Il responsabile unico del progetto nel nuovo codice dei contratti pubblici e nel suo correttivo tra amministrazione e risultato

Gerardo Soricelli 17 Dicembre 2024
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1. Introduzione. Un profilo storico dell’evoluzione della figura del responsabile del procedimento dei contratti pubblici: dalla gestione dell’istruttoria all’amministrazione di risultato

La figura del responsabile del procedimento ha avuto una significativa evoluzione normativa e operativa con l’approvazione e l’entrata in vigore della legge quadro sui lavori pubblici (l. 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni e integrazioni), nella quale, oltre ai compiti tipicamente istruttori elencati in modo esemplificativo nella legge n. 241/1990, nuove e considerevoli funzioni vengono delineate ed attribuite nel relativo art. 7 e, successivamente meglio specificati a titolo meramente esemplificativo e senza alcuna pretesa di esaustività, agli artt. 7 e 8 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 1. «Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994 n. 109 e succ. mod.». Trattasi di disposizioni di «adeguamento», nel senso che esse recepiscono nell’ordinamento dei lavori pubblici taluni istituti previsti in termini generali dalla legge n. 241 del 1990 che ha segnato una importante passo evolutivo, sotto il profilo organizzativo, degli apparati amministrativi e dei loro rapporti con il cittadino1.

A riguardo, di notevole impatto e interesse, è il regime di responsabilità previsto nei confronti del responsabile unico, la cui mancanza di accenni nell’ambito della regolamentazione dell’istituto nella legge n. 241/1990, aveva indotto parte della dottrina a denunciarne l’incompiutezza di disciplina ed a teorizzare, sulla base dei principi generali del procedimento amministrativo, la c.d. «responsabilità procedimentale».2

Tale disciplina legislativa ha, quindi, rafforzato ulteriormente la stretta connessione tra la figura organizzatoria del responsabile e la concezione di una pubblica amministrazione prevalentemente proiettata verso il risultato della propria azione globalmente intesa, anziché ancorata alla sola legittimità formale dei propri atti 3. È sintomatico, in tal senso, l’attribuzione al responsabile, nell’ambito del procedimento amministrativo così prefigurato dalla normativa quadro, non solo di funzioni amministrative ma anche di più complesse attività deliberative, tecniche e certificative.

È possibile affermare che il legislatore, con l’introduzione delle norme di cui alla legge n. 109/1994, e, come già implicitamente delineato nella precedente normativa di cui al d.lgs. n. 29/1993, ha eliminato ogni dubbio e perplessità sulla scelta di un percorso di politica legislativa orientato a riformare l’attività dell’organizzazione di rilevanza pubblicistica attraverso una tendenziale unificazione procedimentale ed organizzativa dell’azione dei pubblici poteri4.

La successiva produzione legislativa nelle materie – soprattutto – dell’edilizia, delle espropriazioni e del procedimento di autorizzazione all’insediamento di attività produttive ha rimarcato, con maggiore incisività, tale indirizzo e la coerenza seguita nel perseguimento di tali obiettivi. In ordine all’ambito soggettivo di applicazione, è da segnalare che la legge quadro, a seguito della modifica apportata dalla legge n. 415 del 1998 al relativo art. 1 si applica alle Regioni sia a statuto speciale che ordinarie, nonché alla Province autonome di Trento e Bolzano soltanto per i principi di riforma economica e sociale desumibili dalle sue disposizioni, a motivo del quale, in materia, deve conseguentemente trovare applicazione sia il principio secondo il quale i regolamenti governativi non sono legittimati a disciplinare materie di competenza regionale, sia il principio secondo cui la delegificazione non può operare per fonti legislative diverse da quelle statali5.

L’art. 1 comma 2 del regolamento n. 554/1999 stabilisce che quest’ultime, le Province autonome di Trento e Bolzano, nonché gli enti regionali da queste finanziate devono applicare le norme del regolamento per i lavori finanziati in misura prevalente dallo Stato o realizzate nell’ambito di funzioni delegate dallo Stato, nonché nelle materie non oggetto di potestà legislativa regionale a norma dell’art. 117 della Costituzione. Inoltre, il successivo comma 3 dispone che questi enti istituzionali, ai sensi dell’art. 10 della legge 62/1953, osservino le disposizioni del regolamento fino a quando non avranno adeguato la propria legislazione ai principi desumibili dalla legge.
In particolare, appare interessante evidenziare come in relazione alla previsione di cui al citato comma 3, il Consiglio di Stato, in considerazione soprattutto della necessità richiamata anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 482 del 1995 di una normativa il più possibile omogenea nel delicato settore delle opere pubbliche, in sede di parere emesso con riferimento all’emanando regolamento generale e vigente il vecchio Titolo V della Costituzione, aveva esaminato il problema circa l’applicabilità della normativa in argomento alle Regioni.6

In merito, il supremo giudice amministrativo ha riferito che la questione andava risolta sulla base dell’insegnamento della stessa Corte costituzionale esposto nella citata sentenza del 1995, secondo la quale alla legge (quadro) andava attribuito nella sua interezza una valenza temporanea, sostitutiva della normativa regionale, fino al momento in cui le stesse Regioni avrebbero provveduto a dotarsi di una propria specifica normativa legislativa e regolamentare di settore, ovvero ad adeguare quella esistente al nuovo ordinamento.

Precisava, quindi, che, negli stessi limiti, il regolamento generale può trovare applicazione nei confronti delle Regioni come norma di attuazione della norma primaria. Sulla stessa linea di pensiero si era espressa, tra l’altro, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, mentre l’Ufficio di controllo sugli atti del Governo della Corte dei conti, in sede di rilievo n. 2 del 2000, evidenziava l’illegittimità delle norme di cui all’art. 1 commi 2 e 3 del regolamento per violazione dell’art. 117 della Costituzione allora vigente, anche se successivamente le statuizioni in argomento venivano ammesse al visto dalla Sezione del Controllo sugli atti del Governo della medesima Corte dei conti. I dubbi sollevati da più parti prendevano le mosse tutti dal rilievo secondo cui la formulazione del comma 3 dell’art. 1 si discostava dai limiti della normazione secondaria, in considerazione che la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni è affidato solo alla legge, sulla base dei principi sanciti dalla Costituzione.

In conclusione, l’assunto dominante era che in materia si applicava il principio secondo cui il d.P.R. n. 554/1999 non è legittimato a regolamentare settori di competenza regionale e la connessa regola per cui la delegificazione non può ovviamente trovare effetto per fonti legislative diverse da quelle statali. 7 Ora, a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione da parte della legge Cost. n. 3 del 2001, si pone il problema se la materia dei lavori pubblici rientri o meno nella legislazione esclusiva o concorrente dello Stato. In proposito, può affermarsi che manca nell’art. 117 Cost. una specifica designazione dei lavori pubblici come materia di competenza legislativa dello Stato o di quella concorrente. Ad un esame, però, delle materie indicate nella norma costituzionale si rileva con chiarezza che quella dei lavori pubblici, ancorché non sia oggetto di uno specifico riferimento nella Costituzione, si connette strettamente ad alcune di quelle o perché vi è ricompresa, rappresentandone una delle componenti, oppure perché viene da essa condizionata, sopportandone comunque l’impatto diretto o indiretto per alcuni aspetti.

Consegue a tutto ciò, secondo un’attenta dottrina8, l’esistenza di una certa «competenza legislativa trasversale» sia dello Stato che delle Regioni o Province autonome, restando ovviamente fuori da tutto ciò il settore di pertinenza esclusiva della Regione. In altre parole, per le materie riservate esclusivamente allo Stato, è questi che ha una potestà legislativa esclusiva ed una potestà regolamentare nel dettare la disciplina dei lavori pubblici strettamente connessa a tali materie, mentre nelle materie soggette alla legislazione concorrente, allo Stato compete l’emanazione della disciplina di principio ed alle Regioni l’elaborazione della relativa disciplina di dettaglio. In definitiva, anche se sino ad oggi non sussistono in merito pronunzie da parte della Corte costituzionale, si è dell’avviso che il vigente regime legislativo e regolamentare in materia di lavori pubblici vada riesaminato e conformato alle competenze che provengono dalle nuove disposizioni costituzionali, mentre esigenze di unitarietà di disciplina, che alludono a comprensibili interessi meritevoli di tutela secondo quanto incidentalmente affermato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza del 1995, autorizzano a mantenere ferma in via generale l’attuale sistemazione dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione vigente.

Incidentalmente, infine, si ritiene opportuno soffermarsi sui rapporti tra la legge generale sul procedimento amministrativo n. 241/1990 e la legislazione di settore de qua, nonché sulla natura delle norme della 241/1990.
Come è stato evidenziato, infatti, da autorevole dottrina 9, «i principi del procedimento amministrativo risultanti dalla legge 241 trovano piena applicazione nel campo dei lavori pubblici», realizzandosi a tale stregua «un effetto di completamento fra le disposizioni della legge e le disposizioni della disciplina di settore, anche quindi di quelle contenute nella legge 109».
In questa direzione, già l’Adunanza generale del Consiglio di Stato, con parere del 21 novembre 1991 n. 141, aveva osservato che la legge 241 rappresenta una legge di principi volta a disciplinare l’organizzazione amministrativa e che l’inciso di «legge generale» sul procedimento ad essa attribuito va inteso con riferimento alla sua funzione di «individuazione di dati valori ordinamentali fondamentali cui la successiva normazione particolare, di rango primario e secondario in tema di procedimento ed organizzazione, deve uniformarsi» nonché, relativamente alla figura del responsabile del procedimento, alla sua finalità di «formulazione di ipotesi tipiche di combinazioni organizzative (…) che (nel complesso tutte) debbano costituire un indirizzo e una costante per le future statuizioni in materia».9

In questa chiave di lettura va interpretato il riferimento alla legge n. 241/1990 contenuto all’art. 7 della legge n. 109/94, nell’ambito dell’introduzione della disciplina sul responsabile unico nei lavori pubblici. Ciò, in quanto, altresì, le norme della legge 241/1990 costituiscono il livello più basso di garanzia per il cittadino e la trasparenza amministrativa su cui non è possibile rinunciare, e con riferimento ai quali la legislazione di settore e la normativa regionale può solo apprestare una regolamentazione di tipo migliorativo nell’ambito dei rapporti tra la p.a. ed il cittadino10.

