Art. 102 d.lgs. n. 36/2023 – Impegni dell’operatore economico – Stabilità occupazionale – Applicazione CCNL – Pari opportunità – Certificazione sociale – Art. 57 d.lgs. n. 36/2023 –Clausola sociale – Attuazione impegni e clausola sociale – Onere specificazione – Art. 101 d.lgs. n. 36/2023 – Soccorso istruttorio – Inesistenza dovere specificazione – Esclusione – Illegittimità
Consiglio di Stato, sez. v, 3 gennaio 2025, n. 26
La dichiarazione di cui alla lett. a) dell’art. 102, comma 1 Codice 2023 – riprendendo in parte qua il contenuto dell’art. 57, comma 1 del codice dei contratti pubblici – impone all’operatore economico l’assunzione dell’impegno a «garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato».
La clausola sociale non obbliga l’aggiudicatario ad assumere tutto il personale in carico all’appaltatore uscente né tanto meno ad applicare le medesime condizioni contrattuali né, infine, a riconoscere l’anzianità pregressa. Una diversa interpretazione, che volesse ricavare un vincolo per i concorrenti al mantenimento dei livelli d’anzianità vantati dai lavoratori, risulterebbe contraria allo spirito e al significato delle clausole sociali, come delineati dalla giurisprudenza. Ciò in quanto è necessario un bilanciamento fra più valori, tutti di rango costituzionale ed europeo: da un lato, il rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Costituzione e dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (parte integrante dei Trattati: art. 6, paragrafo 1 del TUE), che riconosce la libertà di impresa, conformemente alle legislazioni nazionali; dall’altro, il diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Costituzione nonché dall’art. 15 della stessa Carta di Nizza.
La stazione appaltante può acquisire la dichiarazione [relativa agli impegni ex art. 102 Codice] avviando il soccorso istruttorio o procedimentale, come consentito dall’art. 101, comma 1 del codice dei contratti pubblici – trattandosi di elementi estranei al contenuto dell’offerta e quindi sottratti alle preclusioni poste dall’art. 101, comma 1, lettere a) e b) e ai sensi del comma 3 della medesima disposizione – il quale consente (e quindi impone) alla stazione appaltante di «richiedere chiarimenti sul contenuto dell’offerta tecnica e dell’offerta economica e su ogni loro allegato», fermo restando il divieto di modificare il contenuto dell’offerta.
Indice
Il caso di specie
Una società partecipava a una gara per l’affidamento di un appalto pubblico relativo a lavori di manutenzione straordinaria.
L’azienda, in ragione del maggior ribasso offerto, si classificava al primo posto.
Tuttavia, a seguito dell’apertura della busta contenente la documentazione amministrativa, la sua offerta veniva esclusa per violazione della lex specialis.
Segnatamente, rilevava la mancata produzione della dichiarazione, richiesta dal bando di gara, sulle modalità con le quali l’operatore avrebbe inteso adempiere a quanto stabilito dall’art. 102, comma 1, lett. a), b), c) d.lgs. n. 36/2023, al fine di: a) garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato nell’appalto; b) applicare a costoro i contratti collettivi nazionali (e di settore), nonché le stesse tutele economiche e normative anche per i lavoratori in subappalto; c) garantire pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa.
Di seguito ad istanza di riesame del provvedimento di esclusione – tramite la quale l’operatore economico faceva (tra l’altro) notare che la dichiarazione di stabilità del personale occupato sarebbe stata sostanzialmente inutile, non possedendo l’azienda addetti impiegati in precedenti commesse pubbliche e non sussistendo, per il contratto posto a gara, alcun precedente appaltatore cui subentrare – l’atto espulsivo, con ulteriori chiarimenti in risposta alle doglianze dell’impresa, veniva confermato dalla S.A.
A questo punto, l’operatore impugnava dinanzi al TAR l’esclusione e la conseguente aggiudicazione della commessa in favore dell’operatore controinteressato, asseritamente viziata, in via derivata, dalle illegittimità che avrebbero inficiato il provvedimento espulsivo.
In particolare, dinanzi al giudice, l’azienda lamentava l’illegittimità dell’esclusione per aver (la P.A.) richiesto una dichiarazione, riguardo la stabilità occupazionale, che non avrebbe potuto essere resa, non essendoci (per i lavori posti a bando) alcun appalto (già) operante al momento dell’avvio della gara e quindi nessun lavoratore da “salvaguardare” in fase di subentro.
