Il piano di acquisizione e manutenzione degli strumenti hardware e software quale condizione per l’utilizzo del BIM

a cura di Mario Caputi e Alessio Bertella

7 Dicembre 2018
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a cura di Mario Caputi e Alessio Bertella

1. Introduzione: l’importanza di un piano di acquisizione

 Il processo di digitalizzazione che sta alla base delle recenti evoluzioni nelle metodologie di lavoro di comunicazione e condivisione dei dati nell’ambito della filiera delle costruzioni è supportato dalla introduzione di tecnologie software e hardware che stanno rivoluzionando le modalità di lavoro tradizionali.

Gli ambiti di applicazione di queste tecnologie spaziano dal campo della progettazione a quello delle costruzioni fino ad arrivare alla gestione e manutenzione. Il comun denominatore di queste soluzioni, anche molto diverse fra loro per campo di applicazione, è quello della integrazione delle informazioni in un’ottica di interoperabilità che porti alla gestione di grosse quantità di dati evitando ridondanze e duplicazioni. Tutto ciò per ottenere una maggior efficacia e qualità nella produzione, nella trasmissione e condivisione delle informazioni per supportare tutti i processi decisionali.

Contestualmente all’adozione di nuovi e più performanti software che sempre più spesso fanno anche ricorso a tecnologie in “cloud”, si devono adattare e far evolvere anche le infrastrutture hardware a supporto.

Diventa così imprescindibile, per chi voglia affrontare un percorso di migrazione verso tecnologie e modalità di lavoro innovative basate sul BIM, valutare attentamente il processo di acquisizione di software e hardware da inserire nel proprio ambiente di lavoro.

Un processo di acquisto, se ben strutturato, segue una metodologia ormai standard spesso accompagnato da un processo di cambiamento (change managementi) nel quale oltre ai costi si debbo valutare altri criteri cosiddetti “soft” e miranti soprattutto all’accettazione dei nuovi strumenti da parte degli operatori aziendali.

Ed infatti anche a livello normativo, il DM 560/17, il cosiddetto “Decreto BIM” che introduce l’obbligatorietà dell’adozione di metodi e strumenti elettronici nella conduzione degli appalti pubblici in Italia a partire dal 2019, vincola le Stazioni Appaltanti a dotarsi, tra le atre cose, di un: piano di acquisizione o di manutenzione degli strumenti hardware e software di gestione digitale dei processi decisionali informativi, adeguati alla natura dell’opera, alla fase di processo e al tipo di procedura in cui sono adottati (Art.3 lettera c) a conferma dell’importanza di questo fattore, insieme ad una formazione adeguata e un atto organizzativo a supporto dell’adozione di metodi e processi.

 

2. Panorama dell’offerta: i software tipici

Volendo fare chiarezza su quali e quante siano le tipologie software a disposizione di una commessa digitale, potremmo cominciare col classificarle per tipologia, tenendo presente i possibili campi di applicazione in ambiti anche trasversali alle “discipline” della filiera.

Una suddivisione plausibile potrebbe essere:

Authoring: strumenti di modellazione tridimensionale parametrica che creano i componenti del progetto. Ogni oggetto viene inserito, descritto e progettato in termini di geometria (BIM 3D), caratteristiche, collocazione e correlazione reciproca. Sono i software che generano il patrimonio informativo sotto forma di un database relazionale e che hanno rivoluzionato le modalità di progettazione introducendo il concetto di modello virtuale dell’opera;

Processo: strumenti per la gestione ed utilizzo dei dati e delle informazioni contenute nei modelli per altre attività: pianificazione (BIM 4D), computo (BIM 5D), calcolo strutturale, analisi energetiche e di sostenibilità (BIM 6D), Facility Management (BIM 7D), ecc., ovverosia tutti quei software che comunicando con i software di Authoring estrapolano e rielaborano informazioni per i più disparati scopi;

Validazione e controllo: strumenti che consentono, attraverso la visualizzazione e la «navigazione intelligente» attraverso i modelli, di validare i dati, effettuare controlli di interferenze e/o sulla base di regole preventivamente implementate (Model and Code checking). Queste sono soluzioni molto potenti che garantiscono qualità e consistenza dei database informativi e consentono molte operazioni di coordinamento interdisciplinare.

