Le procedure sotto-soglia nel nuovo Codice e le questioni ancora aperte

A cura di Alessandro Massari

Alessandro Massari 8 Maggio 2024
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Dopo circa un anno di applicazione delle norme del nuovo Codice appalti, e in attesa dell’annunciato decreto correttivo, rimangono ancora aperte alcune questioni importanti nella gestione delle procedure sotto-soglia, che costituiscono, come oramai noto, l’85% degli affidamenti di commesse pubbliche nel nostro paese.

Indice

1. La digitalizzazione nelle procedure sotto-soglia

Anzitutto vanno ribadite le numerose criticità relative alla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici, che rimangono tuttora un’emergenza anche per le procedure infra soglia.
 
L’ANAC ha riscontrato le richieste recentemente formulate dall’ANCI (lettera del 12 aprile scorso “Problematiche urgenti su digitalizzazione appalti. Ulteriori segnalazione”) nel documento appena pubblicato, e consultabile all’url: https://www.appaltiecontratti.it/digitalizzazione-le-risposte-di-anac-alle-richieste-di-anci/?t=1715102710077.
 
Si tratta di indicazioni tecnico-operative, relative sia alla compilazione delle schede ANAC, sia al funzionamento del FVOE, rispetto al quale le numerose difficoltà e lacune segnalate dalle stazioni appaltanti sono  tuttora “in fase di valutazione e discussione da parte dell’ANAC  con gli enti certificanti”.
 
Alla richiesta “È necessario che siano realizzati materiali di supporto che spieghino, almeno per le procedure di gara più comuni, quale sia la sequenza (flusso di lavoro) delle schede da inviare, così da identificare un percorso univoco da seguire, evitando di andare per tentativi. (Es: P7 1_3, SI, S2…)”, l’ANAC ha risposto che “Le informazioni tecniche messe a disposizione da ANAC potranno essere complementate in futuro da informazioni di tipo procedurale generali, fermo restando che le procedure operative per l’esecuzione delle varie attività attraverso le PAD devono essere definite dai titolari e gestori delle stesse”.
 
In un successivo contributo si darà conto dell’attuale quadro delle criticità relative alla digitalizzazione delle procedure di affidamento, sulle quali abbiamo dedicato uno specifico dossier tematico su Appalti&Contratti.

2. La questione dell’interesse transfrontaliero certo

Come noto, l’accertamento della sussistenza dell’interesse transfrontaliero certo produce almeno tre effetti significativi, previsti da altrettante disposizioni del nuovo Codice (o di provvedimenti attuativi dello stesso):
1) l’art. 48, comma 2, del Codice stabilisce che, in tal caso, la stazione appaltante debba seguire le procedure ordinarie di cui alle Parti II e ss. del Libro II, e dunque non è consentito il ricorso alle procedure semplificate della Parte I (affidamenti diretti, procedure negoziate);
2) l’art. 54, comma 1, dello stesso Codice preclude la possibilità di prevedere l’esclusione automatica delle offerte anomale, e pertanto si applica la regola della verifica in contraddittorio di cui all’art. 110;
3) l’art. 5 della delibera ANAC n. 263/2023 (attuativa dell’art. 27, comma 4 del Codice) prevede che la pubblicazione del bando di gara debba avvenire con le modalità previste per gli appalti sopra soglia.
 
Se è vero che la questione si profila in particolare per gli appalti di importo prossimo alla soglia UE e per le stazioni appaltanti settentrionali vicine al confine con gli altri stati membri, l’accertamento dell’interesse transfrontaliero certo rimane tuttora ancorato a parametri tutt’altro che certi e univoci, e risente di valutazioni in parte soggettive e discrezionali.
 
Il Tar Lombardia – Brescia ha di recente affermato (ordinanza sez. II, 4 marzo 2024, n. 165) che “Il legislatore non ha fornito una definizione dell’interesse transfrontaliero certo.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea, tuttavia, attraverso vari interventi negli anni, ha fornito una serie di criteri sintomatici idonei ad evidenziarne la sussistenza in concreto, quali:

  • la consistenza dell’appalto,
  • l’ubicazione dei lavori in luogo idoneo ad attrarre l’interesse di operatori esteri,
  • le caratteristiche tecniche dell’appalto,
  • presenza di frontiere che attraversano centri urbani situati sul territorio di Stati membri.

