Editoriale estratto dal numero 12/2019 del mensile Appalti&Contratti, di imminente pubblicazione
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La sentenza della Corte di Giustizia UE C-63/18 del 26.9.2019, che come noto ha dichiarato il contrasto col diritto comunitario del limite generale del subappalto di cui all’art. 105 del Codice, ha suscitato, come era prevedibile, una profonda incertezza e inquietudine tra gli operatori circa l’obbligo o meno di disapplicazione della norma nazionale nelle nuove procedure di affidamento di appalti pubblici.
Nella prassi delle stazioni appaltanti si stanno già delineando i due (ovvi) orientamenti: da un lato, coloro che propendono per la difesa del limite interno nelle more di un urgente intervento legislativo, anche (e non solo) in considerazione del rilievo penalistico del subappalto non autorizzabile a norma della L. 646/1982; dall’altro coloro che, al contrario, in ossequio al primato del diritto comunitario e all’obbligo di disapplicazione delle disposizioni nazionali in contrasto, hanno praticamente liberalizzato al 100% il subappalto nei bandi di gara.
Sulla questione dobbiamo tuttavia registrare due recenti interventi dell’ANAC che convergono nel senso di demandare al legislatore – e non nell’immediato alle stazioni appaltanti – la risoluzione della questione, mediante un ineludibile e improcrastinabile modifica del testo dell’art. 105 del Codice.
Anzitutto il Comunicato del Presidente dell’ANAC del 23 ottobre 2019, col quale sono state fornite prime indicazioni per l’aggiornamento del Bando-tipo n. 1 a seguito delle modifiche al Codice apportate dalla legge di conversione dello sblocca-cantieri. Come si dà conto nelle premesse del Comunicato “l’art. 1, comma 18, l. 55/2019 ha previsto che fino al 31 dicembre 2020 la quota subappaltabile non può superare il 40% dell’importo complessivo del contratto. Sul limite della quota subappaltabile è intervenuta di recente la sentenza della Corte di giustizia, sez. V, 26 settembre 2019, causa C-63/18”. Orbene, pur avendo ben presente la recente sentenza dei giudici di Lussemburgo sul subappalto, si precisa che “Nelle more delle modifiche al Bando-tipo n. 1/2017, al fine di orientare l’attività interpretativa delle stazioni appaltanti ed evitare prassi applicative discordanti e/o erronee delle nuove disposizioni codicistiche, si segnalano le clausole del citato bando, che devono reputarsi sospese o non conformi alle disposizioni sopra richiamate. Più precisamente: (…) il paragrafo 9 “Subappalto”, (pag. 22), non è conforme all’art. 1, comma 18, l. 55/2019 in quanto fino al 31 dicembre 2020 il limite massimo della quota subappaltabile è pari al 40% dell’importo complessivo del contratto. Devono, inoltre, ritenersi automaticamente sospese le clausole in cui si fa riferimento alla terna dei subappaltatori e ai controlli in sede di gara sui subappaltatori, stante la previsione dell’art. 1, comma 18, l. 55/2019”.
Dunque, l’Autorità ritiene ancora applicabile per i futuri bandi di gara, pur a seguito della sentenza della CGUE, il limite generale del subappalto pari al 40% dell’importo totale del contratto. Peccato che nel Comunicato sul bando-tipo, l’Autorità non espliciti la motivazione che l’ha condotta a confermare la validità della previsione nazionale rispetto alle conclusioni rassegnate dai giudici comunitari.
Nello stesso senso, ma con maggiore approfondimento, si colloca il più recente Atto di Segnalazione dell’ANAC del 13 novembre 2019, col quale, nell’esercizio del potere di segnalazione di cui all’art. 213, comma 3, lett. d), del Codice, l’Autorità ha inteso “formulare alcune proposte per una urgente modifica normativa inerente la disciplina del subappalto di cui all’art. 105 del Codice alla luce della sentenza Corte di Giustizia della UE (CGUE) del 26 settembre 2019 (causa C-63/18) che, nell’esaminare una domanda di pronuncia pregiudiziale del TAR Lombardia, ha statuito la non conformità al diritto UE della norma nazionale che prevede un limite quantitativo al subappalto”.
E’ invero prioritario secondo l’Autorità “.. fornire alle stazioni appaltanti indicazioni normative chiare, così da scongiurare eventuali contenziosi, prevedendo una rivisitazione dei meccanismi di regolazione del subappalto mediante una opportuna “compensazione” tra i diritti di libertà riconosciuti a livello europeo e le esigenze nazionali di sostenibilità sociale, ordine e sicurezza pubblica, che sono sempre stati alla base della limitazione all’utilizzo dell’istituto. Tale modifica urgente si rende altresì necessaria per garantire il corretto svolgimento dell’attività istituzionale dell’Autorità, soprattutto consultiva e di vigilanza, che, specie nella verifica preventiva degli atti di gara in sede di alta sorveglianza del Presidente ex art. 30 del d.l. 90/2014 e di vigilanza collaborativa ex art. 213, comma 3, lett. h), del Codice, è chiamata a valutare in tempi piuttosto stringenti la conformità al Codice degli atti di gara adottati dalle stazioni appaltanti”.
