Contratti per la fornitura di farmaci chimici – Prezzo ex factory – Riduzioni per la quota di spettanza dell’impresa farmaceutica nel caso di farmaci generici – Si applica anche ai farmaci in distribuzione diretta
Il TAR per il Lazio è chiamato a decidere due ricorsi, di identico contenuto, proposti da un’azienda farmaceutica titolare di diritti di commercializzazione in Italia di un farmaco in classe di rimborsabilità “H”, distribuito dai SERT e indicato nel trattamento sostitutivo della dipendenza da oppioidi, per lo più nel trattamento della disassuefazione da eroina, a base di due principi attivi in associazione: buprenorfina e naloxone.
Il contenzioso è originato dal fatto che i contratti in essere sono caratterizzati dalla presenza di una clausola di revisione del prezzo che ne comporta l’adeguamento in misura pari al prezzo ex factory stabilito da Aifa. Nel caso di specie, il prezzo ex factory previsto è pari al 66,65 % del prezzo al pubblico ivi indicato (per effetto del noto meccanismo per il quale occorre scorporare la percentuale di legge pari al 6,65% spettante al grossista e quella del 26,7% del farmacista; art. 1, comma 40, l. n. 662/1996).
Recentemente, tuttavia, alcuni farmaci generici hanno ottenuto l’AIC in Italia, con prezzi ex factory più bassi rispetto a quelli previsti nell’AIC del Suboxone, in quanto calcolati nel 58,65% del prezzo di vendita al pubblico ivi indicati. Le ragioni di una simile differenza devono essere ricercate nel d.l. n. 39/2009, convertito in l. n. 77/2009 che, per i soli farmaci generici, ha rimodulato le quote di spettanza, stabilendo che all’azienda farmaceutica debba essere conferito il 58,65% del prezzo di vendita, al grossista il 6,65%, al farmacista il 26,7%, mentre il restante 8% deve essere ridistribuito tra grossisti e farmacisti secondo le regole di mercato.
Poiché ciò ha effetto anche sulla clausola di adeguamento del prezzo dei contratti in essere, con due distinti ricorsi, la società titolare del farmaco originatore ha impugnato le AIC dei due farmaci generici, nella parte in cui individuano il prezzo ex factory nel 58,65% e non nel 66,65% del prezzo di vendita al pubblico. Sostiene l’impresa che le disposizioni del d.l. n. 39/2009 sarebbero inapplicabili alla categoria dei farmaci in distribuzione diretta, in considerazione del fatto che la filiera grossista-farmacista non viene utilizzata come quando il farmaco è venduto nelle farmacie convenzionate.
La soluzione del T.A.R. appare però lineare: la norma non distingue affatto tra l’uno e l’altro canale distributivo, ed è dunque applicabile a tutti i farmaci. La differenza risiede piuttosto nel fatto che, nel caso di farmaco in distribuzione diretta, si applicherà soltanto la parte di norma che fa riferimento alla quota di spettanza delle aziende farmaceutiche (prezzo ex factory), le uniche concretamente coinvolte dal processo distributivo.
E questa conclusione sarebbe, a detta del Collegio, confermata dalla ratio della norma del 2009. Questa ha come unico – dichiarato – obiettivo quello di conseguire un risparmio di spesa nell’acquisto di farmaci equivalenti: la novella del 2009, infatti, permette all’amministrazione di pagare il farmaco non più al 66,65%, ma al 58,65% del prezzo di vendita al pubblico stabilito in esito alla contrattazione tra Aifa e Azienda farmaceutiche.
Il risparmio in parola è possibile solo nel caso di distribuzione diretta. Nel diverso caso della distribuzione presso le farmacie, infatti, nonostante venga conferita alle aziende farmaceutiche una quota di spettanza minore rispetto al passato (58,65% e non 66,65%), la differenza non è trattenuta dall’Amministrazione, essa viene distribuita tra grossisti e farmacisti (cui spettano i restanti 41,35% del prezzo di vendita al pubblico).
Sentenze in commento:
T.A.R per il Lazio, Roma, Sez. III-quater, n. 14187 dell’11 dicembre 2019.
T.A.R per il Lazio, Roma, Sez. III-quater, n.13636 del 28 novembre 2019.
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