Rispetto ai criteri sopra enunciati, quello relativo alla consistenza economica dell’appalto rappresenta senza dubbio non solo il criterio principale ma anche il parametro sulla base del quale valutare l’incidenza probatoria degli altri elementi sintomatici presenti nella fattispecie.
Nella fattispecie (appalto di lavori con importo a base d’asta pari ad € 5.274.599,97) il Tar ha ritenuto che tale elemento costituisse l’aspetto dirimente nell’economia della vicenda.
 
Quanto al criterio geografico, le distanze dai confini rilevate dal giudice (Brescia/Confine di Stato Francia: km 387; Brescia/Confine sloveno: km. 405; Brescia/Innsbruck: km. 316; Brescia/Monaco di Baviera: km. 472; Brescia/Confine italo svizzero: km. 138; Brescia/Confine Austria: km. 277), hanno condotto il collegio ad affermare che “il luogo di esecuzione dei lavori non appare così “distante” da paralizzare ab origine l’interesse economico degli operatori stranieri, tenendo conto delle odierne potenzialità logistiche, degli accordi che possono essere realizzati con strutture locali per eventuali esigenze dell’operatore estero, dell’agevole possibilità di rapido adeguamento al quadro giuridico ed amministrativo di uno stato membro. Il tutto considerando che, per l’affidamento in esame, non sussistono profili di somma o qualificata urgenza”.
 
Ci si chiede se la verifica attuale e “in concreto”, mediante la pubblicazione di un avviso di consultazione preliminare di mercato (art. 77 del Codice) possa ritenersi sufficiente ad accertare “sul campo” la sussistenza o meno dell’interesse transfrontaliero, in relazione alla presentazione, o meno, di candidature o manifestazioni di interesse da parte di operatori UE. Inutile osservare che si tratta di un innesto procedimentale che comporta una dilatazione dei tempi di espletamento delle procedure di affidamento e va quindi valutato (sempre “in concreto”) nella sua “sostenibilità” e compatibilità con il principio del risultato con la massima tempestività. Vi è poi da chiedersi su quali mezzi vada pubblicato un tale avviso (anche sul TED ?) e per quanto tempo (15, 30 giorni ?).
 
In ogni caso nella decisione di contrarre, al fine di legittimare l’applicabilità delle procedure semplificate sotto-soglia, occorrerà sempre motivare l’assenza dell’interesse transfrontaliero certo ai sensi dell’art. 48, comma 2, del Codice.

3. Le norme obbligatoriamente applicabili anche agli affidamenti diretti

Come noto, l’art. 48, comma 4, del Codice prevede che “Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”.
 
Dall’altra parte, per gli affidamenti diretti va richiamata la norma definitoria di cui all’art. 3, comma 1, lett. d) dell’Allegato I.1 al Codice per la quale l’«affidamento diretto», è “l’affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’articolo 50, comma 1 lettere a) e b), del codice e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo codice”.
 
Quindi agli affidamenti diretti non dovrebbero applicarsi le disposizioni che implicano la procedura di gara, e dunque quelle che, tra l’altro, fanno espresso riferimento ai “bandi di gara” o alla “documentazione di gara”.  Tuttavia, come noto, i “principi di cui al Libro I, Parti I e II” trovano comunque applicazione indifferenziata a tutte le procedure sotto soglia in forza del comma 1 dell’art. 48. Ma è altrettanto noto che all’interno degli articoli da 1 a 11, e degli artt. 19 e 20 del Codice trovano collocazione anche molteplici “disposizioni”, con la relativa difficoltà di distinguere se una norma compresa nel predetto intervallo di articoli del Codice sia qualificabile come “principio” o come “disposizione” (quest’ultima non obbligatoriamente applicabile agli affidamenti diretti laddove la medesima presupponga la procedura di gara in senso stretto).
 
