Appalti di servizi – procedura di gara suddivisa in lotti – criteri ambientali minimi –- natura giuridica del bando di gara – atto amministrativo generale – efficacia del giudicato – sentenza di annullamento – caducazione automatica – violazione e elusione del giudicato – giudizio di ottemperanza
Consiglio di Stato, sez. III, 11.10.2024, n. 8171
Occorre infatti avere riguardo alla natura giuridica del bando di gara come provvedimento amministrativo e trarne le conseguenze applicando i principi enunciati dalla giurisprudenza.
Su questo piano, occorre innanzitutto rammentare che per pacifica giurisprudenza i bandi di gara – così come quelli di concorso -, pur non avendo natura regolamentare né normativa, sono atti amministrativi generali in quanto rivolti a una platea di destinatari non individuabile ex ante, ossia a tutti coloro che possono essere interessati a partecipare alla procedura competitiva e che in fatto vi parteciperanno (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 25 febbraio 2014, n. 9; id., 28 luglio 2011, n. 14; id., 24 maggio 2011, n. 9; id. 27 gennaio 2003, n. 1).
Va quindi sinteticamente rammentato che, per pacifica giurisprudenza, la differenza tra gli atti regolamentari e gli atti amministrativi generali è individuabile proprio nel fatto che, mentre per i primi i destinatari sono indeterminabili sia a priori che ex post, per i secondi lo sono solo a priori (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Ad. pl., 4 maggio 2012, n. 9; id., sez. VI, 18 febbraio 2011, n. 823).
La ragione di ciò è intuitiva, e risiede proprio nel fatto che gli atti amministrativi generali condividono con i regolamenti l’indeterminabilità ex ante dei potenziali destinatari: in altri termini, l’illegittimità del bando può aver prodotto effetti distorsivi già nel momento delle scelte di chi doveva decidere se partecipare o no alla procedura, e pertanto non è giustificabile che questi effetti distorsivi permangano anche dopo il suo annullamento, sia pure parzialmente.
Ne consegue che nel caso di specie l’individuazione dell’atto amministrativo generale cui fare riferimento nell’ottica della ricognizione degli effetti del giudicato non possa predicarsi attraverso una artificiosa scissione della legge di gara e delle sue peculiari vicende.
Ne consegue il carattere recessivo del tema della natura unitaria o non unitaria della gara suddivisa in lotti, con conseguente irrilevanza dei profili processuali connessi all’affermazione dell’unitarietà della procedura tutte le volte che siano impugnati “segmenti comuni” della procedura: nel caso che qui ci occupa, invero, l’effetto “caducante” si è già prodotto in virtù della natura generale dell’atto impugnato e dell’effetto necessariamente erga omnes del suo annullamento.
La soluzione accolta rende del tutto pertinente il richiamo al concetto di “invalidità caducante”, dal momento che, una volta venuto meno il bando nella sua interezza quale atto amministrativo generale, ciò non può non comportare l’automatica caducazione anche degli atti consequenziali ancorché non impugnati, come sono quelli delle procedure relative agli altri lotti.
I caso di specie
La vicenda concorsuale posta alla base della presente controversia concerne una procedura aperta suddivisa in 5 lotti, finalizzata alla stipula di una Convenzione quadro per l’affidamento del servizio di Gestione Energetica e Tecnologica Integrata degli impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS), per la durata di quattro anni.
Terminate le operazioni di gara, alcuni operatori hanno promosso ricorso dinanzi al g.a. per contrastare l’aggiudicazione dei lotti nn. 3, 4 e 5 articolando diverse doglianze sia avverso le valutazioni delle offerte che contro la lex specialis. Il T.a.r. ha rigettato i ricorsi.
Le parti hanno interposto appello dinanzi al Consiglio di Stato che accoglieva le doglianze delle ricorrenti e in riforma della sentenza di primo grado disponeva l’annullamento del bando di gara per mancata previsione dei criteri ambientali minimi (cc.dd. “CAM”), di cui all’articolo 34 del d.lgs. n. 50/2016 (ratione temporis applicabile) e dei conseguenti provvedimenti di aggiudicazione riferiti ai lotti nn. 4 e 5.
