La V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2215 del 2 aprile 2020, ha rimesso all’Adunanza Plenaria una serie di questioni tra loro collegate, tutte concernenti l’esatta individuazione del termine per impugnare il provvedimento di aggiudicazione di appalti pubblici.
Con riferimento a tale problematica, la V Sezione ha richiesto all’Adunanza Plenaria di confermare la sostanziale correttezza dell’indirizzo da essa sposato e, per tale ragione, ha dettagliatamente articolato le questioni, chiedendo in particolare se:
- il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione possa decorrere di norma dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016;
- le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76, d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentano la sola proposizione dei motivi aggiunti, eccettuata l’ipotesi da considerare patologica – con le ovvie conseguenze anche ai soli fini di eventuali responsabilità erariale – della omessa o incompleta pubblicazione prevista dal già citato art. 29;
- la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara non sia giammai idonea a far slittare il termine per la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, che decorre dalla pubblicazione ex 29 ovvero negli altri casi patologici dalla comunicazione ex art. 76, e legittima soltanto la eventuale proposizione dei motivi aggiunti, ovvero se essa comporti la dilazione temporale almeno con particolare riferimento al caso in cui le ragioni di doglianza siano tratte dalla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero dalle giustificazioni da questi rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
- dal punto di vista sistematico la previsione dell’art. 120, comma 5, c.p.a. che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione dalla comunicazione individuale (ex 78, d.lgs. n. 50 del 2018) ovvero dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, debba intendersi nel senso che essa indica due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente e la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare;
- in ogni caso, con riferimento a quanto considerato in precedenza sub d), la pubblicazione degli atti di gara ex 29 d.lgs. n. 50 del 2016 debba considerarsi rientrante in quelle modalità di conoscenza aliunde;
- idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione debbano considerare quelle forme di comunicazione e pubblicità individuate nella lex specialis di gara e accettate dagli operatori economici ai fini della stessa partecipazione alla procedura di gara.
La tematica è una delle più dibattute del diritto processuale amministrativo sin dal previgente d.lgs. n. 163/2006 e ha conservato la propria rilevanza anche a seguito dell’emanazione del nuovo Codice di cui al d.lgs. n. 50/2016: di qui l’esigenza, rilevata dalla V Sezione, di rimettere le questioni all’Adunanza Plenaria, affinché emergano «indirizzi quanto più possibili chiari ed univoci».
Con riguardo alla prima questione, relativa all’individuazione del dies a quo per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione e che risulta dirimente rispetto alle altre, la Sezione ha ricordato due contrapposti orientamenti giurisprudenziali.
Un primo orientamento giurisprudenziale è quello fatto proprio in precedenza dalla stessa V Sezione, maturato nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006, sulla scorta del tenore letterale dell’art. 120, comma 5, c.p.a., che espressamente richiama, per la decorrenza del termine, la ricezione della comunicazione di cui all’art. 79, d.lgs. n. 163/2006 (Cons. Stato, sez. V, 26 luglio 2017, n. 3675; sez. V, 27 aprile 2017, n. 1953; sez. V, 13 febbraio 2017, n. 592; sez. V, 26 novembre 2016, n. 4916; sez. V, 3 febbraio 2016, n. 408; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 8 giugno 2017, n. 274). L’orientamento ha poi trovato conferma, anche a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice, da parte della giurisprudenza della stessa V Sezione: si è ritenuto, infatti, che il rinvio, tuttora contenuto nell’art. 120, comma 5, c.p.a., all’art. 79 del d.lgs. n. 163/2006, si dovesse intendere riferito, a seguito dell’abrogazione di quest’ultimo, all’analogo art. 76, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 50/2016 (Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3879; sez. V, 27 novembre 2018, n. 6725).
In breve, seguendo tale primo orientamento, sarebbe stato necessario distinguere a seconda che l’amministrazione appaltante avesse inviato una comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione, contenente l’esposizione delle ragioni di preferenza per l’offerta dell’aggiudicatario, ovvero si fosse limitata a rendere nota l’avvenuta aggiudicazione della procedura a favore di un determinato concorrente.
Nel caso di una comunicazione esaustiva, il ricorso avrebbe dovuto essere sicuramente proposto nel termine di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione ai sensi dell’art. 79, d.lgs. n. 163/2006. Nel caso di una semplice comunicazione del nominativo dell’aggiudicatario, invece, si riteneva che, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, si dovesse tener conto della necessità dell’interessato di conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario e, in generale, gli atti della procedura di gara: ciò al fine di poter apprezzare compiutamente le ragioni di preferenza della stazione appaltante e verificare la sussistenza di eventuali vizi del suo operato.