Inoltre, la decisione della stazione appaltante veniva criticata – sempre in relazione al contenuto dell’art. 102 Codice 2023 – perché l’operatore economico, a differenza di quanto ritenuto dalla P.A., asseriva di aver indicato (con dichiarazione inserita nella documentazione amministrativa) l’applicazione, ai propri lavoratori, dello stesso CCNL indicato dall’amministrazione nel bando di gara.
Con ulteriore censura, sempre riferita agli “impegni dell’operatore economico” (art. 102, cit.), l’impresa criticava la decisione per non aver tenuto in considerazione il dimostrato possesso, da parte dell’operatore, di un’apposita certificazione sociale (“Certificazione Sociale ed Etica SA8000”), ossia di uno standard riconosciuto a livello internazionale, dal quale poteva evincersi l’esistenza di idonee condizioni aziendali, funzionali a garantire un’ottimale ambiente di lavoro per dipendenti, collaboratori ecc., pure in ordine alle c.d. pari opportunità.
Sempre in merito a tale ultima doglianza, infine, l’impresa criticava la P.A. perché, nel provvedimento “confermativo” dell’esclusione, aveva (a suo dire) modificato (anche) la motivazione dell’originario atto di esclusione, facendo riferimento non più alla mancata dichiarazione sul rispetto delle pari opportunità, ma alla supposta carenza di specificazioni riguardo le “modalità operative” tramite le quali l’azienda avrebbe inteso adempiere tali impegni.
La decisione del TAR
Il TAR respingeva le doglianze dell’impresa. Per quanto di interesse in questa sede, il giudice chiariva che il bando di gara aveva previsto la necessità di produrre, a pena di esclusione, idonea documentazione attestante le specifiche modalità con cui i partecipanti alla gara intendessero adempiere gli impegni di cui all’art. 102, comma 1 d.lgs. n. 36/2023.
Parte ricorrente, a detta del giudice, per nessuna delle tre categorie previste aveva prodotto quanto richiesto.
A nulla rilevava, quanto alla dichiarazione di cui alla lett. a) dell’art. 102, cit., la mancanza, nella specie, di personale impiegato in precedenti commesse pubbliche da riassorbire.
Ciò in quanto, alla luce del dato letterale del bando: “…la ricorrente avrebbe dovuto solamente indicare le modalità atte a garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato; impegno questo che nella specie, per quanto in atti, è mancato”.
Secondo il Collegio sarebbero poi mancate, nella specie, anche le pertinenti dichiarazioni per le categorie di cui alle lett. b) e c) della norma in questione.
Né parte ricorrente avrebbe potuto pretendere di ricavare (implicitamente) dette dichiarazioni dalla documentazione prodotta, ovvero dal CCNL applicato ai propri dipendenti e dalla certificazione sociale ed etica “SA8000”. Infatti, detta certificazione non avrebbe evidenziato: “…nemmeno in forma embrionale, le modalità operative individuate dalla concorrente per adempiere, come richiesto dalla legge di gara, gli impegni assunti”.
Infondate, per il giudice, risultavano anche le doglianze sollevate in ordine alla mancata attivazione del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante.
Secondo l’espressa previsione del bando, infatti, il soccorso istruttorio si sarebbe potuto attivare solo in presenza di dichiarazioni incomplete. Nella specie, diversamente, l’azienda non avrebbe prodotto, per nessuna delle tre categorie previste dal bando, alcuna dichiarazione di impegno.
In definitiva, legittimamente l’amministrazione avrebbe deciso di non attivare in favore dell’operatore economico il soccorso istruttorio, adottando così il provvedimento di esclusione.
La decisione del Consiglio di Stato
Proposto appello al Consiglio di Stato, nel quale l’impresa ha sostanzialmente reiterato – in chiave critica – i motivi di primo grado, il Collegio, all’esito, ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo il ricorso e annullando il provvedimento di esclusione e l’aggiudicazione intervenuta in favore dell’impresa controinteressata.