Piattaforme di collaborazione: strumenti che consentono il coordinamento e la collaborazione fra «gli attori» dei processi di una commessa, collettori unici ed esclusivi dello scambio e utilizzo delle informazioni legate ad un progetto nell’ambito delle costruzioni. Alcune di queste piattaforme possono essere di tipo prettamente operativo, finalizzate alla condivisione dei modelli informativi e alla collaborazione interdisciplinare; altre invece sono più complesse e caratterizzate da forte integrazione interdisciplinare capacità di automatizzare workflow approvativi di modelli, documenti ed elaborati, sono ascrivibili alla categoria dei Common Data Environement (CDE).

 

3. Panorama dell’offerta: i l’hardware

L’hardware utilizzato per il BIM si adatta al tipo di software ed in particolare alle esigenze grafiche e di calcolo. Spesso le software house consigliano e pubblicano sui siti aziendali la certificazione di schede grafiche adatte all’utilizzo di determinati software, un’analisi più approfondita può ottimizzare i costi e le prestazioni della postazione di lavoro. Appare pertanto necessario bilanciare l’hardware alle reali necessità e poiché l’evoluzione dei software sta portando sempre più tecnologie su cloud, sono quindi necessarie competenze di networking ed infrastrutturali e piani ICT mirati alle tecnologie in uso.

Alcuni software, inoltre, permettono di lavorare contemporaneamente sul singolo modello a più progettisti che operano in postazioni diverse. Ciò obbliga ad analizzare in primis dove la parte server (i dati del modello) sono fisicamente ubicati, secondariamente a garantire a tutti i progettisti l’accesso al dato del modello con la stessa QoS (qualità del servizio). Questa analisi deve tener conto anche della location da cui avvengono gli accessi client dei progettisti, non sempre queste postazioni di lavoro hanno ampiezza di banda sufficiente e quindi in questi casi possono essere penalizzati.

È necessario in fase progettuale valutare se sia meglio posizionare la parte server di questi software in un “datacenter” esterno, che possa garantire una maggiore fruibilità del proprio “datacenter” interno.

L’utilizzo di servizi cloud concentra l’attenzione sulla qualità dei fornitori di questi servizi e sugli SLA (Service level agreement) minimi; va posta particolare attenzione a piani fruibilità del dato su cloud, linee di connessione e posizionamento del dato.

 

4. Panorama della domanda: campi di applicazione

In linea di principio ogni operatore che adotti metodologie BIM dovrebbe conoscere il panorama dell’offerta per poi scegliere quelle che meglio si adattano alla propria attività.

Risulta evidente che qualunque soggetto che abbia a che fare con la progettazione debba utilizzare principalmente di software di authoring per la produzione dei modelli informativi e poi possa avere la necessità di integrare la propria dotazione con strumenti di model and code checking.

In funzione della dimensione della società, o dello studio professionale, poi potranno essere utilizzati e quindi implementati uno o più strumenti specifici per le varie discipline progettuali (Architettura, Strutture, Impianti, Infrastrutture) così come piattaforme di coordinamento progettuale.

L’ infrastruttura hardware va poi adeguata alla dimensione aziendale in termini di postazioni diversificate per tipologia, di configurazione della rete interna e delle interfacce con l’esterno e alle necessità in termini di sicurezza, protezione e salvaguardia dei dati.

Diversa è invece la posizione di una stazione appaltante, sia essa pubblica o privata, la quale probabilmente avrà una maggior necessità di implementare strumenti per il controllo e la validazione dei contenuti informativi con la conseguenza di avere la necessità di acquisire soluzioni per il model & code checking e piattaforme di collaborazione. Di particolare importanza, per la stazione appaltante pubblica, è poi la necessità di dotarsi di uno strumento che consenta l’attivazione di un CDE per gestire gli appalti, cosi come previsto dal DM 560 stesso. Al di là dell’imposizione legislativa, un organismo che funge da stazione appaltante dovrà sempre dotarsi di un efficiente ambiente di condivisione dati (ACDat, come viene denominato dalla UNI 11337) che è lo strumento fondamentale per la gestione ed il controllo della commessa in tutte le sue fasi.

