ASMEL: sostituire il Codice Appalti con le norme europee almeno per le gare sopra soglia

Comunicato stampa ASMEL 31 luglio 2020

3 Agosto 2020
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«Chiarezza sulle gare sopra soglia: stop al Codice e applicazione diretta delle Direttive europee». È questa la principale proposta di emendamenti al Decreto Semplificazione depositata presso la Commissione Lavori Pubblici del Senato da ASMEL, l’Associazione con più di 3.300 Comuni Soci in tutt’Italia. Attualmente il testo emanato dal Governo lo scorso 16 luglio è al vaglio delle Commissioni parlamentari per poi essere convertito in legge entro la metà di settembre.

Una proposta forte che raccoglie le istanze provenienti dai Comuni, dando così spazio e voce al territorio, alle esigenze della vita amministrativa reale declinate dal gruppo di esperti dell’Osservatorio sulla Semplificazione Amministrativa, promosso da Asmel e coordinato da Donato Carlea, già Presidente del Consiglio superiore del Lavori Pubblici.

I Comuni chiedono, in sintesi, una effettiva semplificazione e lamentano che il testo licenziato dal Governo proceda con eccessive puntualizzazioni e con scarsa chiarezza espositiva. L’unico modo per snellire i procedimenti con un chiaro vantaggio anche in termini di celerità e trasparenza è quello di applicare norme chiare di portata generale.

«Non si possono non condividere gli obiettivi del decreto semplificazione – sostiene Francesco Pinto, segretario generale ASMEL – ma bisogna prendere atto, nel contempo, che in molti punti esso sembra produrre solo ulteriori complicazioni, con il rischio di contenziosi e di allungamento dei tempi». Ma c’è una possibile soluzione semplice, a portata di mano e di ampio respiro: «Sostituire le regole dell’attuale complicatissimo Codice con quelle delle direttive europee, scritte in linguaggio fluente e chiarissimo, anzi già tradotte in inglese, ci sembra la proposta più sensata» conclude Pinto. Anche per iniziare a pensare davvero in una dimensione eurounitaria.

Per gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria, ASMEL ha proposto emendamenti per rendere più semplici e chiare le norme introdotte dal Decreto semplificazione. Ad esempio, il Decreto alza la soglia per affidare l’appalto direttamente e senza gara dagli attuali 40mila a 150 mila euro. Ma lo fa con termine imperativo che sembra non lasciare spazi decisionali ai responsabili della procedura. Per cui ASMEL ha proposto di precisare che si tratta di facoltà e non di obbligo. D’altra parte non è necessariamente questa la strada per ridurre i tempi per la realizzazione delle opere.

Analizzando le informazioni della banca dati con le 5000 gare già espletate dalla Centrale di committenza promossa dall’Associazione, i tempi per la procedura di affidamento si misurano in giorni, con una media di 90. Invece i tempi medi di un appalto si misurano in anni perché i rallentamenti si concentrano a monte e a valle dell’affidamento.

Infatti, prima della gara c’è l’attività di programmazione, ricerca fondi, progettazione, iter autorizzativo, definizione delle specifiche per disciplinare e capitalo di gara. Dopo l’aggiudicazione, segue la stipula del contratto, la realizzazione e il collaudo. Ne deriva una tempistica che, secondo i dati dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, va da un minimo di un anno e mezzo fino agli otto anni in funzione della complessità dell’opera.

Per cui è illusorio pensare di ridurre i tempi di appalto intervenendo solo sulle procedure di gara che oggi, grazie alla digitalizzazione e alle Centrali di committenza, hanno già raggiunto tempi non più facilmente comprimili.

Secondo il presidente dell’OSA Donato Carlea «Va assolutamente combattuto l’eccesso di burocrazia, che diventa pessima burocrazia danneggiando tempi e qualità delle procedure di gara. Ne è esempio il Collegio Tecnico Consultivo istituito dal decreto Semplificazioni, che comporta l’ennesimo aumento della burocrazia. Piuttosto l’efficienza dell’intera procedura d’appalto va costruita attraverso la centralità della progettazione e la responsabilità piena dei progettisti senza inutili sovrastrutture deresponsabilizzanti».

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