Ai fini di questa nota, il giudice d’appello, riguardo il contenuto della dichiarazione da rendere ai sensi dell’art. 102, comma 1, lett. a), ha evidenziato che la norma – similmente alla formula già utilizzata nell’art. 50 Codice 2016 (salvo l’impiego del verbo “garantire” in luogo di “promuovere”) – ribadisce: “…la tensione verso l’effettivo conseguimento dell’obiettivo della stabilità occupazionale. Anche il significato attribuibile al sintagma non è variato rispetto alla norma antecedente, indicando l’impegno dell’appaltatore subentrante a riassorbire i lavoratori impiegati nella gestione dell’appalto da parte del precedente affidatario, nel rispetto della libertà di organizzazione dell’impresa (costituzionalmente tutelata: art. 41 Cost.) e in conformità ai principi europei in materia di tutela della concorrenza, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente (per tutte si veda Consiglio di Stato, sezione quinta, 2 novembre 2020, n. 6761, in cui si ribadisce che la clausola sociale non obbliga l’aggiudicatario ad assumere tutto il personale in carico all’appaltatore uscente né tanto meno ad applicare le medesime condizioni contrattuali né, infine, a riconoscere l’anzianità pregressa”.
Una diversa interpretazione, ha proseguito il giudice, che volesse ricavare un vincolo per i concorrenti (ad esempio, al mantenimento dei livelli d’anzianità vantati dai lavoratori già impiegati nell’appalto), risulterebbe contraria allo spirito e al significato delle clausole sociali, come delineati dalla giurisprudenza. Sul punto, infatti, ricorda ancora il Consiglio di Stato, è necessario effettuare un bilanciamento fra più valori, tutti di rango costituzionale ed europeo; da un lato, il rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost. e dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (parte integrante dei Trattati: art. 6, paragrafo 1 TUE), che riconosce la libertà di impresa; dall’altro, il diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost. e dall’art. 15 della stessa Carta di Nizza.
Dunque, diversamente dall’interpretazione sostenuta dalla P.A., non sarebbe possibile far rientrare nel perimetro dell’impegno ex art. 102, comma 1, lett. a) Codice (“stabilità occupazionale del personale impiegato”) altre funzioni e altri obiettivi (in ossequio alla tesi per cui la clausola sociale non sarebbe indirizzata solo al mero riassorbimento del personale) non sussumibili nella nozione di “stabilità occupazionale” (sovrapponibile solo in parte, quindi, al contenuto interpretativo della clausola sociale), oggetto specifico della dichiarazione richiesta dalla legge.
Peraltro, ha aggiunto il giudice, nella specie, la dichiarazione non sarebbe neppure servita, non essendoci infatti alcun personale (di un precedente appaltatore) da riassorbire. Pertanto, la stessa: “…sarebbe priva di oggetto, e quindi inutile; e pretenderne una di segno negativo sarebbe un formalismo eccessivo, sproporzionato”.
La stazione appaltante, in ogni caso, ha evidenziato ancora il Collegio, considerata l’assenza della dichiarazione in atti, avrebbe potuto acquisire la stessa avviando il soccorso istruttorio o procedimentale, come consentito dall’art. 101, comma 1 d.lgs. n. 36/2023, trattandosi di elementi estranei al contenuto dell’offerta e quindi sottratti alle preclusioni poste dall’art. 101, comma 1, lett. a) e b) Codice, nonché ai sensi del comma 3 della medesima disposizione: “…il quale consente (e quindi impone) alla stazione appaltante di «richiedere chiarimenti sul contenuto dell’offerta tecnica e dell’offerta economica e su ogni loro allegato», fermo restando il divieto di modificare il contenuto dell’offerta”.
Dunque, in ragione di quanto appena indicato, la stazione appaltante non avrebbe potuto escludere l’impresa dalla procedura di affidamento del contratto.
Con riferimento alla dichiarazione di cui alla lett. b) del predetto art. 102 Codice, il Consiglio di Stato ha poi evidenziato che l’indicazione, da parte dell’operatore, del CCNL da applicare al personale impiegato nell’esecuzione, era contenuta nella documentazione amministrativa allegata alla domanda di partecipazione. Dunque, l’ulteriore pretesa della P.A. di ottenere, da parte di costui, le: “…specifiche modalità con cui si intende adempiere all’impegno”, non era ragionevole, non comprendendosi: “…quali potrebbero essere tali modalità specifiche, trattandosi essenzialmente di dare puntuale applicazione ai contratti, fermo restando il dovere dell’amministrazione appaltante di verificarne l’effettiva applicazione nel corso dell’esecuzione del contratto”.
