Consiglio di Stato, sez. III, 20 marzo 2023, n. 2797
L’art. 51, comma 4 Codice dei contratti pubblici costituisce una deroga all’ordinaria regola della aggiudicazione separata dei lotti in cui è suddiviso l’appalto, ed impone all’Amministrazione esclusivamente di indicare preventivamente, oltre ai lotti che possono essere associati, «le modalità mediante cui effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti», ma non impedisce l’inserimento di una clausola che imponga la «rimodulazione» al ribasso del prezzo in caso di aggiudicazione dei più lotti associabili.
Il caso di specie
L’ambito della sentenza in esame, decisa dal Consiglio di Stato, è quello degli appalti per la fornitura di farmaci al servizio sanitario regionale.
In particolare, veniva bandita una gara (suddivisa in tre lotti: 17, 18 e 19) per la fornitura di farmaci per il trattamento dell’infezione cronica da virus contro l’epatite C per le aziende sanitarie della Regione Veneto, per l’Azienda per i servizi sanitari di Trento e per il comprensorio sanitario di Bolzano.
Il disciplinare di gara, in base ad un parere dell’AIFA, che dichiarava l’equivalenza terapeutica nella misura del 60% della quota di fabbisogno totale degli (unici) due farmaci presenti sul mercato (“Epclusa” e “Maviret”), veniva strutturato come segue: un lotto (n. 17) – destinato a coprire il 60% del fabbisogno totale – sarebbe stato aggiudicato in base all’offerta concorrenziale (al prezzo più basso) offerto dalle (due) imprese rispettivamente titolari dei farmaci sopra indicati. Il lotto 18, invece, sarebbe stato riservato all’acquisto in esclusiva (per la quota del 20%) di uno dei due farmaci (a tale lotto, ovviamente, avrebbe potuto partecipare solo l’operatore economico che commercializzava detto farmaco).
Anche il restante 20% del fabbisogno (riferito al lotto 19) sarebbe stato riservato all’acquisto in esclusiva, ma dell’altro preparato (pure in questo caso, al lotto relativo, avrebbe presentato offerta solo l’azienda titolare della sua commercializzazione).
Dunque, il disciplinare di gara prevedeva un lotto in competizione (per l’attribuzione del 60% della fornitura), da aggiudicarsi in base al prezzo più basso offerto dalle aziende titolari dei farmaci dichiarati (in buona parte) equivalenti, e due lotti (di pari entità) con acquisto in esclusiva, in base ai quali l’Amministrazione avrebbe affidato la commessa, quanto al 20%, all’impresa titolare del farmaco “Epclusa” e, per il restante 20%, all’impresa titolare dell’altro preparato (nel caso dei lotti in esclusiva, il prezzo praticato – offerto in gara – sarebbe stato quello concordato dalle aziende con l’AIFA).
Alla gara partecipavano, ovviamente, solo le due aziende titolari dei rispettivi farmaci, le quali presentavano offerte per i rispettivi lotti in esclusiva (nn. 18 e 19) e per il lotto n. 17 (in concorrenza). In relazione a tale lotto, le stesse presentavano il medesimo prezzo unitario (per trattamento terapeutico), con la conseguenza che la stazione appaltante, in conformità alla legge di gara, chiedeva un’offerta migliorativa.
Tuttavia, entrambi gli operatori economici confermavano la loro offerta.
Di conseguenza, a seguito del sorteggio delle offerte prime “a pari merito”, una delle due aziende risultava aggiudicataria, oltreché del lotto in esclusiva, anche del lotto in concorrenza n. 17.
Avverso l’affidamento insorgeva, a questo punto, l’altra azienda concorrente, deducendo tre ordini di censure, destinate a contestare sia l’aggiudicazione del lotto n. 17 sia gli atti presupposti e, in particolare, il disciplinare di gara.
Con il primo motivo, in sostanza, veniva censurata la mancata possibilità di accedere a uno solo o a entrambi i mercati per la fornitura del prodotto (il bando prevedeva la possibilità di presentare l’offerta per il lotto in esclusiva solo presentando, nello stesso tempo, un’offerta per quello in concorrenza) e, comunque, di farlo non potendo determinare le offerte in modo indipendente (essendo legati, gli operatori, alla clausola del disciplinare che prevedeva la regola per cui il prezzo praticato nel lotto in concorrenza, qualora aggiudicato, sarebbe stato applicato anche al lotto in esclusiva).
Con il secondo motivo, invece, l’impresa ricorrente riteneva che l’obiettivo di far conseguire alle stazioni appaltanti le maggiori economie di scala, che sarebbero derivate dall’aggiudicazione di più lotti associati a un singolo concorrente, avrebbe dovuto essere perseguito senza alcun pregiudizio per gli interessi e la libertà di scelta degli operatori economici, i quali avrebbero dovuto conservare la possibilità di concorrere separatamente e in maniera autonoma per i lotti di proprio interesse.
