La recente sentenza del TAR Lazio (Sez III n.05496/2021) conferma i trend topic del momento nell’ambito degli appalti pubblici.
Clausola sociale, riconduzione o meno delle attività a prestazioni di carattere intellettuale e valorizzazione del costo della manodopera da parte degli operatori economici sono anche in questo caso gli argomenti trattati nel provvedimento del Giudice Amministrativo; le fattispecie vengono però osservate da un punto di vista diverso, anche perché per alcuni aspetti relazionate con la struttura degli operatori partecipanti alla procedura, ed aggiungono ulteriori tasselli che delineano un quadro che va via via chiarendosi, quantomeno su questi argomenti.
Il ricorso, articolato in ben nove motivi, fa altresì una rapida carrellata di altri istituti funzionali allo svolgimento delle procedure pubbliche dei quali, per esigenze di brevità di trattazione, si è deciso di non dare evidenza rimandando al testo della sentenza.
Scendendo nel dettaglio, la gara oggetto di impugnativa veniva bandita dal MIT – Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e riguardava l’affidamento dei servizi di supporto alla conduzione funzionale del CCISS [i]; la procedura veniva assegnata ad un raggruppamento composto da tre distinte società.
Il ricorrente contestava l’assegnazione deducendo, come detto, nove doglianze.
Nel primo motivo proposto, il ricorrente sosteneva che poiché l’appalto rientrava tra quelli ad alta intensità di manodopera – quelli cioè che ai sensi dell’art.50 del Codice devono prevedere specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato – il raggruppamento aggiudicatario non potesse riassorbire il personale del fornitore uscente poiché composto da società a partecipazione pubblica obbligate a dotarsi di risorse esclusivamente tramite lo strumento del concorso pubblico. L’impossibilità di rispettare la previsione in ordine alla clausola sociale avrebbe dovuto comportare l’impossibilità di partecipazione e, ove forzata come in questo caso, avrebbe avuto come conseguenza l’esclusione dalla procedura. Sempre sul tema della clausola sociale insisteva il nono motivo di ricorso. Si lamentava l’introduzione all’interno della disciplina di gara di una clausola sociale debole a dispetto di attività come quelle oggetto di gara che imponevano regole più stringenti che non si potessero configurare come mere facoltà ma come precisi obblighi in capo agli aggiudicatari.
Questi due motivi vengono, di fatto, rigettati dal giudice secondo le motivazioni che si riportano di seguito; analizzata la natura dei componenti del Raggruppamento, infatti, lo stesso conclude attribuendo solo ad una società riunita in RTI la definizione di società in-house; proprio per tale motivo due delle tre società avrebbero potuto decidere di espletare le attività con delle risorse riassorbite. A sostegno, aggiunge altresì il richiamo ad una precedente sentenza che verte su analoga fattispecie “Non vi è violazione dei principi del pubblico concorso e del buon andamento, ma mero rispetto delle garanzie dei diritti dei lavoratori previste dalla legge e dai contratti collettivi per le ipotesi di subentro nell’appalto e di trasferimento d’azienda, nella clausola sociale nota come clausola di “protezione” o di “salvaguardia” sociale o “clausola sociale di assorbimento”, trattandosi di istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative statali”[ii]. Inoltre, il giudice ribadisce, anche in questa occasione, che le norme del Codice non impongono in capo all’appaltatore subentrante un automatico assorbimento della manodopera utilizzata dall’operatore economico uscente. Non esistono pertanto clausole sociali di diverse tipologie (forti o deboli) che si spingano a prevedere l’integrale assorbimento delle risorse già impiegate così come non è altresì possibile imporre un determinato contratto collettivo al fornitore entrante. Statuisce il giudice che “L’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto”. Una clausola sociale che imponga il totale riassorbimento della manodopera violerebbe l’art. 50 del Codice e comporterebbe l’illegittimità dell’intera legge di gara.
A latere, il secondo motivo che si soffermava sul tema dell’in-house providing e dei limiti che sembrerebbero essere imposti a tali società in caso di partecipazione a procedure ad evidenza pubblica. Nel caso in commento, a detta della ricorrente, sarebbe stato superato il limite massimo del 20% del fatturato che le società in-house possono svolgere nei confronti del mercato con conseguente venir meno delle condizioni alle quali è soggetta una società costituita ai sensi del Codice per essere qualificata, per l’appunto, come società in-house. Sul punto, il giudice di primo grado conclude rigettando il motivo di ricorso affermando che ove si verificasse quanto sostenuto dal ricorrente ciò non inficerebbe l’aggiudicazione in quanto non si rinviene nella disciplina di settore alcuna sanzione chiosando che “non può certo annullarsi un atto senza una norma che lo disponga”. L’effetto del superamento potrebbe al massimo far perdere i benefici di società in-house, circostanza considerata ininfluente ai fini del giudizio.
