Criteri ambientali minimi: la concezione multipolare dei contratti pubblici “orienta” l’evoluzione giurisprudenziale

A cura di Chiara Pagliaroli

25 Novembre 2024
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Indice

Premessa

Con le sentenze n. 19910 e n. 20198, rispettivamente dell’11 e del 13 novembre u.s., la II Sezione del T.A.R. Lazio Roma si è pronunciata su tre questioni di estremo interesse, ossia: (i) sulla sussistenza o meno di un onere di immediata impugnazione del bando di gara nell’ipotesi in cui quest’ultimo non contenga alcun riferimento alle specifiche tecniche, alle clausole contrattuali e ai criteri premiali previsti dai decreti CAM di riferimento; (ii) sulla possibilità di ritenere eterointegrata la disciplina di gara in presenza di sporadici o generici rinvii alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia; (iii) sul ruolo dei criteri premianti nella selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.

Sulla sussistenza o meno di un onere di immediata impugnazione

Entrambe le pronunce respingono l’eccezione – sollevata dalle parti intimate – di irricevibilità del ricorso per mancata impugnazione del bando di gara entro il termine di trenta giorni dalla sua pubblicazione, muovendo dall’assunto in virtù del quale la non conformità della lex specialis di gara agli artt. 57, comma 2, e 83, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023 (già artt. 34 e 71 del previgente d.lgs. n. 50/2016) non integra un vizio tale da imporre un onere di immediata impugnazione, non sussistendo le condizioni che “impongono/consentono l’immediata impugnazione del bando, ovvero che la clausola contestata sia escludente o impedisca di formulare l’offerta” (cfr. T.A.R. Lazio Roma, n. 20198/2024, cit.).
Al tempo stesso, la partecipazione alla procedura di gara non costituisce acquiescenza alle regole poste alla base del confronto competitivo e non impedisce la proposizione di un eventuale gravame,“essendo l’impugnazione proponibile solo all’esito della procedura e avverso l’aggiudicazione, senza che ciò possa qualificarsi come un venire contra factum proprium” (così T.A.R. Lazio Roma, n. 20198/2024, cit.; T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 15 gennaio 2024, n. 377; Cons. Stato, Sez. III, 20 marzo 2023, n. 2795; Id., 14 ottobre 2022, n. 8773).
Di contro, ad avviso di un differente filone interpretativo, ad oggi minoritario, riconducibile alle tre sentenze gemelle della Sez. II-ter del medesimo T.A.R. Lazio Roma (le nn. 4493, 4494 e 4495 del 6 marzo u.s.) e alla pronuncia del T.A.R. Puglia Bari, Sez. II, n. 675 del 28 maggio 2024, sussiste un onere di immediata impugnazione della legge di gara.
E ciò, in quanto “quando la violazione dei principi che informano le procedure di evidenza pubblica risulta già immediatamente evidente e percepibile al momento dell’indizione della gara (…) posporre l’impugnazione della lex specialis fino al momento dell’aggiudicazione non solo non risulta coerente, ma si pone anche in contrasto con il dovere di leale collaborazione e con i principi di economicità dell’azione amministrativa e di legittimo affidamento, immanenti anche nel procedimento amministrativo che governa le procedure evidenziali”.
La sentenza n. 19910/2024, cit. ha preso posizione sul principio affermato dalla Sez. II-ter del T.A.R. Lazio Roma nelle tre pronunce appena richiamate, precisando che “Il Collegio è consapevole che, in argomento, alcune pronunce rese da altre Sezioni di questo Tribunale hanno optato per la tesi dell’immediata lesività del bando lesivo dei CAM e, per l’effetto, dell’irricevibilità del ricorso tardivamente proposto nei confronti dell’aggiudicazione (…). Tuttavia, persuade maggiormente il contrario orientamento”, dal momento che il mancato recepimento dei criteri ambientali minimi, lungi dall’impedire la partecipazione alla gara e la presentazione di un’offerta, determina piuttosto una violazione delle regole di ingaggio della competizione, destinata ad assumere carattere lesivo solamente con l’aggiudicazione.
Non si ravvisano, pertanto, ragioni per addivenire a un ripensamento dei principi di diritto affermati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4 del 26 aprile 2018, visto che “In alcun modo (…), l’illegittimità dei criteri ambientali minimi influisce sulla formulazione dell’offerta: non solo in termini di impossibilità assoluta, ma neppure in termini di condizionamento relativo” (in senso conforme v., altresì, T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 1° ottobre 2024, n. 1767; Cons. Stato, Sez. III, 27 maggio 2024, n. 4701).