A margine di quest’excursus sull’interpretazione delle fonti sui procedimenti amministrativi, appare opportuno esprimere l’opinione che la figura del responsabile del procedimento costituisce uno degli elementi fondamentali della riforma del sistema dei lavori pubblici e, come tale, un principio inequivocabile della legge, da ritenere efficace per tutte le amministrazioni pubbliche, sia pure con i dovuti temperamenti tendenti a riconoscere agli enti, dotati d’autonomia normativa, la possibilità di coordinarla alle specificità organizzative11. Nella tematica degli appalti pubblici, si sottolinea che gli scopi che il legislatore del 1994 si era proposto di rincorrere attraverso la disciplina della figura del responsabile del procedimento e, successivamente, anche di quella – di breve durata – del coordinatore unico, erano sostanzialmente quelli di: 
a) realizzare il modulo organizzativo tipico dell’impresa (contraddistinto da un profilo strutturale non piramidale che privilegia il momento del coordinamento rispetto a quello della supremazia gerarchica ed avente come fine dell’azione il risultato nonché l’economicità e l’efficacia della gestione) che prenda il posto del tradizionale modello burocratico, caratterizzato – invece – da una organizzazione basata sul principio di gerarchia e da una attività che si esplica per ordini; 
b) attuare una maggiore trasparenza amministrativa, sia sotto il profilo procedurale sia per ciò che concerne gli aspetti finanziari dell’opera; 
c) dar rilievo, anche nel settore degli appalti pubblici, ad uno degli obiettivi sottesi alla introduzione nell’ordinamento dell’istituto del responsabile del procedimento nell’ambito della procedura amministrativa, quale quello di creare un unico interlocutore pubblico posto a garanzia degli interessi contrapposti dei soggetti coinvolti dall’azione pubblica12.

Quanto ai contenuti della figura, si osserva che la disciplina del responsabile unico assume una peculiare rilevanza nell’ambito dell’ordinamento amministrativo, oltre che per il segnalato regime di responsabilità, anche per le soluzioni adottate nella direzione di una necessaria professionalità e competenza dei funzionari pubblici, in relazione alle quali taluni dei rilievi interpretativi, che verranno prospettati in prosieguo, possono assumere un pregnante valore esegetico nella generale configurazione della figura del responsabile del procedimento così come regolato nella legge n. 241/1990. Il responsabile unico del procedimento è previsto all’art. 7 della legge quadro n. 109/1994, sotto il titolo di «misure per l’adeguamento della funzionalità della pubblica amministrazione» 13, mentre i relativi compiti e funzioni sono precisati, tra l’altro come già detto in via del tutto esemplificativa, agli 7 e 8 del d.P.R. n. 554/99, emanato in attuazione della legge quadro.
Da rilevare come, la normativa sui lavori pubblici, a differenza della ricordata disciplina di cui alla legge n. 241/1990 non regola il caso della mancata indicazione del nominativo del responsabile, né precisa le conseguenze dell’omissione in termini di eventuale illegittimità della procedura. In mancanza di una norma speciale, sembra doversi ritenere applicabile la legge generale sul procedimento amministrativo. Applicazione idonea anche alla normativa del vecchio codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016, con l’eccezione del nuovo codice di cui al d.lgs. n. 36/2023 che richiama, sul punto, l’art. 5 della l. 241/199013.

Con il codice dei contratti pubblici entrato in vigore il 19 aprile 2016, il responsabile unico del procedimento ( di seguito denominato RUP) risulta avere una posizione di maggiore centralità, con le competenze che andavano dalla fase della progettazione a quella dell’esecuzione dell’appalto. Tale nomina è anche prevista dalla normativa speciale relativa ai contratti per l’attuazione del PNRR (l. 108/2021). Per ogni procedura, il responsabile unico, con propria determinazione motivata approva ciascuna fase progettuale o di esecuzione del contratto, anche in corso d’opera14. La riformulazione ad opera del nuovo codice del 2023 (d.lgs. n. 36/2023) ambisce a rimodulare la figura, in modo adeguato con lo spirito che permea l’intervento normativo nella sua interezza, a partire dal principio del risultato.

2. La nuova figura del responsabile unico del progetto (rup) e la sua disciplina sostanziale
Come precisa la relazione illustrativa al codice, l’art. 15, comma 1 – conservandone la centralità e la trasversalità del ruolo – ridisegna la portata e la figura del RUP, che è un responsabile “di progetto” (o di “intervento”) e non di “procedimento” (definizione forse viziata dal riferimento alla legge n. 241 del 1990, che non appare pienamente conferente): infatti, si tratta del responsabile di una serie di “fasi” preordinate alla realizzazione di un “progetto”, o un “intervento pubblico” (fasi per il cui espletamento si potrà prevedere, come si dirà, la nomina di un “responsabile di fase”, a sostegno dell’attività del RUP). La norma è costruita in modo da non incidere sulle parti dell’articolato concernenti la qualificazione delle stazioni appaltanti per le fasi della procedura che vengono svolte ricorrendo a centrali di committenza, ad aggregazioni di stazioni appaltanti o ad altre stazioni appaltanti qualificate.

Tale salvezza implicita, che vale per i casi in cui vi è un riparto di competenze, comunque non deroga al principio generale secondo cui ogni s.a. individua un responsabile unico del progetto. Si è tenuto, inoltre, conto dell’eventualità che emergano esigenze non considerate nella programmazione, prevedendosi, in tal caso, che alla nomina del RUP si provveda nel primo atto relativo all’intervento.

Il comma 2 è riferito alla nomina del RUP, con concentrazione in un unico comma delle previsioni (rispettivamente riferite alle stazioni appaltanti che sono pubbliche amministrazioni o enti pubblici e quelle che, invece, non hanno tale qualificazione) inserite nei commi 1 e 10 dell’articolo 31 del d.lgs. n. 50 del 2016. Si conferma che il RUP è nominato dal responsabile dell’unità organizzativa titolare del potere di spesa, con la soppressione, tuttavia, dell’inciso “che deve essere di livello apicale” in quanto tautologico. È stata altresì soppressa, in quanto causa di controversie sui riparti di competenze interne alle amministrazioni, la previsione contenuta nel codice attuale secondo cui “laddove sia accertata la carenza nell’organico della suddetta unità organizzativa, il RUP è nominato tra gli altri dipendenti in servizio”.

Sempre il comma 2 contempla un “meccanismo di chiusura” che assicura sempre l’individuazione del RUP, attraverso la previsione secondo cui, in caso di mancata nomina del RUP nell’atto di avvio dell’intervento pubblico, l’incarico è svolto dal medesimo responsabile dell’unità organizzativa titolare del potere di spesa. Resta ferma la previsione secondo la quale l’ufficio di RUP è obbligatorio e non può essere rifiutato15.

L’articolo 15 del nuovo codice dei contratti pubblici del 2023 rafforza il principio del risultato introducendo la figura del responsabile unico del progetto (RUP) e definendo i requisiti e i compiti del RUP per l’affidamento di appalti e concessioni nell’Allegato I.2. Quest’ultimo costituisce, tra l’altro, una delle innovazioni più evidenti della riforma rispetto al d.lgs. n. 50 del 2016, che si connota per un’autonoma fisionomia di competenze e di funzioni e per l’elemento di novità non coincidente con le funzioni primordiali di trasparenza del responsabile del procedimento sia della legge n. 241 del 1990 che dell’ultimo codice dei contratti (d.lgs n. 50 del 2016). Il responsabile unico del progetto nei contratti pubblici svolge un ruolo chiave nel garantire una separazione chiara tra la politica e l’amministrazione, contribuendo così alla qualità dell’azione amministrativa in termini di efficienza, economicità e funzionalità organizzativa.

Può dunque affermarsi che il nuovo codice ponga le basi per una figura amministrativa (il RUP), dotata di funzioni e responsabilità autonome dalla politica. Il RUP pone le basi, nella propria attività, per strutturare organizzativamente, e ancor prima funzionalmente la fisionomia della disciplina dei contratti pubblici per assicurarne il risultato conforme ai principi del buon andamento e dell’imparzialità.

La lettura dell’art. 15 del nuovo codice dei contratti pubblici non lascia adito a dubbi sulla complessità dei compiti e delle funzioni che il RUP dovrà svolgere nel contesto dell’intervento pubblico da realizzare nei termini prescritti. Dal punto di vista formale, il responsabile unico del progetto viene designato nel primo atto di avvio dell’intervento pubblico e fa parte dell’organico dell’amministrazione aggiudicatrice se possiede i requisiti e i presupposti indicati nell’Allegato I.2, che si concentrano sulle competenze professionali e specialistiche adeguate al tipo di appalto o concessione su cui fare l’intervento pubblico. In generale il nuovo responsabile unico svolge funzioni di coordinamento del processo realizzativo dell’intervento pubblico (art. 6, comma 1, dell’All. I.2 del codice) e, in particolare, svolge tutte le attività nelle 4 fasi del progetto indicate in dettagli dall’allegato I.2., oltre quelle competenze necessarie c.d. residuali, se non di competenza di altri organi od uffici dell’ente16.

