Lo ha detto il presidente Anac Giuseppe Busia in audizione in commissione Ambiente alla Camera nell’ambito dell’esame dello schema di decreto sul nuovo codice dei contratti pubblici.
Soglia di 500.000 euro per le stazioni appaltanti qualificate
Il testo prevede, rispetto a un disegno iniziale del Consiglio di Stato, l’innalzamento a 500.000 euro della soglia per la qualificazione delle stazioni appaltanti.
Questo comporta un aumento delle gare approntate da soggetti non qualificati del 65%; sul totale degli affidamenti circa il 90% rimarrebbero affidati da soggetti non necessariamente in grado di comprare.
Questo costa al sistema Paese, in termini di rapidità, di efficienza delle gare, di spesa pubblica.
Noi chiediamo di riportare la soglia a 150.000 euro per la qualificazione.
Siccome la richiesta di innalzamento è stata fatta da enti che non si sentono pronti, possiamo graduare l’applicazione, ponendo l’obiettivo dei 150.000 euro, adottando inizialmente la soglia dei 500.000. Questo è fondamentale per far funzionare la riforma e far sì che le risorse siano spese bene.
Soppressione del registro Anac dell’in-house
La soppressione del registro dell’in-house gestito da Anac nel nuovo Codice è sbagliata. E’ un vulnus per le imprese e il mercato, è una finta semplificazione.
Avere una verifica preventiva per controllare se il soggetto che acquisisce al di fuori dal mercato una commessa pubblica possiede i requisiti necessari è essenziale, anche per non creare concorrenza sleale alle imprese.
Nel nostro lavoro di verifica, basato su requisiti richiesti dalla Corte europea di Giustizia, due terzi dei casi riguardano amministrazioni che non hanno i requisiti.
Dirglielo prima serve ad evitare responsabilità nei confronti degli enti locali, ed evitare che si allunghino i tempi, con moltiplicazione del contenzioso. Serve inoltre, ad evitare sacche di inefficienza, che esistono, dovute al fatto che non si opera nel mercato sottraendosi a una concorrenza aperta.
Normativa sul conflitto d’interessi
Purtroppo, il testo presentato in Parlamento ha modificato le disposizioni sul conflitto di interessi. Riteniamo che ciò sia in contrasto anche con le direttive europee di settore, e in contrasto con l’ordinamento in generale che prevede norme stringenti per i conflitti di interesse, tanto più rilevanti nei contratti pubblici.
E’ stato introdotto un onere della prova invertito in modo improprio, degradando l’idea di imparzialità della pubblica amministrazione, come se questo fosse solo interesse dell’impresa esclusa. No, è interesse generale di tutti.
Noi chiediamo di ritornare alla formulazione esistente, coerente con la normativa internazionale. Proponiamo, poi, l’evidenziazione del titolare effettivo dell’impresa.
Chi partecipa alle gare, deve indicare chi è l’effettivo titolare dell’impresa, adeguandosi alla normativa antiriciclaggio. L’amministrazione pubblica deve conoscere i soggetti a cui affida risorse pubbliche
Alzata la soglia degli affidamenti diretti
E’ stata innalzata la soglia degli affidamenti diretti, che vengono svolti fino a 140.000 euro per servizi e forniture senza neanche fare una ricerca di mercato.
Nel mondo di internet, dove è facile fare un confronto di prezzi, è opportuno prevedere almeno una ricerca preventiva di mercato, chiedere la rotazione delle imprese.
Altrimenti spingiamo le imprese a lavorare non già sull’innovazione, ma sull’avvicinamento al dirigente o all’amministratore di turno.
Non è questo che favorisce la crescita, non è questo il senso di un’amministrazione imparziale, secondo quanto stabilisce anche la Costituzione.
Rafforzare la corretta progettazione
Rafforzare la corretta progettazione è elemento chiave per le amministrazioni per capire l’obiettivo che intendono perseguire, e quindi scegliere il mezzo migliore per raggiungerlo. Nel nuovo Codice c’è una sottovalutazione di questo.
Solamente sopra soglia è previsto il documento di affidabilità delle alternative progettuali.
Questo richiede di portare ad una sottostima delle spese, facendo scoprire solo dopo l’esistenza di oneri più gelevati. C’è il rischio, ancora una volta, di spendere male il denaro pubblico, e comprimere la libera concorrenza.
L’appalto integrato
In alcuni casi è utile, per gli appalti più complessi.
Ma non deve diventare una pratica generale. Dal nostro osservatorio, abbiamo rilevato che il più delle volte la pubblica amministrazione bandisce progetto ed esecuzione, e quando arriva il progetto esecutivo, si scopre un aumento rilevante dei costi. La pratica insegna che non c’è riduzione di tempi e di costi con l’appalto integrato. Va usato dove serve.
Contratti collettivi equivalenti
Le imprese possono proporre un contratto collettivo diverso di quello indicato dalla stazione appaltante.
E questo avviene attraverso un’autodichiarazione di equivalenza. Ora, se questa non viene vagliata da un ente terzo, può portare ad abusi e a comportamenti diversi fra le amministrazioni. Occorre un vaglio centralizzato di questo, che potrebbe essere svolto dal Cnel, indicando un codice che poi noi utilizziamo all’interno della Banca dati Anac e del fascicolo digitale.
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