BIM: il quadro normativo

La normativa regolante il BIM, o più correttamente i “metodi e strumenti elettronici specifici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture” è stata introdotta nell’ordinamento italiano con l’art. 23 del D.Lgs. 50 del 2016 (Codice dei Contratti Pubblici) e successivamente dettagliata con il Decreto Ministeriale 560 del 2017, attuativo del citato articolo.

Andrea Versolato 21 Maggio 2018
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La normativa regolante il BIM, o più correttamente i “metodi e strumenti elettronici specifici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture” è stata introdotta nell’ordinamento italiano con l’art. 23 del D.Lgs. 50 del 2016 (Codice dei Contratti Pubblici) e successivamente dettagliata con il Decreto Ministeriale 560 del 2017, attuativo del citato articolo.

Detta nuova disciplina si colloca nel solco delle novità di derivazione comunitaria, in ambito di trasparenza e semplificazione delle procedure di aggiudicazione dei lavori pubblici, ma anche rispetto ai temi della qualità e dell’innovazione nel settore dei contratti pubblici.

1. La Direttiva 2004/18/CE

Sul punto giova rammentare come già con la Direttiva 2004/18/CE venissero previste – allo scopo di ottenere una maggiore semplificazione e snellimento delle procedure oltre ad un incremento della trasparenza – le modalità elettroniche di acquisizione degli appalti pubblici, in aggiunta alle procedure tradizionali.

Dalla lettura dei principi generali contenuti nei “Considerando” della citata Direttiva, infatti, si possono rinvenire seppur in stadio embrionale, le tematiche successivamente affrontate dalla normativa sugli appalti pubblici, attualmente in vigore.

In particolare il Considerando n. 12  prevedeva, riferendosi alle modalità elettroniche d’acquisto che: “Tali tecniche consentono un aumento della concorrenza e dell’efficacia della commessa pubblica, in particolare grazie al risparmio di tempo e di danaro derivante dal loro utilizzo”, in quanto “la promozione della ricerca e dello sviluppo tecnologico costituisce uno dei mezzi per potenziare le basi scientifiche e tecnologiche dell’industria della Comunità e l’apertura degli appalti pubblici di servizi contribuisce al conseguimento di questo obiettivo” (Considerando n. 23).

2. La Direttiva 2014/24/CE

La sfida posta dal legislatore comunitario, tendente all’introduzione di una disciplina finalizzata alla promozione dell’innovazione, viene ulteriormente riproposta e meglio specificata dalla Direttiva 2014/24/CE sugli appalti pubblici, pubblicata in data 28 marzo 2014.

Detta Direttiva punta a modernizzare – perseguendo una strategia finalizzata ad una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva – il settore dei contratti pubblici, incentivando gli stati membri ad un investimento superiore sulla qualità delle offerte e delle gare.

La visione strategica del legislatore comunitario è tesa al raggiungimento un mercato unico partendo dal presupposto che la crescita e l’occupazione si sviluppino in spazi commerciali ben collegati, dove la concorrenza e l’accessibilità possano stimolare l’attività imprenditoriale e l’innovazione.

La centralità della tecnologia, tra gli strumenti necessari per il raggiungimento della crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” propugnata dalla strategia Europa 2020, si può cogliere, altresì, dalla lettura del Considerando n. 47, il quale stabilisce che: “La ricerca e l’innovazione, comprese l’eco-innovazione e l’innovazione sociale, sono uno dei principali motori della crescita futura e sono state poste al centro della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Le Autorità pubbliche dovrebbero utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimo-lare l’innovazione. L’acquisto di prodotti, lavori e servizi innovativi svolge un ruolo fonda-mentale per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e nello stesso tempo affrontare le principali sfide a valenza sociale.”

E’ tuttavia con il Considerando 52 della Direttiva che meglio si palesa l’intento del legislatore comunitario di puntare sui mezzi elettronici di informazione e comunicazione per “accrescere l’efficacia e la trasparenza delle procedure di appalto” (Considerando 52).