La riformulazione della figura del RUP tiene appunto conto della centralità del principio del risultato come aspetto sostanziale della realizzazione dell’intervento pubblico di progetto, dove efficacia e buon andamento si integrano a vicenda nel perseguire gli interessi della comunità. Sistematicamente, la conseguente e preannunciata “conversione” del responsabile del procedimento amministrativo nella figura del RUP corre il concreto rischio di rimanere un “organismo” burocratico, se visto nella mera disciplina delle sue attività, mentre si dovrà ergere con il tempo a figura di efficienza e di funzionalità dove le abilità soggettive si sposano con una visione oggettivo-funzionale dell’attività amministrativa.

Responsabile di progetto e non di procedimento sta a confermare la centralità e l’ampiezza del RUP come soggetto responsabile delle fasi preordinate alla realizzazione di un intervento pubblico, che deve essere completato nei termini previsti. Come risulta dal codice, il RUP è stato introdotto in funzione dirompente rispetto al passato proprio per fornire allo stesso libertà di manovra e ampi spazi di autonomia delle scelte discrezionali preordinate all’affidamento e all’esecuzione contrattuale17. Nell’intenzione del legislatore vi è stato l’intento “pratico” di superare il timore per la firma e la burocrazia difensiva che hanno spesso paralizzato il raggiungimento del risultato programmato e procurato un danno significativo all’immagine dell’amministrazione pubblica italiana. Un chiaro esempio a tal riguardo è attestato dalla giurisprudenza costituzionale che ha sottolineato come ci sia un nesso di consequenzialità tra il reato di abuso d’ufficio e inefficienza della pubblica amministrazione burocrazia difensiva è intesa come causa di inefficienza dell’attività amministrativa e di possibili fenomeni di corruzione. Infatti, secondo la Corte18 “A seguito del descritto pervasivo ed estensivo utilizzo della fattispecie incriminatrice e a fronte delle perplessità dottrinarie, la sentenza in commento ha registrato come spunto per l’ultimo intervento legislativo sulla norma di riferimento la diffusa propensione difensiva dei pubblici funzionari, più inclini all’immobilismo che all’assunzione di decisioni più impegnative, rilevando come il fattore scatenante del provvedimento sia stata l’emergenza pandemica e la necessità di dare nuovo slancio all’economia nazionale limitando i rischi correlati alla responsabilità erariale e alla responsabilità penale del pubblico amministratore.
n questo snodo si pone, infatti, il passaggio più rilevante della pronuncia in commento poiché, oltre a sottolineare che la modifica dell’abuso d’ufficio è stata causata dalla convinzione che il «rischio penale» e l’indeterminatezza dei limiti applicativi della norma costituiscano il fattore di impulso del già evocato fenomeno della «burocrazia difensiva» intesa soprattutto come causa di inefficienza dell’attività della pubblica amministrazione, la Corte afferma che “è ben vero che l’esigenza di contrastare tali fenomeni, incidendo sulle relative cause, – non nasce con l’emergenza epidemiologica, ma si connette all’epifania, ben anteriore, degli indirizzi giurisprudenziali che hanno dilatato la sfera applicativa dell’incriminazione, attraendovi, tanto la violazione dell’art. 97 Cost., quanto lo sviamento di potere”.

Il RUP si inserisce, pertanto nel contesto dei contratti pubblici traducendo i risultati e la fiducia in soluzioni concrete e ampie, frutto dell’esercizio corretto dei poteri discrezionali attribuiti al RUP e ai suoi ausiliari di supporto. Ne è prova il fatto che il RUP sia nominato all’avvio del progetto pubblico e la nomina avviene “nell’interesse proprio o di altre amministrazioni, per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione di ciascuna procedura soggetta al codice”19. Dalle prime letture del codice si evince come, sia il principio del risultato che quello della fiducia, siano implicati nella descrizione sostanziale dei compiti e delle funzioni del RUP, inducendolo ad attività di buon andamento e di efficienza organizzativa che trovano la loro base nella prioritaria fiducia dell’amministrazione di appartenenza. Chiaro è il tenore letterale dell’art. 2, comma 1 del codice, secondo il quale “l’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”.

Anche l’art. 2, comma 2 del codice considera indirettamente il RUP come il soggetto a cui la struttura amministrativa competente, con l’avvenuta nomina, ripone la massima fiducia nell’iniziativa e nell’autonomia decisionale ai fini dell’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato.

Come riconosciuto dal codice, tuttavia, il sindacato del RUP sulle fasi progettuali non può essere disgiunto dalla necessità di raggiungere il risultato sperato. D’altronde, anche il principio di unicità del RUP (unicità che non viene meno con la facoltà di prevedere diversi responsabili di fase per singolo progetto) rapportato al possesso dei requisiti professionali, tecnici e morali adeguati e proporzionati al tipo di affidamento e di esecuzione contrattuale gode di un margine di fiducia che l’amministrazione di appartenenza ripone nella predetta figura per realizzare le utilità reali funzionali alla costruzione nell’interesse pubblico concreto al bene della vita. Un altrettanto chiaro esempio che conferma il principio della fiducia applicabile al RUP sono le disposizioni rinvenibili nei commi 6, 7, 8, 9, dell’art. 15 del codice. il comma 6 e il comma 9 sembrano però essere maggiormente volto ad assicurare il principio del risultato”. Tutte queste norme impongono , però un sistema di dosaggio dei due principi: di risultato e di fiducia. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono istituire una struttura di supporto al RUP, e possono destinare risorse finanziarie non superiori all’1 per cento dell’importo posto a base di gara per l’affidamento diretto da parte del RUP di incarichi di assistenza al medesimo”.
La disposizione costituisce un’innovazione importante perché consente al RUP di avvalersi di un supporto strategico nell’ottica di ottimizzazione del risultato, anche se l’elemento fiducia consiste nella scelta degli organi/uffici di supporto.

Il comma 7, che così recita “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, in coerenza con il programma degli acquisti di beni e servizi e del programma dei lavori pubblici di cui all’articolo 37, adottano un piano di formazione per il personale che svolge funzioni relative alle procedure in materia di acquisiti di lavori, servizi e forniture”. Tutto ciò nell’ottica di fiducia dell’amministrazione verso coloro che hanno accettato e partecipato al piano di formazione per svolgere legittimamente, in modo trasparente, efficiente e corretto tutte le attività di coordinamento, supporto negli acquisti di lavori, forniture e servizi. Il successivo comma 8: “Negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale e nelle altre formule di partenariato pubblico-privato, è vietata l’attribuzione dei compiti di RUP, responsabile dei lavori, direttore dei lavori o collaudatore allo stesso contraente generale, al soggetto aggiudicatario dei contratti di partenariato pubblico-privato e ai soggetti a essi collegati”. Qui l’esigenza che venga garantita l’imparzialità e il buon andamento nello svolgimento dei compiti di RUP comporta il divieto del soggetto aggiudicatario dei contratti di partenariato pubblico-privato e dei soggetti a essi collegati di conseguire il ruolo di RUP e ciò è applicazione della fiducia e dell’interesse a conseguire il migliore risultato possibile. Il comma 9 collega la fiducia e il risultato alle specificità e complessità dei processi di acquisizione gestiti direttamente. Infatti “Le centrali di committenza e le aggregazioni di stazioni appaltanti designano un RUP per le attività di propria competenza con i compiti e le funzioni determinate dalla specificità e complessità dei processi di acquisizione gestiti direttamente”.

La scelta del RUP deve essere , tuttavia, ancorata a decisioni che tengono conto di valutazioni tecniche ed economiche complesse, funzionalmente coerenti con il complesso degli interessi pubblici e privati da valutarsi nel quadro complessivo del principio del risultato. Sull’art. 16 relativo al conflitto di interessi sarei propenso, ai fini dell’attuazione del principio della fiducia, all’applicazione dell’art. 6-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241.
La nuova frontiera tracciata dai principi del risultato e della fiducia impongono, inevitabilmente, alcune riflessioni sui conflitti d’interesse.


Ciò favorisce il superamento del deficit di tutela giurisdizionale già rilevato, consentendo all’autorità giurisdizionale, attraverso la predeterminazione dei casi di conflitto di interessi, di “percepire più chiaramente e, quindi, più attendibilmente, un vizio eventuale di eccesso di potere, poiché quella stessa autodeterminazione” risulterebbe “un punto di riferimento in sede processuale che consentirebbe al giudice di accedere al filo conduttore che collega la determinazione dei presupposti alla elaborazione delle scelte”20.

L’art. 16 del codice,infatti, afferma che “Si ha conflitto di interessi quando un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni e ne può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, gli esiti e la gestione, ha direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione”. Secondo la dottrina, quindi, “Sebbene l’art. 6-bis, l. 241/1990 faccia esplicito riferimento alla situazione ex ante e quindi all’ipotesi in cui tale provvedimento non venga effettivamente adottato, l’attenzione della giurisprudenza si è interamente concentrata sulle ripercussioni ex post: è necessario individuare quali siano le conseguenze giuridiche di un atto adottato nonostante il dovere di astenersi dal farlo. Tralasciando il tema della responsabilità amministrativa e disciplinare del dipendente, il conflitto di interessi determina l’invalidità dell’atto adottato nonostante la situazione d’incompatibilità.

