L’esclusione può essere disposta per ragioni anche ulteriori da quelle enumerate dall’art. 80, co. 5, che contiene un elenco esemplificativo e non tassativo
In accordo con il principio di autoresponsabilità dell’impresa, l’affittuario del ramo di azienda è tenuto alla verifica della situazione del concedente. Così come con l’affitto si acquisisce la possibilità di impiegare i mezzi e le esperienze dell’impresa che cede il ramo aziendale, allo stesso modo si incorre nelle medesime responsabilità che a tale impresa possono essere ascritte quali ragioni di esclusione dalla procedura. È da reputare in particolare invalidante per l’affittuario il DURC negativo della concedente di cui ha altresì speso i mezzi ed il personale quale requisiti. Nel valutare il ricorrere di ragioni di esclusione ai sensi dell’art. 80, co. 5 del Codice, l’amministrazione non deve intendersi vincolata alle ipotesi espressamente indicate dalla disposizione stessa, essendo l’elenco delle ragioni di esclusione da reputare esemplificativo e non tassativo.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato n. 7022/2018 giudicato legittima l’esclusione dalla procedura di gara disposta in ragione di una riscontrata situazione di irregolarità contributiva dell’impresa concedente il ramo d’azienda affittato dall’ offerente. L’offerente, in punto di fatto, proprio alla luce dei rapporti con la concedente, si era resa altresì destinataria di un sequestro preventivo delle quote sociali, per reati tributari e di bancarotta fraudolenta, in corso di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria, elemento anch’esso posto a fondamento dell’esclusione.
L’esclusione veniva disposta in esito al conforme parere dell’ANAC, che ha espresso l’orientamento secondo cui la domanda di concordato preventivo presentata dall’impresa destinataria del DURC negativo non era circostanza idonea a sanare la situazione di irregolarità contributiva.
Con la pronuncia in commento, il Consiglio di Stato ha offerto molteplici indicazioni di principio in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 80, con particolare riguardo ai commi 4 e 5.
Ha statuito il Collegio che alla luce della ordinaria disciplina del contratto di affitto del ramo di azienda, in ossequio alla quale, l’affittuario subentra nei rapporti attivi e passivi dell’impresa concedente, deve ritenersi che il cessionario sia responsabile delle irregolarità imputabili al concedente, anche qualora esso abbia interrotto la propria attività in un momento antecedente al termine di presentazione delle offerte.
Così come l’affittuario spende i requisiti, allo stesso modo egli soggiace alle eventuali responsabilità del cedente (il Consiglio di Stato richiama sul punto Ad. Plen. n. 10 del 4 maggio 2012).
Deve ritenersi che il principio enunciato non sia inconciliabile con l’orientamento secondo cui l’affittuario che dimostri la completa dissociazione dal cedente, attraverso la totale ed effettiva cesura fra le due gestioni, può non incorrere in analoga responsabilità. La stessa decisione in commento richiama al riguardo la sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5470/14, ove tale principio è enunciato.
La cesura in ogni caso, nella fattispecie dedotta in giudizio, non è venuta in rilievo, poiché essa non è stata dedotta ed anzi risulta accertata l’assenza di particolari condotte di dissociazione dalla gestione della società concedente, il cui legale rappresentante risultava anzi socio al 49% della concedente stessa.
Il Collegio rileva quale ulteriore causa di esclusione, pur non rielevata espressamente dalla Stazione appaltante nel provvedimento di esclusione, la circostanza che sussistessero ingenti debiti tributari già iscritti al ruolo in capo alla concedente, debiti che a norma dell’art. 14 del d.lgs. 472/1997, si trasferiscono in capo all’affittuario.
Il Consiglio di Stato enuncia anche il principio secondo cui in ipotesi di questo tipo non è necessario in alcun modo preventivamente attivare nei confronti dell’affittuario la procedura di preavviso di DURC negativo, poiché tale procedura – in accordo con un indirizzo consolidato (Ad. Plen. n.n. 5, 6 e 10/2016) si applica solo per l’ipotesi di DURC richiesto dall’impresa e non in occasione dei controlli effettuati dalla Stazione Appaltante.
Ad avviso del Consiglio di Stato, infatti, consentire una regolarizzazione successiva, si porrebbe in conflitto con i principi di certezza e par condicio, comportando violazione al contempo del principio secondo cui i requisiti di partecipazione devono essere posseduti al momento della presentazione dell’offerta e permanere per tutta la durata della procedura.
