TAR Puglia – Lecce, sez. III, Ordinanza n. 297 del 2 marzo 2020
Il TAR Lecce rimette alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, c.p.a, nella parte in cui detta norma prevede una equiparazione tra il termine di decorrenza per la proposizione del ricorso per motivi aggiunti e quello per la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio, così impedendo ad avviso del collegio la tutela giurisdizionale della parte ricorrente avverso i vizi di legittimità del provvedimento di aggiudicazione rivelati dagli atti e dai documenti successivamente conosciuti.
La questione affrontata dal TAR Lecce
La questione esaminata nel caso in esame dal TAR Lecce concerne la disciplina del termine di decorrenza per la proposizione dei motivi aggiunti nel c.d. rito appalti contenuta nell’art. 120, comma 5 del codice del processo amministrativo.
Siffatta disposizione, così come novellata dal d.lgs 195/2011, ha come noto esteso il regime della decorrenza del termine di 30 giorni contemplato per il ricorso principale anche ai motivi aggiunti stabilendo che entrambi detti mezzi di impugnazione “devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente […] dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto” (il rinvio operato agli artt. 79 e 66 comma 8 d.lgs n. 163/2006 deve ora intendersi riferito agli artt. 76 e 73, comma 3, del d.lgs 50/2016).
La norma in parola, che ha quindi equiparato il termine di decorrenza per la proposizione dei motivi aggiunti a quello per la proposizione del ricorso principale, malgrado la sua chiarezza lessicale, ha tuttavia dato luogo a differenti orientamenti interpretativi nella giurisprudenza amministrativa originati dall’esigenza di contemperare, sotto il profilo esegetico, le esigenze di celerità sottese al c.d. rito degli appalti di cui all’art. 120 c.p.a. (di qui la previsione del medesimo termine di decorrenza per entrambe le impugnazioni) a quelle di difesa degli operatori economici, in ossequio all’art. 24 della Costituzione, assicurando ai medesimi la possibilità di contestare – per mezzo dei motivi aggiunti – la legittimità di atti o vizi ulteriori, non conosciuti (incolpevolmente) al momento della proposizione del ricorso principale e la cui successiva conoscenza è di norma riconducibile all’esercizio del diritto di accesso (corrispondente, dal lato passivo, ad un obbligo di ostensione dell’Amministrazione, al cui ritardato adempimento lo strumento dei motivi aggiunti ha proprio la funzione di soccorrere).
Gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa e comunitaria
Una parte della giurisprudenza formatasi sotto il vigore dell’art. 79, comma 5, D. Lgs. n. 163/2006 (nel solco dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE – cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza 8 maggio 2014, in C-161/13), per ovviare alla rigida applicazione dell’art. 120, comma 5, c.p.a., ha in particolare ritenuto che, nel caso in cui la possibilità di conoscere i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario (e di prospettare i vizi della relativa valutazione) fosse derivata soltanto dall’accesso agli atti assicurato dall’art. 79 del D. Lgs. n. 163/2006, la parte che aveva già proposto ricorso avverso l’aggiudicazione poteva proporre motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 43, cod. proc. amm., nell’ulteriore termine di decadenza che poteva essere al massimo di dieci giorni, per vizi rilevati dagli atti e documenti successivamente conosciuti attraverso l’accesso (“semplificato”) agli atti.
Tale soluzione ermeneutica poggiava sui seguenti passaggi argomentativi: i) il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione poteva essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si riteneva) leso dall’aggiudicazione potesse avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla comunicazione; ii) l’art. 79, comma 5, del d.lgs. 163/2006 consentiva la visione e l’estrazione di copia dei documenti di gara entro dieci giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione e, pertanto, il termine per l’impugnazione poteva essere prorogato al massimo di dieci giorni rispetto a quello decorrente dalla predetta comunicazione; iii) in caso di comunicazione omessa o incompleta, la conoscenza utile ai fini decorrenza di quel termine coincideva con la cognizione comunque acquisita degli elementi oggetto della comunicazione, eventualmente acquisita in sede di accesso, senza che sia fosse necessaria l’estrazione delle relative copie.
Il predetto orientamento è stato confermato anche a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 12 aprile 2016, n. 50 e ss.mm.), con l’unica differenza che la dilazione temporale, che prima era fissata nei dieci giorni previsti per l’accesso informale ai documenti di gara dall’art. 79, comma 5 – quater D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, decorrenti dalla comunicazione del provvedimento, è stata fissata nei quindici giorni previsti dal comma 2 dell’art. 76 del D. Lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm., che, diversamente dal previgente art. 79 del D. Lgs. n. 163/2006, non prevede una procedimentalizzazione (“semplificata”) dell’accesso agli atti di gara e dei tempi entro cui tale accesso è consentito, ma la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato
Secondo un differente orientamento della giurisprudenza, invece, il termine di trenta giorni di cui al citato comma 5 dell’art. 120 c.p.a., quanto ai motivi aggiunti, dovrebbe farsi decorrere dal momento in cui la Stazione appaltante provveda a rendere effettivamente disponibili gli atti di gara, con la precisazione che, da tale termine, andrebbe tuttavia sottratto il tempo intercorrente tra la conoscenza dell’atto lesivo (provvedimento di aggiudicazione definitiva) e la proposizione dell’istanza di accesso di accesso agli atti da parte dell’operatore interessato (ciò al fine di evitare che il tempo impiegato dal privato per l’esercizio del diritto di accesso possa tradursi in una immotivata proroga del termine di legge).
Il rinvio alla Corte costituzionale operato dal TAR Lecce
Ad avviso del TAR Lecce, tuttavia, malgrado i tentativi della giurisprudenza sopracitati di interpretare l’art. 120, comma 5 c.p.a., in parte qua, conformemente alla Costituzione, tale disposizione (nella parte in cui disciplina il termine di decorrenza per la proposizione dei motivi aggiunti), a causa del proprio univoco tenore letterale (che non ammette eccezioni e/o interpretazioni adeguatrici) e dei correlati e definitivi effetti preclusivi/decadenziali, si pone in contrasto con l’art. 24 della Costituzione in quanto impedisce di fatto la tutela giurisdizionale della parte ricorrente avverso i vizi di legittimità del provvedimento di aggiudicazione rivelati dagli atti e dai documenti successivamente conosciuti.
Secondo la pronuncia in commento, tale questione di costituzionalità, oltre a non essere manifestamente infondata per le ragioni spiegate, risulta altresì rilevante ai fini del decidere atteso che, nel caso di specie, i motivi aggiunti notificati dalla Società ricorrente sono risultati effettivamente tardivi sia rispetto all’unico termine decadenziale previsto dall’art. 120, comma 5, c.p.a., ossia trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di aggiudicazione cui all’art. 79 del D. Lgs. n. 163/2006 (ora: art. 76, comma 5, del D. Lgs. n. 50/2016), sia (anche) rispetto al termine ulteriore di quindici giorni per i vizi di legittimità rivelati dagli atti e documenti successivamente conosciuti a seguito di accesso agli atti.
Sulla base di siffatte motivazioni, il TAR Lecce, con l’ordinanza in esame, ha pertanto sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.120, comma 5, c.p.a per contrasto con il diritto di difesa ed il principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 della Costituzione, nella parte in cui detta norma fa decorrere il termine di trenta giorni per la proposizione dei motivi aggiunti dalla ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione di cui all’art. 79 del D. Lgs. n. 163/2006.
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