Difatti, la violazione della regola di condotta da parte del funzionario comporta che l’atto sia stato adottato ugualmente, in spregio alla situazione conflittuale e pertanto in violazione del precetto normativo di cui all’art. 6-bis summenzionato”.21 In effetti, il comma 2 dell’art. 16 del codice stabilisce che “In coerenza con il principio della fiducia e per preservare la funzionalità dell’azione amministrativa, la percepita minaccia all’imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro”. Qui l’obiettivo del legislatore è stato quello di tutelare la fiducia dell’amministrazione nel soggetto funzionario che cura l’interesse altrui (c.d. “interesse funzionalizzato”) con effettiva limitazione del principio probatorio da chi invoca il conflitto alla percepita minaccia all’imparzialità e indipendenza a presupposti specifici e a documentazione certa ed inconfutabile sull’effettività del pregiudizio subìto.

Secondo la normativa attuale è ora sufficiente per configurare il conflitto di interessi che “l’interesse personale del soggetto che, a qualsiasi titolo, intervenga con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni, costituisca una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza anche solo potenziale”22.
Di notevole interesse, in chiave di ottemperanza al principio del risultato, è la giurisprudenza amministrativa al riguardo che ha interpretato in maniera funzionale e improntata ad effettività il problema del conflitto di interessi. In particolare si legge che: “In sostanza l’appellante sostiene che il RUP avrebbe dovuto astenersi dall’assumere le determinazioni di cui si discute perché è la stessa persona che ha dato vita alle contestazioni dei pregressi comportamenti di SAD che hanno fatto da base delle determinazioni stesse. Non a caso eccepisce il vizio di violazione del principio di imparzialità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2016, n. 196123: il dovere di astensione per conflitto di interessi costituisce esplicazione del più generale principio di imparzialità, che a sua volta rappresenta uno dei canoni a cui l’Amministrazione, ex art. 97 Cost., deve informarsi nell’esercizio dell’attività discrezionale). Ma in chiave generale Cons. Stato, sez. V , 20 dicembre 2018, n. 717024 ha ribadito che non ricorre una situazione di conflitto di interessi nel caso in cui emerga che un dirigente della P.A., nominato presidente di una commissione di gara, abbia adottato, nel corso degli anni nello svolgimento delle sue mansioni, molteplici provvedimenti pregiudizievoli tali da determinare l’insorgere di diverse controversie giurisdizionali con l’impresa concorrente; tale fattispecie non integra alcuna delle condizioni tassativamente previste dall’art. 51 c.p.c. e dall’art. 42, d.lgs. n. 50 del 2016, in presenza delle quali sussiste l’obbligo di astensione dalle funzioni di commissario, né un potenziale conflitto di interessi per l’esistenza di gravi ragioni di convenienza, di una causa pendente tra le parti o di una grave inimicizia tra le medesime”25. Sul punto da rilevare anche la giurisprudenza amministrativa trentina, secondo la quale “Merita sottolineare ancora che, affinché un conflitto possa sorgere, è necessario che si sia alla presenza di veri e propri interessi, “vale a dire che effettivamente sussista un bisogno da soddisfare e che tale soddisfazione sia raggiungibile effettivamente subordinando un interesse all’altro.

Vengono quindi in rilievo non già situazioni astratte e meramente potenziali, ma concrete, specifiche e attuali” (cfr. parere citato). Pertanto, in applicazione delle riportate coordinate ermeneutiche, al fine di individuare la sussistenza di un conflitto di interessi devono venire in considerazione situazioni appunto “concrete, specifiche e attuali”, verificate per l’appunto “in concreto”, sulla base di prove specifiche26, come acclarato dalla consolidata giurisprudenza, da confermare anche in questa sede27 tenuto conto anche delle rilevantissime conseguenze e responsabilità derivanti dalla violazione del dovere di astensione gravante sui predetti soggetti in ragione delle norme sopraindicate. Detta connotazione di concretezza e specificità, e non già di genericità ed indeterminatezza, deve aver riguardo sia alle situazioni di conflitto di interesse tipizzate nell’ordinamento, sia con riferimento a quelle non tipizzate. Tanto al fine di evitare che, sulla base di qualunque elemento induttivo soggettivamente interpretabile e meramente strumentale, possa essere messa in discussione l’imparzialità delle commissioni giudicatrici ed in genere degli organi dell’amministrazione e, sotto altro punto di vista, possa determinarsi un ostacolo alla efficiente e spedita operatività delle stazioni appaltanti, soprattutto di quelle di piccola dimensione, quale l’Amministrazione qui intimata”28. In questo senso, il risultato amministrativo diventa criterio interpretativo e limite sostanziale del conflitto d’interessi che così viene a costituire un parametro recessivo rispetto al raggiungimento del risultato e, in questo, senso risultato e legalità convivono in spazi necessari all’attuazione dei principi di buon andamento, continuità, non aggravamento, semplificazione e celerità dell’azione amministrativa. Rileva, pertanto, la cedevolezza delle mere legalità formali rispetto al principio el risultato, qualificato dal codice dei contratti pubblici quale criterio prioritario e interesse primario a cui strumentalmente gli altri principi, in particolare, concorrenza e trasparenza, sono funzionalmente collegati. È vero, pertanto, che il principio del risultato contribuisce al formarsi della interpretazione evolutiva ed adeguatrice dell’art. 16 del codice che offre al primo uno strumento per fronteggiar la complessità e cercare, in modo nuovo, la semplificazione.

E ciò soprattutto al fine di evitare che, sulla base di qualunque presupposto induttivo, aleatorio e privo di rilevanza pratica possa porre in discussione il buon andamento delle commissioni giudicatrici ed in genere degli organi dell’amministrazione e, sotto altro punto di vista, possa determinarsi un ostacolo alla efficiente, economica ed efficace e spedita operatività delle stazioni appaltanti, Collocando, così, il risultato all’interno dell’art. 97 Cost. si determina tra risultato e legalità uno spazio discrezionale comune, finalizzato all’acquisizione, nel settore dei contratti pubblici, di lavori, beni o servizi utili alla collettività e, soprattutto, in qualche caso, necessari alla tutela dei diritti fondamentali e dei diritti sociali, non solo individualmente considerati. Il principio di risultato costituisce un elemento del dna della legalità e tende al corretto, efficiente rispristino del rapporto tra legislatore e amministrazione, riservando a quest’ultima gli spazi necessari per svolgere la propria azione nel rispetto dei principi di regolazione formale e sostanziale. In breve, il ruolo del principio di risultato nell’ambito dei conflitti di interesse sembra essere di pura correzione dei fenomeni di ostruzionismo, complicazione, complessità, inefficienza operativa dell’amministrazione stessa. In questo senso, il principio del risultato dovrà muoversi in una linea di equilibrio che sappia bilanciare legittimità dell’azione amministrativa e realizzazione pratica dell’interesse sostanziale ambito dal privato, e cioè dar tutela piena ai diritti fondamentali emergenti nel codice in una prospettiva di “risultato”29

Tali riflessioni danno la contezza dell’importanza delle funzioni del RUP, soprattutto nel coordinamento di tutte le fasi del progetto e dei responsabili e degli ausiliari impegnati nello svolgimento dell’intervento pubblico .L’autonomia del responsabile unico del progetto è attestata anche dal fatto che lo stesso si avvale in via ordinaria delle diverse competenze e professionalità della struttura interna all’ente di appartenenza. Non solo, in relazione alla natura del progetto e dell’intervento pubblico da effettuare, il RUP può avvalersi dell’opera di collaborazione e del supporto di altre figure professionali esistenti in pianta stabile nell’ente di appartenenza, proprio nell’ottica del risultato. Dalla lettura del nuovo codice dei contratti pubblici dall’art. 9 dell’All.I.2 il RUP è unico per tutte le fasi dell’intervento pubblico. E, accanto al RUP generale, sono ammessi nelle ipotesi di acquisti aggregati o di accordi tra amministrazioni, le nomine di RUP “particolari”.

Al RUP “generale” spettano poteri specifici ed incisivi sui RUP “particolari” in grado di garantire il sollecito e legittimo svolgimento dell’iter procedimentale, superando le problematiche che, di volta in volta, emergono. (I principi enucleati in tema di suddivisione tra centro di responsabilità unica del procedimento e responsabile delle singole fasi progettuali non scalfisce minimamente il principio della unicità della responsabilità in materia di contratti pubblici. La stessa giurisprudenza costituzionale è ferma sul punto in quanto sostiene che: “La Corte stessa, in precedenza, richiamata dalla Regione resistente, in relazione a una simile disposizione di una legge della Regione Umbria, censurata dallo Stato per gli stessi profili, ha osservato: «la legge regionale […] ha previsto, al comma 2, la regola del responsabile unico del procedimento, limitandosi a stabilire che le amministrazioni aggiudicatrici, “nell’ambito dell’unitario procedimento di attuazione dell’intervento”, possono individuare sub-procedimenti senza che ciò incida sulla unicità del centro di responsabilità. Avendo riguardo allo specifico contenuto precettivo delle disposizioni impugnate, deve, pertanto, rilevarsi come la disciplina delle modalità organizzative dell’attività del responsabile unico del procedimento rientri nella materia della organizzazione amministrativa, riservata alle Regioni ai sensi del quarto comma dell’art. 117, Cost.».

