Servizio integrato di igiene urbana, adeguamento prezzi e metodo tariffario

A cura di Chiara Pagliaroli

29 Agosto 2024
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Premessa

La sentenza n. 636/2024 del 15 luglio u.s. della II Sezione del TAR Lombardia Brescia offre l’occasione per soffermarsi non solo sul merito della causa, ma anche su alcune questioni di carattere pregiudiziale, proposte dall’Amministrazione resistente.

I fatti in causa

La pronuncia origina dall’impugnazione, ad opera della società affidataria del servizio integrato di igiene urbana, dei provvedimenti con i quali l’Amministrazione comunale ha: i) approvato il piano economico-finanziario (PEF) della gestione integrata dei rifiuti urbani per il periodo 2022-2025; ii) approvato le tariffe della tassa rifiuti (TARI) relative all’anno 2023; iii) aggiornato i prezzi unitari offerti in gara dalla ricorrente ai sensi dell’art. 46 del Capitolato speciale d’appalto per il periodo 1° gennaio 2023-31 dicembre 2023, applicando l’indice FOI-ISTAT datato dicembre 2022.
Il Comune, in particolare, nell’approvare il PEF elaborato utilizzando il metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025, di cui alla deliberazione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) n. 363/2021/R/RIF del 3 agosto 2021 (nella versione ratione temporis vigente), ha considerato “insuperabile il corrispettivo contrattuale rivalutato”, limitando, di conseguenza, il riconoscimento tariffario a una parte soltanto dei costi documentati dall’affidatario.
Avverso tali determinazioni, il gestore del servizio ha proposto tre ordini di censure, così sintetizzabili: i) violazione dell’art. 4.6 della deliberazione ARERA n. 363/2021/R/RIF, poiché difetterebbero, nel caso in esame, le due condizioni che consentirebbero di applicare tariffe inferiori rispetto a quelle risultanti dall’applicazione del MTR-2; ii) mancanza di un apparato motivazionale a supporto della decisione di escludere dal riconoscimento le voci di costo ritenute inefficienti, peraltro semplicemente elencate all’interno di un foglio excel; iii) violazione dell’art. 1, comma 527, lett. f), della l. n. 205/2017, nella parte in cui attribuisce all’ARERA le funzioni di regolazione e controllo nella predisposizione e nell’aggiornamento “del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio «chi inquina paga»”.