Anche per tale aspetto, in ogni caso, l’amministrazione avrebbe dovuto attuare il soccorso istruttorio, il cui impiego avrebbe consentito l’integrazione della dichiarazione resa in sede di gara.
Infine, pure con riferimento alla dichiarazione ex art. 102, comma 1, lett. c), il Consiglio di Stato ha reputato illegittimo l’operato del soggetto pubblico.
Secondo la stazione appaltante, riporta il Collegio, l’aggiudicataria, pur in presenza della certificazione SA8000, avrebbe dovuto: “…esplicitare le modalità operative con cui avrebbe inteso adempiere gli impegni assunti, magari facendo riferimento anche alle procedure attuate che hanno permesso il conseguimento della certificazione predetta”.
Anche tale richiesta è stata considerata illegittima dal giudice e affetta dai medesimi vizi (a carico del provvedimento espulsivo) già rilevati per le altre dichiarazioni rese dall’operatore ai sensi dell’art. 102 Codice: “…da un lato un formalismo eccessivo (posto che l’ottenimento della certificazione di sistema implica che nell’impresa certificata si attuano quelle procedure che garantiscono il rispetto delle condizioni ottimali dei lavoratori sotto diversi profili); dall’altro, l’aver adottato il provvedimento di esclusione automatica omettendo il necessario passaggio del soccorso istruttorio”.
In definitiva, come detto, il Consiglio di Stato, in riforma della sentenza di prime cure, ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento di esclusione e quello di aggiudicazione in favore dell’operatore controinteressato.
Impegni dell’operatore economico e clausola sociale: profili ricostruttivi
Le disposizioni intorno alle quali ruota la sentenza sono l’art. 102 (“impegni dell’operatore economico”) e l’art. 57 d.lgs. n. 36/2023 (rubricato: “clausola sociale del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità energetica e ambientale”); di queste norme, solo l’art. 57 è stato interessato dalle modifiche introdotte con il correttivo (d.lgs. n. 209/2024). La disposizione è ora rubricata: “Clausole sociali dei bandi di gara, degli avvisi e degli inviti e criteri di sostenibilità energetica e ambientale”.
Partendo dalla clausola sociale, per quanto di interesse, l’attuale formulazione dell’art. 57, comma 1 Codice (il comma 2 riguarda i c.d. criteri ambientali minimi) stabilisce: «1. Per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti inseriscono nei bandi di gara, negli avvisi e inviti, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali con le quali sono richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate tra l’altro a: a) garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, la stabilità occupazionale del personale impiegato, tenuto conto della tipologia di intervento, con particolare riferimento al settore dei beni culturali e del paesaggio; b) garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, in conformità con l’articolo 11”.
Inoltre, il correttivo, dopo il comma 2, ha introdotto il comma 2 bis, secondo cui: “L’allegato II.3 prevede meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità generazionali e di genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità o persone svantaggiate”.
L’art. 102 (“impegni dell’operatore economico”), il cui contenuto si rivolge direttamente all’operatore economico, stabilisce, invece, che nei bandi, negli avvisi e negli inviti, le stazioni appaltanti, tenuto conto della prestazione oggetto del contratto, richiedono agli operatori economici di assumere una serie di impegni volti a: 1) garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato; 2) garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da eseguire, anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare; 3) garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate.
Ciò detto, partendo dalla clausola sociale, l’art. 57 d.lgs. n. 36/2023 ha sostituito e rimodulato il precedente art. 50 d.lgs. n. 50/2016, il quale disponeva: “Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto”.
In vigenza dell’art. 50, cit., l’onere di prevedere (nei documenti di gara) specifiche clausole sociali è stato riconosciuto dalla giurisprudenza solo per gli affidamenti di appalti e concessioni di lavori e servizi ad alta intensità di manodopera. Prima della modifica introdotta all’art. 36 Codice del 2016 con il d.l. n. 76/2020, il dovere riguardava, inoltre, solo il sopra soglia, essendo invece, nel sotto soglia, lasciata possibilità di scelta alla stazione appaltante.
