Settori speciali e anomalia dell’offerta negli appalti sottosoglia

TAR Lombardia – Milano, sez. I, 5 luglio 2024, n. 2077

Sandro Mento 7 Agosto 2024
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Appalto di servizi – settori speciali – art. 149, comma 1 d.lgs. n. 36/2023 – sottosoglia – art. 50, comma 5 d.lgs. n. 36/2023 – anomalia dell’offerta – verifica anomalia – art. 54 d.lgs. n. 36/2023 – art. 141 d.lgs. n. 36/2023 – non applicabilità in via diretta ai settori speciali 

L’individuazione delle norme applicabili ai settori speciali nel nuovo Codice è puntuale e mira a superare le criticità del rinvio “nei limiti della compatibilità” che avevano caratterizzato la vigenza dell’articolo 114 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Per quanto riguarda gli appalti sottosoglia, ai sensi dell’art. 50, comma 5 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 “Le imprese pubbliche, per i contratti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alle soglie europee di cui all’articolo 14, rientranti nell’ambito definito dagli articoli da 146 a 152, applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale, se i contratti presentano un interesse transfrontaliero certo, deve essere conforme ai principi del Trattato sull’Unione europea a tutela della concorrenza”.
La disposizione dell’art. 54 non è richiamata e quindi non è direttamente applicabile, neppure nella parte in cui stabilisce che “In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.
La disciplina della valutazione di anomalia dell’offerta prevista dall’art. 54 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 non è applicabile in via diretta ai settori speciali in quanto la norma appartiene al Libro II del Codice dei contratti ed in merito l’art. 141 dello stesso Codice stabilisce che “Ai contratti di cui al presente Libro si applicano, oltre alle sue disposizioni: e) nell’ambito del Libro II, Parte II, gli articoli 57, 60 e 61”.

Indice

1. Il caso di specie

La vicenda in esame ha riguardato lo svolgimento di una gara, bandita da una società in controllo pubblico, per l’affidamento di un servizio (“valutazioni indipendenti per interventi a sottosistemi strutturali e per modifiche rilevati della rete ferroviaria”) rientrante nell’ambito dei settori speciali del Codice degli appalti.
Più precisamente, ai sensi dell’art. 149 (servizi di trasporto), comma 1 d.lgs. n. 36/2023: “1. Le disposizioni del codice si applicano alle attività relative alla messa a disposizione o alla gestione di reti destinate a fornire un servizio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario, tranviario, filoviario, mediante autobus, sistemi automatici o cavo”.
Questi i fatti salienti.
La ricorrente, seconda classificata nella procedura indicata, con il ricorso introduttivo del giudizio impugnava l’aggiudicazione del servizio (e i relativi atti presupposti: proposta di aggiudicazione, atto di formale aggiudicazione, verbale del RUP di ritenuta congruità dell’offerta, lettera d’invito ecc.) in favore della ditta controinteressata (non costituita in sede giurisdizionale), proponendo in seguito anche motivi aggiunti in conseguenza dell’accoglimento, da parte del TAR, di istanza di accesso agli atti.
Nel ricorso, l’azienda faceva essenzialmente valere due ragioni di doglianza. In primo luogo, gli atti impugnati sarebbero stati illegittimi per insostenibilità economica dell’offerta dell’impresa aggiudicataria e per omissione, da parte della P.A., di una valida e seria verifica di congruità dell’offerta medesima.
In via “gradata”, inoltre, l’impresa contestava l’illegittimità dell’intera procedura.
A suo dire, la lex specialis non avrebbe indicato espressamente il costo della manodopera (non soggetto a ribasso) derivandone, in conseguenza (per effetto dell’unico ribasso percentuale formulabile dai concorrenti sull’importo complessivo a base di gara), una violazione dei “parametri” di legge: segnatamente, del portato dell’art. 41 (commi 13 e 14) d.lgs. n. 36/2023 (applicabile anche ai settori speciali: art. 141, comma 3), secondo cui: “14. Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13 [Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più affine a quello preso in considerazione…]. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