Il citato principio generale viene ulteriormente declinato con l’art. 22 Direttiva 2014/24/CE rubricato “Regole applicabili alle comunicazioni” con il quale nel prevedere per gli Stati Membri la possibilità di richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, si stabilisce che gli strumenti e i dispositivi da utilizzare per comunicare per via elettronica, abbiano carattere non discriminatorio, siano comunemente disponibili e non limitino l’accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione.

Il legislatore, infine, con il comma 4 dell’art. 22 dispone che: “gli Stati membri possono richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici, quali gli strumenti di simulazione elettronica per le informazioni edilizie o strumenti analoghi”, tra i quali può sicuramente essere ricompreso il BIM. Detta norma si limitava, tuttavia, a prevedere una mera possibilità di richiedere l’utilizzo di strumenti elettronici – nella traduzione italiana peraltro eliminando l’espresso riferimento alla modellazione – senza renderli obbligatori.

3. Il D.Lgs 50 del 2016 (Codice dei Contratti Pubblici)

Con l’entrata in vigore del D.Lgs 50 del 2016, di recepimento della summenzionata Direttiva, come anticipato, il legislatore italiano pone le basi del percorso di elaborazione di nuove norme, in grado di innovare ed integrare le precedenti disposizioni in materia di digitalizzazione.

Sul punto va detto che ad oggi, a più di due anni dall’entrata in vigore del nuove Codice dei Contratti Pubblici, non è stato ancora condiviso il decreto di cui all’art. 44 del D.Lgs 50 del 2016, che definirà le modalità di digitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici, né varate le disposizioni attuative relative alla qualificazione delle stazioni appaltanti, provvedimenti evidentemente centrali, per una definizione della materia in esame.

Prendendo le mosse dall’esigenza – espressa nella Legge Delega n. 11/2016 – di valorizzare la fase progettuale anche per mezzo del progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione elettronica e informativa per l’edilizia e le infrastrutture, con l’articolo 23 comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici, si codifica per la prima volta, la possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere l’utilizzo della “metodologia” BIM.

Il legislatore nazionale, rispetto a quanto previsto dall’art. 22 comma 4 della Direttiva 2014/24/CE, infatti, estende l’introduzione obbligatoria non solo agli strumenti ma anche ai “metodi”, ciò al fine di rimarcare la complessità della metodologia BIM, ma anche presumibilmente la necessità di acquisire nuove competenze da parte del comparto delle costruzioni.

Nel contesto di un percorso generale di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e dell’intera filiera delle costruzioni, le Stazioni Appaltanti, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 50 del 2016, potranno facoltativamente richiedere l’uso dei metodi e strumenti elettronici specifici, per le nuove opere nonché per interventi di recupero, riqualificazione o varianti, prioritariamente per i lavori complessi; trattasi, pertanto, di una graduale apertura del mercato ai metodi e strumenti specifici, che a tutt’oggi non sono generalmente diffusi tra gli operatori.

L’art. 23 comma 13 individua, ancora, le caratteristiche che devono possedere gli strumenti elettronici specifici: gli stessi utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati di file aperti e non proprietari, con l’evidente scopo di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie. Si prevede inoltre quale precondizione per l’uso dei metodi e strumenti elettronici, la presenza nelle stazioni appaltanti di personale adeguatamente formato.

4. Il Decreto Ministeriale 1 dicembre 2017, n. 560.

Sulla base del presupposto contenuto nella citata disposizione normativa, che investiva le stazioni appaltanti e le amministrazioni concedenti della progressiva introduzione della obbligatorietà dei metodi e degli strumenti elettronici per la modellazione e per la gestione informativa, in data 12.01.2018 è stato pubblicato il Decreto Ministeriale 1 dicembre 2017, n. 560, d’attuazione del medesimo articolo.

