Diritto processuale amministrativo – Contenzioso appalti – Procedura di project financing – Art. 183 d.lgs. n. 50/2026 – Fase pre-procedimentale – Rito applicabile – Interesse al ricorso avverso l’atto di individuazione del proponente

Consiglio di Stato sez. III 24 aprile 2024 n. 3747

3 Giugno 2024
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1. Le controversie relative alla fase pre-procedimentale di cui all’articolo 183, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016 si devono ritenere escluse dal rito speciale in materia di appalti e quindi dall’applicazione del dimezzamento dei termini di cui agli articoli 119 e 120 c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2023, n. 9298; id., 13 dicembre 2023, n. 10758). Per quanto l’attività di valutazione possa essere “procedimentalizzata”, la procedura per cui è causa non è riconducibile alle procedure di “affidamento” di contratti pubblici cui l’articolo 119, comma 1, lettera a), c.p.a. (norma eccezionale da interpretare in senso rigorosamente restrittivo).
 
2. Nell’ambito del project financing, in caso di impugnazione dell’atto di individuazione del proponente, per accertare se sussista l’interesse al ricorso occorre avere riguardo alla peculiare natura dell’atto con cui l’Amministrazione individua in sede di project financing la proposta di interesse pubblico, a seguito di proposta pervenuta ai sensi dell’articolo 183, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016 (proposte spontaneamente presentate da operatori economici). Infatti, il consolidato indirizzo secondo cui, nella fase pre-procedimentale di valutazione dell’interesse delle proposte pervenute ex articolo 183, comma 15, citato, non vi è alcuna certezza né sul fatto che il progetto presentato sarà dichiarato di pubblico interesse (l’Amministrazione può chiedere modifiche allo stesso), né conseguentemente sul fatto che l’operatore economico che tale progetto ha presentato sarà nominato promotore della futura procedura di project financing (la quale, in effetti, non è affatto detto che vi sia), risulta elaborato con riferimento all’ipotesi “fisiologica” del precitato comma 15, in cui una o più proposte progettuali siano pervenute spontaneamente dagli operatori economici e l’Amministrazione, come suo dovere in base alla norma (che addirittura procedimentalizza questa fase), se ne sia fatta carico e le abbia esaminate. In tali casi, la giurisprudenza ha precisato che, anche dopo che la proposta sia stata ritenuta fattibile e corrispondente all’interesse pubblico, in capo al proponente non sorge alcuna aspettativa giuridicamente qualificata e l’Amministrazione resta libera di revocare tale decisione e non dar corso alla procedura di project financing (in tal senso, ex multis, Cons. Stato, sez. III, 19 settembre 2022, n. 8072; id., sez. V, 23 giugno 2020, n. 4015; id., 4 febbraio 2019, n. 820, tutte afferenti a fattispecie in cui era lo stesso originario proponente a insorgere avverso la successiva decisione dell’Amministrazione di non dare corso alla procedura). 
Diverso è il caso in cui sia, invece, la stessa Amministrazione, attraverso un avviso per manifestazioni di interesse, a sollecitare il mercato ai fini della presentazione di proposte, ai sensi del citato articolo 183, comma 15 (ciò che non è infrequente nella pratica ed è certamente legittimo, e anzi è stato addirittura consigliato dall’ANAC con una delibera richiamata nelle premesse del provvedimento impugnato nel presente giudizio), e ad autovincolarsi per di più disciplinando ex ante una vera e propria valutazione comparativa tra le offerte pervenute, sulla base di parametri tecnici ed economici e correlativi punteggi predefiniti, nominando una commissione tecnica per l’esame delle proposte pervenute, in modo da trasformare la detta fase pre-procedimentale in una sorta di procedura competitiva. In questo quadro, non sembra possa ritenersi che l’indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato debba estendersi anche alla posizione dell’operatore economico che abbia presentato un’offerta che è stata valutata comparativamente dall’Amministrazione in base a criteri prefissati ex ante e che insorge avverso gli esiti di tale valutazione favorevoli ad altra offerta, anziché alla propria. Ciò sulla base delle seguenti considerazioni:
