Cause di esclusione non automatiche e discrezionalità amministrativa

A cura di Caterina Vinci

15 Novembre 2024
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TAR Catania, sez. II, 7 ottobre 2024, n. 3300

Indice

Premessa

Le cause di esclusione dalla partecipazione a una procedura d’appalto, previste agli artt. 94 e 95 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, perseguono il precipuo interesse pubblico di salvaguardare l’integrità del sistema dei contratti pubblici, volto a garantire che la pubblica amministrazione possa concludere contratti con operatori economici affidabili.
D’altra parte, per garantire l’accesso al mercato ad un ampio novero di operatori economici è stato necessario individuare un’elencazione tassativa delle cause di esclusione al fine di rispettare il principio (ora) scolpito nell’articolo 10 del d.lgs. n. 36/2023, che sanziona con la nullità (secondo il regime previsto dall’art. 1419, co. 2 del c.c.) le previsioni di gara che introducono ulteriori fattispecie escludenti non espressamente contemplate dal dettato normativo.
È chiaro, dunque, l’intento del legislatore: garantire un non facile equilibrio tra il principio del favor partecipationis (corollario del principio di concorrenza) e la certezza dell’incorruttibilità di un sistema improntato alla tutela e alla realizzazione dell’interesse pubblico.
Proprio per le difficoltà derivanti dall’operazione di bilanciamento, se da un lato, il legislatore se ne è fatto carico individuando nell’art. 94 le precise fattispecie che danno luogo ad un’esclusione automatica degli operatori, d’altra parte ha rimesso, con l’art. 95, all’amministrazione stessa il difficile compito di valutare quando, anche alla luce del nuovo principio di fiducia, non sia possibile ritenere un operatore sufficientemente affidabile per contrattare con la stessa.
Oggi, quindi, il quadro giuridico pone non poche problematiche in termini di tutela degli operatori economici, poiché questi ultimi restano destinatari di una scelta discrezionale delle stazioni appaltanti, la cui sindacabilità è preclusa al giudice amministrativo, salvo macroscopici ed evidenti vizi della scelta effettuata. È quindi compito delle stazioni appaltanti interpretare in modo adeguato le disposizioni legislative, cogliendone la reale ratio e ispirandosi ai fondamentali principi della concorrenza, del risultato e della fiducia, principi cardine del nuovo codice degli appalti pubblici.

Il caso di specie

La ricorrente è risultata la miglior offerente nella procedura negoziata indetta per l’appalto di lavori relativi alla realizzazione di un parco giochi nel Comune di Catania.
Tuttavia, al momento della verifica del possesso dei requisiti da parte dell’amministrazione, è emerso dal certificato dei carichi pendenti che nei confronti del legale rappresentate della società ricorrente era stato chiesto il rinvio a giudizio, ai sensi dell’art. 407-bis del c.p.p., per il reato di turbata libertà degli incanti, ai sensi dell’art. 353 c.p.
Il Comune, rilevata tale circostanza, in data 26 luglio 2024 ha disposto l’esclusione della concorrente dalla procedura, motivando il provvedimento con riferimento a:
a) la particolare gravità del reato contestato e la sua idoneità ad incidere negativamente sul requisito dell’integrità e dell’affidabilità professionale del concorrente;
b) la misura cautelare disposta nei confronti dei funzionari pubblici, sottoposti alla medesima indagine penale;
c) l’art. 98 del d.lgs. n. 36/2023 che consente alle stazioni appaltanti di disporre l’esclusione di un operatore economico da una procedura ex art. 95, primo comma lett. e) qualora si accerti che l’offerente (ovvero uno dei soggetti di cui al terzo comma dell’art. 94) abbia commesso un illecito professionale grave (che può essere desumibile, ai sensi dell’art. 98, co. 2, lett. g) del d.lgs. n. 36/2023 anche dalla “contestata commissione (…) di taluno dei reati consumanti o tentati di cui al comma 1 dell’articolo 94”) tale da incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore e purché l’amministrazione dimostri con adeguati mezzi di prova le suddette circostanze.
Una volta disposta l’esclusione, la ricorrente ha proposto reclamo in data 7 agosto 2024 avverso la decisione assunta. Il Comune non ha riscontrato la suddetta istanza e ha rinnovato la procedura pubblica, ritenendo che le due offerte rimanenti non fossero convenienti sul piano economico data l’esiguità del ribasso proposto.