La decisione del TAR

i) Sull’eccezione di giudicato
Prima di decidere il merito della causa, i giudici di prime cure hanno affrontato l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio del ne bis in idem, sollevata dalla difesa dell’Amministrazione.
A detta di quest’ultima, in particolare, il giudizio all’epoca promosso dall’impresa avverso i provvedimenti di rigetto dell’istanza di adeguamento delle condizioni economiche dell’offerta e definito, in primo grado, dal TAR Lombardia Brescia, Sez. I, con la sentenza 10 marzo 2022, n. 239 e, in grado d’appello, dal Cons. Stato, Sez. IV, con la pronuncia 31 ottobre 2022, n. 9426, avrebbe reso il “nuovo” ricorso inammissibile.
Secondo il Collegio, viceversa, l’argomento è superabile, in quanto la corrispondenza dei due giudizi è “per la maggior parte, solo apparente” (cfr. punto 17).
Nello specifico, “il giudicato formatosi attraverso la sentenza n. 9426/2022 ha ritenuto non provata l’asserita perdita dell’equilibrio economico-finanziario per circostanze impreviste e imprevedibili intercorse tra la presentazione dell’offerta e l’aggiudicazione, che si sarebbero poi ulteriormente aggravate (…). Il presente ricorso si fonda, invece, su una circostanza perfettamente prevista e prevedibile, ossia il metodo tariffario dell’ARERA (…)” (v. punti 18 e 19).
Ne deriva che “il punto da esaminare, non coperto da giudicato, è quindi come vadano raccordate le originarie clausole contrattuali sui prezzi unitari con il metodo tariffario e come vada applicato in concreto il metodo tariffario” stesso (cfr. punto 19).
II) Sull’interesse a ricorrere
Il TAR ha, poi, respinto anche la seconda eccezione di inammissibilità del ricorso, basata sulla natura asseritamente endoprocedimentale (e, dunque, priva di efficacia immediatamente lesiva) dei provvedimenti comunali, ritenendo l’argomentazione non condivisibile.
Secondo i giudici di prime cure, in particolare, la procedura di validazione – disciplinata dall’art. 7.4 della deliberazione ARERA n. 363/2021/R/RIF e consistente nella verifica della completezza, della coerenza e della congruità dei dati e delle informazioni necessarie all’elaborazione del piano economico finanziario – fa capo all’Ente territorialmente competente, essendo quest’ultimo “l’unico soggetto in grado di conoscere e di valutare i dettagli della gestione del servizio”, anche alla luce dei principi di sussidiarietà e di prossimità, oltre che per ragioni connesse al rapporto/collegamento con il territorio.
I compiti di verifica della coerenza regolatoria degli atti, dei dati e della documentazione trasmessa e di approvazione spettanti all’Autorità ai sensi del successivo art. 7.7 sono, invece, “di altra natura” e consistono nella “verifica del corretto inserimento dei dati nella formula tariffaria”. L’Authority, in sostanza, interviene “sulla valorizzazione dei costi” e “non sulla quantificazione degli stessi a partire dal bilancio del gestore”.
L’interesse del gestore a impugnare direttamente il PEF nella versione validata dal Comune si desume, inoltre, dai seguenti rilievi: i) la via giudiziaria rappresenta “l’unico strumento idoneo a tutelare in modo effettivo l’aspettativa al riconoscimento dei costi di bilancio come costi efficienti ai fini tariffari”; ii) integrazioni o modifiche, in via amministrativa, da parte di ARERA sono meramente eventuali e non risultano inserite all’interno di un procedimento, assistito da tempistiche e da garanzie predefinite; iii) fino all’approvazione dell’Autorità si applicano, quali prezzi massimi del servizio, quelli determinati dal Comune (v. art. 7.8), “senza alcun meccanismo di conguaglio per eventuali costi efficienti pretermessi”; iv) non è da escludere che, nell’ipotesi in cui il procedimento di approvazione di competenza di ARERA subisca delle dilazioni temporali, le tariffe comunali possano cristallizzarsi come unica fonte di regolazione della sostenibilità finanziaria della gestione (cfr. punto 23).
L’assenza di meccanismi di conguaglio sembra aver assunto, nella fattispecie in esame, un peso determinante, considerato che – con riferimento alle tariffe del servizio idrico integrato – lo stesso TAR Lombardia Brescia ha dichiarato inammissibile un gravame proposto nei confronti degli atti con cui un Ente territoriale aveva approvato la proposta tariffaria elaborata dal gestore del servizio, trasmettendola ad ARERA per la definitiva approvazione, sulla scorta della seguente motivazione: “si tratta (…) di atti di natura meramente endoprocedimentale, privi di efficacia immediatamente lesiva, destinati a confluire nel provvedimento conclusivo di approvazione da parte di Arera (…). Nelle more dell’approvazione definitiva da parte di Arera, la proposta tariffaria approvata dall’ente territoriale viene applicata dal gestore in via meramente provvisoria al fine di consentire l’erogazione del servizio, salva l’applicazione di meccanismi di conguaglio (predeterminati dalla stessa Autorità) a seguito dell’approvazione definitiva da parte di Arera, finalizzati a consentire al gestore l’integrale recupero dei costi effettivamente sostenuti per l’erogazione del servizio, come previsto per legge.” (così TAR Lombardia Brescia, Sez. I, 29 dicembre 2022, n. 1388).
