Prologo
Per quanto concerne il calcolo del compenso revisionale, poiché la disposizione di legge che demandava all’ISTAT la relativa indagine semestrale sui dati risaltanti dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e di servizi, non è mai stata attuata, la revisione dei prezzi d’appalto, per ciò che attiene a materiali e beni di consumo deve essere operata sulla base degli indici di variazione dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati elaborati dallo stesso Istituto di statistica.
Lo stabilisce il Tar Campania– Napoli, sez. V, con la sentenza del 30 gennaio 2023 n. 684.
Il caso
Il caso giunto all’attenzione del giudice amministrativo riguarda un appalto di servizi.
L’impresa esecutrice dopo aver ottenuto dal G.A. la declaratoria di illegittimità del silenzio della P.A. formatosi sulla propria istanza revisionale, è tornata dianzi al giudice amministrativo per chiedere l’accertamento del quantum, contestando il provvedimento di liquidazione e ritenendo errata la determinazione quantitativa del compenso revisionale calcolato dalla P.A..
Il giudice amministrativo accogliendo la domanda di annullamento dell’impresa ha ribadito la giurisdizione del G.A. pur vertendo la controversia soltanto sulla determinazione del quantum revisionale.
Mentre con riferimento alla determinazione dello stesso, il Tar Campania si è detto dell’avviso che l’indice FOI costituisce il parametro entro il quale calcolare il maggior prezzo, annullando così la decisione amministrativa che invece applicava la variazione percentuale intervenuta tra l’indice Istat di ciascun mese con quello del mese precedente e non con quello della data di inizio appalto, con una considerevole riduzione dei risultati.
La decisione
La decisione si articola su due punti: la giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto solo il quantum revisionale, e il parametro a cui le Stazioni Appaltanti devono riferirsi nel procedimento di aggiornamento del prezzo.
In tema di giurisdizione il ragionamento del Tar Campania si è sviluppato sui seguenti tre argomenti:
1) “l’ambito della giurisdizione esclusiva amministrativa ha assunto una portata ampia e generale, includendo ogni controversia concernente la revisione dei prezzi di un contratto di appalto, compreso il profilo del quantum debeatur” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 25 marzo 2019, n. 1937);
2) ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a., rientra nella giurisdizione del G.A. la controversia inerente alla revisione dei prezzi in un contratto qualificabile come appalto pubblico di servizi, atteso che l’art. 244 del Codice dei contratti pubblici, superando la tradizionale distinzione in base alla quale erano devolute alla giurisdizione del G.O. le controversie inerenti al quantum della revisione dei prezzi e al G.A. quelle relative all’an debeatur, impone la concentrazione dinanzi alla stessa Autorità giurisdizionale di tutte le cause relative all’istituto della revisione dei prezzi negli appalti pubblici ad esecuzione continuata e periodica, con conseguente potere del G.A. di conoscere della misura della revisione e di emettere condanna al pagamento delle relative somme, risultando in tal modo superata la tradizionale distinzione fondata sulla consistenza della situazione soggettiva fatta valere (così T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 18 marzo 2019, n. 1478; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 21.01.2019, n. 116);
3) l’ampia e generale portata assunta dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per effetto del disposto dell’art. 244, d.lgs. n. 163 del 2006, prima, e dell’ art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a., poi – nella quale rientra ogni controversia concernente detta revisione, compreso il profilo del quantum debeatur – incontra un limite nel solo caso in cui sia in contestazione esclusivamente l’espletamento di una prestazione già puntualmente prevista nel contratto e disciplinata in ordine all’an ed al quantum, avendo in tal caso la domanda ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale, ossia l’accertamento di un diritto soggettivo che, stante la natura paritetica della situazione in cui si trova la P.A., rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass. Civ., S.U., 1° febbraio 2019, n. 3160; Consiglio di Stato, sez. V, 31 luglio 2019, n. 5446; T.A.R. Piemonte, sez. I, 4 aprile 2019, n. 396).
Per quanto concerne invece il calcolo del compenso revisionale, la decisione in esame avvertendo che la disciplina legale non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l’elaborazione, da parte dell’Istat, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, afferma che la revisione dei prezzi di appalto per ciò che attiene a materiali e beni di consumo deve essere operata sulla base degli indici di variazione dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati (c.d. Foi).
Per il Tar Campania, infatti, a fronte della carenza di rilevazioni statistiche da parte dell’ISTAT, la revisione prezzi deve essere calcolata utilizzando l’indice (medio del paniere) di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati, ossia il summenzionato indice FOI, mensilmente pubblicato dall’ISTAT, trattandosi di parametro generale al quale, nelle more, si deve fare riferimento, potendo l’impresa appaltatrice solo in casi eccezionali, da provare puntualmente nella ricorrenza di evenienze impreviste ed imprevedibili, affermare il suo diritto ad un maggior compenso revisionale fondato su criteri differenti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 5 novembre 2018 n. 6237; Consiglio di Stato, Sez. V, 23 aprile 2014 n. 2052; TAR Campania – Napoli, Sez. VIII, 21 giugno 2018 n. 4169 e 28 gennaio 2016, n. 540; TAR Campania – Napoli, Sez. I, 28 marzo 2017 n. 1696; TAR Lazio – Latina, 11 marzo 2013 n. 215).
In tale ottica, costituisce conseguenza ineludibile che, per assolvere a tale funzione riequilibratrice dell’assetto contrattuale, l’indice Istat-Foi deve essere assunto nella sua misura intera e non deve essere soggetto a decurtazioni.
A supporto di tale ragionamento il giudice campano richiama l’orientamento giurisprudenziale (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. V, 20 novembre 2015 n. 5291) che qualifica l’indice FOI come limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali, non può spingersi la determinazione autoritativa del compenso revisionale, e che, lungi dal riconoscere in capo all’amministrazione una sorta di potere discrezionale di riduzione dell’indice in commento, tende piuttosto ad utilizzare il termine “limite massimo” per evidenziare il concetto che l’indice FOI assorbe e ricomprende in sé, in funzione compensativa, tutte le diseconomie derivanti dall’aumento dei costi di produzione, senza che di regola all’impresa appaltatrice sia consentito di reclamare un maggior compenso revisionale sulla scorta di una personale rielaborazione degli aumenti collegati ai prezzi dei singoli fattori della produzione (personale, materiali, macchinari, etc.).
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