La decisione del TAR

In punto di diritto, la ricorrente ha mosso le seguenti censure.
In primis, la stazione appaltante avrebbe ritenuto erroneamente che la misura disposta nei confronti del rappresentante legale integrasse un’ipotesi di esclusione automatica ex art. 94 D.lgs. n. 36/2023, poiché in realtà il decreto che ha disposto il rinvio a giudizio rappresenta un’ipotesi di esclusione non automatica (ex art. 95, comma 1 lett. e), d,lgs n. 36/2023), la cui valutazione dovrebbe essere effettuata in contraddittorio con il concorrente (sul punto si riporta il parere ANAC n. 45 del 20/12/2022 e la sentenza del C.d.S., Sez. V, n. 10622 del 5/12/2022).
In secondo luogo, come si desume dai commi 7 e 8 dell’art. 98 del d.lgs. n. 36/2023, la stazione appaltante nel determinare l’esclusione di un concorrente per grave illecito professionale deve motivare adeguatamente la scelta, in particolare con riguardo alle tre condizioni indicate al comma 2 del medesimo articolo. La ricorrente eccepisce a tal riguardo la carenza di motivazione e l’assenza di una qualsivoglia attività istruttoria (esaustiva e compiuta) che abbia preceduto il provvedimento di esclusione.
Infine, la ricorrente reclama l’errato riferimento, da parte dell’amministrazione all’interno del provvedimento di esclusione, alle misure cautelari applicate ai funzionari pubblici sottoposti alle medesime indagini.
Infatti, non solo tale circostanza non rileva per la posizione del legale rappresentante, in termini di integrità e affidabilità professionale, ma è da ribadirsi che nessuna misura di garanzia è stata disposta nei confronti dello stesso e che comunque si discorre di un libero professionista e non di un pubblico funzionario.
 
Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.
 
Preliminarmente, i giudici del T.a.r. sottolineano che la fattispecie in oggetto debba essere ricondotta tra le cause di esclusione non automatica di cui all’art. 95, primo comma, lettera e) del d.lgs. n. 36/2023. 
 
Sul punto, Il Collegio ricorda che la norma soprarichiamata riconosce il dovere della s.a. di escludere dalla gara un concorrente a cui sia stato contestato un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, purché tali circostanze siano dimostrate dall’amministrazione con mezzi adeguati. A tal fine, l’art. 98 indica in modo tassativo i gravi illeciti professionali e i relativi mezzi di prova di cui deve avvalersi l’amministrazione.
 
In particolare, al secondo comma, l’art. 98 dispone che l’esclusione possa avvenire purché ricorrano le seguenti condizioni: a) elementi sufficienti a integrare il grave illecito professionale; b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6 del medesimo articolo.
 
Nel novero degli illeciti professionali gravi vengono menzionati, al comma 3, lettera g) dell’art. 98, i reati di cui al comma 1 dell’art. 94, quando commessi o tentati dagli operatori economici o dai soggetti di cui al comma 3 del medesimo articolo.
Ebbene, nell’elenco delle diverse fattispecie delittuose di cui all’art. 94 si rinviene anche il reato nella specie contestato all’operatore (art. 94, co. 1, lett. b).
Del pari, anche la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero, ex art. 407-bis, primo comma del c.p.p. costituisce, ai sensi dell’art. 98, co. 6, lett. g del c.c.p., adeguato mezzo di prova idoneo ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore economico.
 
Tuttavia, secondo il g.a., l’amministrazione non ha rispettato tutte le condizioni indicate nel secondo comma dell’art. 98 per disporre l’esclusione non automatica della ricorrente.
Al riguardo, infatti, il giudice di prime cure sottolinea che il provvedimento impugnato fornisce una motivazione scarna, per non dire apparente, all’interno della quale si afferma semplicemente che: a) la richiesta di rinvio a giudizio segue l’avviso di conclusione delle indagini preliminari; b) è stato contestato un reato che incide negativamente sul requisito soggettivo dell’integrità e dell’affidabilità professionale; c) la richiesta di rinvio a giudizio, unitamente alla misura cautelare adottata nei confronti di funzionari pubblici soggetti alla medesima indagine, costituiscono fatti specifici che fanno venir meno la fiducia e l’affidabilità dell’operatore economico.
 