In particolare, secondo il Consiglio di Stato l’illegittimità della legge di gara discendeva dalla mancata allegazione delle “diagnosi energetiche relative agli edifici ubicati negli ambiti territoriali di riferimento, in violazione dell’articolo 34 del d.lgs. n. 50/2016 e del d.m. 7 marzo 2012 (c.d. decreto CAM) ed aveva scelto “di indire una procedura finalizzata alla stipula di una convenzione quadro con un solo operatore economico, pur in presenza di condizioni di gara non complete per la mancata allegazione dei CAM, nonostante l’affidamento avesse a oggetto prestazioni rientranti nel d.m. 7 marzo 2012.”
In aderenza alla posizione già espressa e in ragione dell’importanza della patologia rilevata, elusiva delle disposizioni interne e comunitarie sui cc.dd. “green public procurements”, con la successiva sentenza n. 4831/2023 il Consiglio di Stato ha preso atto della già intervenuta caducazione del bando e per l’effetto dichiarava improcedibile il ricorso proposto da uno degli operatori economici per ottenere l’annullamento degli atti di cui al Lotto 3, affermando che le precedenti sentenze nn. 2795/2023 e 2799/2023 – avendo annullato “il medesimo bando per tutti e cinque i lotti e per tutte le prestazioni (…)atto logicamente e cronologicamente preesistente rispetto alla suddivisione in lotti della procedura e destinato a dettarne la regolamentazione in modo unitario” – “rilevino quale fatto storico, di cui il Collegio non può non prenderne atto” e non possano che “determinare la caducazione automatica per illegittimità derivata” del provvedimento di aggiudicazione anche del lotto n. 3.
Secondo il Consiglio di Stato “gli atti impugnati sono stati già rimossi dalla realtà giuridica con effetto ex tunc” dalle richiamate sentenze n. 2795/2023 e 2799/2023.
Alla luce del contenuto delle richiamate sentenze, due concorrenti diffidavano l’amministrazione ad accertare l’intervenuto annullamento anche degli atti relativi agli altri lotti nn. 1 e 2 e conseguentemente a bandire nuovamente l’intera procedura.
L’amministrazione rigettava la suddetta istanza ed escludeva dall’effetto caducante conseguente alle sentenze che annullavano il bando di gara i provvedimenti di aggiudicazione disposti per i lotti nn. 1 e 2.
Avverso il suddetto provvedimento sono insorti tre operatori economici che hanno chiesto al g.a. l’annullamento del provvedimento impugnato e, in tutti i casi, di accertare che l’intervenuto annullamento del bando di gara disposto dal Consiglio di Stato con le sentenze n. 2795 e 2799 del 2023 riverberasse i propri effetti anche nel giudizio con riferimento ai lotti nn. 1 e 2.
La decisione del TAR
Il T.a.r. Veneto ha ritenuto fondate le pretese delle ricorrenti, annullando l’impugnata deliberazione e dichiarando “l’intervenuta inefficacia di tutti gli atti relativi alla procedura di gara relativamente ai lotti nn. 1 e 2”.
In primo luogo, il giudice di prime cure ha chiarito che l’istituto dell’invalidità caducante non è dirimente, in quanto “potrà trovare applicazione se e nella misura in cui si ritenga fondata l’argomentazione per cui l’annullamento di un bando di una gara divisa in lotti oggetto di annullamento in un giudizio inerente alcuni soltanto dei suddetti lotti, “estende” – nel senso che produce di riflesso – i suoi effetti anche ai lotti non oggetto di impugnazione”.
Ciò premesso, il g.a. si è occupato di dirimere la questione giuridica giunta alla sua attenzione e consistente nello stabilire se, con particolare riguardo al caso di specie, l’annullamento del bando di gara divisa in lotti, seppure pronunciato in un giudizio afferente i soli lotti 4 e 5, possa aver avuto un’automatica ripercussione anche sui lotti 1 e 2 (non oggetto di impugnazione), così come ritenuto dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4831 del 2023 per il lotto 3.