Un secondo e più rigoroso orientamento giurisprudenziale, invece, prescindendo da tale distinzione e dalla necessità di conoscere le ragioni alla base del provvedimento di aggiudicazione al fine della decorrenza del termine per proporre ricorso, sosteneva che il termine di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione fosse sempre di trenta giorni e decorresse in ogni caso dalla ricezione della comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione proveniente dalla stazione appaltante ovvero, in mancanza, dalla conoscenza dell’aggiudicazione che l’interessato abbia comunque acquisito per altra via (Cons. Stato, sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7384; sez. IV, 23 febbraio 2015, n. 856; sez. V, 20 gennaio 2015, n. 143).
Il rigore di tale orientamento era fondato anche sulla consapevolezza che la tutela giurisdizionale dei vizi dell’aggiudicazione conosciuti dopo la sua comunicazione fosse comunque sempre garantita dalla proponibilità dei motivi aggiunti.
Come si è visto, entrambi gli orientamenti erano stati condivisi, in momenti diversi, dalla stessa V Sezione, che oggi richiede l’intervento dell’Adunanza Plenaria per dirimere il contrasto interpretativo.
Nell’ordinanza di rimessione in commento, in particolare, la V Sezione mette in evidenza, a seguito di un’approfondita esegesi letterale delle norme, alcuni dei cambiamenti apportati dal d.lgs. n. 50/2016 rispetto al sistema del previgente d.lgs. n. 163/2006.
La Sezione ha, innanzitutto, rilevato che il nuovo Codice, all’art. 29, prevede non solo l’obbligo generalizzato di pubblicazione sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale, di tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici, ma anche la espressa previsione che «i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente».
La Sezione ha, inoltre, rilevato che l’art. 76, pur avendo sostanzialmente la stessa ratio e finalità dell’art. 79 del previgente Codice, non contiene alcuna previsione circa il fatto che quelle comunicazioni facciano decorrere il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione né disciplina la speciale forma di accesso informale, prima prevista dall’art. 79, d.lgs. n. 163/2006.
A conclusione di un articolato percorso argomentativo, che ha evidenziato luci e ombre di ciascuno degli orientamenti sopra ricordati, anche a seguito delle novità introdotte dal nuovo Codice e di un’attenta lettura delle norme, la Sezione ha delineato la propria opzione interpretativa, auspicando la conferma autorevole dell’Adunanza Plenaria.
L’opzione prescelta è sostanzialmente quella più rigorosa, resa più solida da alcune precisazioni non secondarie, rese con riferimento alla lettera del Codice del 2016.
Innanzitutto, infatti, ad avviso della Sezione, il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre di norma dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29, d.lgs. n. 50/2016, che prevede la pubblicazione di tali atti sul profilo del committente.
La scelta di tale opzione interpretativa, naturalmente, ha come corollari una serie di conseguenze.
In particolare, ad avviso della Sezione, si deve ritenere che l’art. 76, d.lgs. n. 50/2016, nel disciplinare le informazioni da dare ai concorrenti, nella parte in cui consente loro di disporre di ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, renda possibile la sola proposizione dei motivi aggiunti. L’unica eccezione alla proponibilità dei soli motivi aggiunti sarebbe l’ipotesi, da considerare patologica, della omessa o incompleta pubblicazione, prevista dal già citato art. 29.
Inoltre, dal punto di vista sistematico, la previsione dell’art. 120, comma 5, c.p.a., che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, e quindi anche dell’aggiudicazione, dalla comunicazione individuale ovvero dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, deve intendersi in questo senso: la formulazione dell’articolo, infatti, indicherebbe due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente e la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare.
Più in particolare, tra queste modalità “aliunde” ma non secondarie di comunicazione, deve essere ricompresa la pubblicazione sul profilo del committente ai sensi del più volte citato art. 29, idonea quindi a far decorrere i termini di impugnazione.
Rispetto al quadro sin qui delineato, resta il caso, pure richiamato dalla Sezione, in cui l’esigenza di proporre ricorso emerga solamente dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario ovvero anche a seguito delle giustificazioni rese dall’aggiudicatario nell’ambito del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, documentazione quest’ultima per la quale non è prevista la pubblicazione ai sensi del più volte richiamato art. 29, comma 1, d.lgs. n. 50/2016.
L’indirizzo delineato è quello che la Sezione ha ritenuto maggiormente aderente alle esigenze di celerità dei procedimenti di aggiudicazione di affidamenti di appalti pubblici. Ciò nonostante, la Sezione ha dimostrato di non dimenticare il possibile vulnus al diritto di difesa che potrebbe celarsi dietro una rigida adesione a tale orientamento.
Opportunamente, quindi, la Sezione ha rimesso le connesse questioni all’Adunanza Plenaria, affinché possa farsi finalmente chiarezza sul punto, valutando luci e ombre, pesi e contrappesi.
Documenti collegati
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Ordinanza Consiglio di Stato sez. V 2/4/2020, n. 2215
Processo amministrativo – Rito appalti – Termini – Aggiudicazione e atti di gara – Individuazione – Dubbi in giurisprudenza – Rimessione all’Adunanza plenaria
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