L’accesso agli atti di gara alla luce delle prime applicazioni giurisprudenziali

A cura di Chiara Pagliaroli

14 Ottobre 2024
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L’esame dei primi provvedimenti riferiti all’art. 36 del d.lgs. n. 36/2023, rubricato “Norme procedimentali e processuali in tema di accesso” – del quale è stata raccomandata, sin da subito, una “lettura sistematica”, che rifugga da “interpretazioni atomistiche dei singoli commi, che restituiscono solo una visione parziale” (cfr. T.A.R. Lazio Roma, Sez. I-quater, 2 febbraio 2024, n. 3811) – ci restituisce il fotogramma di un istituto dalla fisionomia complessa.

Di seguito verranno ricostruiti, seppur senza pretese di esaustività, i primi approdi raggiunti su alcune delle tematiche affrontate durante il primo anno di vigenza del nuovo Codice dei contratti pubblici.
Tra le questioni esaminate vi è quella relativa alla normativa applicabile alle istanze di accesso agli atti riferite a procedure di evidenza pubblica bandite dopo il 1° luglio 2023 (e soggette, dunque, alla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 36/2023) e aggiudicate nel corso del 2024.

L’art. 225, comma 2, del menzionato d.lgs. ha stabilito che le disposizioni contenute negli artt. 35 e 36 acquistano efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2024, mentre le previsioni contenute nel previgente art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 continuano ad applicarsi, in via transitoria, sino al 31 dicembre 2023 per lo svolgimento delle attività relative all’accesso alla documentazione di gara (v. lett. c).
Sull’argomento si registrano, ad oggi, due orientamenti interpretativi contrapposti.

Secondo un primo indirizzo, a cui può essere ricondotta la pronuncia della IV Sezione del T.A.R. Lombardia Milano, n. 2520 del 30 settembre 2024, “La richiamata disposizione, ossia l’art. 225, comma 2, appare chiara nel suo significato e non ammette interpretazioni che ne possano stravolgere la portata, visto che l’ultrattività delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 50 del 2016 rappresenta l’eccezione alla regola generale dell’applicabilità del D.Lgs. n. 36 del 2023 a far data dal 1° luglio 2023 (art. 229, comma 2 (…)). Tale conclusione risulta confermata anche dal successivo art. 226, comma 2, che prevede una deroga all’applicabilità del D.Lgs. n. 36 del 2023 soltanto per le procedure avviate antecedentemente al 1° luglio 2023, così tipizzando le fattispecie che fanno eccezione alla regola generale dell’applicabilità del D.Lgs. n. 36 del 2023 a partire da tale ultima data”.
Ne segue – conclude il Collegio – che soltanto alle procedure bandite in vigenza del d.lgs. n. 50/2016, seppur aggiudicate nel 2024, devono applicarsi le disposizioni contenute nel predetto testo normativo, mentre alle gare indette a partire dal 1° luglio 2023 e aggiudicate nel corso del 2024 si applicano gli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 36/2023.

Una posizione sostanzialmente analoga era, peraltro, già stata assunta dal T.A.R. Liguria, Sez. I, con l’ordinanza n. 544 del 26 luglio 2024, in riferimento a una procedura avviata con lettera di invito spedita in data 21 dicembre 2023. Nel caso in esame, i giudici di prime cure avevano motivato la declaratoria di irricevibilità dell’istanza ostensoria proposta ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a., per violazione del nuovo termine di dieci giorni di cui all’art. 36, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023, sulla base di un duplice assunto: da un lato, poiché l’accesso era stato richiesto con istanza presentata a maggio del 2024, “per di più, in dichiarata applicazione degli artt. 35 e 36 del D.lgs. n. 36/2023; dall’altro, perché “l’art. 36 del D.lgs. n. 36/2023 è divenuto efficace dall’1.1.2024, talché esso è applicabile sia all’istanza ostensoria del 24.5.2024 che al regime processuale di impugnazione della «decisione» di oscuramento dell’offerta tecnica da parte dell’ente concedente, posteriore all’1.1.2024”.

Di contro, a detta di un differente filone interpretativo, poiché il bando di gara ha natura di atto amministrativo generale, soggetto – come tale – alla regola del tempus regit actum, esso risulta insensibile alla normativa sopravvenuta alla sua pubblicazione “a meno che essa – e non è stato questo il caso – preveda espressamente un’eccezionale efficacia retroattiva”.
Per tale ragione, alle procedure indette prima del 1° gennaio 2024, si applicano – ai fini che qui interessano – le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 50/2016 e, segnatamente, l’art. 53 (così T.A.R. Lazio Roma, Sez. I-bis, 2 ottobre 2024, ord. n. 17079).