Attualmente, la definizione di “clausola sociale” (identica a quella di cui all’art. 3, comma 1, lett. qqq Codice 2016) si trova nell’allegato I.1, art. 2, comma 1, lett. o) d.lgs. n. 36/2023: “«clausole sociali», disposizioni che impongono a un datore di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione sociale e del lavoro come condizione per svolgere attività economiche in appalto o in concessione o per accedere a benefici di legge e agevolazioni finanziarie”.
L’art. 57 d.lgs. n. 36/2023, riporta la relazione al Codice 2023: “…rappresenta l’approdo di plurimi interventi normativi e dubbi interpretativi sorti in sede applicativa del vigente art. 50 del decreto legislativo n. 50/2016, esplicati, prima nel parere del Consiglio di Stato n. 2703 del 21 novembre 2018, reso all’Adunanza della Commissione speciale del 26 ottobre 2018, richiesto dall’ANAC, e poi, nelle stesse Linee Guida dell’ANAC n. 13, recanti «La disciplina delle clausole sociali», approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 114 del 13 febbraio 2019” (pag. 88).
Invece, la relazione al correttivo del 2024 (pagg. 29 e 30), in ordine alla modifica dell’art. 57, evidenzia che l’intervento, oltre a risolvere un difetto di coordinamento con l’art. 61 Codice (in materia di contratti riservati), è diretto a: 1) garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, la stabilità occupazionale del personale impiegato, tenuto conto della tipologia di intervento, con particolare riferimento al settore dei beni culturali e del paesaggio; 2) garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, in conformità con l’art. 11 Codice (“Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti”).
Le modifiche, si riporta nel testo, nascono dall’esigenza di distinguere i vincoli legati alle clausole sociali tout court dagli obblighi discendenti dall’art. 11, in materia di tutele lavoristiche.
A pag. 30 della relazione si riporta, poi, anche l’illustrazione del nuovo comma 2 bis dell’art. 57, cit., finalizzato ad assicurare che l’Allegato II.3 preveda meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità generazionali e di genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Il citato allegato, riporta la relazione, dovrà attuare tali previsioni in modo da scongiurare l’introduzione di oneri eccessivi che rischiano di funzionare da barriera all’accesso o di essere sistematicamente disattesi, ricorrendo ai meccanismi c.d. di “deroga” (in realtà, il correttivo, con riferimento a detto allegato, ha poi modificato solamente l’intestazione dello stesso non procedendo ad altri cambiamenti).
Sul piano evolutivo, a livello nazionale, il d.lgs. n. 163/2006 non conteneva una disciplina della materia, ma soltanto alcune disposizioni volte a legittimare l’inserimento di “esigenze sociali” nelle leggi di gara (si v. art. 2, comma 2; art. 52, relativo agli appalti riservati; art. 69, comma 1 e 2).
In ambito comunitario, invece, è solo con le direttive del 2014 che tali valori cominciano a prendere forma (si v. il considerando n. 2 della direttiva 2014/24/UE). In particolare, l’art. 70 della direttiva n. 24 dispone: “Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere condizioni particolari in merito all’esecuzione dell’appalto, purché collegate all’oggetto dell’appalto ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 3, e indicate nell’avviso di indizione di una gara o nei documenti di gara. Dette condizioni possono comprendere considerazioni economiche, legate all’innovazione, di ordine ambientale, sociale o relative all’occupazione”.
L’ambito operativo delle clausole sociali – attualmente non previste più solo per i contratti ad alta intensità di manodopera (per il sotto soglia, invece, l’art. 48, comma 1 d.lgs. n. 36/2023 richiama solo i principi contenuti nel Libro I, Parti I e II, dei quali non fa parte l’art. 57) – al di là del testo di legge, è stato (nel tempo) circoscritto dalla giurisprudenza, nel senso di prevedere che la loro formulazione debba comunque conformarsi ai principi nazionali e comunitari.
In particolare: “…l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori non può essere tale da comprimere le esigenze organizzative dell’impresa subentrante che ritenga di potere ragionevolmente svolgere il servizio utilizzando una minore componente di lavoro rispetto al precedente gestore, e dunque ottenendo in questo modo economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento” (Cons. Stato, sez. III, 28 dicembre 2020, n. 8442; più di recente, Cons. Stato, sez. V, 12 novembre 2024, n. 9036).
