Con una recente sentenza il Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. V, 12.11.2024 n. 9036) ha avuto modo di trattare dettagliatamente i principi che regolano le modalità attuative della clausola sociale e gli effetti dell’obbligo di assorbimento del personale.
In particolare, il giudice amministrativo ha sottolineato che non è necessario che i lavoratori assorbiti vengano destinate all’esecuzione dell’appalto, potendo svolgere anche attività diverse, purché nel rispetto degli obblighi previsti dalla clausola speciale.
L’eventuale inadempimento della clausola è oggetto di valutazione nella fase esecutiva, potendo dare luogo a penali o anche alla risoluzione contrattuale.
La clausola sociale oggetto del giudizio
Il disciplinare della procedura oggetto del contenzioso prevedeva l’obbligo per i concorrenti di accettare la clausola sociale di assorbimento del personale impiegato dal gestore uscente nell’esecuzione del servizio, consentendo di declinare l’obbligo con due diverse modalità:
a) assunzione totale, cioè assunzione dell’impegno ad assumere tutto il personale già impiegato nell’appalto;
b) assunzione parziale, cioè assunzione solo di una parte del personale, ammessa solo in presenza di innovazioni tecnologiche o di presenza, presso il concorrente, d personale impiegabile nell’esecuzione del contratto.
Nel caso di ricorso all’opzione a), gli atti di gara prevedevano:
a) L’obbligo di garantire la continuità dei rapporti di lavoro esistenti al momento del subentro;
b) L’obbligo di riconoscere al singolo lavoratore la retribuzione prevista dalla contrattazione nazionale e da quella integrativa;
c) L’obbligo di mantenere l’anzianità lavorativa del singolo dipendente;
d) L’obbligo di garantire il monte ore di lavoro previsto dal precedente contratto di lavoro.
Restava ferma la possibilità di un’armonizzazione con la propria organizzazione di lavoro, previo confronto con le organizzazioni sindacali.
La clausola, quindi, anche nel caso di assunzione di un obbligo totale, ammetteva la successiva armonizzazione con le esigenze dell’appaltatore subentrante.
La natura “elastica” delle clausole di assorbimento.
L’interpretazione delle disposizioni di gara, volte a consentire in qualsiasi caso l’armonizzazione con le esigenze dell’appaltatore subentrante, è conforme all’orientamento giurisprudenziale consolidato, che ha sottolineato l’esigenza di garantire un contemperamento tra la tutela dei lavoratori del gestore uscente e la tutela del diritto dell’imprenditore concorrente ad adottare una propria organizzazione produttiva, idonea a garantire economie che consentano una riduzione del costo e quindi una partecipazione competitiva alla procedura[1].
Tale interpretazione è conforme sia al diritto costituzionale che al diritto europeo.
La natura “elastica” delle clausole di assorbimento nel diritto costituzionale.
Sotto il profilo costituzionale, l’art. 41 comma 2 evidenzia che la libertà economica deve essere finalizzata all’utilità sociale[2], il che legittima l’introduzione di clausole sociali, ma non legittima l’annullamento della libertà economica, dovendosi quindi effettuare un bilanciamento dei due interessi (ma anche di un terzo: quello del buon andamento dell’Amministrazione. In particolare, la sentenza 226 del 1998 aveva avuto modo di evidenziare che lo scopo della clausola sociale (seppur in un contesto normativo ben differente da quello attuale) fosse quello di tutelare il lavoro subordinato in tutte le condizioni in cui lo Stato sia in grado di influire, in modo diretto o indiretto, sullo stesso, sostenendo che non fosse possibile escludere dal suo ambito di applicazione i lavoratori delle imprese che esercitassero un pubblico servizio in concessione, sottolineando come questa fosse declinazione dei principi di imparzialità e di buon andamento.
Nel mutato contesto anche economico (non casualmente si tratta di una pronuncia dettata in un contesto di forte crisi del bilancio degli enti pubblici), la Corte[3] ha successivamente sottolineato che le clausole sociali hanno dei riflessi economici sia sugli operatori economici (che subiscono maggiorazioni di costi) sia sull’erario (che vede ridotto il risparmio di spesa derivante dalle diverse modalità organizzative del lavoro dei concorrenti), così evidenziando che la tutela del lavoro subordinato deve essere coniugata con la libera iniziativa economica, non annullando la clausola ma rendendola <<flessibile>> e quindi adattabile dall’impresa, con conseguente illegittimità di una previsione che imponga l’assunzione a tempo indeterminato del personale del gestore uscente.
La natura “elastica“ delle clausole di assorbimento nel diritto europeo.
La prospettiva del diritto interno ha trovato conferma anche nel diritto europeo.