Un costruttore o una società di contraente generale avrà esigenze ancora differenti. Dovendo usare il modello BIM in cantiere (“BIM to Field”), avrà la necessità di strumenti di processo per gestire il cronoprogramma dei lavori, la stima delle quantità, l’avanzamento del cantiere, il giornale di cantiere; inoltre dovrebbe dotarsi di strumenti hardware per il rilievo, per il posizionamento e per collegare le macchine da cantiere con le tecnologie GIS.

Una società che si occupa invece di gestione e manutenzione di beni immobiliari avrà interesse a dotarsi di tecnologie digitali che integrino gli attuali sistemi CAFM/CAM per l’automazione di tutte quelle operazioni periodiche, ordinarie e straordinarie di manutenzione. sfruttando le modellazioni utilizzate per la progettazione e costruzione, integrate con le informazioni nate a valle del processo costruttivo (modelli “as built”).

Procedendo con questa logica si intuisce come, per la domanda potenziale verso software e hardware coerenti con il BIM sia molto variegata e comprenda tutti gli operatori di filiera, anche quelli non espressamente citati. Una domanda composita che va formata e che deve comprendere la necessità di combinare in modo opportuno le varie tipologie di offerta, ancorandone le scelte ai propri obbiettivi e alle proprie attività “core”.

Questo comporta seguire un processo di acquisizione strutturato e il cui termine (la scelta finale) sia misurabile con criteri oggettivi.

 

5. Il Processo di acquisizione (“sourcing strategico”)

Il piano di acquisizione deve fornire risposte su due ambiti:

  1. La documentazione contrattuale necessaria. Ogni operatore deve adeguare i propri capitolati, la contrattualistica e le procedure al BIM. Non è un’attività di poco conto (anzi) ed occorre dedicarvi tempi adeguati utilizzando professionisti esperti. La documentazione contrattuale può riguardare capitolati informativi e bandi di gara, offerte e piani di gestione informativa, manuali di qualità, procedure di progettazione, costruzione e/o direzione lavori, ecc..
  2. La scelta del fornitore acquisire. Questo aspetto è di fondamentale importanza e nel nostro Paese viene spesso e volentieri tralasciato. A parte le più grandi realtà aziendali, la stragrande maggioranza degli operatori di filiera si affidano a pratiche di acquisto cosiddette “tradizionali”, legate quasi sempre agli stessi fornitori, a capitolati poco innovativi, a pratiche “familiaristiche”, a scelte basate solo sul costo più basso. Queste abitudini causano termini e condizioni subottimali, impediscono la ricerca di collaborazioni a lungo termine con i fornitori e soprattutto “cementano” situazioni stantie che stridono con i bisogni dell’innovazione. Noi consigliamo un approccio più strategico e a lungo termine.

La rivoluzione digitale impone infatti una decisa “accelerazione” a chi voglia competere con successo e questo richiede una cultura aziendale orientata all’innovazione e che permette l’errore/la sperimentazione. Occorre porsi l’obiettivo di instaurare relazioni di collaborazione a lungo periodo con i fornitori migliori o con quelli più coerenti alla cultura aziendale per facilitare la generazione ed implementazione dell’innovazione in azienda.

Scriveva Albert Einstein: “Non possiamo risolvere i nostri problemi usando lo stesso tipo di comportamento che abbiamo avuto quando li abbiamo creati”. Nella prassi vigente si negozia invece con i fornitori mirando solo ad ottenere il prezzo migliore e questo è esattamente quello che non si deve fare quando si tratta invece di “esplorare nuovi mondi” o “permettere una cultura dell’errore”. Instaurare un processo strategico vuol dire lavorare per far evolvere i fornitori in partner strategici, abbattendo i vecchi silos per imparare a lavorare con team multidisciplinare.