Le medesime considerazioni valgono per la disposizione oggi impugnata, poiché, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 34, l’unicità del centro di responsabilità procedimentale è garantita dal «responsabile di progetto», il quale «coordina l’azione dei responsabili per fasi, se nominati ai sensi del comma 2, anche con funzione di supervisione e controllo».
La disposizione impugnata non è, dunque, in contrasto con il principio di responsabilità unica, posto dall’invocato art. 31, comma 1, del nuovo codice dei contratti a tutela di unitarie esigenze di trasparenza e funzionalità della procedura di gara, preordinata alla corretta formazione della volontà contrattuale dell’amministrazione, e di accentramento del regime della responsabilità dei funzionari)”30. Sotto questo profilo, il RUP “generale”, che coordina e sovrintende a tutte le fasi del procedimento, svolge in definitiva due funzioni chiave: quella di raccordare, sotto il profilo professionale, le amministrazioni coinvolte e quella di dare impulso all’azione amministrativa nel suo complesso31.

Il raggiungimento di questi due obiettivi necessita della previsione di specifiche funzioni di vigilanza idonee a richiamare i RUP particolari nello svolgimento dei propri compiti in termini celeri e fattivi. Da questo punto di vista, Il RUP generale assume un ruolo fondamentale come garante dell’efficacia dell’amministrazione di risultato. Affinché possa svolgere appieno questo compito, è essenziale che sia investito di ampi poteri di monitoraggio, vigilanza, diffida, sanzionatori e, nei casi di ritardo o di inadempimento, sostituzione.

L’art. 9 dell. All. I.2 designa, quindi, una funzione generale di vigilanza in capo al RUP generale: deve monitorare che i RUP “particolari” svolgano in modo diligente ai propri compiti secondo il principio della leale collaborazione. Parimenti, tali poteri di impulso, vigilanza, sostituzione devono essere accompagnati da previsioni normative che attribuiscano anche poteri sanzionatori e di correzione per le eventuali disfunzioni dei RUP particolari, riscontrate di volta in volta.
L’art. 15, comma 4, del codice introduce, in buona sostanza, il principio della responsabilità funzionale ed efficiente del RUP generale e, per le diverse fasi, degli eventuali ausiliari, senza che ciò contrasti con il principio di responsabilità unica del RUP.
Per il principio di risultato, gli artt. da 6 a 9 dell’allegato I.2 disciplinano rispettivamente i compiti del RUP comuni a tutti i contratti e le fasi, nonché i compiti specifici del RUP per l’affidamento, per quella di esecuzione e per gli acquisti aggregati, centralizzati e in caso di accordi tra amministrazioni. Dall’elenco non esaustivo che ne risulta, le competenze vastissime del RUP vanno da quelle ad efficacia esterna all’ente di appartenenza, all’esclusione dalla gara,all’ordine di sospensione dei lavori alle funzioni di direttore dell’esecuzione del contratto. Evidentemente il nuovo RUP assomma competenze multiple, variabili e comunque professionalmente più specialistiche di quelle attribuite al RUP di cui all’art. 31 del d.lgs. n. 50 del 2016, nonché ai responsabili del procedimento delle normative tradizionali.

Come accennato, il RUP svolge le proprie funzioni secondo il principio di fiducia in relazione a quanto prescritto sall’art. 2, comma 1, del codice). In particolare, “l’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”. Anche il RUP, quindi, costituisce un istituto che rientra nelle finalità del nuovo codice che, così, mira a favorire le scelte discrezionali per la loro maggiore elasticità e adattabilità alle diverse situazioni concrete, consentendo così di raggiungere i risultati attesi in tempi celeri e soddisfacenti. A tal riguardo, è importante che il RUP si liberi dalla c.d. “paura della firma” e rimoduli il principio del risultato e della fiducia per favorire la propria autonomia decisionale e realizzare l’intervento pubblico, all’interno del principio di legalità e ciò anche in virtù della protezione cautelare assicurativa che potrà favorire le libertà di decisione amministrativa.

Un RUP professionale, dotato di proporzionata copertura assicurativa, che gode di fiducia incondizionata da parte di un’amministrazione forte sarà maggiormente in grado di gestire la zavorra della passività difensiva di stampo burocratico proprio perché tale figura costituisce un istituto fondamentale nella gestione degli interventi pubblici in una prospettiva funzionale di attuazione della fiducia reciproca tra l’Amministrazione e gli operatori economici.
Nel segno di questo cambio di paradigma basato sull’attuazione del principio della fiducia, l’istituto del RUP costituisce il segnale più imponente di un cambiamento profondo che, “fermo restando ovviamente il perseguimento convinto di ogni forma di irregolarità, miri a valorizzare lo spirito di iniziativa e la discrezionalità degli amministratori pubblici, introducendo “una rete di protezione” rispetto all’alto rischio che accompagna il loro operato”32. Un ambito operativo individuato da dottrina attenta è l’attuazione dell’art. 93, comma 3, del codice secondo cui “la commissione è presieduta da un dipendente della stazione appaltante ed è composta da suoi funzionari, in possesso del necessario inquadramento giuridico e di adeguate competenze professionali. Della commissione giudicatrice può far parte il RUP”, la cui incompatibilità assoluta con il ruolo di componente della commissione giudicatrice era stata già superata dal correttivo al precedente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 56 del 2017 di modifica del d.lgs. n. 50 del 2016). Per la verità, la giurisprudenza aveva dato già da tempo risposta negativa alla presunta incompatibilità tra RUP e componente/presidente della commissione giudicatrice, ritenendo33, nel considerato in diritto che: “Tuttavia, la giurisprudenza della Sezione34 ha già messo in evidenza che, ai sensi dell’art. 107, d.lgs. n. 267/2000, tra le attribuzioni dirigenziali, figura espressamente anche quella di assumere la presidenza delle commissioni di gara.
L’ampliamento della sfera di responsabilità, facenti capo al dirigente, delineatosi a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, infatti, ha rafforzato l’esigenza che il medesimo dirigente sia posto in grado di seguire, in prima persona, le procedure dei cui esiti è responsabile.

Così come non vi è incompatibilità tra le funzioni di presidente della commissione di gara e quella di responsabile del procedimento, analogamente deve ritenersi nel caso di un dirigente dell’ente locale che ha svolto le funzioni di presidente del seggio e di responsabile del procedimento al quale sia stato anche attribuito il compito di approvare gli atti della commissione di gara”35. Tale posizione giuriprudenziale ha trovato conferma, di recente, nelle sentenze del Consiglio di Stato, dove si afferma che “L’orientamento giurisprudenziale prevalente ha invece interpretato l’art. 77, comma 4 del d.lgs. n. 50 del 2016 in continuità con l’indirizzo formatosi sul codice antevigente, giungendo così a concludere che, nelle procedure di evidenza pubblica, il ruolo di RUP può coincidere con le funzioni di commissario di gara e di presidente della commissione giudicatrice, a meno che non sussista la concreta dimostrazione dell’incompatibilità tra i due ruoli, desumibile da una qualche comprovata ragione di interferenza e di condizionamento tra gli stessi”36.
Ancora più specifica l’ultima giurisprudenza, nella quale si afferma che “l’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 (analogamente all’immediato antecedente normativo costituito dall’art. 84, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006), va interpretato tenendo conto della ratio legis volta ad evitare la partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti, interni o esterni, alla stazione appaltante che abbiano avuto un ruolo significativo, tecnico o amministrativo, nella predisposizione degli atti di gara, tale cioè che possa condizionare, sotto il profilo della soggettiva interpretazione delle regole di gara ovvero dell’imparzialità, lo svolgimento della procedura di gara o l’attività valutativa delle offerte, in particolare, va escluso che sia sufficiente a provocare l’incompatibilità di cui alla citata disposizione la mera conoscenza del contenuto degli atti di gara acquisita per ragioni d’ufficio o di servizio. In sintesi, la situazione di incompatibilità va valutata in concreto, tenendo conto della portata della funzione o dell’incarico svolti dal singolo commissario e della relativa incidenza nello svolgimento della determinata procedura di gara37.

Il ruolo del RUP, fino ad ora tratteggiato, si pone in una dimensione di relazioni organizzative parametrate sulla funzionalità dell’agire amministrativo, slegate dall’ineluttabilità del potere autoritativo e volto all’amministrazione di risultato. La volontà del codice di dare piena attuazione del principio di risultato si rivolge anche alla configurazione del RUP, allorché afferma che il risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per: a) valutare la responsabilità del personaleche svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti …” (art. 1, comma 4, del codice).Tale principio riguarda direttamente anche il RUP visto nella sua vocazione sostanziale della ricerca della legalità sganciata dalla burocrazia difensiva.
in primo luogo, l’intervento pubblico del RUP individuano le sue competenze e responsabilità verso ilcanone realizzativo (cfr. l’art. 4, del codice). Ciò significa fare perno sul RUP come modello di agente pubblico di sintesi delle attribuzioni e delle conseguenti responsabilità per garantire l’efficienza dell’attività amministrativa. Il nuovo sistema di affidamento dei contratti pubblici si affranca dall’elemento contabilistico/burocratico per perseguire l’obiettivo generale di efficienza del sistema nella capacità di conseguire rapidamente e con il migliore rapporto qualità/prezzo l’oggetto dell’appalto. Con ciò “valorizzando la discrezionalità esercitata da parte di soggetti dotati di idonea professionalità ed elevando il RUP a responsabile dell’intero intervento pubblico ossia – volendo utilizzare una terminologia fatta propria dal codice stesso – al pari diun vero e proprio Project manager”38. A ben vedere, analizzando in modo specifico i compiti e le funzioni del RUP, sembra evidente come lo stesso debba seguire le linee guida del project management, che prevedono un unico soggetto con le competenze necessarie per gestire tutte le fasi di un progetto. Il RUP svolge un ruolo chiave nell’organizzazione e coordinazione delle attività, e dispone di un’adeguata struttura di supporto assimilabile al c.d. “Project management office” (PMO). Più esattamente, il Project Manager è la persona fisica, dotata di requisiti professionali, tecnici specialistici, incaricata nel guidare il team al raggiungimento degli obiettivi del progetto e svolge una varietà di funzioni”39. L’ampiezza dei poteri del Project manager è tale che allo stesso è consentita la facoltà di delegare compiti e responsabilità ad altre professionalità , dotati di le competenze tecniche necessarie, anche attraverso l’impiego di consulenti esterni qualificati40.