Infine, con il terzo motivo di ricorso, veniva contestata la scelta (sempre operata dal disciplinare) di applicare, quale criterio di aggiudicazione del lotto n. 17, il prezzo più basso.
A detta dell’istante, le offerte di prodotti per tale lotto, non essendo omogenee (l’equivalenza essendo pertinente solo per il 60% del fabbisogno complessivo secondo il parere dell’AIFA), non presentavano caratteristiche tali da poter legittimare l’uso del criterio del minor prezzo, atteso che (peraltro) i due operatori avevano raggiunto con l’AIFA accordi di diverso contenuto (circa le condizioni di rinegoziazione del prezzo e di rimborsabilità dei rispettivi farmaci in caso di fallimento della terapia), i quali avrebbero inciso sulla effettiva convenienza economica della gara.
La decisione del TAR e del Consiglio di Stato
Per quanto di interesse in questa sede, sia il TAR che il Consiglio di Stato hanno respinto la tesi secondo cui l’art. 51, comma 4 Codice dei contratti pubblici – che consente l’associazione di lotti – lascerebbe impregiudicata la libertà dell’operatore economico di scegliere se concorrere separatamente e in maniera autonoma per i lotti di proprio interesse (profilo che, viceversa, non era consentito nella gara di cui si tratta).
Così come non hanno accolto la critica in base alla quale le previsioni del disciplinare avrebbero congegnato un meccanismo per cui, gli effetti della scelta esercitata dai concorrenti all’atto della partecipazione alla gara (nel senso di poter presentare due offerte indipendenti con prezzi diversi), sarebbero stati (ex post e autoritativamente) posti nel nulla in caso di aggiudicazione del lotto in concorrenza, trasformandosi, in questo caso, le due offerte distinte in un’unica offerta associata avente il medesimo prezzo (con traslazione di quello offerto per il lotto in concorrenza a quello – ovviamente più alto – indicato in sede di offerta per il lotto in esclusiva) asseritamente contro la volontà dell’operatore economico.
Secondo l’impresa ricorrente (poi appellante), in assenza di clausole come quelle in contestazione: “…il meccanismo virtuoso che il legislatore ha inteso generare per effetto dell’istituto dell’associazione dei lotti si sarebbe potuto [ugualmente] generare in quanto gli operatori economici avrebbero potuto rilanciare le proprie offerte sul lotto in concorrenza oppure offrire fin dall’inizio prezzi più bassi”.
In sostanza, l’istante ha contestato due aspetti della disciplina di gara, in rapporto all’art. 51, comma 4 d.lgs. n. 50/2016: a) la previsione – nelle regole di procedura – di un collegamento tra lotti non potrebbe incidere sulla libertà di scelta dell’imprenditore di partecipare (comunque) a quelli ritenuti di proprio interesse (segnatamente, quello in esclusiva), senza alcun vincolo nei confronti dei lotti “associanti”, in questo caso il lotto n. 17, in relazione ai quali ben avrebbe potuto non presentare alcuna offerta; b) non sarebbe consentito, alla luce della norma sulla suddivisione in lotti, operare una sostituzione “d’imperio” del prezzo offerto per il lotto in esclusiva con quello (più basso) offerto per il lotto in concorrenza, fatto che, in sintesi, andrebbe a incidere sull’autonomia imprenditoriale e la concorrenza.
Ora, come accennato, TAR e Consiglio di Stato hanno respinto le censure della parte.
In sostanza, quanto al tema di questa nota, il Consiglio di Stato, riprendendo le tesi di primo grado, ha evidenziato che: “…nulla impediva [all’operatore economico] di presentare un’offerta non competitiva per il lotto n. 17, accontentandosi dell’aggiudicazione del lotto in esclusiva al prezzo massimo”.
La presentazione di offerte diverse, dunque, era consentita e l’onere di presentarle per entrambi i lotti: “…si risolveva in un onere formale; l’unica cosa che risultava impedita dal meccanismo del livellamento delle offerte aggiudicatarie al prezzo più basso, era lucrare il monopolio sul lotto in esclusiva e parallelamente competere liberamente su quello concorrenziale; d’altra parte, se non ci fosse stato questo collegamento, l’associazione dei lotti sarebbe risultato un mero dato formale, viceversa, il livellamento del prezzo tra i lotti ha costretto i concorrenti a riferire le strategie aziendali al complesso della fornitura di prodotti equivalenti, in un sistema di gara nell’ambito del quale l’esistenza del lotto esclusivo soddisfa le esigenze terapeutiche, nella misura riconosciuta da AIFA, e consente quantomeno di difendere il valore del farmaco, mentre il lotto concorrenziale ed il collegamento del prezzo tra i lotti, perseguono le esigenze di contenimento della spesa in modo complessivo”.