2. La decisione del TAR

All’esito del giudizio, il TAR ha respinto il ricorso. Per quanto di interesse in questa sede, il giudice ha, innanzitutto, evidenziato che, nella fattispecie, si trattava di una gara (sottosoglia) nell’ambito del settore speciale indicato nell’art. 149 Codice (servizi di trasporto).
Per quanto riguarda gli appalti sottosoglia, ha chiarito il Collegio, l’art. 50, comma 5 d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che: “Le imprese pubbliche, per i contratti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alle soglie europee di cui all’articolo 14, rientranti nell’ambito definito dagli articoli da 146 a 152, applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale, se i contratti presentano un interesse transfrontaliero certo, deve essere conforme ai principi del Trattato sull’Unione europea a tutela della concorrenza. Gli altri soggetti di cui all’articolo 141, comma 1, secondo periodo, applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale deve essere conforme ai predetti principi del Trattato sull’Unione europea”.
L’individuazione delle norme applicabili ai settori speciali nel nuovo Codice è, secondo il Collegio, puntuale e mira a superare le criticità del rinvio “nei limiti della compatibilità” che avevano caratterizzato la vigenza dell’art. 114 d.lgs. n. 50/2016.
In tal senso, la disciplina della valutazione di anomalia dell’offerta (nel sottosoglia), prevista dall’art. 54 d.lgs. n. 36/2023, non sarebbe applicabile in via diretta ai settori speciali, in quanto la norma: “…appartiene al Libro II del Codice dei contratti ed in merito l’art. 141 dello stesso Codice stabilisce che «Ai contratti di cui al presente Libro si applicano, oltre alle sue disposizioni: e) nell’ambito del Libro II, Parte II, gli articoli 57, 60 e 61»”.
Non essendo richiamato l’art. 54 tra quelli applicabili ai settori speciali, non sarebbe possibile neppure predicare la vigenza dell’ultimo periodo del comma 1 di tale disposizione, secondo cui: “In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.
Residuerebbe, dunque, solo l’applicazione del regolamento del singolo ente aggiudicatore (art. 50, comma 5 Codice), il quale – nella fattispecie in esame per gli appalti sottosoglia – stabiliva però solo la possibilità di prevedere, nella documentazione di gara, la verifica di congruità delle offerte: “…ai sensi dell’art. 97 Codice” (d.lgs. n. 50/2016).
Dall’esame degli atti di gara (lettera d’invito a presentare offerte e capitolato tecnico), il TAR ha constatato l’assenza di clausole destinate a regolare il giudizio di anomalia dell’offerta, che pertanto non era stato svolto secondo i canoni stabiliti per i settori “ordinari” (art. 54 e 110 Codice).
Ad abundantiam, ha ricordato poi il Tribunale, la giurisprudenza (Cons. Stato, ad. plen., 1° agosto 2011, n. 16) ha chiarito l’ambito degli obblighi di evidenza pubblica a carico delle imprese (pubbliche) nei settori speciali, per cui la sottoposizione o meno dell’appalto al regime pubblicistico discende dalle caratteristiche oggettive dell’appalto stesso e soggettive della stazione appaltante e, dunque, dall’esistenza di un vincolo “eteronomo” e non semplicemente dalla dichiarazione della stazione appaltante (c.d. “autovincolo”).