I primi pareri del MIT  (in particolare i pareri 27/06/2023, n. 2083, e  del 26/02/2024, n. 2301) hanno operato dei distinguo, senza peraltro offrire sempre soluzioni nette e univoche:
– relativamente alle disposizioni relative al CCNL di cui all’’art. 11 del Codice, si è affermato che “il principio in esame non può non trovare applicazione anche negli affidamenti diretti, seppur con la precisazione secondo cui – visto il comma 2 del citato art. 11 del D.Lgs. n. 36/2023 – la mancanza di un bando o di invito di gara sembra produrre una apparente disapplicazione del comma citato per l’affidamento diretto. Tuttavia, visto il principio del risultato di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023 la stazione appaltante potrà indicare il CCNL, ex art. 11 del D.Lgs. n. 36/2023, per vie informali, p.e. nel momento in cui procede alla richiesta di preventivo”;
– relativamente all’art. 57 (clausola sociale e CAM), il MIT ribadisce quanto già sopra affermato in ordine all’art. 11, comma 2, affermando che “il dato testuale induce a escludere l’obbligo di applicazione della clausola sociale agli affidamenti diretti”;
– in ordine al comma 4 dell’art. 11 (verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele prodotta dal concorrente laddove applichi un CCNL diverso da quello indicato dalla stazione appaltante), “si rileva come esso faccia riferimento ai termini “affidamento e aggiudicazione”, elemento – quello dell’affidamento – sussistente nella procedura di interesse; pertanto, esso si applica agli affidamenti diretti”;
– l’art. 41, co. 14, relativo all’indicazione dei costi della manodopera “progettuali”, secondo il MIT “trova applicazione anche negli affidamenti diretti in quanto la norma esprime un principio generale – quale la tutela dei lavoratori – che deve essere comunque rispettato. Tuttavia, nei casi in cui sia necessario procedere allo scorporo dei costi della manodopera, si tenga conto delle esigenze di semplificazione sottese agli affidamenti diretti ai fini della individuazione delle modalità di scorporo medesimo”;
– in ordine all’art. 102 del Codice (assunzione impegni dell’operatore economico in ordine alla garanzia di stabilità occupazionale del personale impiegato, di applicazione del CCNL di settore, e delle pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate), il MIT invita la stazione appaltante “a valutare l’applicabilità della portata normativa alla luce dell’art. 102, co. 2, del D.Lgs. n. 36/2023, e contemperera l’esigenza di tutela dei lavoratori con il valore dell’affidamento (in questa direzione, si veda anche la Relazione Illustrativa al Codice, pag. 154, secondo cui “per non aggravare il procedimento di gara, al comma 2 [dell’art. 102] si prevede che l’adempimento di tali obblighi sociali è ritenuto assicurato con l’impegno dell’operatore economico, impegno cui è correlata la verifica da parte delle stazioni appaltanti dell’attendibilità dell’impegno dichiarato, verifica che può essere svolta con qualsiasi mezzo adeguato, anche con le modalità dell’art. 124, solo nei confronti dell’offerta dell’aggiudicatario”)”;
– l’obbligo di applicazione (nei casi previsti dall’art. 108, comma 2) del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non sussiste per gli affidamenti diretti atteso che l’art. 50, co. 4, del Codice, “limita l’utilizzo del criterio dell’OEPV alle sole procedure negoziate senza pubblicazione di bando”;
–  l’obbligo di indicazione nell’offerta dei costi della manodopera propri dell’operatore economico e dei costi della sicurezza aziendali di cui all’art. 108, comma 9, del Codice, sussiste anche per gli affidamenti diretti, e, puntualizza il MIT “per le modalità operative l’operatore economico agirà ai sensi dell’art. 102, co. 2, del D.Lgs. n. 36/2023”;
– infine “la disciplina della esclusione automatica delle offerte anomale di cui all’art. 54 del Codice non si applica agli affidamenti diretti  Pertanto, si applica la regola generale in base alla quale “in ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa” (art. 54, co. 1, terzo periodo, D.Lgs. n. 36/2023)”.
 
Anche l’applicazione della clausola revisionale di cui all’art. 60 del Codice pare controversa negli affidamenti diretti di contratti di durata.
 
Da un lato, il comma 1 pare riferirsi espressamente ai soli appalti affidati con procedure di gara: “Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi”. Dall’altra parte, l’art. 60 è espressamente contemplato nel quadro del “principio” di conservazione dell’equilibrio contrattuale (art. 9, comma 5), come tale applicabile in via indifferenziata in forza dell’art. 48, comma 1, del Codice. In attesa di una prima giurisprudenza, si ritiene che la disposizione non trovi obbligatoria applicazione agli affidamenti diretti, che comportano una “negoziazione” del prezzo e delle altre condizioni contrattuali (a differenza degli appalti che scaturiscono da un confronto concorrenziale spesso agguerrito in termini di ribassi). D’altra parte, anche i contratti privi di clausole di revisione o rinegoziazione sono suscettibili di riequilibrio in applicazione della procedura di cui all’art. 120, comma 8, del Codice.
 