Per dirimere la suesposta questione, il T.a.r. ha ritenuto che la procedura di gara suddivisa in lotti è “potenzialmente caratterizzata da una pluralità di procedure autonome, ancorché non del tutto indipendenti tra loro, salvo i casi in cui, i singoli lotti, sulla scorta della presenza di una serie di indici oggettivi e soggettivi, vengano ad essere strettamente correlati tra loro sul piano strutturale, funzionale e in prospettiva negoziale”.
Il Collegio – attraverso una disamina del dato normativo vigente ratione temporis (art. 3, art. 37 e art. 51 del d.lgs. n. 50/2016) – approda una concezione per così dire “malleabile” in ordine alla natura unitaria di una procedura di gara suddivisa in lotti.
Ebbene, secondo il giudice di prime cure “certamente è possibile che strutturalmente un appalto diviso in lotti di gara abbia natura unitaria tanto che i singoli lotti simul stabunt simul cadent; ma è altrettanto possibile che la suddivisione in lotti non riguardi un unico appalto, ma un insieme di contratti di appalto ciascuno autonomo, sul piano soggettivo, causale e/o strutturale rispetto agli altri, la cui gestione nella fase di evidenza pubblica venga semplicemente accentrata” (in tale ipotesi si avrà un’aggregazione in una procedura accentrata di una pluralità di appalti autonomi ciascuno corrispondente a ciascun lotto) .
Il T.a.r. ha esaminato anche il diritto europeo rilevando come lo stesso sia neutro rispetto alle problematiche inerenti la struttura e la natura dell’appalto diviso in lotti.
Ne consegue ad avviso del T.a.r “il carattere necessariamente relativo e casistico della valutazione che di volta in volta l’interprete deve effettuare nell’esaminare l’oggetto, la finalità e la struttura del bando di gara”.
Ciò chiarito, il g.a. ha inquadrato ed analizzato la tematica centrale del contenzioso, ponendosi il problema di stabilire, nella specificità del caso, la natura della gara e quindi la portata caducante o meno dell’intervenuto annullamento del bando e della lex specialis.
Il giudice ha concluso per la natura unitaria della procedura di gara in esame sulla base delle seguenti argomentazioni.
In primo luogo, il giudice ha evidenziato che “nel caso di specie, tenuto conto della natura in sé unitaria della convenzione quadro e, con sguardo al caso concreto, della chiara indicazione, nella delibera di indizione della gara, della sostanziale unicità della Convenzione “stipulanda”, in ragione della impossibilità di determinare l’esatta misura/quantità oggetto dell’appalto, deve concludersi che la suddivisione in lotti non si correli in modo specifico ad una pluralità di appalti autonomi e indipendenti sul piano negoziale, strutturale e funzionale, ma sia solo strumentale, come dato conto nel disciplinare di gara, a garantire una più efficace concorrenzialità della procedura”.
Dopo aver accertato l’unità strutturale e funzionale della procedura, il T.a.r. ha valorizzato il vizio sostanziale e radicale che ha portato all’annullamento del bando di gara, sottolineando come il mancato rispetto dei CAM avrebbe assunto un rilievo proprio in relazione alla stipula ed all’esecuzione dei contratti dei singoli Lotti, “imponendosi quale elemento conformativo del contenuto degli stessi”.
Di conseguenza, il g.a. ha concluso che, nella procedura di gara in esame, il bando di gara costituiva “l’atto generale unico posto a fondamento di tutti e cinque i lotti” – in quanto regolava in maniera unitaria la stipula di un unico contratto normativo per tutti i lotti – e che pertanto il suo annullamento “per un vizio sostanziale e radicale come l’assenza dei CAM” non può che aver prodotto “un effetto automaticamente caducante con riguardo a tutti gli atti di tutti i lotti in gara”.