Sull’eterointegrazione della lex specialis di gara

Le pronunce che si annotano affrontano anche la questione dell’eterointegrazione della disciplina di gara ad opera dei decreti CAM applicabili nel singolo caso concreto.
Ad avviso del Collegio capitolino, il ricorso all’eterointegrazione della lex specialis di gara “non è sufficiente a far ritenere rispettato l’art. 34 del d.lgs. n. 50 del 2016”, dal momento che un generico rinvio alla fonte secondaria “se pure assolve a uno scopo formale, non è idoneo a conformare la funzione del contratto, in punto di scelta della migliore offerta, agli obiettivi avuti di mira dalla norma”. L’adesione alla tesi dell’eterointegrazione genererebbe, infatti, “«l’effetto di spostare nella fase di esecuzione del contratto ogni questione relativa alla conformità della prestazione ai criteri ambientali: così contraddicendo la logica del risultato (…) che mira piuttosto ad una sollecita definizione, in termini di certezza e stabilità del rapporto negoziale, dei reciproci diritti e obblighi (posto che lo stesso art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023 – ponendosi in linea di coerenza e continuità con risalenti ed autorevoli indicazioni teoriche – costruisce la nozione di risultato in un’ottica di unitarietà strutturale e funzionale tra aggiudicazione ed esecuzione)»” (cfr. T.AR. Lazio Roma, n. 20198/2024, cit.; Cons. Stato, n. 4701/2024, cit.).
Da tale impostazione – considerata maggiormente conforme alla ratio sottesa all’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi – discende l’illegittimità della lex specialis che si limiti a un mero richiamo ai decreti CAM di riferimento, senza declinare puntualmente le specifiche tecniche e le clausole contrattuali applicabili alla prestazione oggetto di affidamento, con conseguente: (i) annullamento di tutti gli atti della procedura di gara, ivi compreso il provvedimento di aggiudicazione; (ii) declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato, in ragione della violazione di norme poste “a presidio di interessi superindividuali” (così Cons. Stato, Sez. III, 11 ottobre 2024, n. 8171; Cons. Stato, n. 8773/2022, cit.); (iii) integrale riedizione della procedura di gara, emendata dal vizio riscontrato.
Viceversa, ad avviso di un contrapposto orientamento interpretativo, che – secondo la sentenza del T.A.R. Campania Salerno n. 1767/2024, cit. può dirsi “superato, a fronte delle successive acquisizioni giurisprudenziali sul tema” – il contenuto dei decreti ministeriali entra a far parte della legge di gara attraverso il meccanismo dell’eterointegrazione automatica disciplinato dall’art. 1374 c.c., persino nelle ipotesi di completa omissione (v. T.A.R. Veneto, Sez. I, 18 marzo 2019, n. 329), atteso che si è in presenza di un obbligo che discende direttamente da una norma imperativa e cogente, che opera indipendentemente da una sua espressa previsione negli atti di gara (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, 29 gennaio 2024, n. 150).
Ne segue che “la parziale indicazione dei criteri ambientali minimi (…) non è di per sé causa di illegittimità della gara, ma, semmai, determina l’eterointegrazione della disciplina contenuta nel bando con le previsioni di cui ai criteri ambientali minimi applicabili nel caso di specie e non espressamente richiamati” (così T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. II, 23 giugno 2023, n. 2119).