Anche su tali aspetti, tuttora caratterizzati da dubbi e incertezze, si attende una ulteriore   puntualizzazione giurisprudenziale.

4. L’autovincolo della stazione appaltante e le possibili criticità procedimentali

Come noto, la Circolare MIT n.298/2023 ha affermato la non vincolatività/tassatività delle procedure previste dall’art. 50 del Codice, rilevando che “… le disposizioni contenute nell’art. 50 del Codice vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell’Unione europea, che in particolare richiama gli Stati membri a prevedere la possibilita’ per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure aperte o ristrette, come disposto dalla Direttiva 2014/24/UE”.
 
Dunque per un appalto di lavori di 100.000 euro, il RUP potrebbe scegliere, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto e dei principi generali, tra: 1) affidamento diretto (modalità prevista “di default” dall’art. 50, comma 1, lett. a) del Codice); 2) procedura negoziata senza bando con invito rivolto ad almeno “n” operatori economici, in autovincolo; 3) procedura aperta, sempre in autovincolo.
 
Una prima questione che scaturisce dall’ampia discrezionalità del RUP nell’individuazione della procedura “ottimale” nel sotto-soglia, è quella relativa ai termini di conclusione delle procedure previsti dall’art. 17, comma 3, e dal richiamato allegato I.3 del Codice.
 
Vale a dire, l’autovincolo del RUP alla procedura aperta in luogo della procedura negoziata senza bando per un appalto di lavori ad es. di 500.000 euro, da aggiudicare al prezzo più basso, autorizza la dilatazione dei termini da tre mesi a cinque mesi ? Oppure per l’affidamento di servizi di pulizia di importo di 200.000 euro, da aggiudicare necessariamente col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il medesimo autovincolo può legittimare il passaggio da quattro a ben nove mesi ?
 
La tesi negativa pare scontata, anche alla luce del principio del risultato con la massima tempestività.
 
Sul punto si era già espresso il MIT con parere n.735/2020, relativamente alle procedure “emergenziali” di cui cui al DL 76/2020 conv. L.120/2020, affermando che “… non sia comunque precluso il ricorso alle procedure ordinarie, in conformità ai principi di cui all’art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016, a condizione che tale possibilità non sia utilizzata per finalità dilatorie.  Gli affidamenti dovranno avvenire comunque nel rispetto dei tempi previsti dal nuovo Decreto e potranno essere utilizzate le semplificazioni procedimentali introdotte”.
 
Le cose si complicano se il RUP ritiene di ricorrere a procedure più strutturate in luogo dell’affidamento diretto: l’Allegato I.3 non prevede, come noto, un termine di conclusione della procedura per l’affidamento diretto (a differenza dell’art. 1, comma 1, del DL 76/2020, che lo fissava in due mesi “dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento”, al punto che alcuni dubitano che l’affidamento diretto sia una vera “procedura” di affidamento (infra).
 
Altra questione: in luogo dell’affidamento diretto di lavori di importo infra 150.000 euro (con invito rivolta a cinque o più oo.ee), il RUP può autovincolarsi alla procedura negoziata senza bando solo per poter applicare il meccanismo “calmieratore” dei ribassi costituito dell’esclusione automatica delle offerte anomale (confidando nella presentazione di almeno cinque offerte ammesse). In altri termini, per un appalto che si poteva affidare “con scelta discrezionale” (affidamento diretto) nel rispetto dei criteri quali-quantitativi fissati ex ante e con valutazione di “serietà-affidabilità-sostenibilità” della migliore offerta presentata, si passa ad un’esclusione automatica del ribasso più elevato, ovvero in presenza di meno di cinque offerte ammesse, ad una verifica in contraddittorio ai sensi dell’art. 110 del Codice.
 
In tale contesto si segnala il parere MIT del 26 febbraio 2024, n. 2320.
 