Risulta strettamente correlata alla problematica appena esaminata quella della disciplina procedimentale e processuale applicabile nell’ipotesi in cui la stazione appaltante, contravvenendo alle previsioni contenute nell’art. 36, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 36/2023, non abbia reso disponibile, nemmeno in parte, la documentazione ivi richiamata (e, in special modo, le offerte).
E ciò in quanto “la descritta normativa non regolamenta in maniera espressa, né sotto il profilo sostanziale né da un punto di vista processuale, il procedimento che eventualmente avesse ad oggetto l’accesso alle offerte dei primi cinque concorrenti utilmente classificati in graduatoria in caso di omissione, integrale o parziale, della loro comunicazione da parte della Stazione appaltante” (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, n. 2520/2024, cit.).

Rispetto a queste ipotesi, si è affermato che, in presenza di un regime “poco organico e per certi versi anche lacunoso” (v. T.A.R. Lombardia Milano, n. 2520/2024, cit.), potenzialmente in grado di determinare delle gravi distonie nella materia dell’accesso agli atti delle procedure di gara, con rischi legati, da una parte, all’efficienza e alla durata stessa delle procedure e, dall’altra, all’uniformità di trattamento tra i concorrenti, non può che trovare applicazione – sotto il profilo procedimentale – l’ordinario procedimento di accesso agli atti, per come disciplinato dalla l. n. 241/1990 e – sul versante  processuale – la disciplina ricavabile dall’art. 116 c.p.a., senza alcuna deroga.

Del resto – si è parimenti sostenuto – una diversa interpretazione, ancorché funzionale a una rapida definizione delle questioni afferenti all’accesso agli atti di gara, che hanno natura incidentale e che, di norma, si pongono in un rapporto di pregiudizialità rispetto al vero e proprio contenzioso riferito alla materia dei contratti pubblici – non pare praticabile sia per ragioni di carattere testuale, sia per ragioni di sistema “che appaiono difficilmente superabili” (così T.A.R. Lombardia Milano, n. 2520/2024, cit.).
La riserva assoluta di legge contenuta nell’art. 111, comma 1, Cost. impone infatti, a garanzia del diritto di azione e di difesa riconosciuto a tutti i consociati in un quadro di certezza, di impiegare un criterio di interpretazione assolutamente rispettoso della lettera della norma, dovendosi escludere la possibilità di procedere a interpretazioni di tipo estensivo o funzionale, che non trovino un diretto riferimento nel significato attribuibile alla lettera della disposizione processuale da applicare.

Inoltre, un’estensione dell’ambito di applicazione della previsione di cui all’art. 36, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023 anche alle fattispecie in cui la stazione appaltante non ha reso disponibile alcun documento imporrebbe al concorrente di incardinare un ricorso “al buio” nel brevissimo termine di dieci giorni dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, senza disporre degli elementi necessari per poter contestare l’eventuale oscuramento dei dati contenuti nelle offerte, con conseguente vulnus per la tutela giurisdizionale del concorrente interessato all’accesso e con altrettanto consequenziale vantaggio per l’amministrazione, che addirittura trarrebbe beneficio dalla propria condotta contra legem.

Da ultimo, in assenza – all’interno della l. n. 78/2022, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” – di principi e criteri direttivi riferiti alla materia processuale, un’eventuale implementazione della disciplina a favore di ambiti non espressamente contemplati finirebbe col porsi in contrasto con la legge delega stessa, con conseguente violazione del disposto di cui all’art. 76 Cost.

L’applicabilità dell’ordinario procedimento di accesso agli atti rende, di conseguenza, mutuabile l’orientamento formatosi nella vigenza del previgente Codice dei contratti pubblici, secondo cui, nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, ove la richiesta di accesso agli atti venga proposta entro un lasso temporale di quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il termine di trenta giorni di cui all’art. 120 c.p.a. va incrementato di un numero massimo di quindici giorni, pari al tempo necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione stessa, con conseguente dilazione temporale del termine di impugnazione sino a un massimo di quarantacinque giorni (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, n. 2520/2024, cit.; T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 25 settembre 2024, n. 1721).

Ha, viceversa, escluso l’operatività del meccanismo della dilazione temporale il T.A.R. Lazio Roma, Sez. IV, nella sentenza n. 13225 del 1° luglio 2024, al momento sub iudice.