La clausola sociale, inoltre, non comporta neppure l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato, alle medesime condizioni, dalla precedente impresa affidataria del contratto: “…ma consente di introdurre al riguardo dei lievi scostamenti (Cons. Stato, Comm. spec., parere, 21 novembre 2018, n. 2703), essendo necessario solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo (Cons. Stato n. 5444 del 2018; Id. n. 2569 del 2018; Id. n. 272 del 2018; Id. n. 3554 del 2017)” (Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2024, n. 3144).
Dunque: “…la clausola c.d. sociale va formulata e intesa in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario, anche perché solo in questi termini essa è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa, secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (così Cons. Stato, sez. V, 3 giugno 2022, n. 4539; nello stesso senso, Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2021, n. 7922; Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1066; Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6148; si v. anche Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885)” (Cons. Stato, sez. V, 1° agosto 2023, n. 7444).
Dall’esplicitazione – nella legge di gara – di una clausola sociale non può neppure derivare un effetto automaticamente escludente, a scapito del principio della concorrenza, cosa che avverrebbe qualora fosse (in ipotesi) confezionata in modo da limitare artificiosamente la platea dei possibili partecipanti alla competizione. Né un bando di gara può introdurre uno specifico obbligo d’inquadramento del personale assunto (dal nuovo affidatario della commessa) allo stesso livello di anzianità già maturato presso l’appaltatore uscente (in tal senso, si v. Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2020, n. 6761), pena l’illegittimità, anche in questo caso, della regola della lex specialis.
Sul piano applicativo è stata posta in risalto (si cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 8 marzo 2024, n. 2270) la possibilità di accompagnare la formulazione della clausola sociale con la predisposizione, da parte dell’operatore che partecipa alla competizione, di un “progetto di assorbimento” (si v. Linee Guida ANAC, n. 13/2019, le quali, all’art. 3, comma 3.5, disponevano che: “La stazione appaltante prevede, nella documentazione di gara, che il concorrente alleghi all’offerta un progetto di assorbimento, atto ad illustrare le concrete modalità di applicazione della clausola sociale, con particolare riferimento al numero dei lavoratori che beneficeranno della stessa e alla relativa proposta contrattuale (inquadramento e trattamento economico)”; in senso conforme, il bando tipo ANAC n. 1/2021, vincolante ai sensi dell’art. 71 del Codice 2016, stabiliva, all’art. 15, che la lex di gara dovesse prevedere che: “Ai fini del rispetto della clausola sociale […] il concorrente allega all’offerta tecnica un progetto di assorbimento atto ad illustrare le concrete modalità di applicazione della clausola sociale”; si v. pure, attualmente, il bando tipo ANAC n. 1/2023, pag. 35).
Il progetto di riassorbimento non richiede particolari formalità (né la sua allegazione in documento separato), dovendosi ricavare dal contenuto concreto degli atti e delle dichiarazioni dell’offerente.
Si è, infatti, affermato che: “L’aggiudicataria ha dunque pienamente aderito alla clausola sociale, proponendo l’integrale assorbimento nel rispetto delle condizioni contrattuali in godimento; la doglianza dell’appellante sembra risolversi nel lamentare la mancata produzione di un documento formalmente separato e autonomo più che un’effettiva sottrazione dell’aggiudicataria dagli impegni rivenienti dalla clausola sociale, e in tali termini dev’essere respinta, atteso che le Linee Guida n. 13, approvate dall’ANAC con delibera n. 114/2019, laddove affermano l’obbligo per il concorrente di «presentare a corredo dell’offerta un progetto di assorbimento atto ad illustrare le concrete modalità di applicazione della clausola sociale, con particolare riferimento al numero dei lavoratori che beneficeranno della stessa e alla relativa proposta contrattuale (inquadramento e trattamento economico)» devono essere intese nel senso che il progetto è necessario quando l’assorbimento non è totale, presenta limitazioni per qualifiche, variazioni sul piano contrattuale o tempistiche particolari e differenziate, ma certamente è ridondante ove, come nel caso di specie, il rispetto della clausola sociale sia promesso in senso assoluto (totale assorbimento nel pieno rispetto dei contratti in essere col precedente gestore)” (Cons. Stato, sez. III, 13 aprile 2022, n. 2814; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 31 ottobre 2024, n. 5830).
Con riferimento, invece, all’art. 102 Codice 2023 (norma non interessata da modifiche ai sensi del d.lgs. n. 209/2024), la disposizione, al primo comma, individua quali sono gli impegni da assumere da parte dell’operatore economico e, al secondo, specifica che i concorrenti devono indicare, nell’offerta, le modalità con le quali intendono adempiere.
