Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 275 del 27 gennaio 2016, esamina il caso dell’apertura delle buste avvenuta in seduta riservata.
Al riguardo il collegio richiama, dei precedenti dell’Adunanza Plenaria (sentenze 22 aprile 2013, n. 8 e 27 giugno 2013, n. 16) con cui è stato affermato che nel caso di procedimento di gara conclusosi prima dell’entrata in vigore dell’art. 12, d.l. n. 52 del 2012, è legittima l’apertura delle buste delle offerte tecniche in seduta non pubblica, effettuata in conformità con la previsione del disciplinare di gara.
L’Adunanza Plenaria ha espressamente specificato in motivazione che l’art. 12 citato ha normato la regola di diritto definita dall’Adunanza plenaria ma ha al contempo precisato che l’obbligo della seduta pubblica decorre dal 9 maggio 2012, confermando per il passato l’inesistenza di una disposizione cogente di contenuto equivalente.
Nel caso di specie, tuttavia, pur essendo la seduta avvenuta nel 2009 e quindi l’apertura in seduta riservata delle buste contenenti le offerte tecniche deve ritenersi perfettamente valida ed efficace, si pone la questione, che l’art. 4 della lettera d’invito prevedeva la seduta pubblica per l’apertura delle buste tecniche, mentre la Commissione incaricata ha aperto le buste tecniche in seduta riservata.
Certamente tale vizio costituisce una violazione della lex specialis e, come tale, dovrebbe comporta l’illegittimità della relativa operazione procedimentale.
Il Collegio però ritiene che si sia di fronte proprio ad un caso tipico di applicazione del disposto di cui all’art. 21-octies, comma 2, prima parte, della l. n. 241-90, che fa degradare il vizio della procedura ad un caso di illegittimità che non comporta l’annullabilità dell’atto.
L’amministrazione ha, infatti, violato una regola procedimentale, previamente stabilita nella lex specialis, nel compimento di un atto vincolato (apertura delle buste), laddove è evidente, ad avviso del Collegio, che il risultato finale non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto verificatosi. Ad avviso del Collegio, infatti, anche aprendo dette buste in seduta pubblica non sarebbe stato in alcun modo modificato (o indiziariamente modificato, ovvero indiziariamente del tutto caducato) il procedimento di gara.
La soluzione del Collegio è coerente con quella formulata dalla recente sentenza della stessa Sezione proprio con riferimento alla violazione dell’obbligo di seduta pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3563), che ha ripreso la soluzione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 3 febbraio 2014, n. 8, secondo cui in sede di gara d’appalto la mancata e pedissequa indicazione in ciascun verbale delle operazioni finalizzate alla custodia dei plichi non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura concorsuale.
Di orientamento opposto si deve considerare la sentenza del Tar Lazio n. 503/2015 che ha ritenuto che i principi di pubblicità e trasparenza che governano la disciplina comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici comportano che l’apertura delle buste contenenti le offerte e la verifica dei documenti in esse contenuti vadano effettuate in seduta pubblica anche laddove si tratti di procedure negoziate, con o senza previa predisposizione di bando di gara, e di affidamenti in economia nella forma del cottimo fiduciario, in relazione sia ai settori ordinari che ai settori speciali di rilevanza comunitaria (Cfr. Cons. St., Ad. Plen, 31 luglio 2012, n. 31).
Inoltre il Tar Lazio ha evidenziato come la mancata pubblicità delle sedute di gara costituisce di per sé un vizio della procedura, non occorrendo un’effettiva lesione della trasparenza della gara e della par condicio tra i concorrenti senza, tra l’altro, che sia necessaria la prova di un’effettiva manipolazione della documentazione prodotta, con il conseguente annullamento degli atti (Cons. St., sez. VI, n. 1856/2008), così ribadito anche dal Tar Lombardia Brescia sez. II 14/10/2015 n. 1325.
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