La scelta dell’Amministrazione di bandire la gara con l’aggregazione in un unico lotto di più dosaggi dello stesso principio attivo rientra nella discrezionalità tecnica non sindacabile dal Giudice, ove supportata da esigenze tecnico-mediche, plausibili e non arbitrarie, manifestate dagli esperti sanitari – La limitazione della concorrenza derivante dalla deroga al principio di suddivisione in più lotti di cui all’art.51 è ragionevole laddove non sia assoluta e sia comunque funzionale a privilegiare l’esigenza di tutela della salute dei cittadini.
TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, n. 1031 del 31.12.2019
L’art.51 del codice degli appalti, come è noto, contiene una indicazione generale di favore per la pubblicazione di bandi che suddividano la commessa pubblica in più lotti funzionali (l’art. 3, comma 1, lett. qq definisce lotto funzionale “uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura”) o prestazionali (l’art.3 comma 1 let. ggggg definisce lotto prestazionale “uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, definito su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti o in conformità alle diverse fasi successive del progetto”), al fine di favorire la concorrenza e la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese e, quindi, per finalità di pubblico interesse.
I presupposti del frazionamento – fermo il divieto di artificiosa suddivisione – sono quelli della possibilità tecnica e della convenienza anche economica che ne consegue. Il principio generale di preferibile suddivisione in lotti di un appalto può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che, secondo lo stesso art. 51 del codice, deve essere adeguatamente motivata. Tale scelta, secondo la consolidata Giurisprudenza, è espressione di discrezionalità tecnica sindacabile dal Giudice soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria (cfr. tra molte Consiglio di Stato, Sez. III, 21,3,2019, n.1857; Sez. III, 22/02/2019, n.1222; Sez. V, 3.4.2018 n. 2044; Sez. VI, 12.9.2014, n. 4669; Sez. V, 16.3.2016, n.1081; Sez. III, 23.1.2017, n. 272).
Questi principi di massima trovano applicazione anche in materia sanitaria e, in particolare, nella fornitura di medicinali, anche se questo settore presenta per sua natura problematiche del tutto speciali e tecnicamente complesse, tant’è che sono intervenute norme specificatamente riferite agli atti di indizione delle gare (vedasi ad es. l’art.15 comma 11-quater del D.L. 95/12 convertito in L. 135/12), oltre ad una variegata Giurisprudenza che ha risolto caso per caso le differenti problematiche inerenti la suddivisione in più lotti delle gare bandite per l’acquisizione di farmaci (si veda ad es. TAR Piemonte, Sez. II, 9.6.2016, n.818; T.A.R. Lazio, Roma Sez. III, 4.03.2016, n.2834; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 30.4.2019, n.231; Consiglio di Stato, Sez. III, 1.4.2016, n.1306; Consiglio di Stato, Sez. III, 28.6.2019, n.4459).
Nel caso trattato dalla sentenza del TAR di Bologna qui in esame l’attenzione si è concentrata sulla problematica della limitazione della concorrenza derivante dall’aggregazione in un unico lotto, senza quindi la suddivisioni in sub lotti, di un medesimo principio attivo in relazione ai vari dosaggi richiesti per il farmaco (2, 5 e 10 mg), vista l’esistenza sul mercato di tre medicinali a base del principio attivo richiesto, di cui però due soltanto aventi tutti i dosaggi richiesti dal bando.
Sul punto il TAR ha rilevato che, come evidenziato dagli esperti sanitari dell’Amministrazione, il farmaco richiesto è funzionale alla cura di una grave malattia per la quale è richiesta, in sede di assunzione, assoluta precisione nei dosaggi (in taluni pazienti suddivisi anche in più somministrazioni giornaliere) al fine di evitare conseguenze gravissime nei pazienti. L’uso combinato del farmaco prodotto da diverse ditte, quindi, rischierebbe di non consentire il monitoraggio certo degli effetti sul paziente, tenuto conto delle possibili lievi differenze esistenti tra i vari medicinali nel quantitativo nominale del principio attivo indicato in etichetta, nei termini indicati da AIFA (nell’intervallo del 95%-105%).
Ne deriva che, secondo il TAR Bologna, la ricostruzione delle peculiarità del contesto in cui avviene l’utilizzo del farmaco in questione, come dedotta dagli esperti sanitari dell’Amministrazione, deve ritenersi plausibile e non arbitraria, sicché rimane non sindacabile la scelta tecnica e discrezionale di accomunare in unico lotto i vari dosaggi del medesimo principio attivo, tenuto conto anche della non incisione in assoluto della concorrenza (comunque garantita per almeno due medicinali) e della ragionevolezza di fondo insita nella scelta di privilegiare la tutela della salute dei cittadini rispetto alla massima estensione della concorrenza.
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