La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 15.02.2022, n. 1108.
La questione oggetto del giudizio riguarda una procedura di affidamento diretto esperito ai sensi della normativa derogatoria introdotta dall’art. 1 del d.l. n. 76/2020, convertito, con modificazioni nella legge n. 120/2020.
Com’è noto, detta previsione ha disposto – nella sua versione originaria – che le stazioni appaltanti procedono all’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura (inclusa l’attività di progettazione) mediante affidamento diretto per importi inferiori a € 75.000 e tramite procedura negoziata senza bando ex art. 63 del d.lgs. n. 50/2016 per assegnazioni di importo pari o superiore a € 150.000 e fino alle soglie comunitarie. Il tutto “in deroga all’art. 36, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016” (così gli artt. 1, comma 1 e 2, comma 1 del d.l.).
Si è passati, quindi, da un range di quattro modalità procedurali fino ad ora esperibili nel sotto soglia (affidamento diretto, affidamento diretto previa consultazione del mercato, procedura negoziata senza pubblicazione del bando e procedura aperta) ad uno ristretto di due (come si è visto, affidamento diretto e procedura negoziata senza pubblicazione del bando).
Il d.l. 31.05.2021, n. 77 – convertito, con modificazioni, nella legge 29.07.2021, n. 108 – ha, da ultimo, prorogato al 30.06.2023 la deroga all’art. 36 del d.lgs. n. 50/2016, disponendo altresì l’innalzamento a € 139.000 della soglia di esperibilità degli affidamenti diretti di forniture e servizi derogatori dell’art. 36.
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