In conclusione, secondo il T.a.r., il ricorso doveva essere accolto e per l’effetto doveva essere dichiarata “l’intervenuta inefficacia di tutti gli atti relativi alla procedura di gara relativamente ai lotti nn. 1 e 2”.
La stazione appaltante ha contestato le conclusioni del T.a.r. e ha interposto appello dinanzi al Consiglio di Stato.
La decisione del Consiglio di Stato
Preliminarmente, il Collegio ha disposto la riunione dei distinti ricorsi in appello promossi dall’amministrazione in ragione della loro oggettiva connessione, ai sensi dell’art. 70 del c.p.a.
Successivamente, e sempre in limine litis, il Collegio ha chiarito le diverse questioni processuali sottoposte alla sua attenzione.
In primo luogo, il g.a. ha decretato l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per erroneo utilizzo dell’ordinaria azione di annullamento in luogo dell’azione di ottemperanza per far valere la nullità del provvedimento oggetto di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado per violazione del giudicato, formatosi in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato nn. 2795 e 2799 del 2023.Secondo il Consiglio di Stato, il rimedio dell’ottemperanza è proponibile solo dalle parti processuali del giudizio di cognizione concluso con la pronuncia oggetto della domanda di esecuzione, e da qualsiasi soggetto estraneo al giudizio che ne abbia tratto vantaggio (Cons. Stato, sez. V, 3 ottobre 2022, n. 8449; id., sez. IV, 6 luglio 2022, n. 5621; id., 9 novembre 2019, n. 7675).
Ne consegue che il vizio di nullità per violazione od elusione del giudicato può, senza dubbio, essere fatto valere anche da un soggetto che non ha preso parte nel giudizio a quo, ma solo tramite domanda di accertamento della nullità ex articolo 31, co. 4 del c.p.a. In secondo luogo, il Collegio si è occupato di un’ulteriore eccezione di inammissibilità dell’impugnazione di primo grado consistente nell’asserita carenza di interesse dell’impugnazione di primo grado per non avere la ricorrente preso parte alla gara per cui è causa, non avendone i requisiti, e non potendo partecipare all’eventuale nuova procedura selettiva che la s.a. avrebbe dovuto indire in caso di conferma della sentenza di primo grado.
Secondo il Collegio, in applicazione dei principi elaborati dall’ormai consolidata giurisprudenza in tema di interesse “strumentale” alla rinnovazione della procedura di affidamento “sussiste l’interesse a ricorrere, sub specie di interesse strumentale alla riedizione della gara, nell’ipotesi in cui alla ricorrente sia stata preclusa la partecipazione alla gara per carenza dei requisiti previsti proprio dal bando di cui aveva chiesto la caducazione, ciò inverando l’esistenza di una lesione concreta e attuale della sua sfera giuridica, e sussista l’astratta possibilità di partecipare alla nuova gara che l’amministrazione avrebbe potuto/dovuto indire a seguito dell’annullamento della precedente, ovvero l’utilità “mediata” che le sarebbe derivata dall’accoglimento del ricorso”.
Infine, il giudice ha ravvisato l’infondatezza anche dell’eccezione di inammissibilità circa la mancata impugnazione della deliberazione della p.a. nella parte in cui non indiceva una nuova gara anche per i lotti nn. 1 e 2 oltre che per i lotti 3, 4 e 5.
Il Collegio ha chiarito che “per pacifica giurisprudenza, la decisione dell’amministrazione di non indire una procedura di evidenza pubblica può essere causata dall’operatore economico del settore attraverso l’impugnazione dell’atto con cui la stessa Amministrazione acquisiti con modalità diverse (ad esempio mediante affidamento diretto) il medesimo bene o servizio che avrebbe dovuto formare oggetto dell’auspicata procedura concorrenziale”.
Successivamente, il Collegio ha respinto gli appelli principali proposti dall’Amministrazione anche nel merito, confermando le conclusioni del primo giudice ancorché all’esito di un percorso motivazionale diverso rispetto a quello seguito nelle sentenze impugnate.