a) innanzitutto, lo stesso autovincolo che l’Amministrazione si è imposta nel disciplinare la valutazione delle offerte pervenute a seguito dell’avviso avrebbe poco senso se poi si ritenesse che nessuno dei proponenti può avere interesse a censurarle (oppure se ne predicasse una sostanziale incensurabilità richiamando l’amplissima discrezionalità valutativa che per pacifica giurisprudenza connota le decisioni della p.a. nella suindicata ipotesi “fisiologica” di presentazione spontanea delle proposte di cui all’articolo 183, comma 15);
b) in secondo luogo, occorre rimarcare la novità terminologica contenuta nel citato comma 15 dell’articolo 183, rispetto alle norme previgenti, laddove si assume che la valutazione dell’Amministrazione in questa fase pre-procedimentale debba avere a oggetto la “fattibilità” della proposta o delle proposte ricevute dagli operatori economici, e non più soltanto se queste siano di pubblico interesse;
c) infine, a favore della tesi della lesività dell’esito di tale valutazione pre-procedimentale (e, quindi, dell’interesse a una sua impugnazione da parte di chi ne sia rimasto escluso) c’è anche un rilievo di carattere pratico, ché laddove si assumesse effettivamente trattarsi di un mero atto endoprocedimentale privo di carattere lesivo, la conseguenza sarebbe che gli operatori che hanno partecipato infruttuosamente alla fase de qua dovrebbero ritenersi legittimati a impugnare “a valle” il successivo eventuale provvedimento con cui l’Amministrazione designi come promotore del project financing l’operatore che invece ha superato positivamente la precedente fase, in evidente contrasto con elementari principi di speditezza ed economia dell’attività amministrativa. Infatti, non è possibile immaginare, al contrario, che chi abbia infruttuosamente partecipato alla fase pre-procedimentale, specie quando, come nella specie, questa sia stata costruita nelle forme di una procedura competitiva, non abbia interesse a censurare neanche tale ultimo atto. Così opinando, si finirebbe per dover concludere che l’Amministrazione abbia indetto una procedura comparativa totalmente inutile, perché in ogni caso la scelta circa la proposta da preferire può essere compiuta in modo arbitrario e anche disattendendo i criteri che la stessa Amministrazione aveva prefissato, oppure che vi sia un tratto di valutazione tecnico-discrezionale dell’Amministrazione stessa di fatto completamente insindacabile.
D’altra parte, quanto all’aspetto di cui al precedente punto b), si è osservato in giurisprudenza che la norma del 2016, a differenza di quelle anteriori, non richiede più, con espressione se non generica, quantomeno astratta, una valutazione in termini di pubblico interesse della proposta di partenariato, ma qualifica in modo più specifico l’attività di cui è investita l’Amministrazione, richiedendosi un accertamento non tanto o non solo limitato alla rilevanza pubblicistica dell’iniziativa, che certamente pure deve sussistere, ma, penetrando sin da subito il dettaglio tecnico ed economico in cui è declinato il progetto, al fine di rilevarne la sua piena appetibilità per il mercato settoriale e, in definitiva, la sua realizzabilità, non solo in astratto, ma in concreto (cfr. Tar Lazio, sez. I-quater, 11 maggio 2017, n. 5702). Tale opzione, come osserva la stessa sentenza citata, è coerente con la ricostruzione normativa dell’iter di programmazione delle opere pubbliche, laddove ai fini dell’inserimento degli interventi negli atti di programmazione occorre che le amministrazioni ne abbiano valutato proprio la “fattibilità”, attraverso il progetto di fattibilità tecnica ed economica (PFTE) ovvero il documento di fattibilità delle alternative progettuali (DOCFAP) (articolo 21, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016). Inoltre, il riferimento a una valutazione di “fattibilità” autorizza le amministrazioni, proprio come nel caso di specie, a sollecitare le proposte progettuali degli operatori privati interessati ad assumere il ruolo di promotore in una procedura di project financing riservandosi una valutazione anche sulle caratteristiche tecniche delle proposte pervenute, oltre che sulla loro convenienza economica. E tale pratica è destinata a diventare ancora più frequente dopo che, con il d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, il comma 15 dell’articolo 183 è stato modificato in modo da consentire la presentazione “spontanea” di proposte di project financing anche per gli interventi già compresi nel programma delle opere pubbliche, oltre che per quelli che non vi sono compresi come era nella formulazione originaria della norma (la modifica è stata confermata anche nell’attuale articolo 193, comma 11, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36).

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