Dunque, nel caso in esame: “…sebbene l’art. 50, comma 5 decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 riconosca la rilevanza giuridica dell’autovincolo per i contratti sottosoglia dei settori speciali, ci troviamo di fronte ad una applicazione di fatto della valutazione di anomalia dell’offerta, in mancanza di autovincolo [poiché non previsto dal regolamento interno della società che aveva bandito la gara], con la conseguenza che la valutazione effettuata autonomamente dal RUP non si inserisce nel procedimento di aggiudicazione e non è sindacabile dal giudice per mancanza della norma giuridica di comparazione”.
Per completezza, è necessario evidenziare come il giudice abbia respinto pure le doglianze relative all’assunta violazione dell’art. 41 d.lgs. n. 36/2023, nella parte in cui si dettano i principi in materia di costo del lavoro (commi 13 e 14).
Segnatamente, il TAR ha evidenziato che il divieto di ribasso del costo del personale indicato nel bando non è assoluto, ma relativo (la sua omissione, secondo il giudice, non comporta l’impossibilità di presentare un’offerta, avendo carattere inderogabile solo il mancato rispetto dei CCNL applicabili e delle tabelle ministeriali negli altri casi).
L’art. 41, inoltre, va coordinato con l’art. 110, comma 5 Codice dei contratti, secondo cui: “La stazione appaltante esclude l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa in quanto: […] d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 13”.
Per il Tribunale, l’art. 110, comma 5 d.lgs. n. 36/2023 evidenzia che il giudizio di anomalia del costo del personale è interno all’offerta, in quanto comporta il confronto tra il costo del personale offerto e quello indicato dal CCNL e dalle tabelle ministeriali.
L’omissione dell’indicazione del costo della manodopera nella legge di gara non comporta, pertanto, l’impossibilità di presentare l’offerta, né la possibilità di assoggettare il costo del personale a ribasso ad nutum, in quanto: “…non impedisce di verificare il rispetto dei diritti economici dei lavoratori con i criteri indicati dall’art. 110, comma 5 del Codice dei contratti”.
Anzi, per il TAR, si potrebbe affermare esattamente il contrario: che la mancata indicazione del costo teorico del personale comporta l’effetto opposto della necessaria verifica di anomalia dell’offerta delle spese del personale; ciò a maggior tutela dei lavoratori.
In definitiva: “…deve ritenersi che l’omissione dell’indicazione dei costi della manodopera nel bando non permette di sottoporre a riduzione senza limiti la spesa di personale e quindi non costituisce vizio idoneo a travolgere l’intera gara ma può costituire solo vizio dell’offerta che abbia indicato le spese del personale non rispettose dei livelli salariali applicabili al caso di specie”.