In merito all’art. 51, comma 4 Codice dei contratti pubblici, secondo il giudice d’appello, la norma: “…costituisce una deroga all’ordinaria regola della aggiudicazione separata dei lotti in cui è suddiviso l’appalto, ed impone all’Amministrazione esclusivamente di indicare preventivamente, oltre ai lotti che possono essere associati, «le modalità mediante cui effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti», ma non impedisce l’inserimento di una clausola come quella qui contestata, che imponga la «rimodulazione» al ribasso del prezzo in caso di aggiudicazione dei più lotti associabili”.
Dunque, per il Consesso, le imprese sono state libere di formulare la propria offerta indicando il prezzo praticato su ciascuno dei lotti, essendo consapevoli di quali sarebbero state le conseguenze – in termini di possibilità di aggiudicazione contestuale del lotto “in esclusiva” e di quello “in concorrenza” – in caso di formulazione di un prezzo più o meno ribassato rispetto a quello negoziato con l’AIFA e pertinente il lotto in esclusiva. Quindi: “…il risultato della gara dipendeva dalle scelte imprenditoriali dei concorrenti, ed in particolare dalla effettiva volontà di aggiudicarsi o meno il lotto concorrenziale, e non direttamente dalla disciplina di gara”.
Il risultato concreto della gara è, dunque, derivato dalla scelta dei due concorrenti di allineare le proprie offerte (sul lotto in concorrenza) al prezzo a base d’asta e di non rilanciare, affidando le chance di aggiudicazione al sorteggio: “…vale a dire, in sostanza, di non competere fino in fondo per la quota concorrenziale, mediante un’offerta che mediasse il vantaggio ritraibile dalla posizione di monopolista con la possibilità di ottenere la fornitura dell’intero fabbisogno. In altri termini, l’Amministrazione ha provato a suscitare una competizione, che avrebbe generato un risparmio di spesa, ma gli operatori non hanno ritenuto conveniente seguire una logica concorrenziale. La legittimità ed efficacia di un meccanismo di gara non possono essere valutate soltanto a posteriori, alla luce dei risultati, che, si è detto, dipendono da scelte imprenditoriali; peraltro, di fronte ad una simile strategia aziendale, è difficile ipotizzare che un diverso meccanismo contrattuale avrebbe potuto sortire un risultato più rispondente all’interesse pubblico”.
Brevi profili ricostruttivi
Ai sensi del comma 4 dell’art. 51 del Codice del 2016: “Le stazioni appaltanti possono aggiudicare appalti che associano alcuni o tutti i lotti al medesimo offerente, qualora abbiano specificato, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, che si riservano tale possibilità e indichino i lotti o gruppi di lotti che possono essere associati, nonché le modalità mediante cui effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti”.
A fronte del generale divieto di modificare il contratto oggetto di gara (posto a presidio del principio concorrenziale di cui è espressione l’art. 106 d.lgs. n. 50/2016), l’art. 51, comma 4, cit., consente, quindi, una deroga per gli “appalti che associano alcuni o tutti i lotti al medesimo offerente”; ciò nel caso in cui le stazioni appaltanti abbiano specificato, nei documenti di gara, che si riservano tale possibilità e indichino i lotti o loro gruppi che possono essere associati e le modalità tramite cui effettuare la valutazione comparativa tra le diverse offerte (sui singoli lotti e sulle associazioni di lotti).
L’associazione di lotti, inoltre, sostanziandosi (nei fatti) in un meccanismo derogatorio del principio (ancora una volta proconcorrenziale) sancito dall’art. 51 d.lgs. n. 50/2016, secondo cui le procedure di affidamento debbono essere tendenzialmente suddivise in lotti funzionali o prestazionali (art. 51, comma 1 Codice), permette alla stazione appaltante di valutare se risulti più conveniente aggiudicare i lotti separatamente ovvero affidarli – associati – a un medesimo operatore economico. Scopo della norma è, pertanto, quello di far conseguire alla P.A. le potenziali maggiori economie di scala che potrebbero derivare dall’aggiudicazione di più lotti a un singolo imprenditore.