Rimane dunque del tutto irrilevante in ipotesi come quella che qui interessa un eventuale adempimento tardivo delle obbligazioni contributive.
Un simile orientamento, statuisce la sentenza in rassegna, risulta confermato anche in esito alle modifiche introdotte all’art. 80, co. 4, d.lgs. 50/2016 ad opera del d.lgs. 56/17 che consente la partecipazione alla gara del soggetto che ottemperi ai propri obblighi o assuma impegno vincolante in tal senso.
L’adesione all’invito di regolarizzazione può essere prestata in maniera che essa rappresenti elemento utile ad evitare l’irregolarità contributiva soltanto in un momento antecedente alla presentazione della domanda di partecipazione, cristallizzandosi dopo la proposizione della domanda la situazione di irregolarità come elemento ostativo alla partecipazione.
Al di fuori di questa ipotesi codificata, l’art. 80 co. 6 ha una formulazione tale che non è consentito alla stazione appaltante distinguere tra omissioni contributive precedenti o sopravvenute all’inizio della procedura, né consente di distinguere fra i diversi momenti della procedura in cui l’irregolarità sia emersa.
Tale orientamento, la cui legittimità è stata confermata dalla sentenza CGUE 10 novembre 2016, n. C-199/15, si applica anche qualora l’omissione sia imputabile ad un soggetto diverso dal partecipante, e questo ad avviso del Collegio sulla base del principio di autoresponsabilità dell’impresa e dell’onere di diligenza imposto ai partecipanti alla gara. Onere che si estende alla verifica puntuale della sussistenza dei requisiti anche in capo al concedente (al momento della presentazione dell’offerta e per tutta la durata della procedura di gara).
L’orientamento è analogo – sul punto – a quello maturato in ordine ai requisiti dell’ausiliaria.
Né allo scopo di superare la situazione di irregolarità e renderla irrilevante ai fini della partecipazione alla gara, può essere invocato l’art. 168 della legge fallimentare, applicabile in ragione della domanda di concordato formulata dall’impresa concedente.
La norma – asserisce il Collegio – è posta a tutela della par condicio fra creditori e non dispiega alcun effetto sanante con riguardo ai debiti contributivi e tributari dell’impresa, soprattutto ai fini della partecipazione alle procedure di gara. A norma dell’art. 186 bis della legge fallimentare solo all’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale è consentita la partecipazione alle gare. La norma va interpretata restrittivamente e si applica solo alle ipotesi che essa contempla. Ipotesi cui è estranea la semplice presentazione della domanda di concordato. In ogni caso afferma il giudice, che anche accedendo ad una interpretazione meno rigorosa, dovrebbe ritenersi che la sospensione dei debiti necessariamente vada riferita ai debiti maturati successivamente alla domanda, verrebbe diversamente introdotta una indebita sanatoria delle posizione debitorie dell’impresa, per il solo fatto di aver presentato domanda di concordato.
Il Collegio giudica per queste ragioni infondata la domanda, formulata nel processo, intesa all’accertamento dell’illegittimità del DURC irregolare emesso.
Asserisce infine il Collegio che la situazione di fatto portata alla propria attenzione comunque integra nel suo complesso gli estremi dei gravi illeciti professionali idonei a minare l’integrità e l’affidabilità dell’impresa.
Ribadisce al riguardo il Consiglio di Stato che l’enumerazione delle varie fattispecie in cui la ragione di esclusione di cui all’art. 80, co. 5 risulta integrata, è meramente esemplificativa, essendo l’interpretazione dei concetti di “gravi illeciti professionali” e di “affidabilità” e “intregrità” dell’impresa lasciati alla valutazione discrezionale della stazione appaltante (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 5136/2018; idem, n. 1299/2018; n. 5142/2018), quale concetto giuridico indeterminato.
Al riguardo, il Collegio afferma che una simile opzione ermeneutica è compatibile con la direttiva 2014/24 UE, ove parimenti il concetto di gravi illeciti professionali ha carattere indeterminato ed afferma la legittimità sul punto della linee guida ANAC (che pure erano state impugnate incidentalmente) in quanto compatibili sia con il dettato della legge che con l’indirizzo consolidato della giurisprudenza.
Si deve ritenere che per rendere tale statuizione compatibile con il principio di tassatività delle cause di esclusione è quantomeno necessaria una puntuale motivazione che assista l’esercizio di tale discrezionalità e funga da garanzia del rispetto del principio di legalità procedimentale.
L’onere di adeguata valutazione e motivazione è ribadito anche dal Collegio e viene ritenuto nel caso specifico certamente integrato.
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