, se la singola concessione abbia o meno interesse transfrontaliero e, nel fare ciò, deve avere riguardo alle caratteristiche specifiche del singolo stabilimento che, anche solo per le sue caratteristiche (storiche, geografiche, ecc.), può esercitare una attrattiva per gli operatori economici stranieri, interessati a concorrere>>
[31] Dal testo della sentenza: <<L’art. 3, comma 3, della l. n. 118 del 2022 – lo si ricorda – consente infatti la proroga tecnica, testualmente, solo per il tempo strettamente necessario «alla conclusione della procedura», che deve essere stata avviata e può ritenersi avviata, secondo una interpretazione ispirata a ragionevolezza, in presenza quantomeno di un atto di indirizzo volto ad indire, finalmente, le gare, non essendo consentito comunque, sul piano logico prima ancor che cronologico, disporre una proroga tecnica finalizzata alla conclusione di una procedura di gara che nemmeno sia stata avviata, quantomeno a livello programmatico, pur di fronte a vicende contenziose o a difficoltà legate all’espletamento della procedura stessa, nell’assenza, ad oggi, di un più volte auspicato riordino sistematico dell’intera materia, dove confluiscono e trovano composizione, come ha ricordato la Corte costituzionale, molteplici e rilevanti interessi, pubblici e privati. …Tale soluzione consente di evitare le incertezze prospettate dalle parti in relazione all’imminente avvio della stagione balneare e richiede una decisione dell’ente competente in favore della indizione delle gare con conseguente possibilità di differimento del termine di scadenza delle concessioni con atto motivato, in virtù del quale fino alla data sopra indicata – il 31 dicembre 2024 – l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente, laddove prorogata alle condizioni appena chiarite, è comunque legittima anche in relazione all’art. 1161 cod. nav., come chiarisce lo stesso art. 3, comma 3, della l. n. 118 del 2022>>
[32] Dal testo della sentenza: <<Si deve infatti considerare che, allorché la legge di delega li abbia posti, i principi e i criteri della stessa entrano senz’altro a comporre il quadro dei referenti assiologici che permeano l’ordinamento vigente e concorrono pure essi a disciplinare direttamente la materia alla quale afferiscono, se il loro contenuto prescrittivo possegga i necessari requisiti, anche quando il Governo abbia infruttuosamente lasciato scadere la delega e fino a che, ovviamente, il legislatore non provveda direttamente ad abrogarli e/o a disciplinare diversamente la materia. Tali principi e criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori per una disciplina uniforme della concorrenza in questa materia – tra i quali, ad esempio, si possono qui ricordare l’adeguata considerazione degli investimenti, del valore aziendale dell’impresa e dei beni materiali e immateriali, della professionalità acquisita anche da parte di imprese titolari di strutture turistico-ricettive che gestiscono concessioni demaniali (lett. c), l’individuazione di requisiti di ammissione che favoriscano la massima partecipazione di imprese, anche di piccole dimensioni (lett. d), la considerazione della posizione dei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, hanno utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, nei limiti definiti anche tenendo conto della titolarità, alla data di avvio della procedura selettiva, in via diretta o indiretta, di altra concessione o di altre attività d’impresa o di tipo professionale del settore (lett. e), 5.2.), la definizione di criteri per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante (lett. i), ma v. anche Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 54, in riferimento all’art. 12, paragrafo 3, della Dir. 2006/123/CE – saranno presi in considerazione dai Comuni, in particolare, nella predisposizione dei bandi per l’affidamento delle concessioni “sulla base di procedure selettive, nel rispetto dei princìpi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità, da avviare con adeguato anticipo rispetto alla loro scadenza” (art. 4, comma 2, lett. b), l. n. 118 del 2022)>>

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