Secondo l’Autorità si tratta di individuare nuovi equilibri nel bilanciare le esigenze di flessibilità organizzativa ed esecutiva per gli operatori incaricati della commessa con una adeguata, irrinunciabile, prevenzione di rischi corruttivi, collusivi, e di turbative in fase di affidamento ed esecuzione. Nell’adeguare la disciplina nazionale in senso conformativo all’orientamento della Corte si dovrebbero prevedere alcuni accorgimenti e “contrappesi” rispetto alla tendenziale espansione della subappaltabilità della commessa.
Il primo aspetto di rilievo evidenziato dall’ANAC è quello per cui la Corte di Giustizia, “pur stabilendo la non conformità al diritto UE del limite quantitativo al subappalto, non sembra aver sancito la possibilità per gli offerenti di ricorrere illimitatamente al subappalto”.
Se da un lato il Giudice europeo ha censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno, dall’altro non sembra aver stabilito la possibilità di garantire un subappalto al 100%. Infatti, in un passaggio della sentenza si legge che “Tuttavia(…) una restrizione come quella di che trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo”. Con ciò il Giudice lascerebbe in qualche modo intendere che la limitazione non è in sé inammissibile quanto, piuttosto, che l’entità del limite in essere (pari 30% al momento della decisione) appare eccessiva rispetto allo scopo da perseguire.
La Corte ha segnalato che il problema del limite quantitativo deriva da un’applicazione indiscriminata rispetto al settore economico interessato, alla natura dei lavori o all’identità dei subappaltatori e al fatto che la disciplina interna non lascia alcuno spazio a valutazioni caso per caso da parte della stazione appaltante circa l’effettiva necessità di una restrizione al subappalto stesso.
Se ne ricava – osserva l’Autorità – un quadro normativo in cui la regola generale dovrebbe essere quella del subappalto senza limitazioni quantitative a priori, al chiaro fine di favorire l’ingresso negli appalti pubblici delle piccole e medie imprese, promuovere l’apertura del mercato e la concorrenza in gara.
Un eventuale subappalto del 100% delle prestazioni oggetto del contratto, ovvero di una parte talmente rilevante di esse, comporterebbe, di fatto, che la commessa verrebbe svolta sostanzialmente da terzi e non dal soggetto aggiudicatario.
Sul punto, l’ANAC richiama anzitutto la disposizione dell’art. 105, comma 1, del Codice, secondo cui “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto. Il contratto non può essere ceduto a pena di nullità, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, lettera d).” Con tale norma, chiaramente finalizzata a consentire una ordinata esecuzione delle commesse, il legislatore ha inteso stabilire la regola generale secondo cui l’operatore economico deve eseguire in proprio l’appalto, anche al fine di evitare che una impresa partecipi alla gara al solo fine di aggiudicarsi il contratto per delegarne poi la sostanziale esecuzione a soggetti terzi non verificati in gara.
Sotto altro profilo, osserva ancora l’ANAC, il subappalto dell’intera prestazione o quasi, specie se necessario al fine di ottenere la qualificazione in gara (c.d. “subappalto necessario”), snaturerebbe il senso dell’affidamento al contraente principale, dovendosi in tal caso favorire – a fronte di un massiccio coinvolgimento di soggetti terzi – la partecipazione diretta alla gara da parte di tali soggetti, con assunzione della responsabilità solidale verso la stazione appaltante, analogamente a quanto avviene in altri istituti (ad esempio, nei raggruppamenti temporanei di impresa e nei consorzi ordinari, cfr. art. 48, comma 5, del Codice), atteso che il subappaltatore non ha alcun obbligo nei confronti della stazione appaltante. Ai sensi del comma 8 dell’art. 105, infatti, “Il contraente principale è responsabile in via esclusiva nei confronti della stazione appaltante”.
Dunque, un primo aspetto che l’ANAC segnala al legislatore è dunque quello di valutare il mantenimento del divieto (formale o sostanziale) di subappalto dell’intera commessa o di una sua parte rilevante.
Per gli altri casi, si osserva, una possibile soluzione per superare i rilievi della Corte di Giustizia potrebbe essere quella di prevedere la regola generale dell’ammissibilità del subappalto, richiedendo alla stazione appaltante l’obbligo di motivare adeguatamente un eventuale limite al subappalto in relazione allo specifico contesto di gara, evitando di restringere ingiustificatamente la concorrenza.