Il Consiglio di Stato nonostante abbia ritenuto, come il giudice di prime cure, la natura unitaria della presenta gara suddivisa in lotti non ha condiviso l’approccio “casistico” e “relativistico” utilizzato dal primo giudice che rimetterebbe alla valutazione dell’interprete, chiamato caso per caso a verificare la natura unitaria o non della procedura di gara, una serie di ricadute di estremo rilievo con riguardo all’efficacia “esterna” della sentenza di annullamento di un bando di gara.
Tale impostazione “soggettivistica” prospettata dal primo giudice rischierebbe di risultare foriera di esiti opinabili e contraddittori, lesivi dei fondamentali valori della certezza e della prevedibilità del diritto.
Secondo il Collegio, ai fini della risoluzione della controversia, è bene invece avere riguardo alla natura del bando di gara come provvedimento amministrativo generale e trarne le conseguenze applicando i principi generali enunciati dalla giurisprudenza.
Il Collegio ha ricordato, infatti che per pacifica giurisprudenza “i bandi di gara – così come quelli di concorso – pur non avendo natura regolamentare né normativa, sono atti amministrativi generali in quanto rivolti a una platea di destinatari non individuabile ex ante, ossia a tutti coloro che possono essere interessati a partecipare alla procedura competitiva e che in fatto vi parteciperanno” (Cfr. Cons. Stato, Ad. Pl., 25 febbraio 2014, n. 9; id., 28 luglio 2011, n. 14; id., 24 maggio 2011, n. 9; id., 27 gennaio 2003, n. 1).
Inoltre, rileva il Consiglio di Stato, sempre secondo consolidata giurisprudenza “la differenza tra gli atti regolamentari e gli atti amministrativi generali è individuabile proprio nel fatto che, mentre per i primi i destinatari sono indeterminabili sia a priori che ex post, per i secondi lo sono solo a priori” (cfr. ex plurimis Cons. Stato. Ad. Pl., 4 maggio 2012, n. 9; id.., sez. VI, 18 febbraio 2011, n. 823).
Ricollegandosi a quanto esposto, il Collegio ha ricordato che nella richiamata sentenza di questa Sezione n. 4831/2023 il bando di gara veniva proprio, per l’appunto, definito “atto amministrativo generale” e tale elemento testuale non può non essere valorizzato per ricostruire il percorso logico – giuridico e valutare la correttezza delle conclusioni raggiunte.
Ciò statuito, secondo il Collegio, la chiave di volta per la risoluzione della controversia in esame deve essere rinvenuta nelle decisioni dell’Adunanza plenaria nn. 4 e 5 del 27 febbraio 2019, le quali “hanno elaborato una tassonomia dei casi eccezionali di efficacia “esterna” del giudicato di annullamento, in deroga alla regola di cui all’articolo 2909 c.c., basata sulla nota differenza tra contenuti inscindibili e scindibili, sull’evidente premessa che tale problematica afferisce ai provvedimenti amministrativi aventi una pluralità di destinatari, alcuni solo dei quali li abbiano impugnati ottenendone l’annullamento, ma che i detti provvedimenti non ricadano nel genus dei regolamenti e degli atti amministrativi generali, per i quali resta valido il tradizionale insegnamento per cui il loro annullamento non può che produrre effetti erga omnes, trattandosi di atti sempre e intrinsecamente inscindibili”.
A conferma di tale orientamento, il Collegio ha ricordato come “anche successivamente alle citate disposizioni della Plenaria la giurisprudenza, anche per gli atti amministrativi generali quali sono i bandi di gara e di concorso, ha continuato ad affermare, anzi trovandone conferma proprio nelle statuizioni del S.C., la regola dell’efficacia erga omnes dell’annullamento” (Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11199; id., sez. VII, 14 febbraio 2022, n. 1083, id., sez. VI, 28 maggio 2019, n. 3480).