Tale disposizione è stata definita norma di “chiusura” del sistema, volta cioè a individuare impegni precisi (i quali devono essere assunti dagli operatori economici), che possono qualificarsi come veri e propri obblighi contrattuali da rispettare in fase di esecuzione del rapporto, pena la risoluzione dei contratti per inadempimento (sul tema dei doveri e requisiti in chiave esecutiva, si v., da ultimo, TAR Lazio, Roma, sez. IV ter, 23 ottobre 2024, n. 18398; si cfr. pure Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090; Id., 23 agosto 2019, n. 5806; Id., 29 luglio 2019, n. 5308; Id., 2 febbraio 2022, n. 722; Id., 18 dicembre 2020, n. 8159; si cfr. pure Cons. Stato, sez. III, 19 ottobre 2023, n. 9255).
In applicazione di tale norma è stato, inoltre, ritenuto che: “…la legge di gara può prevedere a pena di esclusione la necessità di produrre idonea documentazione attestante le specifiche modalità con cui i partecipanti alla gara intendono adempiere agli impegni di cui all’art. 102, comma 1 d.lgs. 36/2023, quali la stabilità occupazionale di personale impiegato, l’applicazione del CCNL e territoriale di settore, garantire la parità di genere e di inclusione lavorativa del personale disabile o svantaggiato” (TAR Puglia, Lecce, sez. I, 6 giugno 2024 n. 750).
Secondo questa tesi (diffusamente illustrata in TAR Campania, Napoli, sez. VII, n. 5830/2024, cit.) non basterebbe dichiarare di voler rispettare le clausole sociali (o meglio, gli impegni ex art. 102 Codice), ma sarebbe necessario indicare le specifiche modalità attraverso cui si intenderebbe attuarle: modalità che sarebbero parte integrante dell’offerta e, poi, obbligazioni contrattuali.
Da tanto conseguirebbe (a differenza di quanto ritenuto dalla sentenza qui esaminata) anche la conseguente inapplicabilità del soccorso istruttorio, che non potrebbe essere utilizzato per integrare il contenuto dell’offerta carente in ordine agli impegni ex art. 102 Codice.
Sul punto, ricorda ancora il TAR Campania, il soccorso istruttorio può essere disposto per sanare vizi di carattere formale delle dichiarazioni rese o della documentazione prodotta (Cons. Stato, sez. V, 9 gennaio 2023 n. 290), ma non per integrare il contenuto dell’offerta (Cons. Stato, sez. VII, 9 gennaio 2023 n. 234; Id., sez. V, 10 gennaio 2023, n. 324; Id., sez. III, 21 agosto 2023, n. 7839).
Il soccorso istruttorio procedimentale, infatti: “…consiste nella possibilità di richiedere al concorrente di fornire chiarimenti volti a consentire l’interpretazione della sua offerta e a ricercare l’effettiva volontà dell’offerente, superando le eventuali ambiguità dell’offerta, tuttavia sempre fermo il divieto di integrazione dell’offerta, senza attingere a fonti di conoscenza estranee alla stessa e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essa assunta” (Cons. Stato, sez. III, 23 giugno 2023, n. 6207).
Per completezza, si ricorda che il Consiglio di Stato, ancora di recente, ha fatto il punto sulle diverse tipologie di soccorso, evidenziando che neppure il Codice 2023, che pure ha ampliato l’ambito di applicazione dell’istituto, consente di integrare il contenuto dell’offerta tecnica od economica, perché ciò si porrebbe in contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2023, n. 3434).
Va aggiunto, infine, che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (si v. Cons. Stato, sez. III, 4 gennaio 2019, n. 96; Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2022, n. 10325; TAR Sicilia, sez. I, 7 febbraio 2024 n. 468; Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2024, n. 9163), il ricorso al soccorso istruttorio non si giustifica neppure nei casi in cui possa confliggere con il principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione, con la conseguenza che l’invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, il quale verrebbe vulnerato, di seguito all’eventuale rimessione in termini, attraverso la sanatoria di documenti incompleti o insufficienti ad attestare il possesso del requisito di partecipazione da parte del concorrente che non avesse presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, dichiarazioni o atti conformi alla legge di gara.
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