La III Sezione del T.A.R. Lazio, Roma, con sentenza n. 3929 del 1 aprile 2021, ha cautamente ammesso la possibilità di fare ricorso al cd. avvalimento “premiale”, purché ricorrano specifiche condizioni.
La pronuncia fa seguito a quella di poco precedente della V Sezione del Consiglio di Stato, n. 2526 del 25 marzo 2021, che aveva già tentato una ricostruzione dell’istituto, al fine di superare incertezze e contrasti giurisprudenziali.
L’avvalimento si definisce premiale “premiale”, ad avviso della giurisprudenza, quando il prestito dei requisiti da parte dell’impresa ausiliaria è volto al riconoscimento di un punteggio maggiore nella valutazione dell’offerta tecnica. Si differenzia così dall’avvalimento “puro”, che riguarda il caso in cui il prestito dei requisiti sia volto a consentire la partecipazione alla gara di un soggetto che ne sia privo, nell’ottica dei principi di concorrenzialità e di favor participationis.
La sentenza del Consiglio di Stato, nota anche al T.A.R. Lazio e richiamata nonostante sia stata resa appena pochi giorni prima, non nega che la concreta funzione del contratto di avvalimento, che ne fonda la meritevolezza sul piano civilistico e la legittimità sul piano pubblicistico, «si specifica in relazione alla sua chiarita attitudine a dotare un operatore economico (che ne fosse privo) dei requisiti economico-finanziari, delle risorse professionali e dei mezzi tecnici “necessari per partecipare ad una procedura di gara”».
Tale finalità è coerente con le origini dell’istituto nella giurisprudenza comunitaria, che lo aveva inizialmente ammesso proprio nel caso in cui la concorrente non possedesse da sola la qualificazione necessaria per partecipare all’appalto (cfr. CGCE, 14 aprile 1994, C-389/92, Ballast).
In ciò risiederebbe anche la ratio del divieto di avvalimento “premiale”, risultando dirimente la circostanza che il concorrente debba essere privo dei requisiti che gli vengono prestati dall’impresa ausiliaria. In caso contrario, infatti, sarebbe venuta meno la funzione proconcorrenziale dell’avvalimento, che si sarebbe trasformato in un mero artificio per incrementare il punteggio attribuito all’offerta tecnica, non aggiungendo alla stessa nulla di concreto.
È proprio dalla concretezza dell’apporto fornito dall’ausiliaria, però, che sia il Consiglio di Stato che il T.A.R. Lazio, pur nella consapevolezza della funzione dell’istituto, riconoscono degli spazi anche per il cd. avvalimento “premiale”, da ritenere non del tutto escluso alla luce del dictum dell’art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50/2016.
Infatti, quando l’apporto dell’impresa ausiliaria sia concreto – e consista cioè nel prestito di mezzi, attrezzature, risorse e personale – è evidente che la valutazione dell’offerta debba tener conto di ciò nell’attribuzione dei relativi punteggi, «nella prospettiva di una effettiva messa a disposizione della stazione appaltante».
Al contrario, deve continuare ad essere escluso l’avvalimento “premiale” relativo al prestito delle esperienze pregresse dell’ausiliaria. Quest’ultimo, infatti, davvero si rivelerebbe soltanto un escamotage per l’incremento del punteggio dell’offerta tecnica, in spregio al principio di par condicio tra i concorrenti. Al maggiore punteggio, infatti, non corrisponderebbe una “reale ed effettiva” maggiore qualificazione.
Tra gli orientamenti in materia di avvalimento “premiale”, dunque, le pronunce del Consiglio di Stato e del T.A.R. Lazio non sposano né quello sostanzialmente più permissivo e generalmente favorevole (cfr. C.G.A.R.S., sez. I, 15 aprile 2016, n. 109) né per quello più rigido e preclusivo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2020, n. 1881). Le due sentenze optano, invece, per una posizione intermedia, escludendo l’avvalimento “premiale” quando il prestito riguardi soltanto requisiti soggettivi o curriculari e ammettendolo in caso di avvalimento “operativo” volto al concreto prestito di mezzi, risorse e personale.
Infatti, come sottolineato dal T.A.R. Lazio, quando il contratto di avvalimento sia utilizzato per qualificare in termini sostanziali l’offerta tecnica, ad esempio perché consente l’inserimento di personale dotato di specifica professionalità nel gruppo di lavoro della concorrente, vengono meno le ragioni stesse del divieto: non si tratterebbe, infatti, di «una astratta attribuzione di un titolo o di esperienze pregresse dell’ausiliaria tale da risolversi nell’indebito riconoscimento di un mero punteggio incrementale per le ausiliate» ma di un apporto concreto. Stante il maggiore apporto in termini di personale (o di mezzi e risorse) che viene fornito alla stazione appaltante, del tutto legittimo è quindi l’incremento del punteggio raggiunto.
Appare decisiva la considerazione che tale risultato avrebbe potuto essere raggiunto anche mediante altre forme contrattuali, la cui legittimità sarebbe stata indubbia. È condivisibile, quindi, quanto affermato dal T.A.R. Lazio. secondo cui risulta ininfluente che tale risultato sia stato raggiunto mediante un contratto definito di “avvalimento” o mediante altre forme contrattuali, come ad esempio un contratto di distacco di dipendenti, dovendosi guardare al profilo sostanziale e non a quello meramente formale.
In definitiva, le due pronunce vanno salutate con favore, non ammettendo tout court l’avvalimento “premiale” e non stravolgendo così la ratio dell’istituto, di cui si mostra ampia consapevolezza, ma consentendo soltanto che l’effettivo prestito di mezzi e risorse venga valutato per quello che è, a prescindere dalla qualificazione formale del contratto.
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