Ciò appare particolarmente rilevante per l’ordinamento nazionale, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 2016 che ha dichiarato l’incostituzionalità della c.d. Legge Madia, nella parte relativa alla disciplina delle società pubbliche e, in particolare, dell’in house.
La fattispecie concreta rimessa alla Corte UE nasceva dall’impugnativa da parte di un’impresa di settore di una delibera comunale che, ritenendo sussistenti i presupposti per l’affidamento in house ad una società a partecipazione pubblica, assegnava alla stessa un appalto del servizio di gestione del ciclo integrato dei rifiuti urbani.
La Corte di Giustizia ribadisce che il requisito soggettivo – ovvero che il soggetto cui attribuire l’affidamento diretto svolga l’attività prevalente con l’ente o con gli enti locali che lo controllano – è finalizzato a garantire che la direttiva 2004/18 trovi applicazione anche nel caso in cui un’impresa controllata da uno o più enti sia attiva sul mercato e possa pertanto entrare in concorrenza con altre imprese.
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Stefano Muccioli
Redazione Appalti&Contratti
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