Come si può notare, la norma sui lotti associati (di derivazione comunitaria: si v. art. 46, comma 3 direttiva 2014/24/UE) costituisce una deroga al principio stesso della suddivisione in lotti. Infatti, permette di attribuire a un dato operatore più “parti” (tra loro formalmente distinte) di una stessa “commessa” – particolarmente in ipotesi di affidamenti ad oggetto plurimo e (meno) in caso di appalti unitari multilotto – che altrimenti potrebbero (o dovrebbero) essere affidate a distinti soggetti, soprattutto in presenza di vincoli di partecipazione/aggiudicazione, in ossequio alla filosofia che ispira la norma sulla suddivisione in lotti, pensata per favorire l’accesso ai contratti della P.A. alle micro, piccole e medie imprese (per la giurisprudenza è senz’altro principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto regola diretta a favorire la partecipazione alle gare anche agli operatori di minori dimensioni: si v. Cons. Stato, sez. V, 7 febbraio 2020 n. 973; la regola è stata considerata violata, ad esempio, in caso di previsione di lotti di importo spropositato o riferiti ad ambiti territorialmente incongrui: si v. Cons. Stato, sez. V, 6 marzo 2017, n. 1038; sez. V, 27 novembre 2020, n. 7455; si cfr. pure Cons. Stato, sez. III, 21 gennaio 2021, n. 4762; sez. III, 12 febbraio 2020, n. 1076; Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2018, n. 123; da ultimo, sul tema, si v. Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2023, n. 1607).
La regola sulle associazioni tra lotti presuppone la presenza di uno (o più) lotti “associanti” – e quindi principali (ai quali è funzionalmente legata la realizzazione dell’interesse collettivo) – e di lotti associati (o “serventi” si potrebbe dire), nei cui confronti, verosimilmente, meno stringenti sono le esigenze di tutela di alcuni principi generali delle procedure di evidenza pubblica (libertà di iniziativa economica e concorrenza e, dal lato delle stazioni appaltanti, economicità ed efficacia).
Alla tendenziale libertà di scelta degli operatori economici, i quali, in presenza di appalti suddivisi in lotti, hanno la facoltà di concorrere separatamente e in maniera autonoma per i lotti di proprio interesse (salvi i vincoli di partecipazione), fa da contraltare la possibilità, in caso di lotti associati, di indirizzare la partecipazione per associazione di lotti e, dunque, di permettere l’accesso alla gara solo a chi è in grado di presentare un’offerta per il lotto associante (o principale) e per quello associato.
Questo vincolo, come statuito dalla sentenza in esame, non mina il rispetto dell’autonomia aziendale, in quanto l’imprenditore resta libero di formulare la sua offerta secondo le proprie autonome scelte aziendali (in termini più o meno competitivi), anche eventualmente modulando – se previsto dalla lex specialis – offerte differenti per i lotti associati (ovviamente, come dispone la norma in esame, sarà rimessa al bando la previa individuazione dei criteri in base ai quali valutare, in seguito, comparativamente le offerte proposte dagli operatori).
Infine, anche la possibilità di concepire una clausola di gara che consenta di livellare i prezzi offerti, “traslando” quello praticato per il lotto associante a quello del lotto associato (o viceversa), è rimessa alle regole della competizione, con scelta della stazione appaltante giudicata legittima nella vicenda in esame.
Note conclusive
Infine, merita solo un cenno la prospettiva del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023), che, però, sul tema, nulla di diverso specifica rispetto alla norma del Codice del 2016. In particolare, la disposizione (art. 58, comma 5), in vigore dal 1° aprile 2023 (efficace dal 1° luglio 2023), così recita: “5. Il bando di gara o la lettera di invito possono anche riservare alla stazione appaltante la possibilità di aggiudicare alcuni o tutti i lotti associati al medesimo offerente, indicando le modalità mediante le quali effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti”.
Come si può notare, il comma in questione non introduce novità di rilievo. La regola sui lotti associati viene semplificata, lasciando sempre al bando di gara o alla lettera di invito (e non potrebbe essere diversamente) la possibilità di aggiudicare allo stesso offerente alcuni o tutti i lotti associati (di cui, come nel d.lgs. n. 50/2016, manca una definizione tecnica in grado di orientare l’interprete).
Dunque, sarà la stazione appaltante a decidere se la gara, in base alla progettazione, potrà considerare associabili due o più lotti. Ciò dovrà avvenire considerando due elementi: 1) i lotti, in futuro, potranno essere suddivisi non solo per lotti funzionali o prestazionali, ma anche quantitativi; 2) resta vietato l’artificioso accorpamento di lotti, elemento (già presente nel Codice del 2016) che, soprattutto in presenza di eventuali lotti associati su base “quantitativa”, andrà attentamente verificato, pena l’elusione – per effetto dell’art. 58, comma 5, cit. – dei principi già stabiliti dalla giurisprudenza, la quale, come sopra accennato, ha sanzionato la predisposizione di gare con lotti irragionevoli, sproporzionati o riferiti ad ambiti territorialmente non congrui.
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