III) Sui rapporti tra il contratto d’appalto e il metodo tariffario
Venendo al merito della controversia, il TAR, dopo aver ribadito che l’offerta presentata in gara e recepita nel contratto d’appalto costituisce la base condivisa dai contraenti per lo svolgimento del rapporto contrattuale e che, in quanto tale, non può più essere messa in discussione, “dovendosi presumere che corrisponda a uno stato originario di equilibrio economico-finanziario”, ha avuto cura di precisare che l’adeguamento dei prezzi ricade, viceversa, nel metodo tariffario, “anche in sostituzione di specifiche clausole contrattuali che ammettono o escludono la rivalutazione automatica, trattandosi di una condizione necessaria per il mantenimento dell’equilibrio contrattuale”. E ciò in quanto “nei settori regolati, il metodo tariffario garantisce (…) tutti i soggetti coinvolti, avendo come obiettivo una gestione che sia efficiente, non eccessivamente onerosa per gli utenti e allo stesso tempo finanziariamente sostenibile” (cfr. punto 24).
Il principio affermato risulta conforme all’orientamento giurisprudenziale (tra le più recenti, si vedano TAR Puglia Lecce, Sez. II, 8 aprile 2024, n. 484 e n. 485) in virtù del quale:
i. “La disciplina regolatoria in esame sottende esigenze generali, che assurgono al rango di valori fondamentali del sistema, interno ed eurounitario, chiaramente enunciati dall’art. 1, comma 527, della legge 2017 n. 205. Pertanto, la disciplina in contestazione ha natura imperativa e deve esserne garantita l’operatività anche nella disciplina di rapporti in corso di svolgimento, secondo il meccanismo dell’eterointegrazione contrattuale, ex art. 1339 c.c., con sostituzione automatica della clausola difforme, da qualificare come nulla per contrarietà a norma imperativa, secondo la previsione dell’art. 1419, comma 2, c.c.” (così TAR Lombardia Milano, Sez. I, 17 agosto 2021, n. 1938);
ii. “La sostituzione automatica ex lege della clausola difforme rispetto alla disciplina imperativa sopravvenuta opera con riferimento alla parte concernente la determinazione del corrispettivo per il servizio, quale elemento essenziale del contratto ai sensi dell’art. 1325 cod. civ.”.
Nel caso in esame, l’Amministrazione comunale, avendo ritenuto satisfattivo per il gestore l’aggiornamento degli importi contrattuali alla sola variazione ISTAT (con il recupero, quindi, dell’inflazione), ha di fatto disapplicato il metodo tariffario rifiuti in una parte essenziale, perché ha eliminato la correlazione tra i costi del servizio e il livello tariffario, chiamato ad assicurare una gestione non in perdita.
È, quindi, necessario – conclude il TAR – che “il Comune effettui una nuova valutazione del PEF e degli atti connessi, esaminando singolarmente le voci di costo escluse, per stabilire motivatamente se possano essere considerate efficienti o meno. Una volta ridefinito su questo presupposto il limite di crescita annuale delle entrate tariffarie, dovrà essere ripetuta la scelta se concedere in tutto o solo in parte l’incremento del corrispettivo alla ricorrente, evidenziando, in caso di attribuzione parziale, il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario” (v. punto 29), nel rispetto delle indicazioni desumibili dall’art. 4.6 della deliberazione ARERA n. 363/2021/R/RIF.

Considerazioni conclusive

La pronuncia in commento presenta diversi aspetti meritevoli di interesse.
Appare sicuramente degna di nota la tipologia di sentenza prescelta dal Collegio per “esprimere” l’accoglimento parziale del ricorso, nei limiti esposti in motivazione.
Il TAR, difatti, a fronte di un giudizio incardinato secondo lo schema impugnatorio, ha optato per una “pronuncia di accertamento, senza annullamento delle tariffe attualmente previste dal Comune per il servizio in questione” e ha precisato che “L’effetto conformativo della pronuncia vincola il Comune a ripetere l’esame del PEF (…) e a pronunciarsi con un nuovo provvedimento espresso nel rispetto delle indicazioni formulate nella presente sentenza” entro il termine di 90 giorni dal deposito della pronuncia, con salvezza del “diritto della ricorrente all’eventuale conguaglio a decorrere dalla data di notifica del ricorso, senza interessi legali fino alla quantificazione degli importi” (cfr. punti 31 e 32).
Sarà, dunque, questo uno dei possibili profili oggetto di indagine, considerato che la decisione del giudice è strettamente correlata (anche in virtù del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato) alla domanda del ricorrente, che pertanto delimita anche i caratteri del giudizio.

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