Con l’avvento del nuovo codice dei contratti pubblici, le mansioni e l’importanza del RUP sono mutate, facendolo progredire verso un ruolo manageriale, inteso ad incidere sui processi decisionali in seno alle pubbliche amministrazioni, stimolandone l’efficienza e il risultato dell’azione amministrativa. Questo è dovuto non solo a una maggior necessità di una figura guida per gli interventi progettuali del nuovo codice nell’ottica del risultato al fine di formare delle professionalità interne all’amministrazione capaci di gestire con flessibilità e duttilità l’armonizzazione tra i principi delle attività di diritto privato e e di diritto pubblico svolte dall’amministrazione. Il RUP-Project manager deve applicare l’art. 1, l. n. 241/1990, insieme ai principi del risultato e della fiducia nei contratti pubblici, in una sorta di integrazione reciproca. Per fare tutto questo, il RUP-Project manager dovrà affrontare la portata dei problemi dell’opera o del servizio pubblico interessato, motivando all’occorrenza il personale con la formazione, con la fiducia reciproca e preparandolo al raggiungimento dei risultati della stessa organizzazione amministrativa.

3. Le finalità del nuovo correttivo al codice dei contratti pubblici in tema di responsabile unico del progetto
Il nuovo correttivo al codice dei contratti pubblici rafforza la posizione del RUP rispetto al principio del risultato.
Com’é noto, il responsabile unico del progetto costituisce una figura organizzativa innovativa introdotta per lo svolgimento efficiente e funzionale del settore dei contratti pubblici e assicura il completamento dell’intervento pubblico nei termini previsti e nel rispetto degli obiettivi connessi al suo incarico, svolgendo tutte le attività indicate nell’allegato I.2, o che siano comunque necessarie, ove non di competenza di altri organi. L’importanza del ruolo è stata percepita con immediatezza dal legislatore delegato che, con il recente correttivo al codice dei contratti pubblici, ha accentuato e formalizzato l’autonomia della fase istruttoria rispetto a quella decisoria. Invero, il nuovo quadro normativo così delineato colloca il RUP (non più scelto tra i dipendenti di ruolo dell’amministrazione) in una speciale unità organizzativa responsabile, nella quale vi fanno parte, oltre, naturalmente, al RUP come figura centrale, anche non dirigenziale, i cd. responsabili di fasi, cioè di segmenti della procedura contrattuale interessata, insieme ai dipendenti della stazione appaltante chiamati a svolgere funzioni strumentali e di supporto ai responsabili di fase e al RUP. In questa prospettiva non viene meno “l’unicità” del RUP e né il suo compito di impulso, coordinamento ed informazione delle fasi che ricadono nella sua competenza e nelle attribuzioni anche di altri uffici dello stesso ente.

Attuando gli artt. 1-10 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023), il RUP è chiamato ad assegnare e a individuare i responsabili di fase in base ai criteri di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, tenendo presente il principio del risultato e motivando la scelta, individuando l’esigenza di proporzionare i carichi di lavoro e la rotazione degli incarichi in un’ottica rispettosa dei criteri di trasparenza e di fiducia.
Il RUP o il responsabile di fase, secondo il correttivo, “possono delegare al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore per lo svolgimento di attività operative nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC”. Soluzione, questa, che appare adeguata soprattutto per i numerosi sub-procedimenti, di ridotta complessità, che non pongono particolari problemi di indagini istruttorie e che impattano sul principale procedimento ad evidenza pubblica. Per ovvi motivi di certezza dei rapporti giuridici amministrativi tra la stazione appaltante e l’aggiudicatario, l’atto formale di designazione del personale “pubblico” dovrà avere la forma scritta, a garanzia del RUP, del personale delegato e dei terzi interessati41. La delega dei compiti pone, ovviamente, sia il RUP che il responsabile di fase in una posizione di sovraordinazione rispetto agli impiegati nominati, che non si identificherà nel tradizionale e rigido potere gerarchico ma si attesterà sui compiti di sollecitazione, coordinamento , informazioni e relative attività di denuncia di eventuali ritardi o inadempienze amministrative. La completezza e la trasversalità dei compiti del RUP è attestata dall’ulteriore funzione di certezza legale (Allegato 1.2, Art. comma 1 lettera s-bis), identificata nel rilascio del certificato di esecuzione dei lavori entro trenta giorni dalla richiesta dell’esecutore. Il nuovo correttivo sembra, così, voler disegnare intorno al RUP, un profondo processo di riorganizzazione degli uffici dedicati alla gare pubbliche in linea sia con le esigenze dei terzi di poter individuare con facilità l’agente responsabile delle informazioni ufficiali dello stato dell’appalto, che con le esigenze di un celere risultato amministrativo, frutto di un’organizzazione complessa ma strutturata.

4. Conclusioni: cosa cambia nella natura giuridica del responsabile unico del progetto?
In definitiva, per essere un buon gestore delle dinamiche dei contratti pubblici nell’ottica del risultato, il responsabile unico del progetto non può mai distogliere lo sguardo da quella che è la finalità piú schietta: la gara orientata all’ottenimento di un “bene di elevata qualità, di seguire la selezione per il migliore operatore economico e, infine, di monitorare efficacemente l’operato dell’operatore economico aggiudicatario in sede di esecuzione del contratto”42. La nuova ridefinizione della figura del RUP dà di sicuro nuova linfa al rapporto tra amministrazione ed amministrati, onde perseguire il massimo della efficacia e della efficienza, anche adoperando strumenti consensualistici, ispirati al principio di leale collaborazione, rifuggendo al contempo da atteggiamenti di chiusura preventiva dettati dalla c.d. “burocrazia difensiva”43.
È utile anche sottolineare come la figura del RUP resti fortemente incisa dalle previsioni in questione in termini di funzionalità operativa. In tale contesto possono forse maggiormente comprendersi e ricondursi ad unità le tante suggestioni dottrinali in tema di amministrazione “di risultato” che tratteggiano l’apparato amministrativo come una struttura fondamentale del bene comune, dove il c.d. “fruitore finale” è la comunità sociale organizzata. In altre parole, si tratterebbe di accogliere, tra le righe, una sorta di personalizzazione dell’attività amministrativa, che è proprio quella di « considerare il funzionario (…) come operatore professionale in sé posto in una posizione personale di diritti e doveri, in condizione di sostanziale responsabilità»44. In chiave strettamente funzionale, la responsabilità opera quale criterio di imputazione del dovere di scelta e di rispondere delle conseguenze scaturenti da essa45. Ciò potrebbe condurre ad interrogarsi sul necessario carattere oggettivo della funzione amministrativa ponendo al centro dell’analisi il ruolo degli agenti e la loro responsabilità .
Quello della responsabilità funzionale del RUP attuale, pur non costituendo un dogma indiscutibile, certamente potrebbe rappresentare una una chiave di lettura sistematica che ha svolto un ruolo fondamentale in un determinato momento storico (nel 1990 con la legge 241), ma che forse risulta coerente, ancor di più oggi, e con lo sviluppo attuale dell’organizzazione amministrativa dei contratti pubblici.
Una simile copertura normativa, infatti, nel momento stesso in cui rende indefettibile la figura del responsabile unico del progetto nella disciplina sostanziale dei contratti pubblici stabilizza e consolida i princípi della costituzionali della leale collaborazione in funzione del risultato amministrativo, del pieno scambio informativo e dell’ausilio al cittadino che a tale figura sono oramai inscindibilmente connessi. Ma soprattutto produce una robusta spinta propulsiva verso una piú compiuta meditazione delle dinamiche costituzionali protese alla centralità della dignità umana.