3. Sul profilo dell’autovincolo della stazione appaltante.

Merita un breve approfondimento il tema dell’autovincolo della stazione appaltante, fattispecie applicabile anche ai contratti da affidare nei settori speciali.
In generale, secondo tale “principio”, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a rispettare le regole (anche più restrittive rispetto alla legge in generale) che, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, ha deciso di porre a presidio dello svolgimento della procedura di gara.
Ciò in ossequio ai principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti (si v. Cons. Stato, sez. III, 4 dicembre 2023, n. 10468).
I criteri per l’aggiudicazione di un appalto prescelti dalla P.A. comportano che la stessa sia sempre obbligata al loro rispetto, sicché l’individuazione del contraente deve avvenire sulla scorta delle regole stabilite, rese conoscibili a tutti i potenziali concorrenti (per approfondimenti, si v. Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 2024, n. 4659).
Quando la P.A., nell’esercizio del proprio potere discrezionale, decide di “autovincolarsi”, stabilendo così la disciplina posta a presidio del futuro espletamento di una determinata potestà, la stessa è tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni, con la duplice conseguenza che: a) è impedita la successiva disapplicazione delle stesse; b) la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni (si cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2017, n. 3502; si v. pure  TAR Lazio, Roma, sez. I, 5 marzo 2019, n. 2918 e Id., sez. III quater, nn. 2901, 2902, 2903, 2905 sempre del 5 marzo 2019).
L’autovincolo, come è stato evidenziato (Cons. Stato, sez. V, n. 4659/2024, cit.), costituisce: “…un limite al successivo esercizio della discrezionalità, che la stazione appaltante pone a sé medesima in forza di una determinazione frutto dello stesso potere che si appresta ad esercitare, e che si traduce nell’individuazione anticipata di criteri e modalità, in guisa da evitare che la complessità e rilevanza degli interessi possa, in fase decisionale, complice l’ampia e impregiudicata discrezionalità, favorire in executivis l’utilizzo di criteri decisionali non imparziali. La garanzia dell’autovincolo, nelle procedure concorsuali, è fondamentalmente finalizzata alla par condicio: conoscere in via anticipata i criteri valutativi e decisionali della Commissione valutatrice, in un contesto in cui le regole di partecipazione sono chiare e predefinite, mette in condizione i concorrenti di competere lealmente su quei criteri, con relativa prevedibilità degli esiti” (il Collegio cita, tra le altre decisioni, Cons. Stato, sez. III, 20 aprile 2021, n. 3180).
In altri termini, mediante l’autovincolo, che si risolve nell’individuazione anticipata di criteri e modalità di giudizio, si evita che la complessità e rilevanza degli interessi possa favorire l’utilizzo di criteri decisionali non imparziali, ponendosi, di conseguenza, un limite al successivo esercizio della discrezionalità, in forza di una determinazione frutto dello stesso potere che si appresta ad esercitare (così, TAR Molise, Campobasso, sez. I, 26 febbraio 2024, n. 49; si v. pure TAR Liguria, Genova, sez. I, 4 aprile 2022, n. 255).
Concetto che funge da “corollario” a quello dell’autovincolo è quello per cui la lex specialis dovrà essere interpretata in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in essa contenute vincoleranno rigidamente l’operato dell’amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità, in ragione dei (citati) principi di affidamento e tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis medesima (si cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2019, n. 1148; il concetto di interpretazione strettamente letterale, a sua volta, si raccorda con l’indirizzo ermeneutico in forza del quale: “…nell’ipotesi in cui la interpretazione letterale di una norma di legge o (come nella specie) regolamentare sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercè l’esame complessivo del testo, della «mens legis», specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma si come inequivocabilmente espressa dal legislatore”: si v. Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2018, n. 24165).
Si tratta di indirizzo, quest’ultimo, estendibile, per la verità, anche all’interpretazione di atti amministrativi generali, in cui, parimenti, emerge la necessità di assicurare, per la generalità dei soggetti interessati, la prevedibilità delle decisioni da assumere, possibile soltanto se non si intendano le prescrizioni amministrative in senso contrastante rispetto al loro significato letterale (si cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 maggio 2023, n. 4918).
Il rispetto dell’autovincolo, infine, è confermato anche dal d.lgs. n. 36/2023, il quale, fra i principi fondamentali, annovera quelli (già citati) dell’affidamento e della buona fede, per cui occorre tutelare (anche prima dell’aggiudicazione) la “fiducia” dell’operatore economico sul legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 5 Codice), come “imbrigliato” nell’ambito delle regole specifiche dettate per l’affidamento del contratto pubblico (naturalmente, resta fermo che, in caso di aggiudicazione annullata su ricorso di terzi o in autotutela, l’affidamento non potrà considerarsi incolpevole se l’illegittimità era agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti: art. 5, comma 3 Codice).
L’autovincolo, incastonabile ormai nell’ambito dell’art. 5 d.lgs. n. 36/2023, da criterio diretto innanzitutto a regolare (nell’ottica della P.A.) le procedure di gara (in attuazione del buon andamento), diviene principio “relazionale”, suscettibile di attrarre anche i concetti di responsabilità civile e ristoro dei danni, fattispecie che (nell’ottica del nuovo Codice) potranno più facilmente trovare applicazione per “sanzionare” quelle amministrazioni la cui attività, in spregio ai criteri di gara (e alle regole espressione di autovincolo), dovesse violare le norme dettate per lo svolgimento della procedura di affidamento e la formazione ed esecuzione del contratto.     

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