La stazione appaltante prospetta il seguente quesito: “L’art. 54 co.1 primo periodo del Decreto 36/2023 prevede che nel caso di aggiudicazione, con il criterio del prezzo più basso, di contratti di appalto di lavori o servizi di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea che non presentano un interesse transfrontaliero certo, le stazioni appaltanti, in deroga a quanto previsto dall’articolo 110, prevedono negli atti di gara l’esclusione automatica delle offerte che risultano anomale, qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque. Sempre lo stesso articolo 54 stabilisce che la disciplina di cui al predetto primo non trova applicazione agli affidamenti di cui all’articolo 50, comma 1, lettere a) e b). Ciò premesso si chiede: 1. Se la stazione appaltante per un affidamento di un servizio di euro 30.000 oltre IVA ha stabilito di indire una procedura negoziata ai sensi dell’art. 50 co.1 lett.e) del Codice, la disciplina dell’esclusione automatica di cui al citato articolo 54 co.1 primo periodo trova applicazione ?
 
Secondo il MIT: “L’art. 50, c. 1 lett. e) è applicabile solo per importi pari o superiori a 140.000 euro. Per importi sotto i 140.000 euro trova applicazione la lett. b) del medesimo articolo, eventualmente con consultazione di più operatori economici; in tal caso non trova applicazione l’art. 54 del codice dei contratti pubblici, divenendo possibile la verifica di congruità ove vi siano elementi specifici, a norma dall’art. 54, c. 1 ultimo periodo”.
 
In altri termini, l’autovincolo alla procedura negoziata in luogo dell’affidamento diretto non può modificare il trattamento delle offerte anomale, che è quindi definito dall’importo. Per importi inferiori alle soglie degli affidamenti diretti, l’esclusione automatica non è ammessa.

5. La natura dell’affidamento diretto: è una “procedura” di affidamento in senso tecnico?

Come già riferito, l’art. 3, comma 1, lett. d) dell’Allegato I.1 al Codice definisce l’affidamento diretto come “l’affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’articolo 50, comma 1 lettere a) e b), del codice e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo codice”.

E’ dunque pacifico che l’affidamento diretto non sia una procedura di gara. Ma si può affermare con altrettanta certezza che non sia nemmeno una “procedura” di affidamento ?
 
La Relazione illustrativa ha osservato, con riferimento all’art. 17, comma 2, del Codice (decisione di contrarre semplificata per gli affidamenti diretti), che “L’esistenza di una norma specifica per l’affidamento diretto, contrapposta a quella di cui al comma 1 che riguarda le procedure, evidenzia che il primo non costituisce “procedura”.
 
Altro elemento che suffraga tale posizione è la già riferita assenza, per l’affidamento diretto, di una previsione dei termini di conclusione delle procedure nell’Allegato I.3 al Codice. 
 
Dall’altra parte, avuto riguardo agli incentivi, la stessa Relazione, osserva sub art. 45 del Codice (che, come noto, individua tra i presupposti le singole “procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture”),  come, con la nuova disciplina, “Si superano, in tal modo, le difficoltà discendenti dalla vigente formulazione che, a parità di funzioni tecniche svolte, consentiva l’erogazione dell’incentivo ai dipendenti solo in caso di appalti ed escludeva tutte le altre procedure e gli affidamenti diretti”.
 
Pare tuttavia dirimente la rubrica dell’art. 50 (“Procedure di affidamento”) che comprende sia le procedure negoziate senza bando sia gli affidamenti diretti.

6. L’inversione procedimentale è applicabile anche alle procedure negoziate senza bando di tipo aperto?

Questione ricorrente è se nelle procedure negoziate di tipo aperto, con partecipazione massiva di concorrenti, sia applicabile l’istituto dell’inversione procedimentale, ora generalizzato dal nuovo Codice dopo il regime transitorio a suo tempo introdotto dal decreto sblocca-cantieri.
 
Come noto, l’art. 107, comma 3, stabilisce “Nelle procedure aperte, la stazione appaltante può disporre negli atti di gara che le offerte siano esaminate prima della verifica dell’idoneità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte. Se si avvale di tale possibilità, la stazione appaltante garantisce che la verifica dell’assenza dei motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente”.
 
A stretto tenore testuale l’inversione procedimentale è limitata alla sole procedure aperte.
 
Traguardando la questione da una visuale sostanzialistico-teleologica si può osservare che la ratio deflattiva e semplificatoria dell’inversione si configura sia nelle procedure aperte in senso tecnico sia nelle procedure negoziate di tipo aperto, quando – come stabilisce il comma 5 dell’art. 49 – “l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici in possesso dei requisiti richiesti da invitare alla successiva procedura negoziata”.
 