Sul ruolo dei criteri premianti

Con riferimento, infine, ai criteri premianti, l’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023, nel riprodurre la formulazione di cui al previgente art. 34, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, stabilisce che i medesimi “sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (…)”.
Anche sul ruolo di detti criteri si registrano posizioni dissonanti.
Così, secondo un primo indirizzo, “non c’è alcuna norma che imponga l’indicazione dei CAM tra i criteri premiali (…)” (v. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 13 dicembre 2023, n. 384).
Al contrario, ad avviso di un filone giurisprudenziale maggiormente diffuso, l’obbligo di tenere in considerazione i criteri premianti “non esclude che la stazione appaltante possa esercitare una certa discrezionalità nella definizione dei punteggi da attribuire alle singole voci o nell’accorpare talune di esse”, tant’è che “l’eventuale contrasto del disciplinare con i C.A.M. avrebbe dovuto essere fatto valere con una sua impugnazione incidentale (…), non potendo predicarsi soluzioni alternative quale quella di una «eterointegrazione» della disciplina di gara o di una sua disapplicazione da parte della Commissione aggiudicatrice” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 12 dicembre 2022, n. 10878).
In quest’ottica, si è parimenti sostenuto che se “le stazioni appaltanti non hanno l’obbligo di dedicare ai criteri ambientali un valore maggioritario (ossia superiore alla metà dei punti complessivamente attribuiti alle offerte tecniche) e nemmeno particolarmente «significativo»”, cionondimeno “dalla norma primaria deriva comunque l’obbligo, per la stazione appaltante, pur nell’esercizio della discrezionalità che il Codice dei contratti le assegna, di non attribuire ai criteri ambientali un peso eccessivamente ridotto, fino a divenire irrisorio, pena la frustrazione della ratio legis della norma primaria, che mira a garantire che l’aspetto ambientale sia rilevante nel procedimento selettivo (e non solo nella fase di esecuzione del contratto) ed anche nella fase di valutazione qualitativa delle offerte tecniche” (così T.A.R. Lazio Roma, n. 19910/2024, cit.).
L’orientamento in esame ha, conseguentemente, considerato esigua l’attribuzione di 2, 3, 4 o 7 punti ai profili connessi con la sostenibilità ambientale nell’ambito della valutazione complessiva dell’offerta tecnica, visto che “i partecipanti alla procedura ben avrebbero potuto decidere di non adeguare le offerte ai criteri ambientali minimi e, ciononostante, risultare aggiudicatari” (v. T.A.R. Lazio Roma, n. 20198/2024, cit.).
Non è stata giudicata conforme al dettato normativo di riferimento neppure la scelta di attribuire rilievo ai CAM unicamente “sul piano dei punteggi aggiuntivi per i servizi migliorativi”, dal momento che la conseguenza di una disciplina di gara così strutturata “è quella di relegare un contenuto necessario all’alea delle offerte migliorative”; in tali ipotesi, infatti, la rilevanza ambientale del contenuto dell’offerta “si connota per essere soltanto parziale, causale ed occasionale: ma, soprattutto, volontariamente «concessa» dall’offerente (che, in base alla legge di gara, a ciò non era tenuto)” (cfr. Cons. Stato, n. 8773/2022, cit.).

Brevi considerazioni finali

L’evoluzione giurisprudenziale di cui si è dato atto riflette la trasformazione che ha interessato la causa dei contratti pubblici: si è, infatti, passati da una concezione unipolare (ancorata alle esigenze di contabilità pubblica), a una bipolare (che, alla prima, ha affiancato il perseguimento dell’interesse pro-concorrenziale), a una multipolare, grazie al diffondersi di una logica ispirata a un uso alternativo dei contratti pubblici.
Il contratto d’appalto si è così trasformato da mero strumento di acquisizione di beni, servizi e forniture a strumento di politica economica (così Cons. Stato, n. 8773/2022, cit.) e dipolitiche sociali e ambientali (v. Cons. Stato, n. 4701/2024, cit.), capace di orientare i modelli economici, indirizzandoli verso una maggiore sostenibilità ambientale, economica, sociale ed etica, e di influenzare il mercato, contribuendo alla creazione di valore pubblico.
Parallelamente, si è assistito a un ampliamento dell’area dell’interesse pubblico primario: l’interesse pubblico continua ad essere orientato alla scelta del miglior offerente, ma il miglior offerente non si valuta più “solo sul piano dell’affidabilità e dell’economicità, bensì anche sul terreno della capacità di concorrere a tutelare concretamente gli ulteriori interessi pubblici, nel frattempo, normativamente assegnati alla cura dell’amministrazione” (cfr. Cons. Stato, n. 4701/2024, cit.) e, dunque, anche sulla capacità di attuare le politiche ambientali alle quali i criteri ambientali minimi risultano funzionali.

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