Secondo il Collegio capitolino, la disposizione di cui all’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023 (ai sensi della quale “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano in modalità digitale l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inserite nelle piattaforme (…)”), unitamente alla contestuale abrogazione dell’art. 76, comma 2, del previgente d.lgs. n. 50/2016 rendono “inapplicabile il peculiare termine di proroga del termine impugnatorio, elaborato dalla giurisprudenza”.

Quanto, infine, al nuovo rito processuale “super speciale”, palesemente preordinato adaccelerare la procedura (v. T.A.R. Puglia Bari, Sez. II, 17 giugno 2024, n. 767; Id., 1° dicembre 2023, n. 1388), il medesimo presuppone che:

i. i concorrenti non debbano più formulare alcuna istanza di accesso agli atti, come sottolineato, di recente, anche dal T.A.R. Toscana, Sez. IV, con la pronuncia n. 1035 del 25 settembre 2024, in cui si è parimenti evidenziato che “la dedotta «assenza nel Sistema Dinamico di Acquisizione della funzionalità che consente di rendere disponibili i documenti previsti dai commi 1 e 2 dell’articolo 36 del D. Lgs. n. 36/2023» non può certo esimere l’amministrazione dal dovere di trasparenza, potendo essa comunque inviare la documentazione al domicilio digitale degli operatori economici, senza necessità di una apposita istanza in tal senso”;
ii. agli operatori collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria vengano reciprocamente rese disponibili (sempre attraverso la piattaforma digitale di approvvigionamento) le rispettive offerte, con conseguente venir meno della “dimostrazione della c.d. prova di resistenza” da parte del concorrente istante (così T.A.R. Lombardia Milano, n. 2520/2024, cit.);
iii. tutto venga deciso in autonomia dalla stazione appaltante al momento della valutazione delle offerte: “non è [infatti] previsto un preliminare avviso all’offerente, quale controinteressato, circa l’intenzione di rendere visibili le parti di offerte indicate come segrete, né viene disciplinato un contraddittorio sul punto prima dell’aggiudicazione” (cfr. T.A.R. Puglia Bari, n. 767/2024, cit.; Id., n. 1388/2023, cit.);
iv. le decisioni sulle richieste di oscuramento, comunicate contestualmente all’aggiudicazione, vengano impugnate solamente per le vie giudiziali, nel breve termine (“ai limiti del giugulatorio”) di dieci giorni (v. T.A.R. Puglia Bari, n. 767/2024, cit.; Id., n. 1388/2023, cit.).

In relazione a quest’ultimo profilo, presentano profili di interesse:

i. tanto l’ordinanza della II Sezione del T.A.R. Calabria Catanzaro n. 416 del 18 marzo 2024, con la quale i giudici di prime cure hanno disatteso l’eccezione di tardività dell’istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a., poiché, nella comunicazione digitale dell’aggiudicazione, la stazione appaltante non aveva dato atto delle decisioni assunte sulle richieste di oscuramento, ancorché ad esse risulti “collegato e funzionale il termine di dieci giorni per la notifica e il successivo deposito del ricorso”. Con la conseguenza che, in mancanza di questo contenuto: i) la comunicazione di aggiudicazione si rivela “inidonea” a determinare l’operatività e il decorso del menzionato termine di dieci giorni; ii) trova applicazione l’ordinario termine di trenta giorni di cui all’art. 116, comma 1, c.p.a.;
ii. quanto l’ordinanza del T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, n. 996 del 28 agosto 2024, nell’ambito della quale l’eccezione di irricevibilità è stata respinta, “giacché non risulta dimostrato in atti che la Stazione appaltante abbia assunto la decisione sulla richiesta di oscuramento (…) unitamente alla comunicazione digitale di avvenuta aggiudicazione, sicché si appalesa inapplicabile alla fattispecie il disposto di cui all’art. 36, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 36/2023”.

Merita, infine, di essere segnalata anche la sentenza del T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 20 settembre 2024, n. 5055, sub iudice, che – nel richiamare la previsione di cui all’art. 36, comma 6, del d.lgs. n. 36/2023, che consente alla stazione appaltante o all’ente concedente di segnalare all’ANAC eventuali comportamenti elusivi degli operatori economici che reiterano continue richieste di oscuramento in assenza di reali rischi per i propri segreti tecnici e commerciali – l’ha ritenuta espressiva “della vis espansiva della trasparenza anche nella materia dei contratti pubblici”.

Certo è che, se – come ben evidenziato nella Relazione illustrativa – l’istituto dell’accesso agli atti è “norma centrale” nel contesto delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, è auspicabile che, con il correttivo, vengano corretti i diversi profili di criticità che la prassi applicativa ci sta restituendo.

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