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(1) Vasta è la letteratura in tema di responsabile unico del procedimento nei lavori pubblici, si vuole segnalare solo i saggi per me maggiormente interessanti come I. Franco, Il responsabile del procedimento con particolare riferimento alla realizzazione delle opere pubbliche, in Consiglio di Stato, 1995, II, p. 141; F. Garri, Prime osservazioni sull’art. 7 della nuova disciplina in materia di lavori pubblici (l. n. 109 del 1994), in Riv. Trim. Appalti, 1995, p. 57; T. Miele, Dal coordinatore unico al responsabile del procedimento, in Guida agli enti locali, 1998, p. 105; G. Pittalis, Le procedure di scelta dell’appaltatore e del concessionario nella nuova legge quadro, in Reg. gov. Loc., 1994, p. 185; A. Romano Tassone, Commento all’articolo 7 della legge 109/94, Misure per l’adeguamento della funzionalità della pubblica amministrazione, in La riforma dei lavori pubblici, Commentario, diretto da A. Angeletti, vol. I, Torino, 2000, p. 136; T. Tessaro, Il responsabile unico dei lavori pubblici dopo la Merloni ter. Individuazione, retribuzione, funzioni, responsabilità, Rimini, 1999. Con la previsione del responsabile unico del procedimento, il legislatore si è mosso nella direzione dell’attuazione di norme e principi costituzionali in materia di lavori pubblici, imponendo procedure improntate alla tempestività, trasparenza e certezza tra gli operatori del settore (art. 1 comma 1 della legge n. 109/1994 e s.m.i.). Il responsabile unico del procedimento costituisce la figura di approdo di una serie di interventi del legislatore tesi a responsabilizzare i singoli organi dell’amministrazione nei confronti degli apparati e dei terzi. Tali interventi presero le mosse dal d.P.R. 30 giugno 1972 n. 748 (norme sulla dirigenza statale), seguito poi sia dalla legge 11 luglio 1980 n. 312 (riforma dell’impiego statale) che dalla normativa quadro sulla riforma del pubblico impiego (l. n. 93 del 1983). Con queste discipline si posero le basi per una sostanziale e proficua attuazione, anche se solo parziale, del comma 2 dell’art. 97 Cost. secondo il quale è «negli ordinamenti degli uffici che devono essere determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari».Con la legge n. 109 del 1994 e s.m.i. (testo coordinato come modificato, da ultimo con la legge 1 agosto 2002 n. 166 e il d.lgs. n. 163/2006, meglio conosciuto come il codice dei Contratti pubblici), il legislatore sembra aver completato il processo di responsabilizzazione dei pubblici apparati, individuando in un unico modello organizzatorio (il responsabile unico del procedimento) la responsabilità per la promozione, il coordinamento, il controllo, la cura di un intero procedimento amministrativo complesso (quale appunto quello degli appalti pubblici) caratterizzato dalle fasi di programmazione, progettazione e collaudo delle opere pubbliche. Sul punto si vedano sia le riflessioni di Cavallaro, Viggiano, Il manuale del responsabile unico del procedimento, Milano, 2000, p. 1 e ss. che, soprattutto, quelle di Pascone, Il responsabile unico del procedimento dei lavori pubblici, Bergamo 2001, p. 7, il quale, a proposito della separazione tra politica e amministrazione sottolinea come «il principio verticistico che ha determinato la stessa amministrazione, viene sostituito da una sempre maggiore spinta alla libertà di azione assegnata al vertice politico in tema di indirizzo e controllo ed a un contestuale ridimensionamento della capacità gestionale che si incentra, in maniera assorbente, sulla dirigenza che ha “il polso” dell’amministrazione». Sulla responsabilità del procedimento nei lavori pubblici prima della legge 216 del 1995. Sul punto, si vedano anche Varlaro Sinisi, L’esecuzione dei lavori pubblici, Milano, 2000, p. 17 e ss.
(2) Sempre in materia di responsabilità cfr., pure, Pagano, Il responsabile del procedimento nella normativa sui lavori pubblici, in Danno e responsabilità, n. 7, 2001, 683, secondo cui «(…) il cammino della Corte Suprema approdato alla sentenza n. 500/99/SU ha un referente esplicito nella sentenza della prima sezione della Corte n. 5883 del 24 maggio 1991 (…) ove si affermava la responsabilità della p.a. senza richiedere la dimostrazione all’attore del comportamento del singolo funzionario (…) rilevando tuttavia che quei problemi probatori potevano trovare soluzione proprio con il riferimento alla (allora) novella della legge 241/1990, nella parte in cui prevedeva appunto il responsabile del procedimento». Sui rapporti tra legge n. 241 del 1990 e legge speciale sul responsabile unico dei lavori pubblici, Cons. st., 1992, n. 48/92 in Cons. Stato, 1993, I, 171. . Marchianò, Art. 7 (Misure per l’adeguamento della funzionalità della pubblica amministrazione), in Legge Quadro in materia di lavori pubblici, a cura di Carullo e Clarizia, tomo I, Padova, 2000, 245 e ss., e Urbani, Il responsabile del procedimento e la conferenza di servizi nei lavori pubblici, in Bargone e Stella Richter (a cura di), Manuale del diritto dei lavori pubblici, Milano, 2001, 130 e ss. Su questa tematica, quest’ultimo autore asserisce che, differentemente dalla disciplina di cui alla legge 241/1990, «Nel caso della disciplina dei lavori pubblici, invece, l’accento è posto soprattutto sul profilo sostanziale del risultato, nel senso che il responsabile del procedimento deve mirare ad assicurare la realizzazione dell’opera e su tale risultato sono parametrati i suoi non pochi compiti». Sul punto, cfr. Soricelli, Il responsabile del procedimento amministrativo, Napoli, Editoriale Scientifica, 2009, spec. p. 305 ss.
(3) Marchianò, Art. 7 (Misure per l’adeguamento della funzionalità della pubblica amministrazione), in Legge Quadro in materia di lavori pubblici, a cura di Carullo e Clarizia, tomo I, Padova, 2000, 245 e ss., e Urbani, Il responsabile del procedimento e la conferenza di servizi nei lavori pubblici, in Bargone e Stella Richter (a cura di), Manuale del diritto dei lavori pubblici, Milano, 2001, 130 e ss. Su questa tematica, quest’ultimo autore asserisce che, differentemente dalla disciplina di cui alla legge 241/1990, «Nel caso della disciplina dei lavori pubblici, invece, l’accento è posto soprattutto sul profilo sostanziale del risultato, nel senso che il responsabile del procedimento deve mirare ad assicurare la realizzazione dell’opera e su tale risultato sono parametrati i suoi non pochi compiti». Rilevante è altresì quanto si afferma in Franco, Il responsabile del procedimento, con particolare riguardo alla realizzazione delle opere pubbliche, cit., p. 145 e ss.
(4) Panassidi, Ferrara, Il responsabile unico di procedimento nei lavori pubblici, in Comuni in rete, 2000, n. 1, p. 19 e ss.
(5) Galtieri, Le funzioni del responsabile unico del procedimento per la realizzazione dei lavori pubblici. Ruoli e competenze, in App. urb. edil., 2001, n. 7/8, p. 388, in cui si accenna alla sentenza della Corte Costituzionale n. 482/1995, con la quale questa aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del precedente art. 1 comma 2 della legge quadro, nella parte in cui disponeva che costituiscono norme fondamentali di riforma economica-sociale e principi della legislazione dello Stato le singole disposizioni contenute nella legge e non soltanto i principi da essa desumibili.
(6) Cons. Stato, Parere del 12 luglio 1999, n. 123, in Edilizia e Territorio, 1999, n. 31, p. 15 e ss. Secondo Corte cost., 25 novembre 2020, n. 247 in Giur.cost., 6/2020, p. 2914 “È costituzionalmente illegittimo l’ art. 20 l. reg. Veneto 25 luglio 2019, n. 29 , nella parte in cui inserisce l’ art. 6-bis l. reg. Veneto 31 dicembre 2012, n. 55 . La norma, nell’ambito delle procedure relative allo sportello unico per le attività produttive di cui al d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160 , nel prevedere che, decorsi inutilmente i termini fissati dall’ art. 7, commi 1 e 2, del medesimo d.P.R. , senza che il responsabile del procedimento abbia comunicato il provvedimento conclusivo ovvero abbia attivato la conferenza di servizi, il richiedente possa presentare istanza per la convocazione di una conferenza di servizi finalizzata ad individuare le modalità per l’eventuale prosecuzione del procedimento, incide sul procedimento, aggravandolo, compromettendo la finalità di semplificazione ed efficienza, in violazione delle competenze esclusive dello Stato in materia di concorrenza e di livelli essenziali delle prestazioni. Infatti, a fronte di una regolamentazione nazionale che intende garantire la rapida e certa chiusura del procedimento, appare lesiva delle esigenze evidenziate la previsione della legge regionale che, rinviando ad una conferenza di servizi neanche decisoria”.
(7) Mezzacapo, Regioni: è sempre «giallo» sull’applicazione, in Guida al diritto – Dossier mensile, 2000, n. 5, p. 28 e ss.
(8) Cfr. Rossano, I lavori pubblici nel quadro della legge costituzionale n. 3 del 2001, in Riv. amm. app., 2001, n. 1-2, p. 76 e ss. Per una storia sul procedimento amministrativo, si veda Melis, Per una storia del procedimento amministrativo prima della legge sul procedimento in Riv. trim.dir.publ.2/2021, p. 571 ss.
(9) Sciullo, Principi del procedimento amministrativo e lavori pubblici, in Dir. Regione, 1994, p. 1051 e ss.
(10) Cfr. Caringella, Il procedimento amministrativo, Napoli, 2002, p. 18 e ss.
(11) Galtieri, Le funzioni del responsabile unico del procedimento per la realizzazione dei lavori pubblici. Ruoli e competenze, in App. urb. edil., 2001, n. 7/8, p. 392, che in tal senso si riferisce alle «amministrazioni aggiudicatrici». Cfr. altresì Corte cost., sent. n. 482 del 7 novembre 1995, in Cons. Stato, 1995, II, 1927, nella quale in merito alla figura del responsabile del procedimento si mette in risalto che «la disciplina che ad esso si riferisce risponde ad un principio generale che investe ogni procedimento amministrativo».