La ragione di ciò è intuitiva e risiede proprio nel fatto che gli atti amministrativi generali condividono con i regolamenti l’indeterminabilità ex ante dei potenziali destinatari.
Tuttavia, la tesi prospettata dal Collegio, secondo la quale l’annullamento di un bando ha efficacia erga omnes in ragione della sua natura di atto amministrativo generale, deve confrontarsi con l’obiezione per cui la teorica dell’atto amministrativo generale si applicherebbe a ciascun bando relativo al singolo lotto e non alla legge dell’intera gara.
Il Collegio ha chiarito come tale obiezione non risulti coerente con il paradigma normativo relativo all’istituto della suddivisione in lotti (art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016 e in linea di sostanziale continuità il successivo art. 58 del d. lgs. n. 36 del 2023), avuto riguardo alla specifica fattispecie dedotta.
Infatti, la scelta di suddividere in lotti, orientata nell’ottica di favorire la concorrenza, incentivando l’accesso alle piccole e medie imprese alle gare, risulta estranea e anzi potenzialmente confliggente rispetto all’interesse al risultato che l’amministrazione si propone di soddisfare attraverso il contratto.
In quest’ottica, “la causa negoziale nella quale si sostanzia l’interesse dell’Amministrazione all’approvvigionamento si coglie dunque solo avendo riguardo all’intera operazione amministrativa e contrattuale”.
Secondo il Collegio, nel caso di specie bisogna tenere in considerazione la circostanza per cui la suddivisione in lotti ha seguito un criterio meramente quantitativo (di suddivisione su base territoriale e geografica) nonché la peculiare natura della violazione accertata (i.e. mancato rispetto della normativa in materia di criteri ambientali minimi) che con riguardo ai lotti in relazione ai quali si è formato il giudicato di annullamento non ha avuto riguardo a profili dotati di reali attributi di autonomia in relazione a ciascun lotto.
Di conseguenza, non rilevano elementi puramente formali, quali, la necessità di avere riguardo per ciascun lotto alle caratteristiche concrete del fabbisogno energetico, o ancora la previsione secondo la legge di gara della compilazione dei documenti dell’offerta secondo la specificità di ogni singolo lotto, o l’affidamento di tante convenzioni quadro quanti sono i lotti e infine, il rilievo per cui l’accertata illegittimità con efficacia di giudicato non in tutti i lotti implicherebbe penalizzazione dell’offerente.
Alla luce di tali considerazioni, il Collegio è giunto alla conclusione che “l’inscindibilità della fattispecie, avversata dalla stazione appaltante e dagli aggiudicatari dei lotti, non è pertanto conseguenza di elementi formali (a differenza di quanto sostenuto dal primo giudice, allorché ha valorizzato la convenzione – quadro intesa come contratto unico) ma piuttosto del connato sostanziale e funzionale della fattispecie medesima, e della relativa disciplina”.
Di conseguenza, “l’individuazione dell’atto amministrativo generale cui fare riferimento nell’ottica della ricognizione degli effetti del giudicato non possa predicarsi attraverso una artificiosa scissione della legge di gara e delle sue peculiari vicende”.
A conferma di tale considerazione, il Collegio ha richiamato l’articolo 108, comma 12 del d.lgs. n. 36/2023 che – in linea di continuità con il previgente articolo 95, co. 15 del d.lgs. n. 50/2016 – stabilisce che “ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente al provvedimento di aggiudicazione, tenendo anche conto dell’eventuale inversione procedimentale, non è rilevante ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte, eventualmente stabilita nei documenti di gara, e non produce conseguenze sui procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara”.
Pertanto, la regola della incomunicabilità degli effetti delle pronunce giurisdizionali fra i singoli lotti, limitata alla disciplina dei criteri di aggiudicazione, rafforza ab extrinseco le restanti fattispecie.
Ne consegue il carattere recessivo del tema della natura unitaria o non unitaria della gara suddivisa in lotti, con conseguente irrilevanza dei profili processuali connessi all’affermazione dell’unitarietà della procedura tutte le volte che siano impugnati segmenti comuni della procedura.