Un processo di acquisizione strategico si compone pertanto di una serie di attività:

  1. Comprendere i bisogni del business (es. degli utilizzatori finali del software);
  2. Analizzare il mercato dell’offerta mirando ad allargarne il panorama (questo è il punto critico, spesso sostituito dalle pratiche “familiaristiche” di cui sopra);
  3. Definire la strategia di acquisto, definire i criteri di scelta ed ottenere l’approvazione de decisori aziendali;
  4. Incontrare i fornitori prescelti, studiare le loro offerte e negoziare con loro per formalizzare l’accordo.

Un processo siffatto dura qualche settimana. Occorre dedicarci tempi e risorse umane e finanziarie. Ma è l’investimento per l’innovazione e sarebbe un peccato sprecarne l’occasione.

6. I criteri di valutazione

La valutazione dei fornitori e delle loro soluzioni diventa oggettiva se basata su criteri specifici e pesati in base alle esigenze degli utilizzatori.

La Fig. 1 presenta una griglia di valutazione solitamente utilizzata nella selezione di pacchetti software.

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Figura 1: – Griglia di Valutazione delle Offerte

Pertanto, il processo di valutazione dei fornitori deve basarsi su:

  1. Profilo del fornitore, con l’obiettivo di comprenderne la stabilità economico-finanziaria, le sue principali referenze, la sua visione strategica di medio-lungo periodo. In particolare va valutato anche il sistema di licensing, modalità di gestione della o delle licenze di utilizzo Non si tratta di un criterio da sottovalutare, soprattutto quando il numero dei possibili utenti è superiore alle licenze acquisite o per esempio dove sussistano particolari esigenze logistiche (si pensi ad una soluzione di licenza che necessiti di una connessione internet in un luogo, per esempio un cantiere, non adeguatamente coperto dai servizi di rete);
  2. Attitudine del fornitore alla partnership, con l’obiettivo di verificare la sua aderenza alla visione e strategia a lungo termine di chi compra nonché ai termini e alle condizioni contrattuali, includendovi livelli di servizio e di supporto post-vendita. La qualità del servizio di supporto è fondamentale per i “neofiti” ed occorre saper valutarne efficienza, frequenza di aggiornamento, operatività e tempistiche di risoluzione dei problemi Spesso questi servizi sono a pagamento, ma se efficacemente utilizzati sono in grado di contribuire alla massimizzazione delle prestazioni e della produttività di quanto implementato.
  3. Specifiche funzionali, impatto sull’hardware e costo, con l’obiettivo di verificarne l’aderenza alle esigenze espresse e il costo totale. In particolare, occorre valutare l’adeguatezza delle prestazioni alla dimensione e complessità delle informazioni da produrre/gestire.
  4. Capacità di implementazione della soluzione offerta, con l’obiettivo di testare i suoi processi di formazione, affiancamento e supporto e i suoi sistemi di installazione e di implementazione. In particolare, occorre valutare il tempo di implementazione/formazione. Spesso le maggiori diseconomie si hanno scegliendo software molto difficili da configurare e/o per i quali non è stata prevista una formazione sufficiente per sfruttarne al massimo le potenzialità, con il rischio di un effetto scoraggiamento/abbandono che vanifica lo sforzo economico profuso.

A tutti i criteri elencati nella griglia di valutazione va attributo un peso percentuale (frazione di 100%) in modo da poter assegnare in modo oggettivo a tutte le offerte ricevute un punteggio allineato alle priorità che si intendono perseguire e creare una lista finale (shortlist) dalla quale selezionare il fornitore prescelto.

Tutto quanto detto è frutto di esperienze acquisite nel tempo e su tavoli multidisciplinari. La corretta definizione ed applicazione di un processo formale di acquisizione di software e hardware, secondo i dettami del DM 560 non è un’attività da sottovalutare e va condotta spesso in tandem: cliente ed esperto/consulente.

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