Il quarto, l’ottavo ed il settimo motivo, il vero “core” del ricorso, ponevano invece l’accento sul mancato controllo da parte della Stazione Appaltante dell’offerta economica del futuro aggiudicatario a dispetto di un consistente ribasso. Veniva altresì contestata la mancata indicazione dei costi della manodopera da parte della Stazione Appaltante così come richiesto dall’art. 23 comma 16 penultimo capoverso del Codice. Il ricorrente asseriva altresì che la Stazione Appaltante non avesse imposto agli operatori economici di valorizzare nell’offerta economica i propri costi della manodopera in disaccordo con quanto previsto dall’art. 95 comma 10 del Codice. Il ricorrente si doleva infine del fatto che nell’offerta economica andasse indicato solo il ribasso percentuale ed i costi di sicurezza aziendale mentre i costi della manodopera venivano invece indicati con il numero 0 (zero) a dispetto del fatto che gli stessi rappresentassero la voce più rilevante dell’offerta. Nella loro difesa i controinteressati sostenevano che la mancata indicazione del costo della manodopera fosse strettamente connessa alla natura del servizio oggetto di gara rientrante tra quelli avente natura intellettuale e l’appalto fosse pertanto escluso dall’applicabilità della previsione in ordine alla necessaria valorizzazione del parametro; gli stessi propendevano per l’inammissibilità dei suddetti motivi.
Relativamente a questi motivi, il collegio, preliminarmente, precisa che l’impugnazione delle clausole del bando deve essere fatta tempestivamente solo se le stesse hanno portata escludente. Le disposizioni della documentazione di gara come i criteri di valutazione che hanno natura non escludente, non precludono di partecipare alla gara alle imprese ricorrenti e divengono lesive solo a seguito dell’aggiudicazione. Non sussiste quindi l’inammissibilità delle censure prospettata dai controinteressati.
Il Tar, in accordo con quanto fatto già in altre occasioni, disattende la ricostruzione in ordine alla natura delle prestazioni a seguito di una puntuale analisi di ciascun servizio asserendo che solo uno di tre presenta caratteristiche tali da farlo assimilare ad una attività di natura intellettuale dovendosi far rientrare gli altri a pieno titolo tra quelli di natura esecutiva o routinaria e svolgibili da soggetti privi di competenze in campo informatico. Le prestazioni oggetto di appalto si compongono di attività standardizzate, inquadrabili all’interno di una organizzazione aziendale definita, difettando dell’apporto intellettuale della risorsa. L’incidenza dei servizi di natura intellettuale rappresenta nell’appalto oggetto di ricorso una piccola componente in termini economici (circa l’11%)[iii].
Il costo della manodopera, per l’effetto, avrebbe dovuto essere valorizzato dai partecipanti stimando i dipendenti con differente peso rispetto ai prestatori d’opera intellettuale ed indicando conseguentemente nell’offerta economica il relativo costo, da indagarsi nella sua composizione a seguito di una idonea attività valutativa afferente Tabelle ministeriali e Contratti Collettivi Nazionali.
Illegittima, pertanto, deve ritenersi la documentazione che ha consentito di indicare in zero il costo della manodopera.
Sulla scorta delle puntuali argomentazioni sopra esposte, è stato disposto l’annullamento del bando e della intervenuta aggiudicazione; come ulteriore conseguenza, la gara dovrà essere ribandita con correzione del vizio in ordine alla corretta riconduzione di ciascuna delle attività.
Degna di nota è la statuizione finale secondo cui, vista la natura di pubblica utilità del servizio, il contratto già stipulato con le controinteressate rimarrà in vigore in attesa dell’indizione ed aggiudicazione della nuova gara.
(i) I servizi nello specifico riguardavano:
- servizio di comunicazione verso gli utenti tramite fonia (numero di pubblica utilità 1518) e piattaforme web (piattaforme social e portale CCISS)
- servizio di rilevazione, input e monitoraggio delle notizie di infomobilità non acquisite automaticamente dal sistema informativo del CCISS;
- servizi di monitoraggio delle informazioni di traffico e dell’andamento del servizio, con creazione e taratura delle regole per l’erogazione di servizi automatici e delle configurazioni per i sistemi.
(ii) Sentenza 2986/2014 del TAR Puglia – sezione staccata di Lecce
(iii) Sulle recenti posizioni giurisprudenziali in ordine alla verifica della prevalenza dei servizi di natura intellettuale rispetto agli altri servizi oggetto di appalto, si rimanda all’articolo “Oneri di sicurezza aziendale e affidamento dei servizi di architettura e ingegneria” a firma di Irene Picardi pubblicato su Appalti e contratti – Sezione: Appalti per le imprese – in data 30 aprile 2021.
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