Sembrerebbe che la p.a. piuttosto che una motivazione, abbia effettuato una semplice ricognizione dei fatti, senza procedere ad un alcun autonomo apprezzamento sull’idoneità dei fatti ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore. In ogni caso, secondo il giudice – sebbene la motivazione alla base del provvedimento di esclusione sia stata fornita – non risulta condivisibile il contenuto della stessa in quanto sprovvista di un requisito procedimentale essenziale che deve sorreggere ogni provvedimento amministrativo, consistente nello svolgimento di una completa ed esaustiva istruttoria in contraddittorio con l’operatore economico interessato.
Sul punto,  ricorda il T.a.r., “il legislatore ha, invero escluso ogni forma di automatismo fra i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria (ancorché di natura non giurisdizionale) e le determinazioni della stazione appaltante, con la conseguenza che, come più volte affermato dalla giurisprudenza (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, V, 19 agosto 2024, n. 3858), l’Amministrazione, nel disporre l’esclusione da una procedura di affidamento per grave illecito professionale, è tenuta ad attivare il contraddittorio procedimentale, all’esito del quale possono in ipotesi emergere circostanze tali da indurre l’Amministrazione medesima a non condividere la valutazione – preliminare, sotto un profilo processuale – del pubblico ministero”.
Pertanto, il Collegio ha accolto il ricorso ritenendolo fondato sotto tale aspetto e mettendo in luce che, qualora la stazione appaltante volesse disporre l’esclusione di un concorrente per grave illecito professionale, non è sufficiente che vi sia la presenza di uno dei mezzi di prova indicati dal comma 6 dell’art. 98, ma è necessario che venga svolta un’attività istruttoria esaustiva che indaghi sul tipo di provvedimento e sull’idoneità dello stesso a incidere sull’affidabilità del concorrente.
Oltre a ciò, viene richiesta l’attivazione di un contraddittorio con l’interessato, che lo metta nelle condizioni di fornire spiegazioni a sostegno della propria posizione (cfr. art. 3, co. 1 della l. n. 241/1990).

Brevi considerazioni conclusive

Come accennato nelle premesse, le nuove disposizioni codicistiche prevedono due tipi di cause di esclusione dalla partecipazione a una procedura d’appalto: le cause che determino un’esclusione automatica del concorrente dalla procedura; le cause di esclusione non automatiche, che richiedono alla pubblica amministrazione di effettuare una valutazione circa l’affidabilità del concorrente nonostante la sussistenza di indizi di segno contrario.
Questa seconda modalità di esclusione, prevista nell’art. 95 del d.lgs. n. 36/2023, rimettendo la decisione in capo alla stazione appaltante, ha la finalità di evitare che un concorrente venga escluso in modo automatico quando il fatto contestato, che incide negativamente sulla sua reputazione, non per forza ne fa venir meno l’affidabilità.
Si vuole quindi salvaguardare il principio del favor partecipationis degli operatori alle gare, imponendo all’amministrazione non solo di fornire adeguata motivazione sulla ritenuta idoneità delle condotte contestate ad incidere sull’affidabilità dell’operatore, ma anche di svolgere una completa ed esaustiva istruttoria con lo stesso. Qualora infatti vi siano dei pericoli relativi alla partecipazione del concorrente, sarà la stazione appaltante a doverli rilevare e motivare adeguatamente.
Del resto, lo sbilanciamento a favore del principio di massima apertura concorrenziale è confermato dal consolidato orientamento giurisprudenziale che ritiene ammissibile una motivazione anche implicita ovvero per facta concludentia qualora la s.a. decida di procedere all’ammissione ad una gara di un concorrente, non ritenendo rilevanti le pregresse vicende professionali (ex plurimis Tar Sardegna, sez. II, 29 settembre 2022, n. 629).La legge però richiede un compito complesso alle stazioni appaltanti che nel vagliare la gravità del reato devono tener conto, ai sensi dell’art. 98, comma 4 del d.lgs. n. 36/2023 “del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta e del tempo trascorso dalla violazione anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa”.  E ancora, ai sensi del settimo comma del medesimo articolo, la stazione appaltante deve motivare l’idoneità dei mezzi di prova indicati al comma 6, ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’offerente. Si tratta, quindi, di un’operazione che richiede la massima cautela alle stazioni appaltanti prima di adottare l’eventuale provvedimento di esclusione di un concorrente dalla gara.
Inoltre, all’interno di questa attività valutativa viene in rilievo il principio di fiducia, strettamente connesso al concetto di affidabilità dell’operatore economico: l’amministrazione, infatti, deve potersi fidare del futuro contraente ed il Codice dei contratti pubblici all’art. 2 accorda piena autonomia decisionale ai funzionari pubblici, in riferimento alle valutazioni volte all’acquisizione ed esecuzione di prestazioni pubbliche.
Dunque, gli artt. 95 e 98 del Codice dei contratti pubblici ripongono in capo alle stazioni appaltanti un compito delicato: si richiede infatti ai funzionari pubblici di valutare se sia opportuno o meno fidarsi di un offerente a cui sia stato contestato un grave illecito professionale tramite la verifica anche di una richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero, atto di per sé non indicativo di una colpevolezza definitiva.
 
