Caro materiali: la compensazione del prezzo è ammessa solo in presenza di un pregiudizio concreto.

Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, del 9 gennaio 2023 n. 278

Giovanni F. Nicodemo 18 Gennaio 2023
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Nell’ambito della “revisione del prezzo del contratto” e in relazione all’aumento dei costi dei materiali, l’istituto della compensazione non è inteso a riconoscere una sorta di finanziamento a fondo perduto, come sarebbe se la compensazione venisse riconosciuta a prescindere da un pregiudizio concreto subito dall’appaltatore, ma a ristorare quest’ultimo da perdite effettivamente subite.

Lo stabilisce il Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza del 9 gennaio 2023 n. 278.

Il caso

Il caso giunto all’attenzione del Consiglio di Stato si riferisce ad un appalto di lavori.

Nell’ambito dello stesso l’impresa esecutrice ha chiesto il riconoscimento della “compensazione” prevista, propriamente, dall’art. 1 del d.l. 23 ottobre 2008 n.162 in relazione all’art. 133 comma 4 del d. lgs. 12 aprile 2006 n.163 e dal pertinente decreto del Ministero delle infrastrutture 30 aprile 2009, norme ratione temporis applicabili alla fattispecie.

La decisione spiega che in un primo tempo l’istanza è stata corredata di una tabella di calcolo che esponeva un presunto credito.

Senonché l’amministrazione a fronte dell’istanza ha chiesto chiarimenti che sono stati resi dall’operatore economico mediante invio di documentazione comprovante l’effettivo incremento dei costi dei materiali.

Tuttavia, in sede giurisdizionale il T.a.r. ha ritenuto valorizzabile ai fini della compensazione una sola delle fatture presentate e per conseguenza ha riconosciuto il diritto limitatamente a tale fattura “con gli interessi di legge”.

Dello stesso avviso si è detto il Consiglio di Stato che con la sentenza in esame ha confermato la decisione del primo giudice.

La decisione

La decisione principia dall’assunto che per determinare la compensazione in aumento eventualmente dovuta, si deve procedere non in termini astratti, ma con riferimento a parametri concreti.

In più il Consiglio di Stato ha chiarito che la compensazione deve essere effettuata con riferimento a dati concreti, spettando all’impresa rimediare ad eventuali carenze della domanda e in tal senso attivarsi, poiché l’eventuale documentazione contabile di un’impresa è nella disponibilità dell’impresa stessa, e non dell’amministrazione che con l’impresa abbia concluso un qualche contratto.

Inoltre, sostengono i giudici di Palazzo Spada, è solo l’impresa interessata ad ottenere la compensazione a poter sapere quale sia la documentazione idonea a sostenere la relativa richiesta.

La decisione, pur sviluppandosi sull’interpretazione di disposizioni che ratione temporis si riferiscono alla previgente disciplina codicistica, chiarisce, in via interpretativa, l’immanenza di alcune regole non espresse ma di carattere generale ed applicabili anche alle fattispecie riconducibili alla disciplina sopravvenuta.

In particolare, chiarisce il perimetro di operatività dell’istituto e, allo stesso tempo, definisce l’onus probandi in ordine all’istruttoria che incombe in capo all’operatore economico, il quale è tenuto a dimostrare e documentare specificamente l’incremento dei costi delle materie prime impiegate nelle lavorazioni.

Su tale aspetto il Consiglio di Stato esclude in capo al RUP uno specifico potere acquisitivo, stabilendo in particolare che nel caso di incompletezza documentale non incombe in capo al responsabile di procedimento l’onere di richiedere la stessa di sua iniziativa, con la conseguenza che l’istanza dell’impresa deve fondarsi su presupposti concreti, e documentati.

 

 

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