Il nuovo Codice appalti dopo il primo anno di “efficacia”: le questioni ancora aperte in attesa del “correttivo”.

A cura di Alessandro Massari

Alessandro Massari 3 Luglio 2024
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Il 1° luglio il nuovo Codice appalti ha compiuto il suo primo anno di “efficacia” (mentre il primo “compleanno” di entrata in vigore solo formale è stato già “festeggiato” il I aprile scorso). E’ quindi possibile tracciare un primo sommario bilancio sull’applicazione del Dlgs. 36/2023, evidenziando le questioni ancora aperte che potrebbero, almeno in parte, trovare una soluzione nel prossimo decreto correttivo.

E’ di queste ore la notizia dell’avvio di un tavolo di consultazione presso il MIT, cui hanno preso parte, tra gli altri, Anac, Ance, Anci e altri enti, istituzioni e associazioni.
I partecipanti sono stati invitati ad una “consultazione digitale” che costituirà una base di partenza per l’elaborazione del provvedimento correttivo di quelle parti del nuovo Codice che hanno funzionato meno.
Tra le questioni poste, quella dell’equo compenso, della qualificazione delle stazioni appaltanti (evidenziato da Anci e dalla Conferenza delle Regioni), della revisione dei prezzi (tema caro al mondo delle imprese), o delle misure in materia di consorzi (sollevate da Legacoop e Anac).

La primissima infanzia del nuovo Codice è stata tutt’altro che pacata, soprattutto dal 1° gennaio scorso, quando hanno acquistato efficacia le norme sulla digitalizzazione del ciclo di vita dell’appalto, che pervadono tutti gli aspetti operativi delle procedure. L’impatto, come noto, è stato traumatico e a tutt’oggi tante sono le criticità che attendono ancora un assestamento.
Nella Relazione annuale 2024, l’ANAC ha ammesso che la riforma “ha richiesto un impegno straordinario e comportato innegabili difficoltà”. Ciononostante, ha osservato l’Autorità “grazie allo sforzo realizzato in piena cooperazione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, l’Agenzia per l’Italia Digitale e gli altri soggetti istituzionali coinvolti – ai quali tutti va il più sincero ringraziamento – abbiamo rispettato i tempi di avvio, adoperandoci per risolvere con pragmatismo le diverse criticità insorte… La strada da percorrere è ancora lunga e tante amministrazioni saranno chiamate ad ulteriori sforzi, ma ci anima la certezza di aver imboccato la giusta direzione, che sta già portando minori oneri amministrativi, risparmi economici, maggiore trasparenza, a beneficio della collettività dei cittadini, veri committenti e destinatari ultimi degli appalti”.

In un recente comunicato la stessa Autorità ha pubblicato alcuni dati sullo stato di attuazione delle riforme qualificanti del nuovo Codice: i codici identificativi di gara – Cig – emessi nei primi cinque mesi del 2024 sono quasi pari a quelli dello stesso periodo dello scorso anno (2.200.000 circa per il 2023, 1.980.000 circa per il 2024).

In realtà occorre ancora fare tanto sulla gestione delle schede ANACForm, vera e propria ossessione – comprensibilmente – dei RUP e degli uffici amministrativi in questo momento.

Vanno ancora implementate, nelle piattaforme digitali, le schede sulla fase di esecuzione, va risolta la questione della profilazione dei responsabili di fase, occorre chiarire il rapporto tra la compilazione delle schede per gli affidamenti diretti e i controlli sul possesso dei requisiti.

Solo per fare qualche esempio, come ha scritto Maurizio Greco sulle pagine di Appalti&Contratti, la configurazione della scheda AD3 porta a far ritenere che i “controlli” dei requisiti per gli affidamenti diretti di importo pari o superiore a 40.000 euro siano necessariamente successivi all’affidamento.
Per poter “aprire” il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico, e poter effettuare le verifiche ante aggiudicazione (come previsto dall’art. 17, c.5 del Codice), infatti, è necessaria la preventiva acquisizione del CIG, che invece la scheda AD3 fornisce solo ex post (dopo aver inserito il nominativo dell’aggiudicatario). Giancarlo Sorrentino, con cui ho avuto il piacere di scrivere il volume appena pubblicato “La digitalizzazione degli appalti pubblici”, ha ritenuto più opportuno utilizzare, con una lieve “forzatura”, la scheda “P7_2” (congegnata in realtà per la procedura negoziata, e dunque con un set di dati molto più esteso) al fine di poter acquisire il CIG ex ante e poter così effettuare i controlli prima dell’aggiudicazione/affidamento.