Come evidenziato dalla “Relazione di Accompagnamento” al DM 560, il medesimo:

  • propone al comparto dei lavori pubblici la modellazione e la gestione informativa come fattori di accrescimento del sistema delle convenienze, per mezzo di un’implementazione graduale ma anche grazie ad una progressiva maturazione culturale, in modo da lasciare comunque impregiudicato il ruolo delle imprese;
  • punta all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese e dei professionisti che potranno operare in un contesto internazionale a trazione digitale;
  • rappresenta uno degli interventi finalizzati al raggiungimento di una migliore qualità dei progetti e delle opere, criterio ispiratore del D.Lgs. 50 del 2016;
  • mira attraverso la digitalizzazione dei processi, ad una sempre maggiore trasparenza ed efficienza dell’intero comparto dei lavori pubblici.

Il Decreto in esame, definisce le modalità e i tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei metodi e degli strumenti elettronici specifici, individuando altresì il campo di applicazione degli stessi; si precisa infatti che l’utilizzo dei medesimi si estende a tutte le fasi di un’opera, dalla programmazione alla gestione, ivi comprese le attività di verifica.

Vengono introdotte, inoltre, una serie di definizioni, in parte già contenute nel Codice dei contratti pubblici, in parte inedite.

Tra quest’ultime rientra la definizione di “ambiente di condivisione dei dati”, peraltro analoga a quella prevista dalla Norma UNI11337-1, di estrema rilevanza, considerata la centralità di detto ecosistema digitale per la metodologia BIM.

Parimenti degno di nota è sicuramente il disposto dell’art. 3.

Con detta norma vengono stabilite le condizioni – che debbono sussistere contemporaneamente – affinché le Stazioni Appaltanti possano utilizzare i metodi e gli strumenti di cui all’articolo 23, comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici (piano di formazione del personale, piano di acquisizione o di manutenzione degli strumenti hardware e software, atto organizzativo che espliciti il processo di controllo e gestione, i gestori dei dati e la gestione dei conflitti).

Il nucleo fondante del provvedimento in esame, è costituito, tuttavia, dal cosiddetto “Capitolato”, declinato dall’art. 7 del DM 560, coincidente con il “Capitolato Informativo” già previsto dalla norma UNI 11337, grazie all’attribuzione alla stazione appaltante – attraverso la redazione del medesimo – del ruolo di soggetto determinante del procedimento in materia di modellazione e di gestione informativa.

Come anticipato il DM all’art. 6, detta le scadenze temporali dell’obbligatorietà sulla base degli intervalli di importi posti a base di gara e della sussistenza della natura di complessità dei lavori, a partire dal 1° gennaio 2019, per i lavori complessi relativi a opere di importo a base di gara pari o superiore a 100 milioni di euro, per poi arrivare dopo ulteriori steps intermedi per importi minori, fino alle opere di importo inferiore a 1 milione di euro, per le quali il termine decorre dal 1° gennaio 2025.

A mente, tuttavia, di quanto previsto dall’art. 5, rubricato “Utilizzo facoltativo dei metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”, a decorrere dal 28.01.2018, le stazioni appaltanti, purché abbiano adempiuto agli obblighi di cui al succitato art. 3, potranno richiedere l’uso dei metodi e degli strumenti elettronici per le nuove opere nonché per interventi di recupero, riqualificazioni o varianti.

Va segnalato, infine, che gli operatori della domanda pubblica e dell’offerta privata potranno essere supportati, sulla materia de qua, in termini di formulazione di criteri di indirizzo e di misure operative, dalla Commissione di Monitoraggio contemplata dall’art. 8, alla quale è delegato altresì il compito di tenere sotto osservazione il livello di attuazione e implementazione dei metodi e degli strumenti specifici.

Pur non prevedendo una disciplina puntuale della materia in esame né contenendo indicazione operative, il DM 560 del 2016 si pone a tutti gli effetti come un provvedimento innovativo, non solo per il panorama nazionale, ma altresì come un precedente a livello comunitario, in termini di estensione dell’obbligatorietà dei metodi e degli strumenti citati.

Ciò posto, fermo restando la funzione della pubblica amministrazione di declinare e meglio specificare in termini cogenti, i principi generali posti dalla normativa in esame, i medesimi non si potranno, evidentemente, sottrarre – come peraltro emerso in sede di consultazione pubblica sul DM 560 – ad un necessario confronto con le norme UNI 11337, aventi ad oggetto la gestione digitale dei processi informativi delle costruzioni.

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