Inoltre, discostandosi da quanto statuito dal primo giudice, il Collegio ha ritenuto che l’effetto caducante si era già prodotto in virtù della natura di atto generale dell’atto impugnato e dell’effetto necessariamente erga omnes del suo annullamento poiché “una volta venuto meno il bando nella sua interezza quale atto amministrativo generale, ciò non può non comportare l’automatica caducazione anche degli atti consequenziali ancorché non impugnati, come sono quelli delle procedure relative agli altri lotti”.
Considerazioni conclusive
La questione di interesse affrontata nella presente pronuncia concerne la natura giuridica del bando di gara e l’assunto per cui l’annullamento del bando di una gara divisa in lotti, seppur pronunciato in un giudizio afferente solamente due dei lotti abbia ripercussioni su tutti i lotti.
Per quanto riguarda la natura giuridica del bando bisogna riconoscere nel medesimo un atto avente contenuto sostanzialmente e formalmente amministrativo, privo dei caratteri dell’innovatività e dell’astrattezza, elementi necessari affinché si possa sostenere di essere al cospetto di una fonte normativa.
I bandi di gara, così come quelli di concorso, sono caratterizzati dalla generalità dei destinatari e dalla determinabilità a posteriori degli stessi e si differenziano dagli atti regolamentari i cui destinatari sono indeterminabili sia a priori che ex post,sebbene condividano con essi l’indeterminabilità ex ante dei potenziali destinatari.
In quest’ottica, è rilevante interrogarsi sull’effetto dispiegato dall’annullamento del bando di gara, con l’intento di verificare se da tale annullamento conseguano effetti caducanti.
Giova tener conto che il giudicato amministrativo ha di regola effetti limitati alle parti del giudizio e non produce effetti a favore dei cointeressati che non abbiano tempestivamente impugnato il provvedimento amministrativo.
I casi di giudicato con effetti ultra partes sono eccezionali e si giustificano in ragione dell’inscindibilità degli effetti dell’atto o dell’inscindibilità del vizio dedotto. In particolare, l’indivisibilità degli effetti del giudicato presuppone l’esistenza di un legame altrettanto inscindibile fra le posizioni dei destinatari, in modo da rendere inconcepibile, logicamente, ancor prima che giuridicamente, che l’atto annullato possa continuare ad esistere per quei destinatari che non lo abbiano impugnato.
In ragione della natura di atto generale, che consente ai destinatari, individuabili ex post, di subire i suoi effetti, non può sussistere la possibilità di annullare l’efficacia del bando solamente a beneficio di coloro che lo abbiano impugnato, poiché l’illegittimità del bando può aver prodotto effetti già nel momento della scelta di un operatore sulla partecipazione o meno ad una procedura di gara.
Di conseguenza, è inaccettabile che tali effetti permangano anche dopo l’annullamento del bando
e ciò giustifica la possibilità di estendere l’efficacia erga omnes del bando di gara anche nel caso di una procedura di gara suddivisa in più lotti.
La ratio risiede nel fatto che il vizio riscontrato risulta comune alla posizione di tutti i destinatari e non rileva che non sia stato impugnato dagli operatori economici degli altri lotti, in quanto quest’ultimi subiranno i medesimi effetti.
Infatti, una volta venuto meno il bando non può che essere decretata anche l’automatica caducazione degli atti consequenziali ancorché non impugnati (come sono quelli delle procedure relative agli altri lotti) in quanto dipendenti dal bando unico in qualità di atto presupposto.
Peraltro, non è necessaria una valutazione caso per caso della natura unitaria o non della procedura di gara, poiché vige il principio di invalidità caducante “verticale” della specifica sequenza procedimentale “bando – procedura – aggiudicazione”.
Ne discende quindi che il ricorrente non è tenuto ad impugnare gli altri atti della procedura e, in particolare, l’atto finale di aggiudicazione della gara.
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