E’ possibile trovare una “quadra” rispetto a questo “corto-circuito” giuridico-informatico?
E’ noto a tutti –  e l’ANAC lo ha confermato nella Relazione annuale –  che gli affidamenti diretti costituiscono una parte preponderante nel volume complessivo dell’attività negoziale nel nostro paese.  L’Autorità dovrebbe auspicabilmente chiarire, tra gli altri, questo nodo critico.
Sempre sulle procedure sotto-soglia cosa è lecito attendersi dal futuro decreto correttivo?

Pare scontata la traduzione normativa dell’interpretazione fornita con la Circolare MIT n.298/2023 circa l’ammissibilità dell’autovincolo (fortemente voluta, come noto, dalla Commissione UE): in altri termini, dall’”obbligo” di essere semplici alla “libertà” di essere semplici, valutando in concreto tutti gli interessi pubblici in gioco (finanziamenti con termini perentori, urgenza, opportunità di scegliere su un ventaglio più ampio di proposte) e motivando la scelta di discostarsi dal quadro delle procedure delineato dall’art. 50 del Codice.

E’ auspicabile che il correttivo chiarisca però alcuni aspetti rilevanti che derivano dalla scelta di adottare, ad esempio, una procedura negoziata o aperta in luogo dell’affidamento diretto:

i termini massimi di espletamento della procedura (Allegato I.3, e principio del risultato con la massima tempestività) ?
la possibilità di introdurre l’esclusione automatica (art. 54, c.1) anche per i contratti che naturaliter avrebbero dovuto essere affidati direttamente?
la possibilità di chiedere “in deroga” la garanzia provvisoria (art. 53, c.1) anche per gli affidamenti infra 150.000 / 140.000 euro se si adotta la procedura negoziata?

Tra le altre possibili modifiche in tema di procedure sotto soglia, si segnalano quelle proposte dall’ANAC nella Relazione annuale, e, in particolare, la reintroduzione dell’obbligo di consultazione di un numero minimo di operatori economici negli affidamenti diretti, valorizzando il principio del risultato “… col migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo”.

Mentre l’VIII Commissione della Camera (Ambiente, Territorio E Lavori Pubblici), nella   risoluzione 7/00220 del 3 maggio scorso, per le procedure negoziate di cui all’art. 50, comma 1, lett. c), ha previsto “al fine di evitare possibili abusi dell’istituto, appare opportuno prevedere che la stazione appaltante garantisca una adeguata pubblicità preventiva e successiva all’adozione di tale metodologia di affidamento, bilanciando l’eventuale aggravio di adempimenti e costi per le stazioni appaltanti, con i minori rischi di contenzioso”.

Per la pubblicità ex ante, si tratterebbe del ritorno del famigerato “avviso di avvio della procedura negoziata” già previsto dall’art. 1, comma 2, lett. b) DL 76/2020 (Decreto Semplificazioni 1), poi espunto dal nuovo Codice in una prospettiva semplificatoria degli adempimenti. Per la pubblicità ex post, invece, la disciplina è in realtà già contenuta nei commi 8 e 9 dell’art. 50 del Codice. A cosa si riferisce allora la risoluzione dell’VIII Commissione?

Il tutto a conferma delle ricorrenti “ciclicità” e oscillazioni delle valutazioni politiche in quella perenne dialettica tra efficienza/semplificazione, da un lato, e concorrenza/prevenzione dall’altro, particolarmente avvertita nelle procedure infra soglia.

Tra le altre proposte di modifica nel decreto correttivo si segnalano quelle sul subappalto a cascata di cui all’art. 119, comma 17. Nella citata risoluzione dell’VIII Commissione della Camera, si legge: “la possibilità di ricorrere al subappalto a cascata non viene specificatamente regolata. È necessario evitare che spazi interpretativi eccessivamente ampi possano generare un uso improprio dell’istituto. A fronte della previsione secondo cui la stazione appaltante è tenuta ad individuare la categoria di lavori o le prestazioni che, sebbene subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto, appare utile chiarire alcuni aspetti, quali: a) la possibilità di ricorrere al subappalto a cascata non oltre il «secondo livello»; b) la necessità che anche il subappalto a cascata venga autorizzato dalla stazione appaltante per il tramite dell’appaltatore; c) la specificazione che non possono essere oggetto di ulteriore sub-affidamento da parte del subappaltatore, contratti non qualificabili come subappalto”.