In tal senso, alcuni dei criteri, da fissare in via esemplificativa, potrebbero individuarsi proprio a partire da quelli indicati dalla Corte nella sentenza, cioè il settore economico o merceologico di riferimento, la natura (ad esempio principale/prevalente o accessoria) della prestazione, ma anche specifiche esigenze che richiedono di non parcellizzare l’appalto, con finalità di carattere preventivo rispetto a fenomeni di corruzione, spartizioni o di rischio di infiltrazioni criminali e mafiose, ma anche di carattere organizzativo, per una più efficiente e veloce esecuzione delle prestazioni.
Riguardo al criterio del settore economico menzionato dalla Corte di Giustizia, delle restrizioni potrebbero essere motivate, ad esempio, in ragione del limitato numero di operatori economici qualificati o dei possibili partecipanti, proprio al fine di promuovere la più ampia concorrenza, atteso che la presenza di uno o più subappaltatori potrebbe favorire accordi spartitori in fase di gara. Altra possibilità, nell’affidamento dei lavori pubblici, è quella di far valere eventuali ragioni di sicurezza alla luce delle specificità del cantiere, laddove la presenza di molteplici addetti appartenenti a più operatori potrebbe aumentare i rischi di scarso coordinamento e attuazione delle misure di tutela del lavoro.
Altro criterio che potrebbe essere oggetto di valutazione è quello inerente il valore e la complessità del contratto, al fine di consentire maggiore libertà per appalti di particolare rilevanza che suggeriscono di accordare più flessibilità nella fase realizzativa.
L’ANAC suggerisce inoltre di recuperare l’obbligo di indicazione dei subappaltatori già in fase di gara, almeno per gli appalti che superano una certa soglia, e ciò al fine di bilanciare la maggiore libertà di subappalto con le esigenze di trasparenza e di garanzia di affidabilità, consentendo alla stazione appaltante di conoscere preventivamente i soggetti incaricati e di effettuare le opportune verifiche che, naturalmente, non si sostituirebbero a quelle ulteriori in fase esecutiva propedeutiche all’autorizzazione al subappalto di cui all’art. 105, comma 4, del Codice. In caso di limiti al subappalto adeguatamente motivati ma entro determinate soglie, si potrebbe confermare l’attuale sistema della mera indicazione della intenzione di subappaltare alcune parti del contratto e di verificare il subappaltatore in fase di autorizzazione. Oltre determinate soglie, invece, si potrebbe prevedere la verifica obbligatoria dei subappaltatori anche in fase di gara.
Ulteriore aspetto posto alla riflessione del legislatore si evidenzia nella necessità che un più ampio ricorso al subappalto non si traduca in maggiori incentivi all’elusione della disciplina antimafia. Poiché l’informazione antimafia è richiesta per i subcontratti, cessioni o cottimi di importo superiore a 150.000 euro [cfr. art. 91, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159], un massiccio ricorso al subappalto, in astratto finalizzato a promuovere l’efficienza esecutiva anche tramite il coinvolgimento delle PMI, potrebbe nascondere finalità elusive della normativa antimafia (ancorché vietate si sensi del comma 2 del citato art. 91), ad esempio mediante l’impiego di molteplici subappaltatori con quote di attività inferiori alla soglia prevista per i controlli antimafia.
Altre questioni che il legislatore dovrà definire efficacemente in sede di modifica al Codice sono quelle relative all’applicabilità dei principi della sentenza della Corte: 1) agli appalti sotto-soglia, o, almeno a quelli che presentano carattere c.d. “transfrontaliero”; 2) ai casi di cui all’art. 89, comma 11 – riguardanti le opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica (categorie c.d. “superspecialistiche” o SIOS) – il quale prevede che l’eventuale subappalto non possa superare il 30% dell’importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso.
In definitiva, dagli ultimi interventi qui richiamati l’ANAC pare ritenere che la disciplina del subappalto, per la sua estrema delicatezza, complessità, e le sue pregnanti implicazioni nel sistema nazionale degli appalti pubblici, non possa essere considerata materia regolamentabile per via lex specialis da ciascuna stazione appaltante, col rischio di comportamenti disomogenei ed erronei. Dovrà essere il legislatore a definire, con nuovi equilibri e contrappesi, una sintesi adeguata tra “libertà” comunitarie ed esigenze nazionali di prevenzione e contrasto al fenomeno criminoso. Vero è, in ogni caso, nel quadro attuale, la sentenza della Corte non pare legittimare una liberalizzazione integrale del subappalto in assenza di adeguati correttivi.
In questo numero il Focus è dedicato agli affidamenti sotto-soglia e all’applicazione del principio di rotazione, grazie al pregevole ed organico contributo di Stefano Usai. Altri interessanti approfondimenti sono quelli di Irene Picardi sul nuovo regime dei consorzi stabili dopo lo sblocca-cantieri, di Varlaro-Sinisi sul subappalto, di Alessandro Bergamaschi e Giulia Degano sulle modalità di comprova del fatturato, di Gianpaolo Ferraro sui nuovi metodi di calcolo delle soglie di anomalia. Nella sezione Indirizzi operativi è riportato un utile formulario per le RDO sul MePA funzionali agli affidamenti diretti.
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