Il cumulo alla rinfusa è quella particolare modalità di partecipazione alle procedure di gara che contraddistingue(va) i Consorzi Stabili.
Questi ultimi avevano la facoltà di “cumulare” contemporaneamente i requisiti posseduti dalle proprie consorziate, senza che rilevasse quali di queste fossero indicate quali esecutrici della specifica commessa. In altre parole, mediante lo schema del “cumulo alla rinfusa” il Consorzio aveva la facoltà di spendere requisiti ben maggiori di quelli posseduti dalle consorziate di volta in volta indicate in gara.
Si tratta ovviamente di un vantaggio di non poco conto e questo sia a beneficio del consorzio (che automaticamente poteva vantare requisiti assai ingenti senza doversi preoccupare di quali consorziate indicare nella singola gara), sia a beneficio delle consorziate meno qualificate (le quali avrebbero potuto “eseguire” commesse ben maggiori di quelle che i propri requisiti gli avrebbero consentito).
Orbene, l’art. 47 del Codice dei contratti ha subito una drastica modifica con il decreto sbocca-cantieri (D.L. 39 del 18 giugno 2019).
Il testo previgente del comma 2 dell’art. 47 riportava, infatti, la seguente formulazione: “I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.
Il testo novellato del comma 2 dispone invece “I consorzi stabili eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara […]” e il successivo comma 2 bis – di nuova introduzione – precisa che “La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati […]”.
Di recente è intervenuta una pronuncia del Tar per il Lazio che ha ritenuto non più applicabile il principio del “cumulo alla rinfusa”.
Si tratta della sentenza Tar Lazio, Sez. I bis, del 7 dicembre 2020, n.13049.
La pronuncia conclude per ritenere che il nuovo tenore della norma propende per considerare non più attuabile la sommatoria “indiscriminata” dei requisiti delle consorziate in capo al consorzio. In altri termini, i Giudici amministrativi ritengono che il passo del nuovo comma 2-bis dell’art. 47 in cui si esplicita che i requisiti devono essere valutati “in capo ai singoli consorziati” imponga che i requisiti che il consorzio stabile spende in gara possano essere esclusivamente quelli delle consorziate indicate nella specifica procedura.
La lettura della norma data dalla sentenza in commento è di sicuro ragionevole in relazione al tenore della novella, tuttavia si pongono sul tema non poche questioni di sistema.
Una su tutte è quella della stessa ratio che ha spinto il legislatore all’introduzione nel nostro ordinamento di una struttura consortile sui generis che trova la propria funzione ed il proprio scopo esclusivamente all’interno del perimetro del mondo delle commesse pubbliche. Come è noto, il grande vantaggio di detta struttura consortile nella partecipazione alle procedure di gara era proprio quella di vantare un notevole quantitativo di requisiti di partecipazione alla gara sommando automaticamente quelli di tutte le proprie consorziate. Orbene, alla luce della nuova norma sorgono non pochi dubbi sull’intrinseca utilità di una siffatta modalità aggregativa. In effetti, il dover indicare di volta in volta le consorziate esecutrici da cui si sono tratti i requisiti di partecipazione, pone il consorzio in una posizione assai più vicina a quella propria dei Raggruppamenti Temporanei di Imprese o dei consorzi ordinari. Invero, la scomparsa del “cumulo alla rinfusa” priva i consorzi stabili di una loro prerogativa essenziale che ne limita (e non di poco) l’operatività.
In buona sostanza, oggi il consorzio stabile costituisce una struttura di aggregazione che di volta in volta potrà prendere parte alle procedure ad evidenza pubblica mediante i requisiti delle sole consorziate indicate quali esecutrici, così perdendo una facoltà assai vantaggiosa e “flessibile” che era proprio quella di poter spendere tutti i requisiti delle proprie consorziate indipendentemente se queste fossero indicate quali esecutrici o meno.
Permangono ovviamente dei tratti distintivi che rendono il consorzio stabile una figura in ogni caso dotata di indubbi “vantaggi” nella partecipazione alle gare (si pensi all’assenza di qualsivoglia obbligo di indicare quote di partecipazione e di esecuzione delle varie consorziate esecutrici), tuttavia l’eclissarsi del “cumulo alla rinfusa” costituisce un vulnus all’istituto di non poco momento.
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