La proposta sottende la ricorrente tensione tra posizioni eurounitarie di piena liberalizzazione dei modelli collaborativi tra operatori economici, da un lato, e istanze nazionali tese a limitare gli effetti nefasti in termini di sicurezza e infiltrazioni criminose derivanti da un abuso del subappalto a cascata. Se il correttivo recepirà la proposta, che pare comunque fondata, quanto potrà resistere poi di fronte alla Commissione UE e alla giurisprudenza?

Infine, all’articolo 120: «Modifica dei contratti in corso di esecuzione», si legge: “la possibilità di stabilire un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino ad un quinto dell’importo da contratto contrasta con la logica primaria secondo la quale, rispetto ad un importo contrattuale definito, l’appaltatore debba farsi carico di un possibile aumento delle prestazioni, contrattualmente sottoscritte, che inevitabilmente non potranno non incidere sulla voce «costi» in un mercato fortemente condizionato dalla volatilità dei prezzi. Una gestione sbagliata di tali questioni può comportare inevitabilmente danni economici capaci di portare all’insolvenza di aziende piccole e medie. Appare opportuna una maggiore aderenza di tale previsione con il disposto degli istituti del codice civile, con una previsione speciale in materia di revisione dei prezzi nell’ambito degli appalti articolo 1664 del codice civile e una previsione generale sulla riduzione della controprestazione in caso di impossibilità parziale della prestazione ex articolo 1464 del codice civile. È opportuno contemperare le due esigenze contrapposte di una corretta e flessibile gestione dell’appalto, con l’evidenza che i margini delle imprese sono spesso al limite dell’equilibrio economico finanziario”.

Se la proposta venisse accolta, si passerebbe dal “quinto” al “decimo” d’obbligo… una vera rivoluzione nel settore dei contratti pubblici.

Su tale istituto è opportuno un intervento normativo, anche in relazione alla questione (posta dall’ANAC nel bando-tipo) dell’obbligo o meno di computare il “quinto” nel valore dell’appalto, quando questo si limiti esclusivamente alla previsione di una mera “soggezione” del contraente (nel caso di varianti in corso d’opera, ad esempio) e non si traduca invece in un’opzione in aumento (quale autonomo titolo giuridico di modifica del contratto). E’ un tema molto avvertito tra gli operatori in questo momento, che pure meriterebbe un chiarimento a livello normativo.

FORMATO CARTACEO + ILIBRO

La digitalizzazione degli appalti pubblici

Dal 1° gennaio 2024 hanno acquistato piena efficacia le norme sulle piattaforme digitali di approvvigionamento, sulla trasparenza, sull’accesso e sulla pubblicità legale dei bandi.L’applicazione della disciplina sulla digitalizzazione del ciclo di vita dell’appalto, richiede alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti la necessità di cambiare sia l’approccio “culturale” sia le modalità operative per lo svolgimento delle procedure di gara, imponendo loro, in primo luogo, l’utilizzo di piattaforme digitali certificate e interoperabili.L’avvio del processo di digitalizzazione è stato peraltro caratterizzato da rilevanti criticità tecnico-informatiche e operative, soprattutto in termini di interoperabilità delle piattaforme, che hanno reso assai difficoltosa la transizione sistemica attesa dal legislatore.Il volume intende illustrare organicamente le nuove norme e gli adempimenti per le stazioni appaltanti sui temi delle piattaforme digitali, degli obblighi informativi, pubblicitari, di trasparenza e di accesso agli atti.Ogni capitolo è corredato da box di sintesi e da un quadro delle azioni operative che le stazioni appaltanti devono attuare per essere a norma con i nuovi obblighi.Di particolare interesse il focus sulla gestione delle schede ANACForm nelle procedure sotto soglia in relazione alle diverse fasce di importo dei contratti da affidare.Alessandro MassariAvvocato specializzato in contrattualistica pubblica, direttore del mensile “Appalti&Contratti” e della rivista internet appaltiecontratti.it.Giancarlo SorrentinoEsperto in e-procurement. Responsabile Ufficio “Supporto giuridico gare d’appalto” di Amministrazione Provinciale – Soggetto aggregatore.

Alessandro Massari, Giancarlo Sorrentino | Maggioli Editore 2024

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