(12) Cfr. Miele, Il responsabile unico del procedimento, in Nuova Rassegna, 1999, n. 15-16, p. 1610 e ss., nonché Pozzi, Notazioni sulla figura del responsabile del procedimento con particolare riferimento alla legge Merloni-ter, in App. urb. edil., 1999, n. 6, p. 330 e ss., che tra i principi della legge Merloni comprende «quelli della concentrazione, delle specializzazioni professionali e delle conseguenti responsabilità». La rilevanza del ruolo del responsabile è ben sintetizzata dalla Relazione al Regolamento di attuazione della Legge Quadro (d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554), cit., in Aa.Vv., Commentario della nuova normativa dell’appalto di opere pubbliche, Padova, 2001, p. 210-211.
(13) Cardone, Articolo 10-Responsabile delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, diretto da G. F. Ferrari e G. Morbidelli, Artt.1-120, Milano Egea, 2013, p. 212.
(14) Dipace, Manuale dei contratti pubblici. Ristampa aggiornata, Torino, Giappichelli, 2021, p. 94.
(15) Relazione di accompagnamento al nuovo codice dei contratti pubblici, esame art. 15 del d.lgs. n. 36/2023, p. 34 e ss.
(16) Cfr. Bolognesi, Il responsabile unico del progetto nel codice dei contratti pubblici n. 36/2023 in Urb e app. n. 2/2024, p. 205.
(17) Cintioli, Il principio del risultato nel nuovo codice dei contratti pubblici in G.Morbidelli ( a cura di), I principi nel nuovo codice dei contratti pubblici, cit., p. 20
(18) Corte cost., 18 gennaio 2022, n. 8 in Giur. Cost. 2022, 1, p. 88.
(19) Cavallo, Commento all’art. 15 in R. Garofoli, G.Ferrari, codice dei contratti pubblici, cit., p. 90 e ss.
(20) Berrettini, Conflitto di interessi e contratti pubblici: un difficile equilibrio tra (in)certezza del diritto e tassatività delle situazioni conflittuali in www. federalismi.it n. 21/2020, p. 33 e ss.
(21)D’Ercole, Il conflitto di interessi nel procedimento amministrativo in www.ildirittoamministrativo.it, n. 6 di giugno 2024
(22) Cavallo, Commento all’art. 16 in R. Garofoli, G. Ferrari, codice dei contratti pubblici, cit., p. 101 e ss, la quale rileva come L’articolo 15-quater, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, convertito dalla legge 27 novembre 2023. n. 170 al comma 1, sopprimendo le parole «concreta ed effettiva» ha ampliato l’operatività pratica del conflitto d’interessi la cui rilevanza potenziale è idonea ad essere giuridicamente pregiudizievole. Sul conflitto potenziale di interessi idoneo a indurre l’interessato ad astenersi, Cfr, Cons.st. III, 20 agosto 2020, n.515 in IUS Amministrativo 21 agosto 2020, dove si afferma, in massima, cge “1n linea con quanto da ultimo affermato, in ordine allo schema di linee guida ANAC in materia, da Cons. Stato, atti norm., n. 667/2019, ai fini dell’individuazione di una situazione di conflitto di interesse è sufficiente il carattere anche solo potenziale dell’asimmetria informativa di cui abbia potuto godere un concorrente grazie all’acquisizione di elementi ignoti agli altri partecipanti per il tramite di un soggetto in rapporto diretto con la stazione appaltante, così come anche solo potenziale può configurarsi il conseguente, indebito vantaggio competitivo conseguito, in violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio competitorum; in altre parole, per le sue caratteristiche funzionali, la disposizione in parola è da intendersi come norma lato sensu “di pericolo”, in quanto le misure che essa contempla (astensione dei dipendenti) o comporta (esclusione dell’impresa concorrente) operano per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale può determinare”. In senso conforma, ex multis, da ultimo, Cons.st. IV, 24 aprile 2023, n.4129 in Diritto & Giustizia 28 AGOSTO 2023). Importante sul punto anche, .TA.R. Catanzaro, (Calabria) sez. I, 18.4.2024, n. 626, inedita
(23) In Redazione Giuffrè amm. 2016.
(24) In lamministrativista.it 21 dicembre 2018.
(25) Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2022, n. 10483, in Dir. proc. amm. 2023, 2, 377). Per una copertura costituzioanle dei rapporti tra cittadino e amministrazione , si vedano G. Corso, Cittadino e pubblica amministrazione. che cosa è cambiato nel loro rapporto in Dir.amm., 2/2024, p. 309 ss.; Police, Federalismo «asimmetrico» e dequotazione dell’eguaglianza: le fragili fondamenta della cittadinanza amministrativa, in Dir. econ., 2002, p. 489 ss.
(26) cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3401 in Guida al diritto, 2018, 35-36, p. 94.
(27) cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 aprile 2019, n. 2511,in lamministrativista.it, 18 aprile 2019.
(28) TAR Trento, (Trentino-Alto Adige) sez. I, 18 gennaio 2021,in Foro amm (Il) 2021, 1, p.121. Sul punto, più in generale per una corretta azione amministrativa, cfr. Cassese, Maladmistration e rimedi, in Foro it., 1992, V, p. 243.
(29) Cintioli, Il principio del risultato nel nuovo codice dei contratti pubblici, in G.Morbidelli (a cura di), I principi nel nuovo codice dei contratti pubblici, cit., p. 21 e ss.; Gioiosa; Amministrazione di risultato e tutela giurisdizionale, cit., p. 117.
(30) Corte cost., 9 luglio 2019, n. 166 in Foro amm. n. 10/2020p1814 ss.
(31) Cfr., ex multis, Blasini, Bray, Casini, Conticelli, De Cesaris, Fiorentino, Neri, Ridolfi, Schneider, Simone, I responsabili dell’efficienza: politica vs burocrazia in Riv.trim. dir. Pubb., n.4/2021, p. 1215 ss.
(32) Gallo Carrabba , La burocrazia difensiva: un esempio di cattiva amministrazione, in Amministrazione pubblica, n. 55 -56, p. 120-124; Battaglia, Battini, Blasini, Bontempi, Chiti, Decarolis, Mento, Pincini, Pirri Valentini, Sabato in Burocrazia difensiva: cause, indicatori e rimedi,cit., p. 1295 ss.; M. Cafagno, Risorse decisionali e amministrazione difensiva. Il caso delle procedure contrattuali, in Dir.amm., 2020, p. 35 e ss.; Battini-Decarolis, Indagine sull’amministrazione difensiva, in Riv. It. Public management n. 2/2020, p. 342 e ss.; Bottino, La burocrazia «difensiva» e le responsabilità degli amministratori e dei dipendenti pubblici, in Analisi Giuridica dell’Economia, Studi e discussioni sul diritto dell’impresa, 1/2020, p. 117-146
(33) Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2012, n. 2445, in Riv. giur. edilizia, 2012, 3, p. 815.
(34) Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2010, n. 3890 in Foro amm. CDS 2010, 6, 1284 (s.m); Cons. Stato, 12 giugno 2009 n. 3716, in Foro amm. CDS 2009, 6, p. 1471.
(35) Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6082 in Redazione Giuffrè 2018; TAR Lecce, sez. I, 12 gennaio 2018, n. 24 in Massima redazionale, 2018.
(36) Sull’analisi critica delle significative implicazioni dell’evoluzione delle attribuzioni e dei compiti di responsabilità della figura del responsabile unico del procedimento in responsabile unico del progetto, si veda il saggio di Bolognesi, Il responsabile unico del progetto nel codice dei contratti pubblici n. 36/2023 cit., p. 202 ss.
(37) Id., Op. ult.cit., p. 205.
(38) Id., Op.ult.cit., p. 206.
(39) Id. op. loc. ult. cit.
(40) M. Renna, Il responsabile del procedimento a (quasi) dieci anni dall’entrata in vigore della legge n. 241, in G. Arena, G. A., C. Marzuoli, C. M., E. Rozo Acu, E. R. A. (ed.), La legge n. 241/1990: fu vera gloria? Una riflessione critica a dieci anni dall’entrata in vigore, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001, p. 297- 328; Id., Il responsabile del procedimento nell’organizzazione amministrazione, in Dir.amm., 1994, p. 18; P. Lazzara, Il responsabile del procedimento e l’istruttoria, in A. Romano, L’azione amministrativa, Torino, Giappichelli, 2016, p. 267 dove si afferma che” in senso contrario, non sembra utile introdurre in via interpretativa un requisito di forma non previsto dalla legge; né peraltro, l’oralità dell’atto la possibilità dina successiva “comunicazione” e “pubblicazione” ai senti dell’art. 5, comma 3, legge n. 241 del 1990. Si veda anche G. Miele, voce Delega (diritto amministrativo), in Enc,dir.. vol. XI, Milano, 1962, 909; M. Cammelli, voce Delega (diritto amministrativo), in Enc.giur,,vol. XI,, Roma, 1988, p. 2.
(41) Iaria, I super principi generali: risultato, fiducia e accesso al mercato in G. F. Cartei e D. Iaria, Commentario al Nuovo codice dei contratti pubblici, Napoli Editoriale Scientifica, 2023, p. 17. Da rilevare l’ottimo contributo scientifico sul punto da Tarullo, Il responsabile del procedimento amministrativo: evoluzione storica e prospettive della figura in Aa.Vv., Scritti in onore di Franco Bassi, Tomo I, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2015, p. 299 ss.
(42) Una sintesi delle acquisizioni basilari in tema di semplificazione amministrativa e di efficienza delle pubbliche amministrazioni è specificata da Fabri, Il Neurodiritto e il ricorso per l’efficienza delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di pubblici servizi, in Giustizia amministrativa – Rivista di diritto pubblico (www.giustamm.it), n. 11 del 2012.
(43) Pastori, Responsabilità di amministratori e dipendenti pubblici tra interventi normativi recenti e prospettive di riforma, in D. Sorace (a cura di), Le responsabilità pubbliche, Cedam, Padova, 1998, p. 260 ss., spec. 266.
(44) Ursi, il responsabile del procedimento “rivisitato”in Dir. amm., 2/2021, p. 365 ss
(45) Cassatella, La responsabilità funzionale nell’amministrare. termini e questioni in Dir.amm., n. 3/2018, p. 740-741 il quale afferma che “la funzionalizzazione della responsabilità risulta essere il predicato della posizione dei dirigenti e dei funzionari, descrivendo il ruolo di ciascun soggetto che assume determinate scelte nel perseguimento di finalità stabilite in maniera eteronoma dalla legge, o comunque, da altre fonti idonee a radicare in capo agli apparati un dovere di decidere”.

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