D’altra parte, le procedure aperte sono definite dall’art. 3, comma 1, lett. f) dell’Allegato I.1, come “le procedure di affidamento in cui ogni operatore economico interessato può presentare un’offerta”. La norma definitoria non richiama la necessaria pubblicazione di un bando di gara, ma evidenzia la caratteristica di apertura al mercato, che si ravvisa anche nelle negoziate “di tipo aperto”.
 
Si potrebbe pertanto ritenere che almeno le procedure negoziate come la RDO di tipo aperto sul MePA, che consentono l’immediata presentazione dell’offerta (a struttura monofasica), possano beneficiare dell’istituto in piena aderenza al dato testuale, mentre più problematica potrebbe risultare l’estensione alle procedure negoziate a struttura bifasica (richiesta di invito e successiva presentazione dell’offerta da parte degli operatori invitati). In una prospettiva sostanzialistica, invece, anche tale tipologia di procedura negoziata, ove il rischio di partecipazione massiva è configurabile, dovrebbe beneficiare dell’applicabilità dell’inversione, in piena sintonia col principio del risultato con la massima tempestività.

7. L’affidamento diretto è consentito per le “mini” concessioni di servizi, di valore infra 140.000 euro?

Ci si è chiesti se una concessione di servizi di modesto “valore” (intendendosi per ciò, a norma dell’art. 179, il “fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’ente concedente…”), di entità inferiore a 140.000 euro, possa essere suscettibile di affidamento diretto, al pari di un appalto di servizi.
 
L’art. 50, comma 1, lett. b) consente alle “stazioni appaltanti” l’affidamento diretto di “contratti” di servizi e forniture per importi inferiori a 140.000 euro. Da un lato, il riferimento ai “contratti” (che compare anche nella rubrica della Parte I “Dei contratti di importo inferiore alle soglie europee”), pare idoneo a comprendere sia gli “appalti” che le “concessioni”.
 
Dall’altra parte, tuttavia, l’art. 50 circoscrive il suo ambito soggettivo solo alle “stazioni appaltanti” e non anche agli “enti concedenti” (mentre in altre disposizioni di carattere trasversale, come noto, il Codice richiama entrambe le categorie soggettive).
 
Un ulteriore e più significativo ostacolo all’applicazione dell’art. 50, comma 1, lett. b) anche alle concessioni, si rinviene nell’art. 187 del Codice (“Contratti di concessione di importo inferiore alla soglia europea), che detta una disciplina “speciale” per le concessioni infrasoglia: “Per l’affidamento dei contratti di concessione il cui valore sia inferiore alla soglia di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), l’ente concedente può procedere mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici. Resta ferma la facoltà per l’ente concedente di affidare gli stessi contratti di concessione di importo inferiore alla soglia europea mediante le procedure di gara disciplinate dal presente Titolo II”.
 
Il Codice pare dunque aver previsto una disciplina ad hoc per le concessioni sotto-soglia (che non contempla l’affidamento diretto), come tale prevalente rispetto a quella “generale” dell’art. 50 (lex specialis derogat lege generali). Da notare anche l’eccentrica previsione di un criterio di rotazione “degli inviti” espunto invece dall’art. 49, che si riferisce alla rotazione dei soli “affidamenti”.
 
In questo senso è anche il recente parere  MIT n. 2409 del 17.4.2024: “La procedura per l’affidamento dei contratti di concessione è indicata all’articolo 182 e ss. del D.lgs. 36/2023. Per il solo caso di affidamento di contratti di concessione il cui valore sia inferiore alla soglia di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), viste le esigenze di flessibilità e semplificazione già enunciate nella Relazione al Codice (cfr. p. 224), in base al tenore dell’art. 187 del d.lgs. 36/2023, “l’ente concedente può procedere mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici”; ferma restando la facoltà, anche per tali procedure, di agire ai sensi dell’art. 182 e ss. del d.lgs. 36/2023. Pertanto, in risposta al quesito, la stazione appaltante potrà affidare la concessione sotto-soglia mediante procedura negoziata senza pubblicazione di un bando ex art. 187 del d.lgs. 36/2023, o, in alternativa, potrà agire ai sensi dell’art. 182 e ss. del Codice. E’ quindi escluso in ricorso all’affidamento diretto”.

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