Questa attività valutativa si svolge mediante l’esercizio di un potere ampiamente discrezionale che, in quanto tale, deve essere esercitato nel rispetto di precise garanzie procedurali, come lo svolgimento di un’istruttoria approfondita e la produzione di una motivazione esaustiva, conformemente a quanto previsto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 241/1990.
Tuttavia, spesso accade, come nel caso di specie, che le stazioni appaltanti esercitino illegittimamente i suddetti poteri discrezionali, non cogliendo la ratio sottesa alle disposizioni relative alle cause di esclusione non automatiche e finendo così per omettere un’attenta ed autonoma valutazione dei fatti e degli elementi probatori con il risultato di compromettere, anziché agevolare la partecipazione dei concorrenti. la partecipazione dei concorrenti.
Come si evince, per l’appunto, dall’art. 98, comma 2 del Codice l’esclusione per la contestazione del grave illecito professionale può avvenire solo se ricorrono tre condizioni tassative: a) elementi sufficienti a integrare il grave illecito professionale; b) l’idoneità dell’illecito ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; c) adeguati mezzi di prova atti a dimostrare le condizioni precedenti.
È, quindi, chiaro che l’esclusione di un concorrente da parte di una stazione appaltante integri una misura di extrema ratio che deve comunque essere adottata senza che vi sia altra opzione per salvaguardare l’integrità dell’interesse pubblico. In ogni caso, è pacifico che sia precluso alla p.a.  di disporre esclusioni ricorrendo ad automatismi, salvo che ciò non sia espressamente previsto dalla legge.
Tale conclusione si pone a favore non solo, come visto, del rispetto del principio del favor partecipationis,  ma anche a sostegno del principio di risultato che rileva proprio nel caso di specie, dove l’illegittimo provvedimento di esclusione, adottato nei confronti della prima graduata, ha comportato la necessità di rinnovare la procedura di gara (con conseguente perdita di importanti risorse), in quanto le rimanenti offerte sono state ritenute dall’amministrazione non convenienti in ragione dell’esiguità del ribasso offerto.
Pertanto, quando si parla di principio di fiducia verso gli operatori economici e verso le stazioni appaltanti, il Codice fa riferimento ad una ‘fiducia’ che è sempre e comunque finalizzata al pubblico interesse, per cui i casi in cui la parte pubblica è chiamata a valutare discrezionalmente l’affidabilità della parte privata deve farlo con l’obiettivo preciso di aggiudicare la prestazione, nel minor tempo possibile, ai massimi livelli qualitativi, e senza determinare esclusioni ingiuste o discriminatorie, basate su meri automatismi.

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