La giurisprudenza della CGUE, nella sua prima giurisprudenza, ha affermato che la tutela dei lavoratori possa determinare delle restrizioni alle libertà economiche, essendo la prima una ragione imperativa di interesse generale, seppur si tratti di un’eccezione alla regola generale che impone di dare prevalenza alle esigenze concorrenziali. In particolare:
– CGUE, sez. I, 9.12.2004, C-460/02, ha affermato l’incompatibilità con il diritto europeo di una clausola che prevedeva l’obbligo per il gestore subentrante di acquisire il personale nella misura pari alla quota assunta dal gestore uscente nei servizi aeroportuali. Per la Corte una simile clausola avrebbe reso <<difficile l’accesso ai mercati … di nuovi prestatori di servizi, essendo questi ultimi tenuti a riassumere il personale impiegato dal precedente prestatore>>. In questo caso, quindi, l’esigenza della concorrenza prevale sull’esigenza di tutela dei lavoratori. Va evidenziato, seppur l’argomento non sia stato fatto proprio dalla Corte, che per la Commissione la clausola sociale in questione costituiva <<una vera e propria traslazione dell’onere sociale dallo Stato italiano alle imprese prestatrici subentranti>>, così evidenziando la differente funzione del mercato e del soggetto pubblico, non potendo attribuirsi al primo i compiti del secondo;
– CGUE, sez. II, 14.7.2005, C-386/03 evidenzia che le misure di protezione sociale nel mercato siano ammesse (<<gli Stati membri conservano il potere di garantire un adeguato livello di protezione sociale al personale>>) ma non possono spingersi sino ad ostacolare del tutto l’apertura dei mercati alla concorrenza (<<tale poter non comporta una competenza normativa illimitata e deve essere esercitato in modo tale da non pregiudicare l’effetto utile della direttiva … e degli obiettivi da questa perseguite>>);
– CGUE, sez. III, 3.4.2008, C-346/06 ha evidenziato la legittimità di restrizioni alla concorrenza volte a <<evitare un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale>>, così evidenziando che gli interessi sociali possano, in via eccezionale (<<grave alterazione>>), determinare restrizioni alla concorrenza;
– Tale possibile prevalenza è stata riconosciuta anche alle esigenze di tutela dei lavoratori con riferimento all’esercizio di diritti sindacali (CGUE, grande sezione, 11.12.2007, C-438/05).
Una maggiore attenzione agli aspetti sociali degli appalti è presente nelle direttive del 2014, seppur non prevedendo una prevalenza degli stessi sulla concorrenza ma un contemperamento delle esigenze sociali e di mercato, senza una prevalenza assoluta dell’una o dell’altra e quindi riconoscimento di un carattere elastico di tali clausole.
Assorbimento e impiego delle risorse in altre attività.
Venendo allo specifico contesto del giudizio, l’appellante sostiene che l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso per avere modificato la propria offerta nella fase di valutazione dell’anomalia.
In particolare, secondo l’appellante, l’aggiudicataria non avrebbe potuto in tale fase dichiarare di impiegare solo parte delle risorse assorbite nell’appalto, destinandone alcune all’esecuzione di altri contratti.
Il Consiglio di Stato preliminarmente rileva che nella fase di anomalia l’impiego solo parziale delle risorse era chiaro, risultando tale aspetto sia dalle dichiarazioni rese in sede di giustificativi sia dalle dichiarazioni rese in sede di contraddittorio orale.
Né, tantomeno, nella fase di offerta l’aggiudicataria aveva dichiarato di volere impiegare tutte le risorse oggetto dell’assorbimento all’esecuzione dello specifico appalto, non sussistendo alcun elemento in tal senso. In particolare, la semplice dichiarazione di voler impiegare un numero di 58 risorse (pari a quelle riassorbite) indica il livello di risorse ritenuto utile per garantir la corretta esecuzione, ma non ne indica il contenuto, nel senso che non specifica la provenienza di tali risorse.
Infin, non si può sostenere che vi sia un divieto normativo all’impiego delle risorse oggetto di assorbimento in altre attività.
Sotto un primo profilo, come si è detto, gli obblighi derivanti dalla clausola social sono elastici, dovendo essere armonizzati con l’organizzazione dell’impresa, con la conseguenza che il personale assorbito può essere destinato, in parte[4], ad altre attività[5].
Sotto un secondo profilo, questa conclusione discenda dalla presenza della concorrenza (anche) sul prezzo, concorrenza che si può sviluppare solo le imprese possono sfruttare le loro economie di scala e, quindi, i loro metodi organizzativi. Non ammettere questa concorrenza sul prezzo determinerebbe effetti anticoncorrenziali, soprattutto in appalti ad alta intensità di manodopera, dove quindi limitare la concorrenza sul prezzo proprio in relazione ai costi del personale rischierebbe di annullarla, con ricadute anche sull’erario pubblico.
D’altronde, anche il Codice del 2023, pur prevedendo un divieto di ribasso, ammette un’eccezione (invero, non riconosciuta da tutta la giurisprudenza) proprio in presenza di una più efficiente organizzazione aziendale.
Non può che concludersi, quindi, che per la piena legittimità dell’impiego di alcune risorse in altre attività.
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[1] In termini Cons. Stato, sez. V, 1.8.2023 n. 7444, per la quale <<la clausola cd. sociale va formulata e intesa in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario>> ed è <<escluso che la clausola sociale possa implicare la necessaria conservazione dell’inquadramento e dell’anzianità del lavoratore assorbito dall’impresa aggiudicataria>>.
[2] La sentenza parla di una <<finalizzazione>> ma sarebbe più corretto parlare di una <<soburdinazione>>: l’imprenditore può svolgere anche attività non conformi all’interesse sociale, alla sola condizione che non lo contrasti.
[3] Corte Cost., 3.3.2011 n. 68.
[4] Sembra doversi escludere invece la possibilità di non impiegare alcuna risorsa nell’appalto, se si ritiene che la clausola sociale nell’appalto pubblico abbia anche la funzione di garantire la corretta esecuzione per mezzo delle risorse dotate di un’adeguata expertise nello specifico contesto dell’appalto.
[5] Cons. Stato, sez. III, 28.12.2020 n. 8442: <<l’obbligo di assorbimento del personale potrebbe essere assolto anche destinando solo parte dello stesso all’esecuzione di quel medesimo contratto>>.
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